venerdì 8 luglio 2005

Attacco a Londra

«Non è stato un attacco contro i potenti ma contro tutti i londinesi, bianchi e neri, musulmani e cristiani, hindu ed ebrei, giovani e vecchi, un tentativo indiscriminato di uccidere».

Ken Livingstone sindaco di Londra, 7 giugno

giovedì 7 luglio 2005

Il mio voto per Prodi

di Enzo Biagi

Nella mia vita, che ormai è lunga, non ho sottoscritto appelli e, lo confesso, sono sempre stato restio a firmare manifesti. Se oggi ho deciso di mettere la mia firma sotto queste righe non è perché sia preoccupato del mio futuro, a 85 anni sarei ridicolo, ma perché vivo in questo Paese, lo amo e, caso mai, sono preoccupato per il futuro dei miei nipoti.
Durante l'ultima campagna elettorale ci sono state fatte molte promesse: saremmo tutti diventati ricchi e avremmo vissuto in un'Italia trasformata in Bengodi, insomma una vita da sogno. A volte è bello credere ai sogni, ma poi ci si sveglia. E il nostro è stato un drammatico risveglio. Non solo non ci siamo arricchiti, ma siamo diventati tanto più poveri e per molte famiglie dallo stipendio manca la quarta settimana del mese. Non è più il tempo delle false promesse e dei sogni, questo è il tempo di ritrovare la tenacia, la forza e la pazienza che nei difficili anni del dopoguerra ci hanno consentito di tirar su la testa e di ritrovare l'orgoglio di essere italiani.
L'esempio deve venire dal governo. Un governo che rappresenti veramente il popolo italiano e che dovrà essere diverso, molto diverso, da quello che ha guidato l'Italia nell'ultimo periodo. Conosco un uomo che ce la può fare, un uomo serio, un bravo economista, che è nato dalle mie parti, in Emilia, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo, un uomo di poche parole ma di molti fatti: si chiama Romano Prodi.
È una persona che ha dimostrato di saper governare da noi e in Europa e che è profondamente legato alle sue radici nazionali, che si sente cittadino di questo Paese dalle Alpi alla Sicilia e ha la capacità di farsi capire da tutti.
Prodi, al quale sono legato da tanti anni d'amicizia, può aiutarci a vivere un po' più serenamente, non si tira indietro davanti a decisioni difficili e, soprattutto, non si nasconde dietro promesse che durano il tempo di una campagna elettorale.
Sono certo che sia la guida di cui abbiamo bisogno ed è per questo che, in vista delle primarie di ottobre, vi invito a mettere la vostra firma insieme con la mia. Dobbiamo essere in tanti per promuovere un cambiamento con la candidatura di Romano Prodi alla guida del governo.


Chi vuole aggiungere la propria firma a quella di Enzo Biagi può farlo collegandosi al sito www.romanoprodi.it

Tratto da l'Unità del 07/07/2005

mercoledì 6 luglio 2005

Grillini: Rai, atteggiamento pericolosamente omofobo

Lettera aperta al Presidente della Commissione parlamentare di vigilanza Rai Claudio Petruccioli, al Presidente e al Direttore generale della RAI.


Roma, 6 luglio 2005

OGGETTO: Proteste per l'informazione omofoba della RAI, per la sistematica censura verso gli esponenti della comunità omosessuale e richiesta di incontro.


Rivolgiamo questa lettera aperta al presidente della Commissione di Vigilanza sulla RAI, al presidente pro tempore e al direttore generale della RAI per protestare, con la massima forza, per i servizi odiosi ed omofobi mandati in onda dai GR e Tg della RAI a proposito dell'efferato omicidio del sindacalista della CGIL calabrese Michele Presta.

I servizi di oggi hanno parlato di "squallidi amori tra persone dello stesso sesso" rispolverando una terminologia brutale che speravamo fosse stata accantonata per sempre.

I terribili insulti rivolti ad una vittima dell'omofobia rendono Michele Presta doppiamente vittima e rafforzano la campagna di odio verso le persone omosessuali e verso la comunità gay e lesbica italiana.

In tutti i servizi mandati in onda, oltre ai toni insultanti, non è stata offerta, ai membri della comunità gay italiana, la possibilità di replicare o di esprimere un'opinione sul tragico dramma degli omicidi di omosessuali che, per esempio, ha registrato nella sola città di Roma, negli ultimi 10 anni, oltre 200 delitti.

È ormai da tempo, che l'atteggiamento della RAI nei confronti degli omosessuali è pericolosamente omofobo.

Nei numerosi servizi sulle riforme spagnole del governo Zapatero, relative all'estensione dell'istituto matrimoniale anche alle coppie omosessuali, abbiamo notato un netto sbilanciamento dell'informazione sulle tesi contrarie al matrimonio gay, ma minoritarie, dei Vescovi spagnoli con servizi spesso irridenti nei confronti della comunità omosessuale iberica.

Anche in questo caso non è stata mai data la parola ai rappresentanti della comunità gay e lesbica italiana.

La sistematica censura dei servizi di informazione della RAI verso gli esponenti della comunità omosessuale italiana è stata addirittura riconfermata ieri.

La RAI ha ritenuto opportuno non informare l'opinione pubblica sull'incontro del sottoscritto e di Titti de Simone, deputata lesbica, con il Presidente della Camera Pier Ferdinando Casini e con il Presidente del Senato Marcello Pera a proposito di matrimonio gay e Patti civili di solidarietà.

Questi avvenimenti sono stati riportati da tutta la Stampa nazionale con estremo rilievo.

La censura della RAI verso gli esponenti della comunità omosessuale italiana, già denunciata, dal sottoscritto, in un intervento nell'aula della Camera dei deputati, sulla vicenda Tremaglia, è stata sottolineata più volte, con precedenti lettere aperte, ai presidenti degli enti di indirizzo che meriterebbero una risposta.

Siamo quindi a chiedere, con estrema urgenza, un incontro alle SS.LL. per porre rimedio alla grave distorsione dell'informazione verso le persone omosessuali in Italia ed alla ancor più grave censura operata nei confronti della comunità gay italiana.

In attesa di riscontri vi porgiamo i nostri più cordiali saluti.


On. Franco Grillini
Deputato DS
Presidente onorario Arcigay

I mandanti di Arcore

di Antonio Padellaro

Ieri, bastava guardare il Tg1 delle 13 e 30 per capire chi sono i mandanti politici dell'aggressione leghista a Carlo Azeglio Ciampi. Subito dopo le immagini insultanti del Borghezio e dei suoi compari Salvini e Speroni, che mostrano al mondo come è stata ridotta l'Italia, va in onda il servizio sulla cena di Berlusconi con i leghisti Bossi, Calderoli, Castelli, Maroni, Giorgietti. «Piena intesa tra il leader del Carroccio e il premier», annuncia testualmente il tg di governo tracciando così un limpido, ancorché involontario, nesso di causa ed effetto tra la sera prima ad Arcore e il giorno dopo a Strasburgo. Non sappiamo se sia stato preannunciato a Berlusconi ciò che gli squadristi in camicia verde stavano organizzando. Difficile, tuttavia, che gli ospiti e commensali non ne sapessero niente visto che nella Lega non si muove foglia senza l'approvazione del senatur, figuriamoci alla vigilia di una simile sceneggiata. Nessun dubbio, invece, sulla «piena intesa» tra gli amici e alleati poiché il patto di governo tra Lega e Forza Italia (regolarmente depositato dal notaio), e quello amicale tra Bossi e Berlusconi, ha sempre rappresentato il muro maestro della Casa delle Libertà; e continua a esserlo anche se tutto intorno sta crollando. Perciò, la dichiarazione del presidente del Consiglio di condanna della contestazione «in forma e in sostanza» dei leghisti non sembra altro che una presa in giro degli italiani e del presidente della Repubblica.
Davanti a un episodio senza precedenti, di gravi offese rivolte alla massima istituzione dello Stato, in pieno Parlamento Europeo, trasmesse sulla intera rete televisiva internazionale, se Berlusconi avesse voluto sul serio condannare avrebbe dovuto pretendere, immediatamente, le dimissioni di tutti i ministri del Carroccio. Se non lo ha fatto è perché non poteva e, soprattutto, non voleva farlo.
Rivediamo la sequenza. Ciampi viene interrotto mentre elogia l'euro come fattore di stabilità monetaria. Basta con l'euro, gridano gli esagitati. Ma è lo stesso, identico concetto che Berlusconi va diffondendo in tutte le riunioni elettorali di partito. Il «Giornale» del 29 giugno (quotidiano di famiglia e dunque fonte inattaccabile) attribuisce a Berlusconi la seguente frase: «Tutti i sondaggi dimostrano che la percezione dell'euro è negativa; dobbiamo associare questa percezione al nostro avversario». Missione numero uno, dunque: colpire Prodi. Missione numero due: fomentare il malcontento sull'euro e indicarlo come causa principale dell'aumento dei prezzi e della peggiorata condizione economica degli italiani. Si tratta di una palese falsificazione che, come al solito, punta a scaricare il fallimento del governo Berlusconi su altri soggetti politici. Chi? Prodi ma anche Ciampi, come superministro del Tesoro protagonista del negoziato che, tra mille difficoltà, riuscì ad associare l'Italia nell'Europa della moneta unica. Un merito storico ma non per i mazzieri e i loro mandanti. Complici nello stesso disastroso governo, conniventi nell'attacco permanente alle regole fondamentali della convivenza. Con quella inesauribile voglia di gettare agli squali, mitragliare, torturare, castrare che non ha uguali nel mondo civilizzato.
Non si dica adesso che i leghisti hanno esagerato. Non si esprima improvviso stupore dopo che per cinque anni si è assistito senza reagire (con qualche rara eccezione) a tutti gli eccessi, a tutti gli insulti, a tutte le peggiori provocazioni razziste e xenofobe, a tutti i possibili stravolgimenti costituzionali. Del resto, non è la prima volta che le camicie verdi attaccano Ciampi. Gli stupiti dell'ultima ora dovrebbero, per esempio, ricordarsi del 2 giugno. Quando, al presidente che aveva solennemente dichiarato il grande senso storico della nascita della Repubblica, il ministro Calderoli aveva tranquillamente risposto che per lui, quello era un giorno di lutto. E del resto, non è stato l'ineffabile titolare delle Riforme istituzionali (!) a definire Ciampi uno sconfitto insieme all'euro e all'Europa? Di cosa ci si sorprende allora? Ci si interroghi invece sulla colpevole sottovalutazione di chi ha costantemente fatto finta di non vedere la crescita di una malformazione antinazionale e antieuropea nutrita di paura, razzismo e bisogno di isolamento. L'attacco a Ciampi è solo l'inizio.

da l'Unità del 06/07/2005

Brevetti software, vince l'open source. L'europarlamento boccia la direttiva

Con 648 voti contrari il no alla legge voluta dalle grandi industrie
La Commissione: 'Così la democrazia, non presenteremo più la proposta'

ROMA - Il Parlamento europeo chiude la porta in faccia alle grandi industrie sulla controversia dei brevetti dei software. Oggi la direttiva fortemente voluta dalle compagnie maggiori, frutto di un accordo tra Consiglio e Commissione europei, è stata bocciata con 648 voti contrari 14 a favore e 18 astenuti. Secondo le procedure Ue, trattandosi di una co-decisione in seconda lettura il no dei deputati fa ripartire da zero la procedura. Tuttavia la Commissione ha già annunciato che non farà una nuova proposta: 'E' un esempio di democrazia a livello europeo', ha dichiarato il portavoce, spiegando che 'la commissione rispetta la decisione del Parlamento'.

La direttiva, sostenuta dalle grandi industrie, che hanno fatto un intenso lavoro di lobbyng, prevedeva un sistema di brevetti per proteggere l'invenzione che utilizza i programmi informatici e gli stessi programmi.
I sostenitori dei software così detti 'open source', tra i quali figurano le piccole imprese, auspicano invece che i brevetti siano limitati alle invenzioni stesse, lasciando i software di base senza protezione e dunque a disposizione di altri utenti.

Le grandi industrie della tecnologia informatica, risultate oggi perdenti con il no dell'aula, sostengono da sempre i brevetti che,secondo le lobby industriali, agevolerebbero gli investimenti nella ricerca e metterebbero le invenzioni europee al riparo della concorrenza americana.

'Si è arrivati a questo voto con posizioni diverse, ma c' è una collera collettiva e unanime per l'attitudine della Commissione e del Consiglio, che hanno mostrato totale disprezzo e sarcasmo nei confronti delle scelte fatte dal Parlamento europeo in prima lettura', ha detto il deputato socialista francese relatore del progetto. E' questa la terza volta che il Parlamento europeo respinge in modo totale una direttiva del Consiglio e della Commissione.

(6 luglio 2005)

http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/scienza_e_tecnologia/affin2/software3/software3.html

Politiche 2006: per gli elettori vincerà l'Unione. Per il "dopo" consensi a Casini e Veltroni

Chi vincerà le elezioni politiche del 2006? Probabilmente il centrosinistra. Su questo concordano le analisi condotte dai protagonisti e dagli osservatori privilegiati della politica ( leader di partito, giornalisti e commentatori, ecc.), quelle suggerite dagli esiti dei sondaggi sulle intenzioni di voto e, infine, quelle espresse, in unmodo o nell'altro, dall' « uomo della strada » .
Queste ultime rivestono particolare importanza perché l'esperienza mostra che, alla fine, sono proprio le previsioni dei cittadini, presi nel loro insieme, a realizzarsi, come una sorta di profezia che si autoavvera.
E quasi metà dell'elettorato, con una accentuazione tra i più giovani e tra chi possiede titoli di studio più elevati, ritiene che il centrosinistra prevarrà in occasione delle prossime consultazioni. La percentuale sale al 61%, se si esclude dal computo chi non sa o non vuole esprimere un'opinione. E perfino una quota notevole ( quasi il 30%, con una punta del 40% tra gli elettori di An) di quanti si dichiarano intenzionati a votare per il centrodestra prevede comunque la vittoria della parte opposta. Naturalmente, ciò non significa che questa sia una prospettiva sicura e/ o inevitabile: ma, certo, essa è ritenuta fortemente probabile.
Per questa ragione, gran parte del dibattito politico è già concentrata sugli scenari successivi. In altre parole, analogamente a quanto accade in Borsa, il successo del centrosinistra è già dato per scontato. E ci si attrezza per il « dopo » . Alcuni, addirittura, ipotizzano che le forze di opposizione, a causa dei loro insanabili conflitti interni, non riescano a governare e pensano già ad ulteriori elezioni. E, in quest'ambito, alla formazione di una nuova forza politica di centro. Molte prese di posizione di questi giorni guardano già, più o meno consapevolmente, a questa prospettiva. Con l'obiettivo immediato di intercettare i voti del segmento che dichiara di « sentirsi » di centro: grossomodo l' 11%, cui va aggiunto il 12% che afferma di non volersi collocare del tutto sul continuum sinistra destra. Costoro saranno decisivi nell'esprimere il leader dello scenario futuro. E, di conseguenza, lo sono anche per la situazione attuale. Tra essi il personaggio più popolare è Casini. Seguito da Fini, che raccoglie qui i frutti dello smarcamento dall'immagine di esponente di « destra » .
Tra gli esponenti dell'opposizione spicca Veltroni che, se si considera la popolazione nel suo complesso, conquista addirittura il primato del leader più popolare in assoluto.
Sia Casini, sia Veltroni hanno più volte negato la possibilità, peraltro ventilata da molti, di essere considerati come sostituti ai leader attuali delle rispettive coalizioni. Ma, nel caso queste ultime dovessero per qualche motivo pensare ad unmutamento delle candidature a premier, i dati sulla popolarità e sull'evoluzione del mercato elettorale suggeriscono proprio i loro nomi.

Renato Mannheimer

Corriere della Sera 05-07-2005
http://brunik.altervista.org/20050705185742.html

Golden gol

di Marco Travaglio


Mancano solo 50 giorni utili di lavori parlamentari prima che finisca la legislatura.Bisogna sfruttarli al massimo per approvare le leggi più urgenti e indispensabili al Paese. Soprattutto tre: la riforma dei giudici, la legge Salvapreviti e, per equità, la nuova legge Salvabellachioma. Si tratta degli ultimi tre punti rimasti inevasi di quello che Curzio Maltese chiama «il contratto di Berlusconi con se stesso», l'unico che non ammette deroghe. Poi, se resta tempo, fanno anche la finanziaria. Per la bisogna è tornato in auge Luigi Vitali, il cireneo che si caricò sulle spalle la Cirielli quando lo stesso Cirielli (An) la rinnegò schifato, anzi schifani. È, costui, un avvocato forzista di Francavilla Fontana che, in una memorabile intervista ad Antonello Caporale di Repubblica, confessò di essere un evasore fiscale. Anzi, se ne vantò.«Guadagno 220 mila euro dichiarati». Domanda: nemmeno un po' di extra in nero? Risposta: «Condonati». Appena lo seppe, Berlusconi lo promosse sottosegretario alla Giustizia. Nell'intervista Vitali parlò anche della Salvapreviti, fu Cirielli: «Non nego che in qualche modo possa servire a Previti. Ma solo una volta Previti mi ha chiesto: “Hai messo mano a questa cosa?”». Lui mise mano. Anche Berlusconi lo chiamò: «”Molti giornali scrivono che è una porcheria -mi ha detto-, tu che ne dici?”. Gli ho risposto: “Guarda, è molto meno porca di quel che si dica”». Rassicurato, il premier lo incoraggiò: «Vai avanti». E Gigetto Salvapreviti andò avanti: più prescrizione per tutti.
Ora la porcata è in dirittura d'arrivo. Ed è in ottima compagnia. Ce n'è subito un'altra,firmata dall'on.prof.avv.pres. Gaetano Pecorella, che proibisce l'appello del pm, ma non dell'imputato. Se uno viene assolto in tribunale, il pm non può fare appello. Se viene condannato, può ricorrere in appello e in Cassazione. L'esigenza di sveltire i tempi abolendo uno dei tre gradi di giudizio, che esistono solo in Italia, è ampiamente sentita. Ma la Pecorella è un'altra cosa: una legge che trasforma il processo in una fabbrica di assoluzioni. Se uno viene assolto subito, la partita finisce dopo il primo tempo. Se invece viene condannato, si gioca anche il secondo tempo, poi i supplementari, poi i rigori, poi il golden gol, finchè non arriva l'assoluzione o la prescrizione. Intanto, all'arbitro che ha osato condannare, ci pensa Calderoli armato di cesoie. La legge ovviamente è incostituzionale: l'articolo 111 della Costituzione, il cosiddetto «giusto processo», stabilisce la parità delle armi fra difesa e accusa, mentre la Pecorella arma la difesa e disarma l'accusa. Perché questo luminare del diritto, e soprattutto del rovescio, se ne esce proprio ora con questa trovata? Gli è apparso nottetempo l'arcangelo Gabriele? Niente di così elevato. Semplicemente l'on.avv.prof.pres.ind. ha un cliente che s'è salvato cinque volte per prescrizione in primo grado grazie alle attenuanti generiche, e in almeno un processo d'appello rischia che gliele levino e lo condannino. Quel cliente si chiama Silvio Berlusconi e il processo è lo Sme-Ariosto sulla corruzione del giudice Squillante. Ora inizia l'appello, che perfidamente Previti ha chiesto di accorpare al suo, visto che lui le generiche non le ha avute ed è stato condannato a 5 anni in primo grado. Con un'opportuna norma transitoria, la Pecorella cancellerebbe l'appello per Berlusconi, ma non per Previti. Naturalmente non c'è soltanto il premier a rischiare una condanna in appello dopo essersi salvato in tribunale. Sempre a Milano c'è Mohamed Dakri, marocchino, assolto dall'accusa di terrorismo dal gup Clementina Foleo. Sentenza che, secondo l'insigne Calderoli, «fa vomitare». Una «vergogna» per tutta la Casa della Libertà, che punta tutto sull'appello della Procura. Le sorti di Mohamed sono indissolubilmente legate a quelle di Silvio: se passa la Salvabellachioma, niente appello nemmeno per lui, e quello che lorsignori considerano un terrorista miracolato da una toga rossa continuerà a circolare indisturbato. A meno che la Pecorella non venga emendata da un comma Calderoli: se l'assolto è un extracomunitario, il pm non solo può fare appello, ma la Corte deve condannare. Forse però non ce ne sarà bisogno: con i test psicoattitudinali per i magistrati, quelli intenzionati ad assolvere i marocchini e a condannare i presidenti del Consiglio, in tribunale non entreranno neppure. Entreranno direttamente in manicomio.

tratto da l'Unità del 01/07/2005

lunedì 4 luglio 2005

Benedino-Concia (Gayleft): nel nostro paese è cominciata un'offensiva mai vista contro di noi?

I nostri diritti non sono contro nessuno, sono diritti che aggiungono.


Siamo due "giovani", Anna Paola e Andrea, abbiamo scelto la politica perché siamo cresciuti, l'una al Sud e l'altro al Nord, in famiglie che ci hanno insegnato che nella vita bisogna impegnarsi per il bene comune, che non si deve essere qualunquisti, che quello che succede nel mondo ci riguarda, che la solidarietà, la giustizia sociale, i diritti dei più deboli, la pace tra i popoli, il rispetto per la vita, devono essere categorie che accompagnano sempre le nostre azioni, i nostri gesti, le nostre relazioni con gli altri.

I nostri genitori (quelli di Anna Paola dirigenti dell'Azione Cattolica, quelli di Andrea cattolici di sinistra) sono sempre stati corretti con le nostre scelte di vita, hanno sempre cercato di capire, ci hanno sempre detto: "Qualsiasi cosa tu faccia ricordati che, l'importante è la correttezza verso te stesso e verso gli altri". E noi ci siamo incamminati nella strada dell'impegno civile. Non abbiamo deluso le loro aspettative, anzi: bravi a scuola, grandi lavoratori, autonomi economicamente molto presto, al massimo abbiamo preso qualche multa per sosta vietata. Loro sono fieri di noi.

Eppure c'è qualcosa che oggi, in questi giorni, quando ci alziamo la mattina, ci inquieta, ci rende faticoso il rapporto con la realtà, ci toglie fiducia. Forse perché siamo omosessuali?

E nel nostro Paese è cominciata una offensiva mai vista contro di noi? Eppure facciamo delle vite "normali", abbiamo amori veri, autentici, a noi si rivolge tanta gente per risolvere i problemi, ci facciamo carico delle vite altrui.

E le tante persone che incontriamo ogni giorno non si chiedono che orientamento sessuale abbiamo, per loro sono importanti altre cose.

Siamo Anna Paola e Andrea. Punto. E allora perché questa ossessione, perché nel nuovo catechismo (che verrà venduto in supermercati, autogrill e aeroporti) l'omosessualità è paragonata alla pornografia e allo stupro, perché questa violenza, questa intolleranza, questo clima da caccia alle streghe?

Qualcuno riesce solo ad immaginare cosa produce questo clima in un ragazzo gay o in una ragazza lesbica? Che livello di sofferenza, di dolore tutto questo provoca? Questo essere additati come unti, macchiati, sporchi? Dove è finita la tolleranza, l'amore per gli altri, l'accoglienza, la solidarietà, l'essere tutti figli di Dio? Noi siamo tutti figli di Dio, questa è la verità. E allora perché dobbiamo essere cittadini senza diritti? Non vogliamo appellarci alla Costituzione che ci vede tutti uguali?

Appelliamoci allora ai diritti umani, quei diritti umani che vengono invocati per tutti, giustamente, ma perché noi siamo esclusi anche da quelli? I nostri diritti non sono contro nessuno, sono diritti che aggiungono. Aggiungono civiltà, dignità, uguaglianza. Fanno del bene a tutti. I nostri genitori, i nostri fratelli, i nostri nipoti, i nostri amici ci chiedono, si chiedono perché tutto questo odio contro di noi, e non trovano risposte.

Noi non sappiamo dargliene. Per noi sono solo i giorni bui della civiltà.


Anna Paola Concia
Andrea Benedino.
(Dirigenti nazionali ds)

(Corriere della Sera del 02/07/2005)

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33090

Chi agita il fantasma Zapatero

E' penoso che le leggi approvate, liberamente e legittimamente, dalla Spagna di Zapatero vengano spacciate come una nuova rivoluzione bolscevica, un nuovo fantasma che si aggira per l´Europa.


La Spagna di Zapatero spaventa i clericali italiani molto più di quanto affascini i laici italiani; spiace a loro senza troppo piacere a noi; è il loro dileggio ma non è la nostra bandiera.

Sono i clericali che vi vedono infatti la sconfessione della loro strategia ideologica e politica, la decapitazione di un principio, quello del matrimonio eterosessuale fondato sulla volontà di Dio, allo stesso modo in cui il regicidio nella rivoluzione francese sconfessava il diritto divino della monarchia.

Molto tiepidi, i laici italiani, nella loro maggioranza che è fatta di laici cristiani, colgono invece in Zapatero l´eccesso tipico della Spagna che vive «disvivendosi», una Spagna estremista tanto nel clericalismo quanto nell´anticlericalismo, il luogo estremo dell´Europa nel quale è stato celebrato sin dalle origini un matrimonio, questo sì pesante e incondizionato, tra la spada e l´altare, e basti ricordare che Franco fu sempre benedetto dall´aspersorio.

E invece, frastornati senza gentili mediazioni da Zapatero, i nostri tradizionalisti clericali, affiancati dagli atei devoti, con la significativa esclusione su questo punto importante di libertà di Giuliano Ferrara, hanno lanciato una campagna fatta di vignette, di titoli di giornale e di editoriali contro i diritti dei gay e contro «la natura» dei gay, i quali a loro volta, di tanto in tanto, rispondono con volgarità uguali e contrarie.

Così, all´inizio di un´estate già troppo calda, la «questione gay» sembra essere diventata il genius loci dell´Italia di destra contro quella di sinistra.

E Liberazione, il quotidiano di Bertinotti, con l´intelligente direzione di Piero Sansonetti, discute e si appassiona alla «rivoluzione anale» quasi che essere gay significasse stare a sinistra, e che non si potesse, a sinistra, sentirsi "uomo" se non scoprendosi "omo".

Laici ma non estremisti, gli italiani non sognano certo rivoluzioni sessuali, ma non approvano le sguaiatezze contro i gay, che il cardinale Ruini ha definito «disordine», dimenticando che sempre gli uomini chiamano disordine quel che non capiscono, sempre ricorrono alla parola disordine quando all´imperscrutabile ordine di Dio si trovano davanti. E bisognerebbe spiegare agli aggressivi colleghi di "Libero" e del Giornale, a Marcello Pera e a tutti gli altri, che l´ironia critica sul matrimonio omosessuale è facile perché esiste una infinita bibliografia polemica sul matrimonio in generale.

A parte il Cantico dei Cantici, il matrimonio, quando scende dal cielo della mistica, è come la guerra, se ne parla solo male. Da Omero e Plauto sino alla bisbetica di Shakespeare, da Molière al Manzoni ai grandi capolavori del cinema, il matrimonio sempre argomenta ed esulcera la stupidità degli uomini.

Perciò il dileggio del matrimonio gay è solo una variante del banale dileggio del matrimonio in sé, una polemica razzista che serve ad ingrossare la polemica sul matrimonio come istituzione.

Dunque alla fine si tratta di pacchianeria volgare e pigra, di intelligenza morta che certamente offende Dio, il quale non tollera che sui suoi misteri si facciano battutacce, quel Dio che non è solo «con noi» perché di sicuro è anche «con loro», e anzi forse c´è più Dio nel loro «disordine», perché Dio è scandalo continuo, scandalo e misericordia.

La guerra dei clericali italiani contro Zapatero, la voglia di Marcello Pera di proseguire nel suo "disordine" sino a sentirsi "castigliano", prima ancora che pretesto politico dell´eterna campagna elettorale italiana, è roba da psicoanalisi, una sorta di inconsapevole outing pubblico delle proprie ripulse private.

Non si capisce perché una cosa che non ti riguarda direttamente, come l´unione tra due omosessuali, debba essere così profondamente e sguaiatamente redarguita, al punto da sembrare l´esternazione dell´escluso.

Perciò è penoso che le leggi approvate, liberamente e legittimamente, dalla Spagna di Zapatero vengano spacciate come una nuova rivoluzione bolscevica, un nuovo fantasma che si aggira per l´Europa.

Zapatero è fenomeno tipicamente spagnolo, come è spagnola la novità dei vescovi che scendono in piazza. In Italia neppure Ruini lo farebbe, certamente non l´ha mai fatto.

Noi italiani siamo francescani: eccediamo in mitezze. Mentre loro sono domenicani: eccedono in oltranze.

Il regista omosessuale che ha rivoluzionato il cinema italiano si chiamava Luchino Visconti, mentre il loro regista è il cantore dei transessuali Almodovar.

Gli spagnoli hanno dato al mondo l´anticlericale anarchico Buñuel mentre noi abbiamo dato De Sica, Rossellini e il cattolico paganeggiante Federico Fellini.

Durante la guerra civile spagnola, i comunisti fucilavano le statue della Madonna mentre noi ci siamo compiaciuti della solidarietà di fondo tra Peppone e don Camillo, e abbiamo persino inventato il compromesso storico.

Loro avevano Dalì, che fu una tempesta anche sessuale, e noi Guttuso, che è morto innamorato e con il crocifisso in mano.

I laici italiani, pur disincantati rispetto al matrimonio, che non è poi così indispensabile per vivere bene, non hanno mai messo in agenda, in un programma o in un manifesto politico, l´adozione di bambini da parte di coppie gay.

Certo, anche noi capiamo e approviamo le valenze istituzionali e sociali della reciproca difesa di una coppia gay, i benefici di un rapporto legittimato, quale che sia il nome che lo Stato voglia dare al riconoscimento di una coppia di fatto, al compendio dei suoi diritti civili, che vanno dalla sanità all´eredità, dagli sgravi per il partner "a carico" agli sconti-famiglia sui treni e sugli aerei.

Se il termine matrimonio risultasse inadeguato, come sostengono tanti omosessuali, ebbene, gli si cambi pure nome, lo si chiami "pacs" come in Francia, o semplicemente contratto di convivenza.

L´attore inglese Rupert Everett, che è un´icona intelligente del mondo gay, dice giustamente che «l´omosessualità non è un peccato ma neppure una medaglia».

E aggiunge: «Il matrimonio gay è una grande stupidata, una scimmiottatura grottesca. Sono d´accordo nel concedere diritti alle unioni civili, cose tipo assistenza medica, sgravi di tasse, eccetera. Ma trovo veramente idiota la cerimonia in municipio» E´ dunque probabile che, dopo la prima fiammata di coppie omosessuali matrimonializzate, ci sarà una slavina di contumelie contro il matrimonio scritta da omosessuali.

E tuttavia il governo e il Parlamento spagnoli, che hanno concesso il matrimonio e anche le adozioni alle coppie gay, avevano il diritto politico e civile di farlo.

In questa sua tenacia a favore delle prerogative dello Stato laico, Zapatero va difeso come fosse Cavour. E va difeso il re Juan Carlos, che ora è addirittura minacciato di scomunica, disconoscendogli la Maestà Cattolica, anche se promulga leggi che i laici italiani non promulgherebbero, e che forse neppure la maggioranza degli omosessuali approva interamente.

Sin dalla fusione delle due Corone, di Castiglia e d´Aragona, in Spagna la Chiesa è stata il braccio spirituale del re, ha cercato e ottenuto il consenso attraverso una sistematica operazione di normalizzazione antieretica: il trono coniugato con il tribunale dell´Inquisizione.

La Spagna infatti era un posto di confine, il luogo in cui si disputava l´egemonia dell´Islam o del Cristianesimo, il Paese della ´´reconquista´´, che fu innanzitutto religiosa, e solo in subordine militare.

Attenzione dunque alla Spagna che sempre arriva allo scontro diretto quando il potere cerca nuove e più moderne legittimazioni. Il primo passo obbligato, per tutti i Zapatero di Spagna, è svincolarsi dall´amplesso clericale. E´ una politica di fiamme, questa spagnola, legittima e certamente pericolosa.

Ma la nostra storia è un´altra, le nostre radici sono altre, gli eccessi della Chiesa da noi sono stati contrastati e vinti, e i preti buoni sono cari a tutti gli italiani, di destra e di sinistra.

Noi, se si esclude la Sicilia, «dove c´è più Spagna che in Spagna», e ovviamente Roma, non abbiamo avuto l´Inquisizione, né a Napoli né a Milano. E quella sessuale per noi rimane una dimensione privata e non un mezzo per reintrodurre surrettiziamente e a tradimento il peggiore clericalismo o il suo contrario.

Neppure il movimento organizzato degli omosessuali, come ha spiegato più volte con ferma moderazione il suo leader Franco Grillini, ha in programma l´adozione come diritto delle coppie gay. Non c´è nessuno Zapatero nel nostro orizzonte. Gli italiani politicamente civili, intellettualmente eleganti, eticamente sobri e culturalmente ricchi, e tra questi c´è pure Famiglia Cristiana, sono pronti a battersi per il riconoscimento giuridico delle coppie gay e di tutte le coppie di fatto, ma sarebbe bene sottrarre «la questione gay» alle manifestazioni di piazza che sono pessimi surrogati del dibattito e del confronto.

La sguaiataggine razzista del neoclericalismo è una trappola dalla quale tutti noi italiani dobbiamo difenderci. E´ vero che la civiltà italiana è nata nelle piazze, ma intese come luoghi di incontro, di scambio, di affari, e non come luoghi di amplificazione distorta delle ragioni private, di scorciatoia del pensiero. Purtroppo la piazza, da palestra gentile, troppo spesso diventa chiasso e girotondo. In piazza, chi ha un bisogno, invece di argomentarlo, lo grida. Ebbene, i gay italiani non facciano l´errore di trasformare le piazze in piazzate. Tanto più che l´identità sessuale non si esibisce, ma si coltiva. E se proprio si volesse celebrare l´orgoglio omosessuale, invece di sfilare su carri a volte osceni, basterebbe ricordare quanto è lungo l´elenco delle figure omosessuali che hanno educato gli eterosessuali, da Socrate sino a Proust, da Michelangelo sino a Keynes e, a quanto pare, ad Abraham Lincoln.

´´Frammenti di un discorso amoroso´´ di Roland Barthes è una trattazione dell´amore omosessuale che è diventata il libro cult delle coppie eterosessuali.

Rileggerlo, magari dopo avere letto il simpatico nuovo catechismo del Papa tedesco, può forse contribuire a chiarirci le idee.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33078

Pera in Spagna attacca i matrimoni gay: "Nessuna conquista, solo un capriccio"

Il presidente del Senato torna anche sul referendum italiano
"Sconfitta l'arroganza laicista, ma l'Italia non è oscurantista"


MADRID - Marcello Pera, in Spagna per inaugurare con l'ex premier Aznar un seminario di studi sociali, si è scagliato contro il matrimonio gay appena approvato dal Parlamento di Madrid. "Una cosa è chiara: è falso che si tratti di conquiste civili o di misure contro le discriminazioni odi estensione dell'uguaglianza; si tratta piuttosto del trionfo di quel laicismo che pretende di trasformare i desideri, e talvolta anche i capricci, in diritti umani".

Il presidente del Senato ha colto poi l'occasione per ritornare sull'esito del recente referendum sulla procreazione assistita. "In Italia - ha sostenuto - il pensiero laicista ha imposto un referendum al Paese contro una legge di compromesso approvata dal Parlamento su materie delicatissime come la procreazione assistita e la manipolazione degli embrioni per la ricerca medica. In quel referendum - aggiunge il presidente del Senato - il laicismo è stato sconfitto in modo clamoroso grazie a un'alleanza niente affatto clericale tra la Chiesa, il sentimento profondo dei cittadini e una minoranza di laici non laicisti".

Secondo Pera "questa alleanza aveva tutti contro: i grandi giornali, il ceto intellettuale, attori del cinema, divi della scienza, quasi tutta l'area politica cosiddetta progressista e illuminista". "Costoro hanno perso - ha insistito il presidente del Senato - non perché gli italiani siano diventati clericali o oscurantisti o medievali, ma perché si sono ribellati all'arroganza del pensiero elitario laicista e si sono preoccupati di porre limiti all'onnipotenza della scienza in nome della tutela della vita".

(4 luglio 2005)

http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/politica/peraspagna/peraspagna/peraspagna.html

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

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