venerdì 26 novembre 2004

Il mago Silvan

di Rinaldo Gianola

Immaginata come la strada per promuovere Berlusconi al livello dei grandi combattenti contro le tasse Reagan e Thatcher, il piano fiscale del governo sembra un’invenzione del mago Silvan. Il taglio di 6,5 miliardi si aggiunge a una Finanziaria di 24 miliardi, già decrepita tanto da ipotizzare una manovra correttiva nel 2005, e sommati fanno 30,5 miliardi da finanziare, 60mila miliardi delle vecchie lire. Una manovra pesantissima per le condizioni in cui versano l’economia del Paese e i bilanci delle famiglie.

La filosofia che ispira il progetto fiscale di Berlusconi tende a privilegiare i redditi più alti, i più ricchi (pur gravati da un contributo “etico” del 4%, ma solo nel 2005), che guadagneranno di più dalla configurazione delle tre nuove aliquote (ammesso che rimangano quelle annunciate: 23, 33, 39%), mentre i lavoratori dipendenti, i pensionati, la maggioranza delle famiglie avranno una piccola mancia, forse potranno pagarsi una pizza con gli sgravi di Berlusconi. Alla riduzione dell’Irpef sono destinati 6 miliardi, mentre alle imprese, che avevano sollecitato un forte sconto sull’Irap, viene destinata una piccola mancia di mezzo miliardo. Però, assicura Siniscalco non sappiamo se volendo fare dell’ironia sui poveri industriali di Montezemolo (il patto di Parma è molto lontano), questi 500 milioni saranno destinati a «sgravi intelligenti» per le imprese. Dovranno essere davvero molto intelligenti per poter determinare qualche piccolo effetto positivo. Eppure, in questa congiuntura, sarebbe stato un segnale importante favorire quelle imprese che desiderano investire in ricerca e sviluppo. Sarà per un’altra volta.

Anche se Berlusconi, con la solita abilità propagandistica amplificata dal megafono delle tv pubbliche e private, accusa il centro-sinistra di avergli impedito di rispettare finora il contratto con gli italiani, la realtà è che le promesse fiscali del centro-destra non sono state mantenute e questa manovrina sulle tasse si configura più come uno spot elettorale che una svolta. Anche il cavaliere si rende conto che non ci può essere la scossa all’economia con questi numeri e lui già sogna, come ha fatto l’amico Bush, di tagliare le tasse sfondando il deficit. Ma l’Europa non glielo consente e adesso lo vedremo dare battaglia contro le regole comunitarie di Maastricht che erano state improntate a un realistico rigore proprio perchè noi italiani eravamo i più indebitati e i meno virtuosi.

Nel corso della campagna elettorale per il voto del 2001, Berlusconi aveva promesso nella legislatura lo snellimento del sistema fiscale a una sola aliquota di fatto (una seconda era prevista solo per i supericchi) e una manovra di alleggerimento delle imposte dai 40mila miliardi di lire in su. In oltre tre anni di governo, il centro-destra ha aumentato la pressione fiscale obbligando gli Enti locali ad aumentare tasse e tariffe per potere garantire un livello di servizi e di assistenza ai cittadini.

E oggi, con la «riforma» fiscale, non si apre una nuova stagione, ma si torna indietro. Che cosa hanno scovato quei cervelloni del governo, compresi i «tecnici», per coprire i 6,5 miliardi del taglio alla tasse? Aumenteranno il prezzo delle sigarette, i bolli, saranno contabilizzati i versamenti del condono edilizio e poi ci sarà il taglio dei dipendenti pubblici: 75mila in meno in due anni. Sarà mantenuto il turn over nel Pubblico impiego, ma Berlusconi ha promesso che ogni cinque statali che andranno in pensione ci sarà spazio per un giovane. Bisogna rilevare che c’è un particolare e coerente accanimento di questo governo nei confronti degli oltre 3 milioni di lavoratori del Pubblico impiego, quasi fosse una categoria da colpire e penalizzare come viene espresso senza fronzoli dalla Lega di Bossi: non si rinnova il contratto di lavoro, non si assume nessuno e si cacciano pure i dipendenti con contratti a tempo determinato.

Nonostante la svolta «epocale» di Berlusconi, fino a ieri sera, i conti ancora non tornavano: a fronte di un piano fiscale di 6,5 miliardi, la copertura accertata appare vicina ai 4,5 miliardi. Mancherebbero circa 2 miliardi (un buco di competenza) e allora bisogna immaginarsi qualche ulteriore novità nel maxi emendamento, o nel corso del dibattito sulla Finanziaria al Senato. Tuttavia Berlusconi ha garantito che la copertura è certa, di più: è certificata dalla Ragioneria dello Stato. Complimenti, dunque, al professor Grilli che ha messo a disposizione il suo talento e la sua credibilità per questa manovra. Con questa operazione fiscale, Berlusconi prepara la sua lunga campagna elettorale. Potrebbe fare la fine di George Bush padre quando promise agli americani: read my lips, no more tax. Leggete bene le mie labbra, niente più tasse. Ma gli americani si accorsero che il fisco, invece, era diventato più pesante e si affidarono al democratico Clinton per otto anni. Anche in Italia le tasse stanno aumentando.

Tratto da l'Unità del 26 novembre 2004

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