venerdì 27 ottobre 2006

Linux day 2006 in Italia, è la festa del pinguino

Si celebra domani in oltre 100 città italiane la festa del sistema operativo gratuito e libero. In prima fila: enti, scuole e università
di FRANCESCO CACCAVELLA


LINUX celebra la sua festa. L'appuntamento, per la sesta volta in Italia, è fissato per il 28 ottobre in oltre 100 città italiane. Un giorno intero per mostrare che cosa è e come può essere utilizzato il sistema operativo open source, gratuito e alternativo a Microsoft Windows. Da Udine ad Agrigento, tutti coloro che hanno voglia di saperne di più sul sistema del pinguino o che vorranno farsene installare una copia sul proprio computer, potranno rivolgersi ai Lug (Linux user group) della propria città e assistere a seminari, installazioni guidate e dibattiti.

La festa non è però dedicata al solo sistema operativo. Vero fine delle manifestazioni è la divulgazione dei principi che regolano lo sviluppo del software libero, il modello di progettazione di applicazioni che offre a tutti la libertà di modificarne parti per adattarlo alla propria volontà. Chi usa software libero sa cosa usa, perché può prendere visione del codice con cui è stato costruito il programma, e spesso non deve pagare nulla, perché libera è la sua distribuzione. Enti statali, scuole, università da tempo ne hanno sperimentato la bontà e adesso ne predicano la divulgazione.

Non a caso sono proprio enti, scuole e università che mettono a disposizione i luoghi dove gli interessati potranno recarsi per partecipare alla festa del pinguino. A Roma il Linux day è patrocinato dall'università "La Sapienza" e dal Comune, a Trento dalla provincia e dal comune, a Foggia e in decine di altre località lo stesso. L'ingresso, in tutti i casi, è libero e aperto a chiunque ed è gradita, come recita un manifesto fra i tanti, la "creatività".

Chi arriverà con un computer portatile potrà lasciarlo in mano agli organizzatori e farsi installare una delle versioni di Linux, magari mantenendo anche Windows. E' l'installation party, previsto in quasi tutti i luoghi del Linux day. A Roma, vista la grande richiesta, per partecipare è adesso necessaria la registrazione. A Trento una sala dell'evento sarà dedicata esclusivamente a mostrare, per l'intera giornata, i processi di installazione.

Sarà naturalmente il software il grande protagonista della giornata. A Mantova sono previste postazioni libere per usare un sistema Linux aggiornato con gli ultimi software per la navigazione, per la videoscrittura e per la comunicazione in rete. A Teramo i partecipanti riceveranno un CD con l'ultima versione di OpenOffice, l'alternativa gratuita a Office di Microsoft. Ad Avellino ad essere regalato sarà un CD con la distribuzione Ubuntu, una delle versioni più semplici e usabili disponibili gratuitamente. In molti eventi sono previsti seminari sugli usi dei software open source più noti: OpenOffice e Firefox tra tutti.

Una gran parte della giornata sarà dedicata ai seminari e ai dibattiti, con al centro i temi più delicati sulla privacy. A Napoli, durante il Linux Day organizzato al centro sociale Officina 99, il pomeriggio sarà dedicato a come difendere la propria privacy sulla rete usando software open source, mentre la mattina del Linux Day di Pescara e il pomeriggio di quello di Ancona sarà dedicata alla discussione sul Digital Right Management (DRM) il sistema di protezione dei diritti digitali. A Potenza, a Firenze e a Pisa si parlerà invece di Trusted computing mentre a Piacenza un'ora sarà dedicata alla navigazione anonima attraverso la rete Tor. A Bari, al Politecnico, la giornata ha un titolo evocativo ""Free your Mind, Free your Spirit": tra i seminari spicca quello sulla quasi necessità etica e pratica - da parte di enti di ricerca e università - di utilizzare software libero.

In molti luoghi è prevista la proiezione di film sul mondo open source: a Roma, Potenza e a Napoli (presso il Napoli Hacklab) sarà proiettato Revolution OS II, il documentario italiano che ripercorre le tappe di successo del software libero e il cui autore sarà presente alla festa di Cosenza. Chi parteciperà al Linux Day di Teramo potrà invece assistere a Geek-Geek un cortometraggio, come recita il sito, "sulla 'vità di due geeks, che sperano di guadagnare tramite un sito di vendita di t-shirts online".

Non mancheranno i temi più classici, come l'uso del software libero nella Pubblica Amministrazione: a Trento ("Collaborazione tra Scuola e Software libero"), Teramo ("Un'esperienza di free-software nelle scuole"), Potenza ("Software libero nella Pubblica amministrazione"), Salerno ("Linux a scuola: l'importanza dell'adozione del software open-source"), Casalecchio di Reno ("Un laboratorio scolastico rimesso a nuovo. Il software libero per il riutilizzo di hardware obsoleto"). Da segnalare anche il seminario di Ferrara dedicati alla sostenibilità ambientale del materiale informatico riciclato e quello di Foggia dedicato a "Linux nel rispetto dell'ambiente", mentre chi volesse conoscere i vantaggi dell'uso di Linux in azienda dovrebbe rivolgersi al Lug di Genova che dedicherà all'argomento un'intera giornata.


I programmi e i dettagli per raggiungere le sedi del Linux day sono disponibili sulle pagine di ogni singola manifestazione. Tutti gli eventi previsti sono raccolti dal sito della Italian Linux Society, l'associazione che coordina le varie giornate.

(27 ottobre 2006)
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E il Cavaliere ereditò auto blu e superscorta

In cinque anni per la flotta di «auto blu», 115 nell'autoparco di Palazzo Chigi, sono stati spesi 7 milioni di euro. Il boom dei voli


MILANO - Non si fidava, il Cavaliere, del suo successore. E così, mentre ancora stava a Palazzo Chigi in attesa di lasciare il posto a Romano Prodi, avrebbe deciso di darsela da solo, la scorta per il futuro: 31 uomini. Più la massima tutela a Roma, Milano e Porto Rotondo. Più sedici auto, di cui tredici blindate. Il minimo indispensabile, secondo lui, di questi tempi.

Un po' troppo, secondo i nuovi inquilini della Presidenza del consiglio. Che sulla questione, a partire da Enrico Micheli, avrebbero aperto un (discreto) braccio di ferro con l'ex-premier. Guadagnando finora, pare, solo una riduzione del manipolo: da 31 a 25 persone. Quante ne aveva il "bersaglio Numero Uno" Yasser Arafat, ricorda Massimo Pini, il giorno che andò a visitare Bettino Craxi. Certo, qualcuno ricorderà a Berlusconi quanto disse ai tempi in cui aveva deciso col ministro dell'Interno Claudio Scajola di tagliare il numero degli scortati. Tra i quali, come rivelarono mille polemiche e le intemerate di Francesco Saverio Borrelli, c'era anche il pm dei suoi processi, Ilda Boccassini, che si era esposta contro la mafia in Sicilia. Disse che per molti la scorta era "solo uno status symbol" usato "impropriamente, magari sgommando". E si vantò, giustamente, di aver sottratto alla noia di certe inutili tutele "788 operatori di polizia dirottati così in altri settori per garantire una maggiore sicurezza dei cittadini".

Né val la pena di ricordare che, ai tempi in cui le Br ammazzavano la gente per la strada e i politici erano esposti come mai prima, il presidente del consiglio Giulio Andreotti viaggiava con scorte assai più contenute: «Mia moglie a Natale faceva un regalino a tutti, e certo non erano molti». E' vero: è cambiato tutto. E la scelta di ridurre drasticamente le spese per proteggere gli ex-capi del governo fatta da Giorgio Napolitano quando stava al Viminale, appare lontana anni luce. Berlusconi è stato il premier che ha appoggiato fino in fondo Bush, ha schierato l'Italia nelle missioni in Afghanistan e in Iraq, si è battuto in difesa della sua idea di Occidente con una veemenza (si ricordi la polemica sulla "superiorità sull'Islam") che lo ha esposto non solo ai fanatici come quel Roberto Dal Bosco che gli tirò in testa un treppiede ma all'odio di tanti assassini legati ad Al Qaida. Garantirgli la massima tutela è un dovere assoluto. Punto e fine. Il modo in cui si sarebbe auto-confezionato questa tutela, invece, qualche perplessità la solleva.

Il 27 aprile, cioè diciassette giorni dopo il voto e prima che Romano Prodi si insediasse, la presidenza del consiglio stabiliva che i capi del governo "cessati dalle funzioni" avessero diritto a conservare la scorta su il tutto il territorio nazionale nel massimo dispiegamento. Altri dettagli? Zero: il decreto non fu pubblicato sulla «Gazzetta Ufficiale» e non sarebbe stato neppure protocollato. Si sa solo che gli uomini di fiducia "trattenuti" erano 31. Quelli che con un altro provvedimento il Cavaliere aveva già trasferito dagli organici dei carabinieri o della polizia a quelli del Cesis. Trasferimento che l'allora presidente del Comitato di controllo sui servizi Enzo Bianco, appoggiato dal diessino Massimo Brutti, aveva bollato come "illegittimo". Scoperta la cosa all'atto di insediarsi come sottosegretario con delega ai "servizi" al posto di Gianni Letta, Enrico Micheli avrebbe espresso sulla faccenda l'irritazione del nuovo governo. E dopo una lunga trattativa sarebbe riuscito a farsi restituire, come dicevamo, sei persone.

Quanto alle auto, quelle "prenotate" dall'allora presidente sarebbero come detto 16, delle quali 13 blindate. Quasi tutte tedesche. Resta la curiosità di sapere se vanno o meno contate tra quelle del parco macchine di Palazzo Chigi. Così stracarico di autoblu che il grande cortile interno non può ospitarne che una piccola parte. Il resto sta in via Pozzo Pantaleo 52/E, una strada fuori mano alle spalle di Trastevere, nel quartiere portuense. Serve una macchina? Telefonano: "Mandate un'auto, per favore". Se non c'è traffico, una mezz'oretta. I ministri sparpagliati qua e là che fanno riferimento a Palazzo Chigi, non sono pochi: Linda Lanzillotta (Affari Regionali), Giulio Santagata (Attuazione del programma), Luigi Nicolais (Riforme e Innovazioni nella pubblica amministrazione), Barbara Pollastrini (Pari opportunità), Emma Bonino (Politiche europee), Vannino Chiti (Rapporti con il Parlamento) Rosy Bindi (Politiche per la famiglia) e Giovanna Melandri (Politiche Giovanili e Sport). Ma le autoblu a disposizione, comprese le due Maserati in dotazione a Prodi e Micheli, sono una marea: 115. E il bello è che sono già calate: fino al 17 maggio erano 124.
Costi? Una tombola. Nel solo 2005, per "acquisto, manutenzione, noleggio ed esercizio dei mezzi di trasporto nonché installazione di accessori, pagamento dei premi assicurativi e copertura rischi del conducente e dei trasportati, spese per permessi comunali di accesso a zone a traffico limitato", quel parco di autoblu ci è costato 2 milioni e 152 mila euro, 400 mila in più rispetto alle previsioni. Ai quali vanno sommati gli stipendi degli autisti, presumibilmente gravidi di straordinari. Un anno eccezionale? Niente affatto: la fine di una rincorsa. Nel 2001, per le stesse cose, erano stati spesi 940 mila euro. Nel 2002 un milione e 389 mila. Nel 2003 un milione e 322 mila. Nel 2004 un milione e 800 mila. Una progressione inarrestabile. Fatte le somme, dal 2001 al 2005 dalle casse di palazzo Chigi sono usciti per le autoblu 7 milioni 603 mila euro. Pari a 14 miliardi e 721 milioni di lire. Eppure, per i viaggi appena più lunghi, devono aver anche volato. Lo dicono i bilanci: per "noleggio di aeromobili per esigenze di Stato, di governo e per ragioni umanitarie e spese connesse all'utilizzo dell'aereo presidenziale" sono stati spesi nel solo 2005 due milioni e 150 mila euro. Il quadruplo del 2002, quando i voli della presidenza ci erano costati 577.810 euro. Sarà stata colpa del caro petrolio...

Sergio Rizzo
Gian Antonio Stella
27 ottobre 2006
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Camera, Gardini contro Luxuria "Non puoi usare il bagno delle donne"

La deputata forzista attacca l'onorevole transgender
Ma i questori di Montecitorio danno ragione alla parlamentare comunista
Il presidente Bertinotti: "Rispettare le scelte individuali"


ROMA - Al momento della sua elezione alla Camera nelle file di Rifondazione Comunista c'era chi aveva ironizzato proprio su questo aspetto: dove andrà a fare la pipì Vladimiro Guadagno, ovvero Wladimir Luxuria il deputato transgender del partito di Bertinotti? "Nel bagno delle donne" disse Luxuria sei mesi fa e la questione svanì. Senza troppi rimpianti. Fino ad oggi, però. Quando Elisabetta Gardini, l'ex volto televisivo, attuale deputata di Forza Italia, ha pensato bene di farne oggetto di una pubblica scenata. Davanti ai bagni della Camera. Che diventano scenario di uno scontro politico.

Ore 14,15 bagno delle donne. Luxuria entra. Alle sue spalle la Gardini che sbotta: "Ma allora è vero che Guadagno usa il bagno delle donne". Le prime a fare le spese dell'ira della deputata forzista sono le, sbigottite, addette alla pulizia: "Non potete permettere a Guadagno di usare il bagno delle donne".

Nulla da fare. La Gardini insiste: "Qui si tratta di una cosa fisiologica, non è una questione psicologica". A quel punto Luxuria reagisce: "Io mi riconosco nel genere femminile. Lei non può permettersi". La Gardini alza la voce: "Lei non può usare il bagno delle donne. Ora vado dai questori". Ma dai questori arriva un netto stop alle richieste della deputata forzista: "Le scelte relative alla propria identità sessuale appartengono alla sfera personale e come tali "vanno rispettate".

Luxuria la guarda andare e osserva: "E' la prima volta che mi capita. Sarebbe imbarazzante per me andare nel bagno degli uomini. Imbarazzante per me e per gli uomini che mi incontrassero".

Replica la Gardini, stavolta a bassa voce: "Trovare Guadagno mi ha provocato un trauma. Mi vergogno che si dia una immagine così di basso profilo del Parlamento. Se avessi saputo, sarei stata zitta...".


Le reazioni. "La mia posizione è nota ed è quella di rispettare le scelte individuali che conformano la personalità e orientano le scelte sessuali - commenta il presidente della Camera Fausto Bertinotti - Mi dispiace che se ne debba discutere, penso che basterebbe fare ricorso a una dote che non dovrebbe mancare, la tolleranza".

Immediato e critico il commento del ministro delle pari opportunità, Barbara Pollastrini: ""Sono esterrefatta, mi colpisce soprattutto una certa mancanza di stile e di umanità. E' incredibile che si debba intervenire su quali servizi possa utilizzare l'onorevole Luxuria, se non quelli da lei ritenuti utili". Di tenore opposto l'intevento della vicepresidente della Camera Giorgia Meloni di An, secondo la quale, occorre ribadire "il rispetto dell'etichetta istituzionale e delle elementari regole di educazione". E chiede che "Guadagno venga richiamato per iscritto".

(27 ottobre 2006)
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martedì 24 ottobre 2006

"I gay in serie A? Sono una ventina"

Grillini, deputato e presidente onorario dell'Arcigay "C'è pure un arbitro che deve fingere di amare le donne"
di SEBASTIANO VERNAZZA


L'omosessualità, l'ultimo tabù del calcio. Vietato parlarne. E nessun giocatore fa «coming out», dichiara in pubblico di essere gay. A proposito: si dice «coming out» e non «outing», perché quest'ultima espressione esprime una forzatura, indica chi è costretto a uscire allo scoperto, contro la propria volontà. Oggi di calciatori apertamente omosessuali non se ne contano. Bisogna risalire a Justin Fashanu, attaccante anglo- nigeriano del Norwich, del Nottingham Forest e di altri club inglesi. Nel 1990 Justin azzarda il «coming out»: un fratello e la comunità nera lo rinnegano, i tifosi lo massacrano. Fashanu si impicca nel '98, a 37 anni, dentro un garage. Abbandonato da tutti e ricercato dalla polizia perché accusato di aver violentato un 17enne americano.

Franco Grillini, 51 anni, bolognese, è deputato, eletto nelle file dei Ds, e dal 1987 al 1998 è stato presidente nazionale di Arcigay (oggi ne è presidente onorario). Dice Grillini: «L'omosessualità è fenomeno trasversale. In ogni settore la percentuale di uomini gay oscilla tra il 5 e il 10 per cento. Il pallone non è omo-esente. Osservate le scene di esultanza: sono quadretti con omosessualità, conscia e inconscia, a pacchi. Ragazzi che si baciano, si abbracciano, si toccano. In certe immagini si nota la palpatina sulle parti intime».

Ha mai conosciuto calciatori gay?

«Sì. Arcigay gestisce l'80 per cento dei locali omo in Italia, posti in cui, per entrare, è obbligatorio fare la tessera. E abbiamo uno strumento, il "gaydar" o "radar gay", che ci consente di individuare i nostri simili al 99 per cento (gaydar.it è il sito di riferimento, ndr). Risulta che oggi in serie A ci siano venti omosessuali, più o meno».

Arbitri gay?

«Ne frequento uno, considerato molto bravo. È sposato, ha figli e fa una vita d'inferno, poveretto. Mi racconta che ai raduni della categoria è costretto a millantare inesistenti conquiste femminili perché lì è d'obbligo darsi arie da grandi conquistatori di donne. Il mio amico è disperato. Recita e mente, è al limite della sopportazione».

Perché non fa «coming out»?

«Allo stadio lo distruggerebbero. E lo stesso i giocatori: restano coperti, vivono l'omosessualità nell'ombra, perché hanno paura degli ultrà.

I calciatori di oggi sono i gladiatori del circo romano nell'antichità e sono prigionieri di una cultura maschilista. Anzi: più è forte il sospetto che alcuni di loro siano omosessuali, più costoro devono mostrarsi donnaioli».

Che cosa vuole dire?

«Alcuni giocatori di serie A hanno fidanzate o mogli di facciata. La classica ragazza di copertura, messa lì per confondere, nascondere».

I tempi sono maturi perchéuncalciatore italiano gay esca allo scoperto?

«Sarebbe un "coming out" di straordinaria utilità per il movimento. Prima o poi accadrà. Ho scritto a Matarrese, presidente di Lega, gli ho chiesto di invitare le squadre italiane ad imitare il Manchester City, che ha stretto accordi con un'associazione gay. Mi ha risposto e promesso che porterà la questione in consiglio di Lega. Io, però, ho paura delle curve, dove abbondano violenza e omofobia».

In quantità sospette, viene da aggiungere.

«In certe assemblee di maschi chi ha bisogno di allontanare da sé il dubbio su una latente o presunta omosessualità si mette a gridare forte contro i gay. È significativo che negli stadi venga srotolato tutto il repertorio degli insulti contro la nostra categoria. Sono atteggiamenti camerateschi, laddove il cameratismo è un paravento: davanti tutti uomini forti e virili, dietro non si sa».

Il suo calciatore preferito?

«Kakà non ha rivali, in tema di bellezza. Cannavaro fa la sua figura. Beckham resta l'icona gay più forte: un etero con sembianze da omo. Restando etero, forse».


da La Gazzetta dello Sport di martedì 24 ottobre 2006
http://www.gaynews.it/view.php?ID=70803

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

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