Delia Vaccarello sulla prima pagina dell'Unità fa un bel ritratto della transessuale Patrizia che ha salvato la vita a Lapo Elkann
di Delia Vaccarello
«È il 118? Presto, correte, un uomo sta morendo». Avete passato la notte insieme. Lui ha i capelli biondi, le labbra sottili, gli occhi azzurri. Tu hai le labbra carnose, il seno, i genitali maschili: sei una transessuale. Sono le nove del mattino. Ti avvicini e ti accorgi che lui rantola. Chiami subito i soccorsi. Se perdi un secondo, può essere troppo tardi. Sei nata in un corpo di uomo, ma ti senti donna. Hai scelto "Patrizia" come nome per la tua identità ritrovata. Con il tuo corpo, con il tuo nome, ti senti te stessa. Non hai un pensiero per la notte e uno per il giorno. Non sei sollecita al buio e vile alla luce del sole. Non sei doppia. Sei unica, come è unica la vita di quell'uomo gentile che rischia di andarsene via.
«Correte, sta morendo». Eppure potresti restare stritolata in un gioco più grande di te. L'uomo da soccorrere si chiama Lapo Elkann. È famoso. Tra un attimo tutto il mondo ne parlerà. Ci saranno domande, le forze dell'ordine indagheranno. Tu lo sai. Hai imparato, da anni, a non curarti dello sguardo doppio di molti, anche se fa male. All'inizio ti ferisce di più, poi sempre meno. Ma fa sempre male l'aggressività degli occhi appostati dietro le lenti dell' ipocrisia. Ti guardano, fissano le tue camicette scollate, le calze a rete, la tua eccezionale altezza, trasalgono al timbro della tua voce non del tutto ammorbidita dagli ormoni e ti disprezzano. Tolgono valore alla tua vita solo perché la tua immagine non è rispettabile per i benpensanti. La vita, invece, per te ha un valore grandissimo, qualunque vita, e non importa se viene travestita dagli altri con gli abiti logori del pregiudizio o con i panni "regali" della fama.
Lapo Elkann sta morendo, a salvare una vita non serve la fama, non servono i soldi, serve, ora, subito, una telefonata, succeda quel che succeda. «Presto, correte, un uomo sta morendo». Se non conoscessi la Dignità, tu, Patrizia non saresti sopravvissuta. La dignità ha la forza di un canto che non si estingue, anche se gli altri urlano o ti accoltellano alla schiena. Ti ha dato l'energia di chi non aspetta, per sentirsi vivo, che il can can mediatico dia l'approvazione, che ti metta oggi sull'altare e ti getti domani nella polvere. Il carnevale televisivo, che troppo spesso "maschera" la vera informazione quella sì, quanto è travestita -, parlerà di Lapo Elkann. Ne parlerà mentre Lapo sarà nella polvere in cui ci getta la vita quando non abbiamo le forze. Ci sarà gente che camufferà morbosità e scandalizzata sorpresa alla notizia che aveva trascorso la notte con te, con te che l'hai soccorso. Ci sarà chi, alla notizia della sfortuna altrui, ammiccherà: «Ehi, hai visto con chi era?». Ti spingeranno fuori dall'ombra con cui finora hai cercato di proteggerti. Non importa. Per te importa tirare quell'uomo gentile fuori dalla polvere che può ricoprire la vita, in un attimo, e trasformarla in morte.
«Correte, sta morendo». Conosco tante persone transessuali. Ad alcune mi lega un profondo sentimento di amicizia. Ne abbiamo parlato spesso su questo giornale. Cercando ogni volta di dar voce alla voce soffocata dalla coperta di pregiudizi con cui il mondo le occulta. Tutti i giorni incontriamo le persone transessuali: lavorano in case di riposo per anziani, fanno l'animazione tra i giovani, sono esperte di informatica, alcune leggono l'oroscopo al mattino, altre esercitano la prostituzione. Fanno i lavori di tutti. Le giovani si cercano nell'età tra le più difficili, quella dell'adolescenza. Lì dove il confine tra la morte e la nuova vita si fa sottile. Lì dove la seconda nascita, quella alla società, alla sfera "pubblica", avviene solo grazie all'infinito coraggio di dire: «Io sono così e ho il diritto alla dignità». Ma se non si trova il coraggio, si muore alla vita vera.
Le persone trans interrogano se stesse per lungo tempo in una solitudine spaventosa, affinando l'orecchio alle tante solitudini. Non hanno modelli che aiutano a cercare la propria identità, trovano spesso solo un'abbondante dose di derisione.
Chi riesce a trovarsi, a tenere fermo il contatto con ciò che sente, difende fino allo stremo una voce dentro di sé. Misteriosa, forse. La difende quando è fragile, quando può bastare un pizzico di difficoltà in più a zittirla per sempre. Difende la voce della vita. Quella che gli altri disprezzano, quando disprezzano. Ma chi disprezza la vita altrui, disprezza la propria. Quella che gli altri non soccorrono, se non la riconoscono in pericolo o se, percepito il pericolo, tirano diritto per la propria strada. Tu, Patrizia, non hai potuto farlo. Hai detto a te stessa, tanto tempo fa: «Devo soccorrermi, altrimenti muoio». Hai aperto la porta di casa, di notte e di giorno, con le camicette scollate, il seno, i tacchi alti, la voce dal timbro forte. E hai detto: «Sono viva». Così l'altra mattina hai detto: «Correte, Lapo Elkann sta morendo». Hai dato voce alla giustizia. All'unica giustizia che conta. Quella che soccorre la vita.
sabato 15 ottobre 2005
Il coraggio di Patrizia
venerdì 14 ottobre 2005
Prodi conferma: "Regolamenteremo le convivenze"
In una lettera al giornale diocesano di Vittorio Veneto il leader dell'Unione risponde alle critiche espresse dal vescovo mons. Giuseppe Zenti sulla sua posizione sui PACS
Vittorio Veneto (Tv), 14 ott. (Adnkronos) - ''Il mio pensiero su un problema tanto delicato quale quello della famiglia e delle convivenze e' stato davvero travisato e strumentalizzato. Un tema che non puo' essere affrontato, come invece si e' fatto, con dichiarazioni estemporanee e in un clima nel quale si privilegiano i toni 'gridati' e ad effetto''. A sottolinearlo e' Romano Prodi nella lettera che apparira' domani sul settimanale diocesano 'L'azione' di Vittorio Veneto (Treviso), in risposta alla critiche espresse dal vescovo mons. Giuseppe Zenti sullo stesso settimanale sulla sua posizione sui pacs e che, rivolgendosi allo stesso Prodi, gli diceva invece di puntare tutto sulla famiglia se vuole vincere le prossime elezioni politiche.
E Prodi spiega: ''In questo specifico caso, inoltre, mi sono dovuto rendere conto che la vicinanza sia geografica che temporale con la vicenda spagnola, dove si e' dato via libera al matrimonio tra persone dello stesso sesso, ha reso ancora piu' difficile la comprensione corretta dei miei orientamenti al riguardo e assai piu' facile la strumentalizzazione delle mie parole. (Troppo comodo dire che Prodi era piu' o meno come Zapatero!). Invece le cose stanno in modo ben diverso''.
''Ecco perche' vorrei cominciare precisando quel che non ho mai detto - sottolinea il leader dell'Unione - Come ho avuto modo di scrivere in una lettera a 'Famiglia Cristiana' non ho mai sostenuto l'opportunita' di matrimoni tra persone dello stesso sesso, anzi in tempi non sospetti mi sono pubblicamente dichiarato contrario; ne' ho mai pensato e penso a provvedimenti che mettano minimamente in discussione la famiglia''.
''Molti mesi or sono, quando ancora ero alla guida della Commissione europea, io stesso -aggiunge Prodi- ebbi modo di dire personalmente al Presidente Zapatero che non ero d'accordo con lui e che i matrimoni tra persone dello stesso sesso non sono accettabili in alcun modo. Ho sempre detto che i figli devono avere un padre e una madre e che sono contrario a soluzioni diverse da questa. Ho ribadito che considero la famiglia basata sul matrimonio un fondamento della societa'. Ed e' certo che i miei orientamenti religiosi sostengono questa convinzione''.
''Penso pero', ed e' quanto ho detto - ggiunge Prodi-, che non si possa piu' non dare una regolamentazione ad altre forme di convivenza e alle unioni riconoscendo alcune tutele- avverte il professore - Sono tante, ormai, anche nel nostro Paese. Sono del piu' diverso tipo e a volte sono scelte o imposte dall'organizzazione della vita e della nostra societa'''.
''E' a loro che pensavo (e penso) quando ho chiesto a me stesso e a tutti noi se e' giusto privare due persone che hanno condiviso anni di vita comune in un rapporto di aiuto reciproco, della possibilita' di una visita in ospedale, o di lasciare un'eredita', piccola o grande che sia all'atro, o la pensione - prosegue Prodi - I casi sono innumerevoli e diversi tra loro e la politica non puo' ignorare la realta'. Ecco perche' ho detto che, in concreto, si trattera' di individuare i diritti e i doveri in capo ai partners di una unione e di assicurare la loro tutela cosi' da evitare ogni forma di discriminazione''.
''Quanto alla famiglia non ho dubbi al riguardo: per la mia vita e' stata la cosa piu' importante. La considero un fondamento della nostra societa'- assicura il professore - Sono ben consapevole che la nostra stessa tenuta sociale richiede un forte sostegno alla famiglia e penso che l'intero sistema debba tenerne conto. Non bastano singoli interventi. Serve un lavoro non precario, un sistema fiscale, un'organizzazione del tempo che tenga conto delle esigenze delle famiglie''.
''In queste settimane ho esaminato uno studio prodotto per le Acli dal prof. Luigi Campiglio che presenta costi e vantaggi dell'introduzione del 'quoziente familiare' nel nostro sistema di tassazione -conclude il professore - Qualcosa di piu' di un semplice sistema di detrazioni fiscali che aiuti le famiglie con figli e con un piu' basso reddito. Nel mio stesso programma per le primarie c'e' un forte impegno per i nidi ma anche per ridurre la precarizzazione del lavoro che produce insicurezza nei giovani e, di conseguenza, maggiori difficolta' a farsi una famiglia e ad avere figli''.
http://www.gaynews.it/view.php?ID=34582
mercoledì 12 ottobre 2005
A sostegno di Giorgio e Luciana Alpi contro la querela di Taormina
Ci appelliamo alla sensibilità e alla passione di quanti ancora credono che si possa giungere alla verità sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, gionalisti del Tg3 uccisi a Mogadiscio - Somalia - il 20 marzo 1994.
E' di ieri la notizia, diffusa dalle agenzie stampa e da "Reporter Associati International", della lettera scritta dall'on. Carlo Taormina al presidente della Camera on. Pierferdinando Casini, contenente la minaccia di una querela per diffamazione contro i genitori di Ilaria Alpi, Giorgio e Luciana, colpevoli - a giudizio dell'on. Taormina - di aver "osato" criticare il metodo e le procedure che il presidente Taormina applica ai lavori della Commissione. Critiche che facciamo fin d'ora nostre assumendocene la piena responsabilità.
La minaccia di querela contro i genitori di Ilaria Alpi, e del loro difensore Domenico D'Amati, segna l'ultimo atto di una politica spregiudicata portata avanti dall'on. Carlo Taormina all'interno della Commissione parlamentare da lui presieduta, una politica che ha portato ad oggi quale unico risultato dopo due anni di lavori quello di indicare nei giornalisti allontanati dal compito di consulenti della Commissione dei"depistatori", altri giornalisti che erano, a ragione, considerati memorie storiche del "caso Alpi" additati come "occultatori", altri ancora, i colleghi del Tg3 di Ilaria Alpi ridotti a "inquinatori". E da ieri perfino i genitori di Ilaria bollati come "diffamatori".
Una politica spregiudicata che ha posto nei fatti la Commissione parlamentare sulla strada di un conflitto tra poteri dello stato con il rifiuto di ottemperare ad alcuni disposizioni della magistratura in occasione alcuni delicati passaggi operativi e procedurali. E per questo motivo la Procura della Repubblica di Roma, con una iniziativa definita "grottesca" dal presidente della Commissione Carlo Taormina nella lettera inviata all'On. Pierferdinando Casini, ha aperto un'indagine intorno al ritrovamento a Mogadiscio (a undici anni di distanza dal duplice omicidio...) dell'auto indicata come quella dove persero la vita i due giornalisti italiani. Un ritrovamento che, come altri passaggi dei lavori della Commissione, lascia non pochi dubbi e perplessità...
Ci appelliamo all'opinione pubblica, ai movimenti, alle associazioni, a tutti i cittadini che hanno a cuore la verità e il rispetto delle procedure necessarie a raggiungerla. Ci appelliamo perchè tutti ci possano stringere solidarmente intorno alle figure di Giorgio e Luciana Alpi che hanno dedicato questi undici anni alla ricera della verità sull'esecuzione alla quale vennero sottoposti Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Ci appelliamo a quanti ancora credono sia posibile arrivare a identificare i mandanti del duplice omicidio e l'ambiente dal quale venne ordinato di assassinare i due giornalisti.
Ci appelliamo ai parlamentari del centrosinistra perchè adoperino ogni mezzo e ogni strumento perchè firmino questo appello e lo facciano arrivare fin dentro la Camera dei Deputati e al presidente on.Casini.
Ci appelliamo a tutti i giornalisti, agli operatori dell'informazione perchè non abbassino la guardia sulla drammatica vicenda della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, perchè non si accontentino di verità tanto "semplici" come inusitatamente e pubblicamente enunciate dall'on. Carlo Taormina, prima ancora delle conclusioni ufficiali dei lavori della Commissione parlamentare, e che vedono indicare come causa della morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin qualcosa di molto simile a un incidente: "un tentativo di rapina, o rapimento, finito male...".
La minaccia di querela per diffamazione contro Giorgio e Luciana Alpi ci indigna profondamente persino nella forma che è stata consapevolmente usata per diffonderla, ci indigna come cittadini che crediamo ancora nel valore della politica e degli strumenti democratici della politica per raggiungere la verità, ci indigna perchè segna il tentativo di delegittimare il lavoro e l'impegno di tutti coloro che per undici anni si sono impegnati e si sono battuti, senza alcun interesse personale, per cercare di arrivare a smascherare i mandanti dell'esecuzione di Ilaria e Miran. Ovunque si trovino, dentro e fuori la Somalia.
Noi firmatari di questo appello non ci accontenteremo fin quando non sarà raggiunta la verità, fino a quando non saranno chiarite tutte le dinamiche che hanno portato al duplice omicidio. Fino a quando non leggeremo nero su bianco i nomi dei mandanti.
Sentiamo di doverlo a Ilaria e Miran
Sappiamo di doverlo a Giorgio e Luciana
Noi siamo al loro fianco
Sottoscrivi l'appello
Nelle roccaforti Cdl emorragia di seggi
CON LA RIFORMA VITTORIA DEL CENTROSINISTRA RIDIMENSIONATA, MA A SORPRESA POLO SVANTAGGIATO IN LOMBARDIA, VENETO E SICILIA
Il centrosinistra in testa con 60 deputati in più in base alle elaborazioni dell’Ufficio Studi di Montecitorio
Ci hanno lavorato sopra una settimana, calcoli e ponderazioni non erano semplici, ma alla fine il Servizio Studi della Camera dei deputati ha sfornato l’attesissimo risultato: con la nuova legge elettorale, calcolando come base le Regionali di quest’anno, il centrosinistra vincerebbe le elezioni con un margine di 63 deputati: 340 contro 277. Anche se la sorpresa affiora nel peso che i due Poli assumerebbero nelle diverse aree geografiche del Paese.
Certo, si sapeva che il sistema proporzionale avrebbe ridimensionato ogni schieramento nelle sue roccaforti - la sinistra nelle regioni rosse, il centrodestra nel Lombardo-Veneto e in Sicilia - ma le proiezioni dimostrano che in quelle aree il salasso più sensibile lo subisce la maggioranza. Un dato fino a ieri intuitivo ma da questa mattina, quando in aula si voterà la riforma, il documento del Servizio Studi non sarà più ufficioso, ma accessibile a tutti i deputati.
In Lombardia, Veneto e in Sicilia alle elezioni politiche del 2001 il centrodestra aveva conquistato alla Camera una valanga di seggi, ben 170 su 368 e dunque in sole tre regioni era stato eletto il 46% dell’intera compagine parlamentare della Casa delle libertà. La proiezioni del Servizio Studi di Montecitorio dimostrano che in quelle tre regioni, con la riforma in discussione da oggi, il centrodestra perderebbe ben 59 deputati, una emorragia molto più corposa rispetto a quella che si verificherebbe con la legge elettorale attualmente in vigore. In quelle tre regioni infatti il centrodestra mantiene un significativo, diffuso vantaggio sullo schieramento avversario e dunque i collegi a rischio (legge in vigore) sarebbero molti di meno. Anzi un calcolo è stato già fatto: sulla base dei risultati delle elezioni 2004 e 2005 in Lombardia il centrodestra perderebbe 11 collegi, in Veneto 2 e in Sicilia 8. Totale, 21. Il calcolo è presto fatto: con la nuova legge elettorale nelle sue tre regioni-roccaforte la Casa delle libertà perderebbe 59 deputati, con quella ancora in vigore soltanto 21.
Numeri più eloquenti di tante proiezioni fatte «ad occhio» in questi giorni dai deputati del centrodestra ed è proprio sull’ansia da novità, sul terrore di non essere rieletti scommettono i capi del centrosinistra. Ieri Romano Prodi è arrivato a dirlo esplicitamente, con una brutalità disarmante: «Riusciranno ad evitare una nostra robusta maggioranza, ma la prossima volta non saranno in Parlamento.
Naturalmente l’effetto-riequilibrio ci sarebbe anche nelle regioni rosse, dove il centrosinistra nel 2001 aveva sbancato: in Emilia-Romagna, Marche, Umbria e Toscana l’attuale opposizione aveva eletto 89 deputati, pari al 34% del totale. Ma a riforma proporzionale attuata, gli 89 diventerebbero 70 e quindi per l’opposizione si profila un arretramento, non un salasso.
Ed è nel Mezzogiorno che il centrosinistra avanza sensibilmente rispetto alle ultime Politiche: nel 2001 in Sicilia la Cdl aveva conquistato 50 deputati contro 5, oggi il rapporto sarebbe di 29 (centrodestra) a 25 (centrosinistra). Per non parlare della Campania, dove i rapporti di forza sarebbero ribaltati rispetto a 4 anni fa: 38 a 25 nel 2001 a favore del centrodestra, mentre oggi - sempre in base alle proiezioni - l’attuale opposizione conquisterebbe 43 deputati contro i 20 della Cdl.
Stessa inversione in Puglia: 28 a 16 nel 2001 per il centrodestra, mentre oggi il rapporto sarebbe di 24 a 20 a favore del centrosinistra. Rapporti di forza diversi anche in regioni politicamente più in bilico come il Piemonte: nel 2001 il centrodestra aveva conquistato 28 seggi contro 20, il nuovo proporzionale e i voti nel frattempo transitati sull’altra sponda darebbero oggi il centrosinistra con 26 deputati contro i 21 della Casa delle libertà.
Fabio Martini
La Stampa 11-10-2005
Cosa accade a chi cambia la legge elettorale
La maggioranza intende cambiare la legge elettorale a pochi mesi dal voto perché ritiene di poter conseguire risultati migliori con il sistema proporzionale che con quello maggioritario. In effetti, con il presente sistema "misto", il centro-destra ottiene risultati sistematicamente migliori nella quota proporzionale che in quella maggioritaria. Anche le simulazioni degli effetti della riforma sulle intenzioni di voto espresse nei sondaggi sembrano fornire risultati più favorevoli al centro-destra, che riuscirebbe così a ridurre il suo distacco nei confronti di un centro-sinistra oggi accreditato della maggioranza dei consensi.
Ma è fuorviante pensare che la legge elettorale intervenga semplicemente cambiando l'esito, in termini di seggi, di una data distribuzione dei voti fra e all'interno degli schieramenti; le scelte di voto vengono in realtà esse stesse influenzate dalla riforma. L'esperienza storica indica che chi cambia la legge elettorale in genere perde voti. E come ci insegna la Francia, gli elettori possono punire ancora di più i Governi che unilateralmente cambiano le regole a proprio vantaggio poco prima del voto.
Se per i partiti è difficile prevedere l'effetto delle riforme sui loro risultati alle elezioni successive, questo compito è ancora più difficile per i singoli parlamentari. I precedenti storici dimostrano che i deputati e i senatori che approvano il cambiamento della legge elettorale hanno una probabilità più bassa di essere rieletti dei predecessori o di chi è loro succeduto in legislature successive.
La riforma proposta dalla Casa delle libertà in questo fine di legislatura in Italia aggiunge a questa incertezza ulteriori incognite: i) la competizione tra i partiti all'interno dello schieramento, ii) la possibilità che (dopo le elezioni) nascano nuove aggregazioni o nuovi partiti e iii) la complessità nei meccanismi di attribuzione del premio di maggioranza, in particolare al Senato. I parlamentari che voteranno a favore della nuova legge elettorale implicitamente voteranno per una maggiore flessibilità del loro lavoro. È bene che comincino a cercarsi una valida alternativa fin da subito.
Vediamo dunque in maggiore dettaglio cosa è successo in tutte le riforme di sistemi elettorali varate nei paesi Ocse dal 1960 in poi, procedendo in ordine cronologico.
Francia
Il 10 luglio 1985 il Parlamento francese approvò una riforma del sistema elettorale che ripristinava il sistema proporzionale (in vigore fino al 1958). La riforma serviva, nelle intenzioni di François Mitterrand, a indebolire il centro-destra, dato in vantaggio nelle intenzioni di voto per il rinnovo dell'Assemblée Nationale. Grazie alla riforma, le elezioni del 16 marzo 1986 "regalarono" al Fronte Nazionale una pattuglia di 35 deputati (prima non era rappresentato in Parlamento). Ma ciò non impedì la vittoria del centro-destra che, appena tornato al Governo, ripristinò il sistema maggioritario, nel luglio 1986.
Nuova Zelanda
La legge elettorale è stata modificata, passando da un sistema maggioritario a uno misto, nel 1993. La riforma è stata approvata su iniziativa dei due partiti di maggioranza relativa, il National Party e il Labour Party. Alle elezioni successive (1996) i due partiti sono scesi dal 96 per cento al 67 per cento dei seggi in Parlamento. E solo il 56 per cento dei parlamentari del 1993 ha mantenuto il proprio posto dopo le elezioni mentre in elezioni precedenti e successive il tasso di riconferma dei parlamentari uscenti è stato mediamente superiore al 70 per cento.
Giappone
La riforma elettorale è stata varata nel 1994, per iniziativa del Governo in carica, anche qui passando da un sistema maggioritario a uno misto. L'intenzione era quella di indebolire il partito che aveva egemonizzato la scena politica nel Dopoguerra, il Liberal Democratic Party (Ldp), per favorire una maggiore alternanza. Ma le elezioni del 1996 riportarono al potere il Ldp e attuarono un ricambio maggiore che in passato dei deputati uscenti. I parlamentari giapponesi erano, infatti, tradizionalmente deputati a vita. Prima della riforma, i deputati Ldp avevano in media 58 anni e cinque legislature alle spalle. Dopo la riforma, il ricambio dei parlamentari eletti nelle zone urbane fu molto più pronunciato. Nelle zone non urbane l'organizzazione di sostegno del singolo candidato è infatti molto forte, spesso molto più forte di quella del partito di appartenenza.
Italia
Non c'è bisogno di andare lontano per documentare gli effetti paradossali delle riforme della legge elettorale e l'incertezza che comportano per il futuro di chi le approva. Basta comparare le proiezioni svolte al momento del cambiamento della legge elettorale nell'estate 1993 con l'esito delle elezioni del 27 marzo 1994 per rendersi conto che la riforma portò a risultati molto diversi da quelli auspicati da chi l'aveva sponsorizzata. La Democrazia Cristiana aveva votato compatta a favore della riforma sia alla Camera che al Senato sulla base di studi che la accreditavano di una pattuglia tra gli 80 e i 180 deputati alla Camera. Ma pochi mesi dopo la Dc ottenne, assieme a reduci del Psi e del Pri, nel Patto per l'Italia, solo quattro deputati e grazie allo scorporo. Appena il 25 per cento dei senatori venne riconfermato. Nelle elezioni immediatamente precedenti e in quelle successive ne fu invece rieletto il 45 per cento. Alla Camera il tasso di riconferma fu del 30 per cento contro il 45 per cento delle elezioni successive e una media del 60-70 per cento in quelle precedenti. Certo, eravamo in piena tangentopoli, ma il ricambio di tre senatori su quattro e di due deputati su tre, non può essere solo il frutto dell'offensiva giudiziaria di quegli anni.
Un ultimo dato su cui riflettere
Dunque, le riforme del sistema elettorale possono riservare sgradite sorprese a chi le realizza.
Il disinteresse in genere manifestato dai cittadini nei confronti delle legge elettorali non significa che questi rimarranno passivi di fronte a una eventuale riforma, soprattutto se viene varata in extremis e con palesi finalità di alterare l'esito elettorale. Anche in Giappone, all'atto della riforma del 1994, solo il 15 per cento degli elettori riteneva che la riforma della legge elettorale fosse molto importante. Eppure, la riforma ottenne risultati opposti a quelli auspicati da chi la proponeva. Forse perché gli elettori sembrano pronti a punire chi cambia le regole intervenendo sul loro esercizio del diritto di selezionare la classe politica. E i sondaggi disponibili suggeriscono che la riforma oggi non è popolare in Italia, neppure tra gli elettori di centro-destra.
Non è un caso che di riforme dei sistemi elettorali se ne facciano così poche: anche prendendo in considerazione i paesi al di fuori dell'area Ocse, dal 1960 a oggi meno di un paese su quattro ha cambiato il sistema elettorale.
Noi ne abbiamo appena fatta una e i partiti e gli elettori si stanno ancora adattando al cambiamento. Vale davvero la pena di farne un'altra?
Tito Boeri
La Voce.info
lunedì 10 ottobre 2005
Svezia: presto le unioni gay celebrate in chiesa
La Chiesa di Svezia potrebbe essere la prima chiesa cristiana a celebrare ufficialmente unioni gay
di Lorenzo Gallo
Il più alto organo della Chiesa di Svezia dopo il sinodo, la Direzione (Kyrkostyrelsen) ha proposto alla Commissione liturgica della Chiesa svedese di creare una benedizione ad hoc per le coppie omosessuali che abbiano contratto una partnership.
La commissione competente che ha giudicato la proposta si è espressa a favore con larga maggioranza: 12 dei 15 rappresentanti.
A questo punto, entro la fine di ottobre il sinodo probabilmente deciderà di accogliere la richiesta ed elaborare un rito di benedizione all’interno del suo catechismo.
Secondo la proposta della Direzione (Kyrkostyrelse), l’ordinamento della nuova cerimonia sarà inserito nel capitolo dedicato alle benedizioni ecclesiastiche; se approvata, la riforma
entrerà in vigore dal prossimo anno.
Nello stesso documento, la Commissione ha indicato anche quattro punti fermi:
- è escluso che sia lecito condannare le persone omosessuali o colpevolizzare gli atti omosessuali.
- la Chiesa deve attivamente contrastare la discriminazione delle persone in base all’orientamento sessuale.
- la Chiesa non deve sanzionare o condurre attività organizzate con lo scopo di “curare” omosessuali dal loro orientamento
- l’orientamento omosessuale o l’aver contratto un’unione civile non sono motivi per rifiutare la consacrazione al servizio ecclesiastico.
http://konline.rfsl.se/o.o.i.s?id=55&article_id=91844