Ecco la copertina della edizione europea (domani in edicola) del prestigioso settimanale britannico. Sotto la scritta "Basta", in italiano, l'invito in inglese agli italiani di "licenziare Berlusconi". Sul settimanale, anche un lungo articolo, dal titolo: "Una triste storia italiana". Per questo numero, che esce alla vigilia del voto, è stata aumentata la tiratura per il mercato italiano
venerdì 7 aprile 2006
The Economist
Un finale da Caimano
di CURZIO MALTESE
È il destino dei demagoghi assomigliare nel finale alle loro caricature. L'ultimo Berlusconi non ricorda ma è il Caimano. Un uomo di potere messo all'angolo, stravolto dalla rabbia, deciso a trasformare la sua probabile sconfitta con una tragedia nazionale. Un personaggio dunque molto pericoloso. Senza saperlo, senza neppure averlo visto, il premier ripercorre l'ultima scena del film di Moretti, incita all'eversione e fugge inseguito dai fuochi di un incendio sociale da lui evocato. La differenza non è nel copione ma nei sentimenti che suscita nel pubblico. Il Berlusconi vero è assai più inquietante di quello rappresentato nelle sale. L'emozione, il sentimento e il risentimento sono del resto i protagonisti di questa assurda campagna elettorale.
Silvio Berlusconi ha smesso da tempo di parlare di politica, ha abbandonato il discorso agli altri, come se su quel terreno non si aspettasse più di convincere nessuno, per fare appello alla sola emozione. Anzi, a un'emozione sola, la paura. In questo è ancora bravo. Anche quando non aveva nulla da dire ai cervelli, e gli è capitato spesso, il Cavaliere è sempre riuscito a comunicare di viscere ciò che sentiva nel profondo. È il suo talento maggiore.
Ai tempi della discesa in campo comunicava fiducia, ottimismo, speranza, voglia di successo. Era tutto quello di cui anche l'Italia uscita da Tangentopoli aveva bisogno. Non si trattava però di semplice calcolo, di un algido marketing politico con le parole d'ordine e gli slogan calibrati sui sondaggi. Non avrebbe funzionato così bene. Quei sentimenti Berlusconi li provava davvero, in prima persona.
Da qualche mese Berlusconi è in preda a una sconfinata paura, all'angoscia di perdere, a una sensazione di fallimento e impotenza. Reagisce come può un immenso narciso, con la negazione, la rabbia, l'insulto. Il populismo finisce sempre con il disprezzo per il popolo. Ma questo ha in corpo l'ultimo Berlusconi e questo soltanto riesce a esprimere, in ogni occasione, anche quando si sforza di sorridere, di recuperare in extremis l'immagine sognante, il sorriso, le promesse. Il dito puntato sullo spettatore alla fine dell'appello, dopo aver promesso l'abolizione dell'Ici e chissà cos'altro, voleva essere un gesto di sicurezza e fiducia. E invece è suonato allo spettatore per quello che era: una minaccia.
Da settimane quel dito è puntato contro tutto e tutti.
Avversari e alleati, stampa italiana e straniera, imprenditori e magistrati. L'altro giorno l'ha puntato contro l'intero popolo italiano nella più grottesca minaccia politica mai ascoltata: se non mi votate siete dei coglioni. Certo, si è reso conto perfino lui che si trattava di una strada non percorribile. Allora è tornato al vecchio repertorio, le toghe rosse, il complotto del mondo intero, i brogli elettorali, il comunismo. Nessuno però più ascolta le parole, neppure i suoi elettori. Tutti guardano l'espressione, il volto, i gesti, e colgono il messaggio di paura. È un messaggio efficace, che passa e "buca" il video. Non s'era mai vista una vigilia elettorale così cupa, quasi plumbea, con un tale carico insopportabile di tensione.
Ragioni concrete, a voler ragionare un poco, non ne esistono. Il paventato pericolo di una vittoria delle sinistre dovrebbe far ridere. Il centrosinistra in Italia ha già vinto dieci e non cento anni fa, ha governato senza requisire le case e abbeverare i cavalli a San Pietro, ha perfino permesso l'ulteriore arricchimento dell'uomo più ricco del Paese, ha infine assistito serenamente e quasi con sollievo allo sfinimento di molti processi a carico di Berlusconi, con i reati caduti in prescrizione, senza tramare né tanto né poco con le fantomatiche toghe rosse.
Semmai ha esagerato in fair play. Nel timore che ogni azione potesse apparire una vendetta, il centrosinistra ha evitato di portare a termine una sacrosanta legge sul conflitto d'interessi, una necessaria liberalizzazione del sistema televisivo e una decente riforma di quello che oggi è il sistema di giustizia più classista dell'Occidente. Gli italiani tutti, Berlusconi compreso, hanno insomma poco da temere da un futuro governo Prodi e infatti la maggioranza non sembra aver paura di un centrosinistra vittorioso. Una parte crescente di opinione pubblica, non soltanto a sinistra, comincia piuttosto ad aver paura di un Berlusconi sconfitto. Timore di come un personaggio in questo stato psicologico, dotato di un grande potere e abituato ormai a farne un uso eversivo, potrà reagire la sera dell'11 aprile. Sarà disposto a farsi "licenziare" dagli italiani, come l'Economist ci suggerisce di fare? Accetterà di abbandonare il potere come un normale politico democratico?
È l'inquietudine che percorre il film di Moretti e soprattutto la fosca conclusione. Può darsi che sia anche questo un sentimento eccessivo ma non è infondato. Di tanti sogni, dell'avventura berlusconiana rimane alla fine questo piccolo incubo: il colpo di coda del caimano.
(7 aprile 2006)
http://tinyurl.com/hlxkz
giovedì 6 aprile 2006
Legge... oh, pardon
di Marco Travaglio
Consigliamo ai leader dell'Unione di prendere qualche appunto su quel che sta avvenendo sulle reti Mediaset in questi giorni. Per evitare di scordarsene un'altra volta, quando dovranno metter mano alla legge sul conflitto d'interessi. Bellachioma si autoinvita a Canale5 presso Toni Capuozzo, il lottatore continuo dell'ultrasinistra poi passato al craxismo e ora al berlusconismo, che subito gli allestisce uno «Speciale Terra», come già nel 2001, quando intervistò Dell'Utri perché spiegasse che brava persona era Vittorio Mangano e quanti cavalli accudisse ad Arcore. Poi il niet dell'Authority presieduta da un tizio nominato da Bellachioma, dunque comunista, e il trasloco improvvisato di Bellachioma alla Fiera di Roma (per la serie: il Mercante in Fiera). Intanto, su Rete 4, quell' Emilio Fede che tanti a sinistra trovano simpatico allestisce la sua personale par condicio con le riprese trionfali delle convention di Bellachioma, appaiate (nottetempo) alle immagini sgranate del discorso di Prodi all'associazione marmisti ripreso a chilometri di distanza, di spalle, da telecamere amatoriali affidate a malati terminali di Parkinson. E Irene Pivetti, già presidente del Senato per volontà di Bellachioma e stipendiata da Bellachioma, dopo aver intervistato in ginocchio Bellachioma con l'ausilio di vari salariati di Bellachioma, aggredisce Enrico Letta che ha osato ricordare di esser ospite di una rete di Bellachioma. Titolo del programma: «Liberi tutti».
Sacrosantamente Prodi ha deciso di evitare comparsate in casa Bellachioma: «A Mediaset non vado, ho il diritto di scegliere». Il che fa urlare al «regime» Confalonieri, il quale non considera regime possedere tv e occuparle militarmente: considera regime non possederle e non occuparle.
Così, in pochi giorni, sono evaporati i pur encomiabili sforzi del Platinette Barbuto, promotore di un memorabile appello per la salvaguardia del conflitto d'interessi del suo datore di lavoro, con le prestigiose firme di Piero Ostellino e Massimo Teodori: due «liberali» talmente liberali che in ogni loro articolo devono ripetere di essere liberali, altrimenti non ci credono nemmeno loro. Il Trio Lescano s'era appellato all'Unione per scongiurare il presunto «esproprio» prossimo venturo di Mediaset da parte dell'imminente governo bolscevico, col decisivo argomento che cosa fatta capo ha. Sta provvedendo Mediaset a mostrare agl'italiani a ogni ora del dì e della notte cos'è il conflitto d'interessi.
Naturalmente nessuno ha mai proposto di espropriare Mediaset. C'è chi, come il terzinternazionalista Giovanni Sartori, propone l'incompatibilità fra cariche pubbliche e proprietà di mass-media; chi, come i leader dell'Unione, si accontenta del blind trust, cioè di un fondo cieco dove parcheggiare le azioni dell'imprenditore che fa politica; chi, come D'Alema, suggerisce al Cavaliere di spogliarsi delle sue tv passandole ai figli. In realtà è stato Confalonieri, che ci capisce, a ripetere più volte che il blind trust non serve a nulla quando si tratta di tv, e che l'unica soluzione sarebbe la vendita.
Ed è stato lo stesso Bellachioma ad annunciare infinite volte che avrebbe venduto le sue tv. Imporgli un tetto antitrust di una rete (il massimo consentito nelle democrazie vere) costringendolo a cederne due non sarebbe un sopruso: sarebbe un tardivo adeguamento alle regole vigenti nel resto d'Europa e negli Usa. Imporgli poi di scegliere fra la vendita anche della tv rimasta (ovviamente non a parenti o prestanomi) e il ruolo di parlamentare o premier o ministro o sindaco o assessore non sarebbe un esproprio (anche perché l'acquirente lo deciderebbe il venditore e il ricavato andrebbe a lui). Sarebbe, semplicemente, il rispetto di una legge dello Stato che è difficile definire "ad personam" visto che entrò in vigore il 30 marzo 1957 (Bellachioma aveva 19 anni), ed è ancor più arduo definire comunista visto che a volerla fu Mario Scelba. È la legge 361, «Testo unico delle leggi elettorali». Articolo 10: «Non sono eleggibili... coloro che in proprio o in qualità di rappresentanti legali di società o di imprese private risultino vincolati con lo Stato per contratti di opere o di somministrazioni, oppure per concessioni o autorizzazioni amministrative di notevole entità economica, che importino l'obbligo di adempimenti specifici, l'osservanza di norme generali o particolari protettive del pubblico interesse, alle quali la concessione o la autorizzazione è sottoposta». Per esempio, i concessionari di frequenze televisive. Per esempio, Bellachioma. Ci scusiamo sin d'ora per aver citato una legge dello Stato. E soprattutto per aver avuto la coglionaggine di usare espressioni volgari e superate come «legge» e «Stato».
da l'Unità
mercoledì 5 aprile 2006
martedì 4 aprile 2006
Berlusconi perde la testa e offende gli italiani che votano per il centrosinistra
"Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare contro i propri interessi". (clicca qui per vedere il video)
Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervenuto oggi alla Confcommercio, ha apostrofato i cittadini che si accingono a votare domenica prossima.
Parole "usate con ironia", secondo il premier, dette con il "sorriso sulle labbra".
Non c'è da offendersi, insomma.
Tanto più che tantissimi blogger hanno colto l'occasione per prendere posizione, orgogliosi di essere -oni. Tu come la vedi?
AUTOCERTIFICAZIONE
Se credi, firma la petizione online
COGLIONE? NO, ORGOGLIONE
Scarica e stampa il .pdf
domenica 2 aprile 2006
«Mister Berlusconi, ho visto il suo album e mi sento sfruttato»
Bono, leader degli U2, al Cavaliere: non è vero che aiutate i Paesi poveri.
L’Italia è ultima
Mr Berlusconi, per quanto lusingato possa sentirmi nel comparire nella Sua brochure, mi sento anche un po’ sfruttato. Le scrivo per cercare di precisare la posizione mia e del Suo governo riguardo i Paesi più poveri e quello che tutti noi potremmo ancora fare per aiutarli. A pagina 79 sono ritratto al telefono mentre mi congratulo con Lei per «le attività promosse dal Governo italiano in aiuto dei Paesi poveri».
Ricordo una nostra conversazione in cui Lei si impegnava a sostenere e a implementare le decisioni del G8 per la cancellazione del debito dei Paesi che necessitavano di quel denaro per la salute e l'istruzione dei loro cittadini più bisognosi. La campagna per la cancellazione del debito, lanciata da Giovanni Paolo II unitamente ad altri, è stata uno dei grandi movimenti degli ultimi 50 anni e sono felice di poter constatare che, malgrado tutte le carenze nella realizzazione, circa 290 milioni di persone ora hanno una speranza. Il denaro proveniente dalla cancellazione del debito sta già portando grandi cambiamenti: in Uganda il numero di bambini che frequentano la scuola è quasi triplicato; in Tanzania è raddoppiato e in Mozambico milioni di bambini sono stati vaccinati.
La cancellazione del debito, tuttavia, non risolve i problemi di quel miliardo di persone che vivono con un dollaro al giorno. È solo un inizio. Per sradicare veramente la povertà estrema è necessario un approccio più completo su più fronti. È necessario intervenire sugli squilibri commerciali; occorre garantire l'accesso a farmaci meno costosi per combattere l'Aids, la più grave crisi sanitaria degli ultimi 600 anni (6500 decessi e 9000 nuovi casi al giorno in Africa). La malaria, malattia mortale causata dalla puntura di zanzara (in Africa 3000 decessi al giorno, soprattutto bambini), è oggi un problema di facile soluzione. Nella regione del Lubombo, in Africa meridionale, gli aiuti del Global Fund, a sostegno delle misure governative locali, riscuotono successo nella lotta contro questa malattia. Ora occorre estendere iniziative di questo genere all'intero continente.
Queste persone muoiono per il motivo più stupido, Signor Presidente. Muoiono per mancanza di denaro. Tragicamente, negli ultimi anni sotto questo governo, l'Italia è diventata l'ultima della classe tra le 22 nazioni più ricche del mondo, per la spesa pro capite a favore del Terzo Mondo. So che gli italiani non gradiscono arrivare ultimi. E di certo non piace nemmeno a Lei, Signor Presidente. Questa non è l'Italia che conosco e che amo. Gli italiani sono il popolo più generoso che io abbia mai conosciuto; come pubblico, come amici, sanno essere calorosi e generosi come nessun altro. C'è un accordo, firmato al G8 a Gleneagles, in Scozia, che stabilisce un'inversione di rotta in questo mare di indifferenza (non parlo solo dell' indifferenza dell'Italia, ma di quella del mondo intero): l'Europa ha promesso di aumentare gli aiuti ai Paesi poveri fino allo 0,5% del Pil entro il 2010 e allo 0,7% entro il 2015, cioè meno di 1 centesimo per ogni euro, in dieci anni. Per l'Italia significherebbe più che raddoppiare l'attuale entità degli aiuti entro il 2010. In questo modo milioni di vite saranno salve. La Sua firma, accanto a quelle di Chirac, Blair e Bush appare su quel comunicato dello scorso anno.
Se l'impegno è reale e la Sua firma attendibile, allora il mondo vuole capire come l'Italia intende raggiungere questo obiettivo. Sarei profondamente onorato di vedere il mio nome nel manifesto di un leader con programmi chiari per mantenere le sue promesse fatte ai Paesi più poveri. Per ora Lei non ha offerto nessun chiarimento, anche se fortunatamente c'è ancora tempo. In mancanza di programmi chiari, queste restano promesse vane. E mentre per me questo è solo un dispiacere, per le persone che io e tanti altri sosteniamo, è una questione di vita o di morte. In attesa di una Sua cortese risposta,
(traduzione a cura dell’Università Iulm)
Bono
02 aprile 2006
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2006/04_Aprile/02/bono.shtml
Se in tv parlasse la gente comune
di Enzo Biagi
Ci sono volte, che prima di scrivere, penso alla reazione di qualche lettore se mi metto ad affrontare certi argomenti. Parliamoci chiaro: non vorrei che, leggendomi, facessero gli scongiuri. Ma è inevitabile. Purtroppo, pensando agli ultimi cinque anni, quanto sto per dire è una ripetizione: ad aprile ennesimo aumento di luce e gas, ed è il più alto rincaro dal gennaio 2000. La responsabilità in primo luogo è sicuramente dell’«oro nero», il petrolio, ma anche della passata emergenza gas, e di come è stata mal gestita. Basta andare a controllare i verbali dell’Authority per l’energia. Morale: le famiglie, nel 2006 si troveranno a pagare 40-50 euro in più. La legge della zucchina, come qualcuno l’ha definita, ha colpito ancora. Mi spiego.
Nelle serate televisive che ci stanno accompagnando al voto del 9 aprile, assistiamo ad almeno uno scontro epico quotidiano, qualche volta anche a due, prima e seconda serata. I contendenti sono sempre gli stessi, manca il vero protagonista: la gente comune, quella che è vittima tutti i giorni al mercato della suddetta legge della zucchina. Per chi non avesse capito, l’ortaggio è raddoppiato due o tre volte e, addirittura, se andiamo a vedere le mense degli ospedali, è sparito dal menu del paziente. Non c’è legge dei numeri che tenga. Quando l’«arzdora» paga, scatta la sentenza e la borsa della spesa è sempre più vuota.
Penso che la violenta campagna elettorale di Silvio Berlusconi che non perdona nessuno, neanche l’alleato Casini, abbia un’unica strategia, quella di impedire al Paese di affrontare i problemi reali: si parla di bambini bolliti, magistrati fiancheggiatori della sinistra, coop criminali e politici ex mangiapreti. Cioè si parla di niente.
02 aprile 2006
http://tinyurl.com/mapha