sabato 6 agosto 2005

Scalfarotto, un gay si candida alle primarie dell'Unione

Dall'Inghilterra: "Darò voce ai quarantenni esclusi. Più diritti e laicità"


ROMA - C'è qualcuno di nuovo, a sinistra. Non è un politico, non ha ancora quarant'anni, fa il dirigente di una delle maggiori istituzioni finanziarie del mondo. E' per metà napoletano e per l'altra veneziano. Nato a Pescara, cresciuto a Foggia, laureato a Napoli. Emigrato al Nord per il primo lavoro, dirigente a trent'anni. Dal 2002 vive a Londra, capo del personale per Citigroup in Europa: 2200 persone in 54 paesi. Gli hanno appena offerto un incarico ancora più impegnativo, ma ha rifiutato. Ivan Scalfarotto si candida alle primarie per il centrosinistra. Almeno: prova a farlo. "Vedo bene i rischi, però sento che è il momento: c'è un'intera generazione estranea alla politica perché tenuta fuori, non rappresentata. Bisogna dargli una casa politica".


Chi le ha chiesto di candidarsi?

"Un gruppo di cittadini italiani che come me vive e lavora a Londra a cui si sono uniti molti italiani. Visto dall'estero lo sfacelo di questi quattro anni e mezzo di governo della destra è disperante. Ho attorno a me persone tra i 25 e i 40 anni, gente di talento che ha dovuto lasciare l'Italia perché nel nostro paese non ci sono le condizioni per fare ricerca scientifica, la scuola è l'ultimo dei problemi, per lavorare in un ospedale pubblico o in un'università a meno di non essere in qualche cordata, nessuno investe sulla generazione che altrove, in Europa, è la colonna vertebrale della società".



Cosa pensa del candidato Prodi?

"Tutto il bene possibile. E' un uomo che si è dato un obiettivo misurabile, l'Euro e l'ingresso in Europa, e si è fatto misurare su quello. Penso anche che l'ampiezza di respiro del suo progetto soffra della necessita di trovare compromessi. Dal centrosinistra non sono venuti messaggi così chiari sulla laicità dello Stato, contro la guerra, sui diritti dei cittadini. Per i referendum così miseramente falliti mi sarei aspettato un'indicazione più precisa, un impegno corale e convinto. Avrei voluto vedere negli anni un coinvolgimento più ampio delle donne. Mi sarebbe piaciuto che ci fosse stata una battaglia per facilitare le adozioni, per riconoscere i diritti delle famiglie non convenzionali. A Londra il mio compagno è il mio civil partner ed ha il medico della mutua".



Ha mai fatto esperienze in politica?

"Da ragazzo sono stato eletto consigliere di circoscrizione a Foggia col Sole che ride. Nel '96 scrissi una lettera per dire che il governo dell'Ulivo non faceva più sognare. Si parlò dei "delusi dell'Ulivo", mi chiamarono Prodi e Veltroni a Palazzo Chigi per saperne di più, fini lì. Nel 2001 ho fondato con alcuni amici "Adottiamo la Costituzione", un movimento che chiede a tutti i cittadini di adottare un articolo e di difenderlo, come si fa fare ai bambini con i monumenti. Comunque non ho un partito alle spalle, non mi muovo per conto di qualcuno. Faccio da solo".



Non sarà facilissimo.

"Lo so. Però non deve essere impossibile perché se no queste primarie che cosa sono? Una certificazione notarile? Se non c'è qualcuno che porta un contributo nuovo, anche piccolo, a cosa servono? Devo raccogliere diecimila firme: ci vogliono mille persone che ne raccolgano dieci a testa. Se ci sono mille persone che hanno voglia di muovere le acque allora si può fare. Lo slogan della campagna è "Io partecipo". Spero che partecipino in tanti".



Servono anche dei soldi, per fare una campagna elettorale. Lei, Scalfarotto, non è così noto.

"Diciamo che sono un perfetto sconosciuto. Però quel che ho fatto e quel che sono credo che rispecchi la storia di un sacco di gente: quella generazione di mezzo, appunto, che in Italia non ha più casa e che se può espatria, se non può resta e vive al minimo, senza speranze, senza avere i soldi per un mutuo fino a 40 anni, senza poter mettere su famiglia perché nessuna rete sociale ti aiuta, senza altra possibilità che chiudersi in un piccolissimo orto, vinta da una flessibilità esasperata che diventa solo precarietà e insicurezza senza essere utile alle aziende. E poi la sera davanti alla tv, questa tv, sai che allegria. Allora credo, anzi spero, che si possa riuscire ad autofinanziare una campagna elettorale ridotta al minimo. Abbiamo allestito un sito, www. ivanscalfarotto. com, parto da lì: non bisogna essere per forza miliardari, per fare politica. Non deve essere così".



Se non dovesse riuscire?

"Allora vorrà dire che il sistema è davvero chiuso come sembra. Che non c'è posto con lo spirito di fare qualcosa per il paese che ama. Se non c'è posto per chi ha cose da dire e voce per farlo allora è inutile, no? Un tentativo bisogna farlo: a me sembra un dovere. Se poi non si può, pazienza. Peccato, e pazienza. Tornerò al mio lavoro lontano, con le persone che mi circondano continueremo a cercare il modo di affermare le nostre idee e quello in cui crediamo per il bene del paese. Però ce la farò, io ci credo. L'Italia è un paese così: ti stupisce quando non ormai non te lo aspetti, si risolleva sempre sul traguardo".

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33606

Il look, la riforma più riuscita del premier che sfida il tempo

Ha perso le regionali e la battaglia sulle tasse
ma non si rassegna all'invecchiamento
Per Scapagnini, suo medico, il Cavaliere "è tecnicamente immortale"
di SEBASTIANO MESSINA


Le esportazioni calano, il potere d'acquisto diminuisce, il Pil precipita, ma la principale preoccupazione del presidente del Consiglio resta quella di aumentare il numero dei suoi capelli. "Ci rivediamo tra un anno" deve avergli detto il chirurgo, accompagnandolo alla porta, il 5 agosto del 2004. E lui dopo un anno esatto si è ripresentato, con una tempestività svizzera: se fosse altrettanto puntuale nel mantenere le promesse elettorali, oggi gli italiani potrebbero andare in vacanza con i soldi risparmiati con le tasse, salutare il poliziotto di quartiere e attraversare il Ponte sullo Stretto.

Ma siccome ormai viviamo in una Bandana Republic, lasciamo perdere le pignolerie e rallegriamoci del progressivo ringiovanimento estetico del nostro premier, il quale - come ci ha assicurato il suo medico personale, il dottor Scapagnini - "è tecnicamente immortale" e ha un'età biologica inferiore di 12 anni alla sua età anagrafica. Ed è un peccato che le prossime elezioni arrivino in primavera e non nell'autunno del 2006, altrimenti ci sarebbe il tempo per un terzo trapiantino e Berlusconi potrebbe sfoggiare un ciuffo alla Little Tony, dimostrando non 68 né 58 ma solo 48 anni (e persino 38, con il solito fotoritocco).

In ogni caso, le foto scattate per i manifesti del 2001, quelle sulle quali il Cavaliere appariva con più capelli di quanti non ne avesse allora, l'anno prossimo non potranno essere più utilizzate, ma per la ragione opposta: il rinfoltimento chirurgico ha ormai superato quello, diciamo così, fotografico. Ma proprio per questo lui sarà felice di rifarle, le foto elettorali, ostentando ed esibendo il lavoro del dottor Rosati.
Dopo aver perso la battaglia per la riduzione delle tasse, dopo la sconfitta sul fronte dell'economia, dopo essere stato battuto alle regionali, il presidente del Consiglio torna dunque a cimentarsi nella sua sfida personale contro la calvizie, da lui citata (insieme alla vittoria sul cancro) come esempio limpido di affermazione della forza di volontà. E' una sua vecchia fissazione, questa: uno che ha conquistato sette scudetti, quattro coppe dei Campioni e due Supercoppe non poteva darla vinta ai recettori degli androgeni, invisibili colpevoli della sua calvizie.

La sua recherche del capello perduto è diventata la sua battaglia contro il tempo e contro la natura, la bandiera della sua ribellione all'invecchiamento dei comuni mortali. E chi se ne importa se qualcuno dà di gomito al vicino, durante i vertici dei Grandi, sussurrando che a poco a poco la capigliatura del premier italiano sta superando quella di Putin, lasciando il francese Chirac solo con la sua autorevolissima stempiatura.

Chi se ne importa se fioriscono nuove battute e nuove barzellette, se poi i sondaggi rivelano che per il 37 per cento dell'elettorato il suo aspetto è migliorato, e per il 23 per cento è aumentato addirittura il suo grado di autorevolezza, grazie al prodigioso trapianto di bulbi piliferi.

Certo, qualcuno si domanderà: perché proprio adesso? Forse perché ancora gli brucia la sconfitta del 1996 con quel Prodi che, pur avendo solo tre anni meno di lui, ha tanti capelli in più (e tutti neri, per giunta). O forse perché gli è tornato in mente un vecchio libro di Artur Bloch ("La legge di Murphy") ovvero la regola di Noble: "A parità di condizioni, un uomo calvo non verrà eletto presidente degli Stati Uniti". Corollario: "Di fronte a una scelta tra due candidati calvi, gli elettori voteranno per il meno calvo dei due".
Prepariamoci dunque a rivedere la bandana presidenziale (e magari anche quella di Emilio Fede, solerte imitatore del suo idolo), e a confrontare, mese dopo mese, il Berlusconi "prima della cura" e quello "dopo la cura". Sapendo in partenza, però, che il trapianto-bis del Berlusconi-ter funzionerà più di un'ospitata a "Porta a porta", più di mille poster 6x3, più di cento servizi del Tg1. Che c'è un'Italia che ha altro per la testa eppure - a quanto pare - si lascia sedurre dall'"immortalità tecnica" dell'uomo più ricco del paese.

E che le nostre ironie, le nostre barzellette, i nostri sfottò e le nostre caricature non scalfiranno l'effetto-prodigio della più riuscita riforma berlusconiana: quella del suo look.

(6 agosto 2005)

http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/politica/berlutra/sfidatempo/sfidatempo.html

Berlusconi, nuovo trapianto di capelli. L'intervento è durato otto ore

Il Cavaliere a Ferrara dallo stesso chirurgo che lo operò un anno fa
Il premier, pallido e con la testa bendata, esce a metà pomeriggio

di JENNER MELETTI



MA NO, non può essere lui, il capo del governo, Silvio Berlusconi. Questo che esce dalla porta a fianco della Cassa di Risparmio di Ferrara, agenzia n.6, appare stravolto. Tiene la mano destra sulla spalla di un'atletica guardia del corpo e pure con l'altra mano si appoggia a quella schiena robusta. Ha appena finito il secondo trapianto di capelli, un anno esatto dopo il primo. Ha la faccia bianca, la testa reclinata a sinistra.
Fa quattro passi in tutto ma gli debbono sembrare un'eternità. Lo aiutano a salire su un fuoristrada, un Cheerokee nero. Mentre un agente apre la portiera dietro, lui si appoggia ancora alla schiena dell'altra guardia, adesso con le due mani una a fianco dell'altra. Lo tengono sotto le ascelle, quando entra nel gippone. Poi i vetri oscurati cancellano tutto. Ma non ci sono dubbi: l'uomo che barcolla e sembra davvero stordito, ed ha tutta la parte superiore della testa coperta da bende bianche inutilmente mascherate da una specie di papalina blu, è proprio Silvio Berlusconi, il Cavaliere.

Non dice una parola. Ha solo fretta di trovare un punto d'appoggio sicuro. Ha solo voglia di arrivare dove nessuno possa vederlo in queste condizioni. Ma fra qualche giorno riapparirà e dirà, come l'anno scorso, che "i capelli stanno crescendo meravigliosamente". E forse si vanterà ancora una volta di avere vinto il cancro e la calvizie. "Chi crede ci riesce".

In questo pomeriggio d'agosto, in una Ferrara splendida e deserta, il Cavaliere barcollante suscita tenerezza. È un uomo che soffre davvero e pensi che dopo un'operazione con anestesia dovrebbe essere in una clinica o in un ospedale per rimettersi in forze. Invece è qui che cerca di sfuggire ai cronisti e viene sballottato fra fuoristrada ed elicotteri per arrivare forse fra le mura protette di villa Certosa.

Via dall'ambulatorio, subito. In tv deve andare solo il "dopo", con una bandana che sembra uno scherzo e annuncia il prossimo apparire di una capigliatura da giovanotto (anche se gli anni sono ormai 69) e magari un ciuffo. La faccia del cavaliere sembra anche piena di stupore. Forse si chiede se era in caso di cercare, volere e pagare questa sofferenza.

Farà discutere, questa nuova operazione del premier. L'altro giorno non si è presentato al Consiglio dei ministri - doveva discutere di Antonio Fazio e della Banca d'Italia, non di noccioline - dicendo di avere febbre e mal di gola. Poi invece arriva a Ferrara per rimettersi in testa il suo sogno meraviglioso.

Un'operazione non si affronta in stato febbrile e allora è facile azzardare che i giorni di ritiro siano serviti alla preparazione dell'intervento. A quanto si è saputo l'operazione doveva farsi giovedì, ma poi Silvio Berlusconi ha deciso di rinviare a ieri, 5 agosto, Sant'Osvaldo "difensore della casa", dice il calendario. Forse per scaramanzia, ha scelto il primo esatto anniversario del primo trapianto.

Testimone dell'arrivo del Cavaliere in via Piangipane, nel "Poliambulatorio privato di Chirugia plastica ed estetica cervico facciale" del dottor Piero Rosati, è il signor Romano Caselli, assicuratore, che ha il suo ufficio nello stesso cortile. "E' sceso dalla macchina alle 8,40, aveva tre o quattro agenti di scorta, e sembrava volasse. Ha salito di corsa i gradini della clinica". La voce si sparge presto. Del resto, l'Audi di color grigio metallizzato è quella apparsa mille volte in tv e la presenza di uomini con l'auricolare è una conferma. La casa gialla del dottor Rosati (che già un anno fa smentì, confermò poi ancora negò di avere avuto sotto i ferri tale augusto paziente) è un supermercato della chirurgia estetica. La targa spiega infatti che qui si effettuano operazioni di "chirurgia plastica della testa e del collo", ma anche quella facciale e pure quell'"estetica del cuoio capelluto". Non si tralascia la "chirurgia cutanea". Il medico, professore a contratto all'ateneo di Ferrara, non è certo fra gli italiani che si lamentano del Premier: per stendersi sul suo lettino, dopo l'annuncio di un anno fa, occorre prenotarsi almeno sei mesi prima.

Alle 12,15 la moglie del dottore, su una Porsche Cayenne, va a prendere il pranzo. Tramezzini, panini, sfogliatine. Per medici, infermieri e per le guardie del corpo, non certo per il Cavaliere sul quale è già iniziato il trapianto - questa la tecnica del dottor Rosati - di capelli con bulbo e cute, il tutto preso dalla nuca. Un agente prende dall'auto della scorta una borsa di Foot Locker, negozi di abbigliamento sportivo, e si accendono le scommesse. "È andato a prendere la bandana". Alle 14 il barista del Kristal, di fronte all'ambulatorio, dice che una radio ha dato questo annuncio: "I ferraresi oggi non vanno al mare. Sono tutti in via Piangipane per vedere Silvio Berlusconi". Qualcuno passa in bicicletta, si ferma e guarda verso l'ambulatorio. Scuote la testa e riprende la propria strada. Ci sono 24 gradini, fra l'ingresso e la sala operatoria. Ogni tanto una ragazza li scende per portare i caffè a quelli della scorta, chiusi in una stanza a pianterreno.

Le tende chiudono le cinque finestre verdi dell'ambulatorio. Otto ore di attesa, con la macchina del Cavaliere lasciata davanti all'uscio. È solo un'esca. Silvio Berlusconi viene portato nell'appartamento del medico, scende una scala e alle 16 e 35 esce dalla porta accanto alla banca. Un attimo solo, come un flash.

(6 agosto 2005)

http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/politica/berlutra/berlutra/berlutra.html

venerdì 5 agosto 2005

Lettera di una coppia di donne italiane al primo ministro spagnolo Zapatero

"Riteniamo importante il PACS, ma il sogno nel cassetto è il matrimonio"



Ill. mo Primo Ministro José Luis Rodriguez Zapatero Presidentia del Gobierno Complejo de la Moncloa 28071 MADRID

e. p. c. Agli Organi di Stampa



Sig. Primo Ministro, sono Agata Ruscica una giornalista Italiana di 57 anni che convive da 22 anni con un'altra giornalista Angela Barbagallo di 61 anni. Una convivenza felice, resa triste solo dalla consapevolezza che lo Stato Italiano oggi rimane uno degli ultimi stati europei a non riconoscere in alcun modo le unioni gay. E' vero che oggi la sinistra di cui faccio parte promette per le prossime elezioni la possibilità che in Italia venga varata una legge (il PACS) simile in parte a quella francese, che regolamenta le unioni civili non solo gay.

Nell'attesa che la sinistra italiana torni a governare, e che si faccia una legge, passerà un altro anno e forse più. Noi non siamo più giovani, e la nostra paura è di non riuscire ad avere nella nostra vita tale riconoscimento. Riteniamo importante il PACS, ma il sogno nel cassetto è il matrimonio gay, che il l suo governo con coraggio ha attuato in Spagna.

Avevamo pensato di trasferirci in un altro Stato dove si è garantiti dalla legge e non si è discriminati, ma l'attaccamento alla nostra terra e alle nostre origini è molto forte, e gli affetti e le relazioni di amicizia che abbiamo costruito ci legano all'Italia

Abbiamo così pensato ad una doppia cittadinanza, quella Italiana e quella Spagnola. Tenuto conto che non possiamo e vogliamo allontanarci dall'Italia e dal lavoro che vi svolgiamo.

Il nostro Avvocato Ezio Menzione potrebbe studiare con i rappresentanti del Suo governo una formula per poter ottenere la cittadinanza spagnola, pur rimando in Italia e conservando la cittadinanza italiana, in modo da poter usufruire del matrimonio che la vostra legge prevede.

Matrimonio da fare a Madrid città che abbiamo visitato e che amiamo o a Roma presso l'Ambasciata Spagnola.

Il suo potrebbe essere un segnale forte a quegli Stati che ancora perdono tempo nel concedere diritti uguali a tutti i cittadini aldilà del credo religioso, che rimane un fatto privato, del quale abbiamo grande rispetto, ma che non può costringere milioni di persone a vivere da clandestini il proprio amore.

Nell'attesa di un Suo gradito riscontro distinti saluti.

Siracusa,

Agata Ruscica e Angela Barbagallo

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33589

mercoledì 3 agosto 2005

Gay, chi ha il diritto di giudicare?

Lettera di una madre al quotidiano il Tirreno


Sia come madre di un ragazzo gay che come cattolica mi sento profondamente offesa dalle dichiarazioni del vescovo di Pistoia che ho letto sui giornali.

Spero che le sue parole siano state interpretate male perché se così non fosse non capisco come una persona con così poca carità cristiana e con tanto orgoglio da pensare di poter giudicare gli altri, ricopra una carica elevata nella chiesa. Non so con che diritto può avere queste opinioni, visto che non è gay, non è padre di figli omosessuali né ora né lo sarà in futuro.

Come tante altre madri so cosa vuol dire avere un figlio gay. Il suo dolore, lo sconforto nello scoprire di non avere gli stessi amori degli altri, la paura per non saper se verrà accettato dalla sua famiglia, dai suoi amici. Il terrore di rivelarlo e di quello che avverrà di lui in futuro nella società. E’ facile parlare quando tocca a gli altri, ma quando ci siamo noi ad affrontare tutto questo, non ci sentiamo più di giudicare.

Per fortuna mio figlio ha trovato nella sua famiglia la forza per andare avanti. La ragione è semplice: perché noi da cristiani che cercano di ascoltare la parola del Signore abbiamo capito che non è una scelta essere omossessuali ma una condizione, non una malattia sennò basterebbe curarla. Viste le difficoltà che tale vita prospetta, fra cui essere uccisi, come è avvenuto nel civilissimo Iran proprio pochi giorni fa a due ragazzi di 17 anni, chi farebbe questa scelta volontariamente?

Essere con una preferenza sessuale diversa dalla maggioranza della popolazione, non vuol certo dire essere dei pervertiti, ma delle persone che come tanti eterosessuali possono avere sani principi morali verso la società, la religione e tanti altri aspetti della vita. Essere una persona e basta.

A mio figlio, come a suo fratello eterosessuale, abbiamo insegnato i valori civili e religiosi e ci aspettiamo rispetto. Tacciare le persone omossessuali di perversione fa sì che anche quelle con sani principi si sentano così sporche dentro, da farle precipitare nelle perversioni vere che non sono solo nell’ambito degli omossessuali ma anche e soprattutto degli eterossessuali.

Non capisco come mai, chi dovrebbe rappresentare la disponibilità, la compassione, l’umiltà, l’amore di Dio verso le sue creature possa incitare a tali crociate. E’ come dire che tutti i musulmani sono terroristi, tutti i preti cattolici sono pedofili, tutti gli ebrei sono “perfidi giudei...” mi dimenticavo che la Chiesa cattolica questa ultima affermazione la diceva nella preghiera del Venerdì Santo fino agli anni Sessanta. Per questo chi è senza peccato scagli la prima pietra.

La Chiesa cattolica dovrebbe essere come Cristo sui nostri altari: con le braccia aperte per accogliere tutti. Per fortuna vi sono molti sacerdoti il cui esempio di vita cristiana va in questa direzione.

Sono d’accordo con la legge per far accedere al matrimonio anche i gay, perché chiunque ami un’altra persona adulta e consenziente, non sua parente, deve prenderesi carico di questa amandola, onorandola, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà per tutti i giorni della vita concessa da nostro signore.

Vorrei che questa lettera non venisse pubblicata con il mio nome non perché mi vergogno di mio figlio, ma perché penso possa essere considerata a nome di tutte le madri con un figlio/a omosessuale.

martedì 2 agosto 2005

Enea: l'ingegnere fantasma bocciò Rubbia

Ente per l’energia, il vicecommissario (con laurea sospetta) che dà lezioni al Nobel
Regis, neo vice-commissario Enea: in Italia non risulta laureato



Carlo Rubbia (Ansa)
Rubbia è un somaro, firmato «el Valvola»
. Ecco la sintesi, povera Italia, del serrato dibattito scientifico sulle sorti dell'Enea. L'accusa d'esser un «sonoro incompetente » fatta al premio Nobel per la Fisica, ghigliottinato dal governo, parte infatti da un elettricista, già senatore della Lega, promosso per vie misteriose vice-commissario al l'ente per l’energia.
E benedetto dal titolo di «ingegnere» perfino nel decreto di nomina presidenziale senza che l’Ordine degli ingegneri abbia idea di dove si sia mai laureato.
Partiamo dalla coda? Siamo a metà luglio. Carlo Rubbia, accusato d’avere un carattere ruvido, di essere insofferente alle osservazioni e di avere fatto traboccare il vaso con un articolo su Repubblica contro il Cda, bollato come «il branco», è sbattuto fuori dall’Enea che, azzerato nei vertici, viene affidato ad una terna. Commissario, su indicazione forzista, è Luigi Paganetto, Preside della Facoltà di Economia a Tor Vergata, vice-commissario Corrado Clini (nell’élite del ministero dell’Ambiente da anni, ben visto da socialisti e An) e l’«ing.» Claudio Regis, appoggiato dal Carroccio. Il quale, trionfante per l’ascesa nell’Olimpo della scienza, liquida il presidente deposto con parole affilate: «Nessuno mette in discussione l e competenze di Rubbia sulle particelle, ma quando parla di ingegneria è un sonoro incompetente ».
Un giudizio avventato. In linea con la storia dell’uomo. Il quale, quando stava a Palazzo Madama, era stato espulso dall’aula per avere barrito: «Aveva ragione chi invocava la legge Merlin per chiudere questo Parlamento: è un bordello!». Primaancora, andando incontro ad una condanna per vilipendio delle istituzioni, era stato, se possibile, più volgare: «I magistrati sono come i maiali: se ne tocchi uno, si mettono a urlare tutti».
Ma chi è quest’uomo magrolino che tratta un premio Nobel come Albert Einstein non tratterebbe l’asino della classe? Nato a Biella nel 1944, Regis compare la prima volta agli onori delle cronache, locali, nei dintorni di Telebiella, la prima emittente privata del Paese, nata via cavo nel 1971 per iniziativa di Peppo Sacchi. Era allora, stando ai ricordi dei pionieri della tivù, il rappresentante dell’Ampex, il sistema di registrazione videomagnetica che offriva la possibilità di tagliare i tempi morti. Bravissimo nel risolvere ogni problema elettrico, aveva un nomignolo con cui a Il Biellese ancora lo ricordano: «Valvola».
Che fosse laureato in ingegneria era ignoto a tutti. Sveglio, però, lo era. E gli amici dell’epoca se ne sarebbero accorti ritrovandoselo prima al comando della Lega biellese. Poi in consiglio comunale. Poi, come dicevamo, a Palazzo Madama. Dove sarebbe stato ricordato solo per una battaglia contro la messa al bando della fabbricazione delle mine anti-uomo («la questione è stata affrontata in modo demagogico, cedendo all’emotività della pubblica opinione! ») e per il curriculum fornito alla Navicella: «Laureato in ingegneria. Imprenditore. Ha studiato presso l’Ecole Polytechnique. Presidente di una società operante nel settore della ricerca aerospaziale. Esperto di relazioni internazionali». Dov’è questa Ecole Polytechnique? Boh... Relazioni internazionali con chi? Boh...
Fatto sta che per qualche anno l’uomo, non rieletto, esce dalle cronache politiche e resta in quelle giudiziarie. Viene denunciato dai titolari di una ditta edile con la quale aveva fatto un contratto per ristrutturare un palazzetto. E’ rinviato a giudizio per calunnia del segretario della Lega di Vercelli, Francesco Borasio, che aveva accusato di essersi messo in tasca dei soldi in realtà (l’inchiesta aveva accertato tutto) versati regolarmente al partito. Viene condannato perfino, pensa un po’, per essersi «impossessato di una sega per marmi». Insomma: un cursus honorum. Sufficiente al governo attuale per proiettarlo, nel dicembre 2003, su designazione del ministro dell’Istruzione, nel Cda dell’Enea.
Uomo giusto al posto giusto. Figura nel sito internet dell’ente scientifico come «ing. Regis». Scrive sulla rivista on-line Kosmos articoli sull’«Idrogeno fonte di energia, realtà o mito», firmandosi «Claudio Regis, ingegnere Enea». Partecipa a convegni come quello all’università di Fisica di Pisa tra le reverenze degli astanti: «Buongiorno Ingegnere, prego Ingegnere, dica Ingegnere». Querela gli ex soci definendosi nero su bianco, nell’atto giudiziario, «ing. Regis » e «consigliere del Premio Nobel Rubbia». Finché, caduto il genio scostante che lui «consigliava », Berlusconi lo nomina vice- commissario dell’Enea confermandogli il titolo perfino nel decreto: «ing. Regis».
Ed è lì che la luminosa carriera s’inceppa. Indispettita per i trionfi dell’uomo che disprezza, l’ex socia Maria Teresa Ramella Scarlatta segnala ciò che sa (a partire da una lettera dell’Ordine degli Ingegneri di Biella secondo cui l’ingegnere non è ingegnere) a Rocco Tritto, segretario dell’Usi/RdB, uno dei sindacati della ricerca. Il quale scrive a tutte, ma proprio a tutte, le sedi provinciali dell’Ordine ottenendo sempre la stessa risposta: non ci risulta. Ma certo, sdrammatizza Regis a Economy che gli dedica 12 righe: non ha studiato in Italia ma alla Ecole Polytechnique di Friburgo. Però, aggiunge, si considera «comunque un ingegnere a tutti gli effetti». Resta da vedere se, dato che non può legalmente fregiarsi del titolo, lo considerino tale almeno a Friburgo, dove la Scuola d’ingegneria risulta esser stata fondata quando il nostro era già in là con gli anni: nel 1978.
Dettaglio divertente. Com’è curiosa la foto fatta all’indirizzo di Londra dove il fustigatore di Rubbia risulta essere residente: «Sw3 London-30 Beauchamp Place ». Sapete che c’è, a quell’indirizzo? La trattoria «La Verbanella». Specializzata, forse, in fettuccine spaziali e neutroni al ragù.
Gian Antonio Stella

lunedì 1 agosto 2005

Spagna, giudici contro nozze gay, già sospese quattro cerimonie

I matrimoni saltati per incostituzionalità. In Catalogna
e a Madrid le richieste di coppie omosex sono oltre cento
di ALESSANDRO OPPES



MADRID - Per la seconda volta in pochi giorni, un giudice spagnolo blocca la celebrazione di un matrimonio omosessuale sollevando la questione di incostituzionalità sulla legge entrata in vigore un mese fa. Questa volta è accaduto alle Canarie, la settimana scorsa fu una magistrata di Denia, nella regione valenziana, a impedire una cerimonia di nozze sostenendo che, in base alla Carta costituzionale del 1978, solo una coppia formata da uomo e donna sarebbe abilitata a contrarre matrimonio.

Ma il primo stop a questo interventismo dei giudici è arrivato proprio ieri dalla Direzione generale dello stato civile, dipendente dal ministero della Giustizia: al magistrato di Denia, Laura Alabau, è stata inviata una nota nella quale si sostiene la "mancanza di legittimazione degli incaricati dei registri civili per promuovere questioni di legittimità". Nonostante ciò, proprio nelle stesse ore arrivava dalle Canarie una nuova doccia fredda per tre coppie che avevano presentato tutta la documentazione prevista dalla legge e che speravano di poter celebrare al più presto le nozze. La motivazione è sempre quella: per il giudice di Las Palmas, la riforma del codice civile che sostituisce all'espressione "marito e moglie" il termine "coniugi", non sarebbe compatibile con la Costituzione che prevede solo il matrimonio fra l'uomo e la donna.

Prese di posizione isolate, per il momento. Ma sia i collettivi omosessuali che il governo Zapatero temono che le forti pressioni della gerarchia ecclesiastica e della destra del Partito popolare possano, di fatto, portare il caos e impedire la regolare applicazione di una legge che è stata approvata ad ampia maggioranza dalle Cortes il 30 giugno scorso. Beatriz Gimeno, presidente della Federazione statale lesbiche, gay e transessuali, sostiene che il ricorso presentato da questi giudici "è molto vicino alla prevaricazione".



Ma per il Foro spagnolo della famiglia, organizzatore della manifestazione del 18 giugno scorso contro le nozze gay, alla quale parteciparono diciotto vescovi, si tratta di "un intervento normale".

Nonostante gli intoppi, in realtà temuti ma ampiamente previsti, la rivoluzionaria novità del matrimonio gay comincia a prendere piede in Spagna, soprattutto nelle grandi città. A Madrid, sono già un centinaio le coppie dello stesso sesso che hanno avviato le pratiche per la celebrazione delle nozze. È stato proprio alla periferia della capitale, nella cittadina di Tres Cantos, che per la prima volta, il 7 luglio scorso, due uomini si sono uniti in matrimonio, appena una settimana dopo la pubblicazione della legge sulla Gazzetta ufficiale: Emilio Menéndez e Carlos Baturín hanno pronunciato il loro "sí, quiero" dopo trent'anni di una convivenza cominciata nella fase finale della dittatura franchista.

In Catalogna, la pioggia di richieste di matrimoni omosessuali ha costretto il Tribunale supremo della regione a chiedere più risorse finanziarie e più funzionari per evitare i ritardi e l'accumularsi delle pratiche. Solo a Barcellona, sono 58 le coppie che hanno presentato la documentazione, ma è altamente probabile che il vero "boom" arriverà solo a partire da settembre, a estate ormai conclusa. Proprio in questa regione, a Mollet del Vallés, il 22 luglio scorso sono state celebrate le nozze tra due donne: una giovane spagnola e una argentina. Primi matrimoni gay anche a Valencia e in Andalusia, mentre per il momento resta in ritardo tutto il nord del paese: niente nozze, finora, in Galizia, Asturie e nel Paese Basco.

(1 agosto 2005)
http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/esteri/matrigay/giudicino/giudicino.html

Così l'America di Roosevelt creò una task force di 007 gay

"L´uso di omosessuali in certe attività del governo è un modo nuovo di servire il nostro Paese"
di ATTILIO BOLZONI TANO GULLO


Undici giorni dopo Pearl Harbor, nel febbrile clima di rifondazione dell´intelligence statunitense, parte il progetto che in poche settimane calerà nell´Europa del nazismo trionfante una nuova rete di spionaggio, tutta formata da maschi omosessuali. La genesi di questo progetto è raccontata da alcuni documenti custoditi negli Archivi nazionali di College Park, che sono stati recentemente desecretati e di cui "Repubblica" è entrata in possesso Servire e proteggere gli Stati Uniti d´America. A tutti i costi. E con ogni mezzo. Anche con una task force impiegata in attività di controspionaggio formata esclusivamente da omosessuali, «patrioti motivati» e «maschi reclutati nel giro della prostituzione di basso livello», squadre scelte da infiltrare nelle forze aeree tedesche e nelle ambasciate europee «con l´obiettivo di ottenere informazioni vitali». Il progetto nasce a New York City nel dicembre del 1941, appena undici giorni dopo l´attacco a tradimento di Pearl Harbor, i caccia giapponesi che in una tranquilla domenica mattina affondano in novantacinque minuti la flotta Usa nel Pacifico. È negli ultimi giorni di quell´anno, decisivo per le sorti del mondo, che comincia a diffondersi una nuova rete di intelligence. Sarà presto operativa nei territori occupati dai nazisti, agenti sotto copertura disposti a tutto per la bandiera a stelle e a strisce. C´è anche un reparto speciale: spie tutte omosessuali. È una guerra nella guerra fatta di combattimenti sotterranei e silenziosi, di agganciamenti, di ricatti privati che a volte condizioneranno lo svolgimento delle vicende belliche.



Fascicolo numero 14

La genesi di questa task force è ricostruita in alcuni documenti custoditi negli Archivi nazionali di College Park nel Maryland, carte desecretate (registro 226, serie 92, busta 580, fascicolo 14), che svelano le pieghe più nascoste del secondo conflitto mondiale. Psichiatri che suggeriscono un´idea a un paio di ufficiali della Marina, esperti della materia chiamati a consulto, dubbi, approvazioni, riunioni top secret, ricerca di dati statistici e una fitta corrispondenza per mettere a punto il piano. La storia è tutta nei dossier del Coi, il Coordinator of Information che appena qualche mese dopo diventerà Oss, l´Office of Strategic Services del famoso generale William Donovan. È lui a rifondare l´intelligence Usa dopo Pearl Harbor. Spregiudicato e potentissimo, nelle sue mani finisce un potere illimitato, fuori da ogni controllo. Piazza i suoi fedelissimi dappertutto, li arruola nella buona società e a Wall Street e poi li spedisce in ogni continente. Tredicimila nuovi agenti che rendono conto solo a William Donovan detto "Wild Bill", Bill il Selvaggio.

Dopo l´offensiva giapponese del 7 dicembre 1941 Donovan è l´uomo della provvidenza. L´America trascinata in guerra si prepara a dispiegare tutta la forza militare ma intanto è impaurita dalle sue fragilità. La disfatta navale alle Hawaii fa tremare gli alti comandi di Washington, i "servizi" si sono rivelati inadeguati, incapaci di intercettare le mosse del nemico. È in quel momento che il presidente Franklin Delano Roosevelt caccia i vertici militari di pace. E pretende subito una nuova intelligence. In questa atmosfera cupa, una mattina, viene recapitata una busta al Dipartimento della Marina. Mittente è il ricercatore medico Alfred Gross, del Comitato per lo studio delle devianze sessuali di New York. Destinatario è Frank Mason, un maggiore che lavora per i servizi segreti. La lettera è datata 18 dicembre: «Mio caro maggiore, le scrivo su consiglio del maggiore Birdseye per riprendere la discussione che abbiamo già avuto sulla possibilità di utilizzare omosessuali maschi in relazione a possibili attività di controspionaggio. Durante le nostre ricerche negli ultimi cinque anni, ci siamo imbattuti ripetutamente in situazioni di omosessuali che avevano relazioni con reclute delle nostre forze navali e occasionalmente con qualche ufficiale». E aggiunge: «Per qualche ragione il personale della Marina sembra avere un interesse particolare per tali individui. Questo è un fenomeno abbastanza accettato, io direi forse tacitamente, da parte delle autorità pubbliche. Secondo me tale tesi ha una certa validità».



"Livello sociale superiore"

Il dottor Gross spiega al maggiore Mason che gli studi del suo Comitato rivelano «che gli omosessuali maschi appartengono a un livello sociale superiore» e che «è certo di una grossa percentuale di omosessuali tra i tedeschi». Cita poi un articolo della rivista Time sull´omosessualità nell´aviazione della Germania nazista, paventa il pericolo che «forze sovversive cerchino di sedurre membri delle nostra Marina», invita a giocare d´anticipo. E fa una proposta: «Reclutare omosessuali respinti dal servizio militare». Ha già in mente un´unità speciale Alfred Gross, insiste, prova a convincere il suo interlocutore: «Noi siamo a livello di una bozza di idea. Ma lei, con la sua grande esperienza di ufficiale di servizi segreti, è sicuramente in grado di redigere un piano preciso. Mi auguro che questa idea non sia troppo cervellotica o il risultato di troppe letture di romanzi gialli».

Era da tempo che il dottore del Comitato per lo studio delle devianze sessuali pensava alla creazione di questo «corpo», ne aveva a lungo parlato con il suo direttore George Herny, insieme avevano anche già selezionato un imprecisato numero di potenziali agenti. Gross lo comunica al maggiore Mason: «Abbiamo contattato vari nostri pazienti, tutti affidabili, i quali, ne sono sicuro, sono disponibili a prendere parte al progetto. Tali elementi, a loro volta, potrebbero entrare in contatto, con altri omosessuali, affidabili e fedeli alla loro Patria». È la «rete» che si sta formando. La questione sta così a cuore allo psichiatra di New York che quella stessa sera, il 18 dicembre, spedisce un´altra lettera al maggiore Mason. E gli preannuncia: «Le sto anche inviando un dossier che ho avuto da mister Painter (un consulente del dottor Gross sulla prostituzione maschile, ndr), vi si indica l´esperienza di un volontario del nostro staff che potrebbe essere molto utile in varie situazioni... Painter ha in mente una persona che potrebbe portare avanti alcune indagini, c´è un tedesco che corteggia i marinai...».

Il maggiore riceve le due comunicazioni del dottor Gross e - sempre il 18 dicembre del 1941 - una terza del professore Robert Dickinson, un autorevole rappresentante dell´Accademia di Medicina di New York. Una breve nota, scritta a mano: «Caro Mason mi sembra che le questioni che riguardano l´omosessualità nella Marina e nell´Esercito richiedano una consulenza specialistica... Di recente ne ho parlato con l´ammiraglio (segue un nome incomprensibile, ndr)... A Portland, l´ospedale navale ha iniziato a esaminare l´argomento attraverso il lavoro di un tenente medico...».



La concorrenza dei sovietici

Frank Mason informa i suoi superiori del progetto. E sei giorni dopo, il 24 dicembre, manda il dossier a Wallace Phillips, uno dei capi del Coordinator of Information Office, il servizio segreto. Accompagnato da una comunicazione secca: «Caro Wallace, il suggerimento dell´uso di omosessuali in certe attività del governo costituisce probabilmente un nuovo modo di servire il nostro Paese, un modo che non è sicuramente venuto a tua conoscenza fino ad ora. Ti chiedo un giudizio sulla lettera di Alfred Gross, che cerca di servire il suo paese tramite metodi in qualche modo non usuali. Buon Natale».

Durante gli ultimi giorni del 1941 gli uomini dei servizi segreti americani si mettono al lavoro, esaminano le proposte formulate dagli specialisti di New York, prendono informazioni, chiedono consiglio a qualche ammiraglio, studiano tutto quello che si muove nello scacchiere spionistico internazionale esplorando per la prima volta anche un fronte omosessuale.

È il 15 del nuovo anno, il 1942, quando un alto funzionario del Coordinator of Information Office affronta l´argomento ancora con Wallace Phillips. La lettera ha come oggetto «Uso degli omosessuali nel lavoro di intelligence», un dispaccio interno. La firma è quella di John C. Willey. È l´ultimo passaggio prima che qualcuno, a Washington, dia il via libera finale all´operazione. Scrive Willey: «Vengo a sapere che l´Istituto per lo studio delle devianze sessuali è simile al vecchio Institut fur Sexual Wissenchaft di Berlino, è un´istituzione molto seria. Io raccomanderei con forza uno studio accurato sulla possibilità di utilizzare i suggerimenti inviatici dal dottor Gross». Poi Willey lo informa di ciò che sta accadendo in Europa, soprattutto a Mosca. E gli ricorda come i «rossi» abbiano già studiato la questione: «Penso di averti già parlato dell´interesse manifestato dal Gpu (il servizio segreto dell´Urss prima del Kgb, ndr) a questo argomento. Nel periodo in cui Florinsky, il capo del protocollo del ministero degli Esteri sovietico, è stato silurato (1935), Boris Steiger, un alto dirigente del Gpu, mi ha raccontato che il reale motivo del suo allontanamento fu che secondo la «fratellanza omosessuale politica» in Europa, Florinsky non era affidabile».

Willey cita poi anche un altro caso: «Non c´è dubbio che in Russia esisteva una relazione speciale tra Cicerin, il famoso commissario per gli Affari esteri dell´Urss e l´ugualmente famoso ambasciatore tedesco a Mosca, conte Brockdorff-Rantzau». L´alto funzionario del «servizio» americano racconta delle nuove frontiere dello spionaggio internazionale, è d´accordo con quei medici di New York, dà il suo ok al progetto. E conclude così la sua lettera: «In verità dovremmo prendere seriamente in considerazione l´idea di utilizzare gli omosessuali per obiettivi di intelligence politici e militari». Qualche mese dopo i primi agenti di quella task force saranno operativi. In ogni angolo d´Europa prigioniera del nazismo.



La testimonianza di Malaparte ne "La pelle"

"La battaglia per la libertà di quello strano maquis"



Quale fu la mia sorpresa quando, più tardi, Jeanlouis ebbe a rivelarmi che Georges era una specie di personaggio politico (anzi aggiunse Jeanlouis, un eroe), che nel corso della guerra aveva reso, e rendeva tuttora, preziosi servigi agli Alleati, che essendosi trovato a Londra nell´estate del 1940, s´era calato in paracadute sul territorio francese, che tre volte, dal 1940 in poi, era riuscito a recarsi in Inghilterra attraverso la Spagna e il Portogallo e tre volte era tornato in Francia in paracadute per compiervi missioni di delicata importanza, e che gli Alleati lo avevano in così grande considerazione da metterlo alla testa del maquis degli invertiti d´Europa.

Gli invertiti sparsi per tutta l´Europa, e naturalmente anche in Germania e nell´Urss, si erano dimostrati elementi preziosissimi per il servizio informazioni inglese e americano, svolgendo, fin dall´inizio della guerra, un lavoro politico e militare particolarmente delicato e pericoloso. Gli invertiti... costituiscono una specie di confraternita internazionale, una società segreta governata dalle leggi di un´amicizia tenera e profonda, che non è alla mercé della proverbiale incostanza del sesso. L´amore degli invertiti è, grazie a Dio, al di sopra dell´uno e dell´altro sesso, e sarebbe un sentimento perfetto, del tutto libero da ogni specie di umana schiavitù, così dalle virtù come dai vizi propri dell´uomo, se non lo dominassero i capricci, gli isterismi, e certe meschine e tristi malvagità, naturali al loro animo di vecchie zitelle. Ma il famoso Generale americano Donovan, di cui Georges era divenuto il braccio destro per tutto quanto concerneva il maquis degli omosessuali, aveva saputo trarre vantaggio dalle stesse debolezze dell´inversione sessuale, sino a farne un meraviglioso strumento di lotta. Un giorno, forse, quando i segreti di questa guerra potranno essere rivelati ai profani, sarà dato conoscere quante vite umane sono state salvate grazie alle segrete carezze dei mignons sparsi in ogni paese d´Europa. Tutto è stato messo in opera in questa terribile e strana guerra, ai fini della vittoria, tutto, anche la pederastia: la quale merita, perciò, il rispetto di ogni sincero amante della libertà. Certi moralisti, forse, non saranno di questo parere ma non si può pretendere che tutti gli eroi siano di costumi illibati, e d´un sesso ben definito. Non esiste un sesso obbligato per gli eroi della libertà.

L´idea del maquis degli invertiti era stata un´idea di Georges: e a lui spetta il merito di avere organizzato, in tutti i paesi occupati dai tedeschi, perfino in Germania, quel rèseau di giovani mignons che tanti e così preziosi servizi hanno reso alla causa della libertà europea. In quel novembre del 1943, Georges era venuto clandestinamente da Parigi a Napoli per concertare col Comando Supremo Alleato di Caserta il piano da svolgersi in Italia...».

(da "La Pelle", Arnoldo Mondadori Editore)

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33542

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