INTERVISTA/ L'oncologo parla del suo nuovo libro e attacca i diktat del Vaticano su aborto e pacs
"I vescovi vogliono cambiare la legge 194, fermiamoli
Lo Stato deve reagire e dire alla Chiesa di rispettare i confini"
di DARIO CRESTO-DINA
Umberto Veronesi
MILANO - "Ho l'impressione che il dialogo con i vescovi sia diventato un monologo. Bisogna fermarlo", dice Umberto Veronesi: "Mi sembra che la Chiesa voglia condizionare le scelte di un paese che, se devo giudicarlo alla luce dei comportamenti dei suoi abitanti, è a maggioranza non credente, o poco credente". Nel tentativo di contribuire a frenare questa "invasione di campo" il professore ha scritto un libro su un tema spinoso che da sempre gli sta a cuore. È un libro che difende l'eutanasia volontaria.
Il titolo è un manifesto, nel senso che dentro c'è già tutto: Il diritto di morire, la libertà del laico di fronte alla sofferenza. Dove la parola laico è un simbolo, un marchio.
Professor Veronesi, mentre lei parla di eutanasia il Vaticano attacca su concordato, pillola abortiva, pacs, e fermiamoci pure qui. Un autentico contro potere italiano?
"No, perché di solito i contro poteri sono occulti. I vescovi, invece, fanno tutto alla luce del sole. Ma adesso rischiano di oltrepassare il limite. Come scriveva Montanelli, stanno cercando di obbligarci a adeguarci a un credo nel quale non crediamo. Le ultime dichiarazioni del cardinale Ruini, per esempio, devono far pensare. E sono difficili da accettare".
Si riferisce alla condanna della pillola Ru-486?
"Sì. Quando Ruini dice che l'uso della pillola equivale a un omicidio, manifesta un pensiero che va in realtà ben oltre il significato delle sue parole. L'obiettivo della Chiesa è rimettere in discussione la legge sull'aborto. La verità è che ci vogliono togliere la 194, diciamolo con chiarezza. Uno stato laico deve reagire, ricordare alla Chiesa che ci sono confini da rispettare".
Ma il partito dei cattolici è forte, è trasversale e le sue file si ingrossano. Il presidente della Camera Casini ieri ha detto che le parole della Chiesa sono proposte, non imposizioni.
"Guardi, io rispetto le opinioni di tutti. Ma un conto sono le idee, un altro le leggi. La legge sull'aborto è stata votata dal 70 per cento del popolo italiano. La posizione della Chiesa è, quindi, in opposizione non solo allo Stato italiano, ma al popolo italiano. La Ru-486 è in linea con la 194, il suo utilizzo, naturalmente all'interno di regole precise, non deve costituire un problema. Si tratta, in sostanza, di praticare l'aborto per via farmacologica invece che chirurgica. Se è diventata un problema, è perché se ne è voluto fare un caso politico. Non dobbiamo sottovalutare poi che proibire questa pillola, accettata dalla maggioranza dei paesi europei, porterebbe inevitabilmente alla nascita di un mercato nero. Il proibizionismo non è mai una risposta efficace".
Perché la Chiesa è così aggressiva?
"Forse perché è in crisi, forse perché sta vivendo un momento di transizione, ma non dimentichi che c'è smarrimento anche nella società ed è in periodi come questi che si riafferma il proselitismo della fede, delle religioni. Benedetto XVI lo ha capito benissimo, questo Papa non è certo un vescovo che sta in mezzo al fiume: è intransigente, è tradizionalista, è coerente. Non si può essere un uomo di chiesa soltanto per metà o per un terzo. I cardinali fanno il loro mestiere, altri invece no".
È una critica al governo?
"Non solo. Mi riferisco alle carenze e alle assenze della politica. Sia a destra, sia a sinistra. Mi riferisco allo Stato. Ho come l'impressione che improvvisamente siamo diventati tutti ferventi credenti. Tutti rinoceronti, come nella commedia di Ionesco".
Ed è in questo clima che lei propone di autorizzare l'eutanasia?
"Voglio semplicemente porre il problema, tentare di aprire un confronto su un argomento tabù, un tema di cui nessuno vuole parlare".
Significa sostenere la bontà del suicidio?
"Assolutamente no. Il suicidio è un fenomeno psicologicamente complesso che ha radici profonde e antichissime. È una pulsione tipica dell'uomo, che non esiste in altri esseri viventi. Io sostengo il valore dell'eutanasia come richiesta volontaria e cosciente di porre fine alla propria esistenza. Cosa che può maturare quando la vita diventa insopportabile per il dolore, la sofferenza e la perdita della propria dignità. Dai dati dell'Olanda, dove l'eutanasia è legale, appare che la richiesta riguarda per l'85 per cento i malati terminali".
Ha scritto Norberto Bobbio, verso la fine della sua vita: "L'unico rimedio alla stanchezza mortale è il riposo della morte". È a questo che pensa, professor Veronesi?
"Credo che il diritto di morire faccia parte del corpus fondamentale dei diritti individuali: il diritto di formarsi o non formarsi una famiglia, il diritto alle cure mediche, il diritto a una giustizia uguale per tutti, il diritto all'istruzione, il diritto al lavoro, il diritto alla procreazione responsabile, il diritto all'esercizio di voto, il diritto di scegliere il proprio domicilio".
Ma la richiesta di eutanasia non contrasta con la natura?
"La natura non ha previsto l'immortalità dell'uomo, anzi, la morte è uno dei suoi principi. Non si può rimanere in vita quando la vita non è più vita".
Eppure proprio la scienza e la medicina sembrano volerci cancellare la prospettiva della morte e la chirurgia estetica ci illude persino sul prolungamento della giovinezza.
"È vero, la medicina spesso espropria il diritto alla morte. Macchine complesse tengono in vita persone senza coscienza per settimane, mesi, anni. Questa è una vera violenza alla natura. Ma il compito della medicina non è quello di legiferare. La scienza aspetta una legge che faccia chiarezza sui limiti del suo intervento".
Lei pensa alla legge olandese?
"Potrebbe costituire un buon punto di partenza. Stabilisce una procedura seria e accurata, ma permangono dubbi sulla genuina volontà del paziente che manifesta il desiderio di eutanasia. È difficile capire fino a che punto conti l'influenza dei famigliari, oppure il livello di depressione nel quale il malato precipita. Il cammino sarà lungo, ma ritengo sia importante cominciarlo. Sarebbe un segno di civiltà".
Imparare a vivere significherebbe imparare a morire, come sosteneva Jacques Deridda?
"Sì, anche se è molto difficile. Ma chi sta in trincea, come i medici, sa quante volte un paziente chiede di venire aiutato a morire".
E i medici lo fanno?
"Sì, sarebbe ipocrita negarlo: negli ospedali italiani l'eutanasia clandestina viene praticata. Nessuno lo confesserà mai, eppure esiste. Si allontana l'infermiera con una scusa, si aumenta un po' la dose di morfina... Ci sono molti modi".
È un omicidio?
"No, è raccogliere un appello alla pietà".
(18 novembre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/politica/parlaveronesi/parlaveronesi/parlaveronesi.html
venerdì 18 novembre 2005
Veronesi difende l'eutanasia: "Morire è un diritto fondamentale"
giovedì 17 novembre 2005
Scuola, leggete bene la riforma la religione non è più facoltativa
La denuncia arriva dal segretario della Cgil scuola: "Chi non frequenta risulterà assente". E solo dal liceo classico libero accesso all'università
di SALVO INTRAVAIA
Con la riforma Moratti, l'unica materia facoltativa dell'ordinamento scolastico italiano diventa obbligatoria. Lo afferma Enrico Panini, segretario generale della Flc Cgil. "L'attenta lettura del decreto legislativo sulla scuola secondaria riserva diverse sorprese e nessuna di queste è positiva. Avere messo la religione cattolica tra le materie obbligatorie per tutti - secondo Panini - provoca due effetti: prima di tutto si rende obbligatoria una scelta che è facoltativa, non essendo neanche obbligatorio scegliere l'attività alternativa; in secondo luogo diventa assenza non frequentare religione o l'attività alternativa".
In questo modo non avvalersi dell'insegnamento della religione , conclude Panini, "produce una penalità di 33 ore". Un peso grave visto che "nel nuovo ordinamento superare il tetto del 25 per cento del monte ore obbligatorio comporta la bocciatura automatica".
In effetti - rispetto alla scelta facoltativa che si presentava fino ad ora per lo studente al momento dell'iscrizione - la contraddizione del nuovo assetto orario della scuola secondaria di secondo grado disegnato dalla coppia Bertagna-Moratti salta subito all'occhio. In sette (escluso il liceo artistico) degli otto licei in cui si articolerà la futura scuola superiore l'orario settimanale è articolato in 'Attività e insegnamenti (materie) obbligatorie per tutti gli studenti', 'Attività obbligatorie a scelta dello studente', e 'Attività e insegnamenti facoltativi'. A titolo di esempio: nella prima classe del liceo scientifico sono previste 28 ore settimanali di attività obbligatorie per tutti, 3 ore obbligatorie (ma a scelta dello studente fra le diverse opzioni proposte della scuola) e un'ora facoltativa. Lo studio della Religione, contrariamente a ogni logica, è collocato fra le discipline assolutamente obbligatorie.
Secondo il leader della Cgil il nuovo assetto penalizzerebbe coloro che sceglieranno di non avvalersi della religione cattolica che, in quanto obbligatoria, risulterebbero assenti "in automatico" per 33 ore all'anno. Insomma, gli studenti che seguiranno l'ora di Religione potranno assentarsi più dei compagni che non se ne avvarranno.
"Quanto all'università - prosegue Panini - è abrogato il libero accesso". Il testo definitivo del decreto infatti, avverte il sindacalista, "ci riconsegna la formulazione del libero accesso a tutte le facoltà solo per i diplomati del liceo classico". Una interpretazione avanzata da tempo dalla Cgil, che il ministero ha sempre considerato errata.
(17 novembre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/j/sezioni/scuola_e_universita/servizi/insrelig/religobbligat/religobbligat.html
mercoledì 16 novembre 2005
Casa, pensioni, Iraq e le tante altre autosmentite di Berlusconi
Una ventina di casi, dal 2001 ad oggi, in cui il premier ha fatto importanti affermazioni che poi ha smentito o sono state smentite dagli interressati
di MATTEO TONELLI
ROMA - Affermazioni importanti seguite da immediata autosmentita. A Berlusconi, in cinque anni di governo, è successo molto spesso. Le ultime (sulla casa e sulle pensioni) sono degli recentissime. A volte il premier assicura di essere stato male interpretato, a volte fa proprio marcia indietro, in altre occasioni sono i diretti interessati a smentire. Una rapida ricerca in archivio ha prodotto questo elenco. Sicuramente incompleto.
La casa agli italiani. Sorrento, 11 novembre 2005, Berlusconi lancia il suo progetto davanti ai giovani di Forza Italia: "Daremo una casa a tutti gli italiani in difficoltà. Sono il 19% della popolazione, ma abbiamo un piano fattibile". Ieri ha precisato: "Non ho detto a tutti gli italiani, ma solo a quelli sfrattati"
Pensione a 68 anni. 3 novembre 2005: "Un orizzonte che non dobbiamo precluderci, l'innalzamento dell'età pensionabile a 68 anni". Il 15 novembre spiega: "Io non ho proposto di spostare l'età pensionabile a 68 anni"
Bush e le elezioni italiane. 31 ottobre 2005. A Washington, parlando con i giornalisti dopo l'incontro con il presidente Usa, dice: "Bush teme un cambio di governo in Italia". Vittorio Zucconi di Repubblica, gli chiede: "Presidente, a scanso di equivoci, lei ci sta dicendo che il presidente Bush ha espresso a lei una preferenza elettorale contro il centro sinistra?". Il premier, allora, precisa: "Non mi ha detto esattamente così Bush, ma è evidente che sentendo le dichiarazioni dei leader della sinistra che affermano che se vincessero le elezioni farebbero come Zapatero ritirando le truppe dall'Iraq, basta fare uno più uno per capire come la pensa il presidente americano. Come sempre gli Stati Uniti non interferiscono nei problemi interni di altri paesi, specialmente nei periodi elettorali e pre-elettorali".
Centristi traditori. 16 agosto 2005. Intervistato dalla Stampa, riferendosi ai centristi della Cdl, dice: "C'è chi pensa di salvarsi offrendosi al vincitore, ma parte da una valutazione errata". Immediata la reazione di Follini: "L'evocazione di doppigiochi, tradimenti e passaggi di campo nei confronti di un partito coerente e sicuro come l'Udc è semplicemente miserevole. Ci aspettiamo dal presidente del Consiglio una smentita chiara e netta". E la smentita arriva puntuale, affidata a Boniauti: "Nessuno in Forza Italia, tantomeno il presidente Berlusconi, ha pronunciato parole legate al concetto di tradimento o di traditore nei confronti dei nostri alleati".
Risanamento Alitalia. 29 aprile 2005: Berlusconi annuncia che il piano di risanamento dell'Alitalia è stato accettato dalla Commissione europea. Immediata la smentita di Bruxelles: "Nessuna decisione è stata presa".
Andare a Nassiriya. "Non sento alcun bisogno di andare a Nassiriya, sarebbe solo una operazione dimostrativa e retorica" (26-3-2004). Il 10 aprile Berlusconi va in visita a Nassiriya.
Unto e bisunto. "Io unto del Signore? Non ho mai pronunciato questa sciocchezza" (9-3-2004). "Io sono l'unto del Signore, c'è qualcosa di divino nell'essere scelto dalla gente. E sarebbe grave che qualcuno che è stato scelto dalla gente, l'unto del Signore, possa pensare di tradire il mandato dei cittadini" (25-11-1994).
Lifting forzato. "Io il lifting non lo volevo fare. Sono stato tirato dentro a farlo. È stata Veronica a spingermi a fare il lifting" (27-1-2004). Poi Veronica lo smentisce: "Il lifting è stata un'idea sua".
Fascismo buono. "Mussolini non ha mai ucciso nessuno: gli oppositori li mandava in vacanza al confino" (intervista a 'The Spectator', 4-9-2003). Il 17 Berlusconi cerca di smorzare l'intervista allo 'Spectator': "Eravamo alla seconda bottiglia di champagne". Ma gli intervistatori lo smentiscono: "Abbiamo bevuto solo tè freddo" (19-9-2003.).
Giudici matti. Nella stessaintervista a "Spectator", il premier disse anche che i magistrati: "Per fare i giudici bisogna essere dei disturbati mentali". Protestarono un po' tutti: dall'Anm, alle sorelle di Falcone e Borsellino. Fini parlò esplicitamente di "gaffe". Allora spiega: "Io non sono un politico, non bado alle critiche. Dico quello che pensa la gente".
Legge Gasparri. Berlusconi, uscendo dal Quirinale, annuncia che Ciampi è d'accordo sulla legge Gasparri. Il Quirinale smentisce: "Non ne abbiamo mai parlato" (2-8-2003). Berlusconi deve rettificare dando la colpa ai giornalisti.
Lodo Maccanico. "Io non c'entro nulla con questo Lodo: è stata un'iniziativa autonoma del Parlamento, sostenuta dal presidente della Repubblica" (30-6-2003). Immediata la smentita del Quirinale, cui segue la precisazione del sottosegretario Paolo Bonaiuti: "Il lodo Maccanico è una iniziativa parlamentare. E a questa proposta il presidente della Repubblica è ovviamente estraneo".
Conflitto di interessi. "Il conflitto d'interessi sarà risolto nei primi cento giorni del mio governo" (5-5-2001). "Il conflitto d'interessi è una leggenda metropolitana" (19-12-2003). La legge sul conflitto d'interessi non è stata ancora approvata.
Condono per gli altri. "Mediaset non farà alcun ricorso al condono fiscale" (30-12-2002). Cinque mesi dopo 'L'espressò scopre che Mediaset ha regolarmente fatto ricorso al condono, risparmiando circa 120 milioni di euro di imposte. Un anno dopo accade di nuovo.
Armi sì, armi no. "Credo che ormai in Iraq non ci siano più armi di distruzione di massa" (16-10-2002). "Non ho mai detto che Saddam non ha armi di distruzione di massa. Dico solo che ha avuto il tempo di distruggerle o di metterle da qualche altra parte" (17-10-2002).
Guerra senza Onu. "Se Saddam non cede, l'attacco sarà a gennaio e sarebbe inutile una seconda risoluzione come chiede la Francia, sarebbe un nonsenso" (14-9-2002). "Siamo per una risoluzione dell'Onu che dia termini precisi a Saddam e stabilisca l'intervento militare se Saddam non dovesse accettare la risoluzione" (25-9-2002). "Con realismo bisogna dire che non c'è alternativa alle due risoluzioni dell'Onu " (16-10-2002).
Nesta mai. "Comprare Alessandro Nesta? Sono cose che non hanno più nulla di economico, di morale. Nel calcio abbiamo sbagliato tutti, ora basta"(23-8-2002). L'indomani il Milan annuncia l'acquisto di Nesta.
Legge Cirami. "Non capisco tutta questa fretta per la legge Cirami sul legittimo sospetto" (31-7-2002). "La legge sul legittimo sospetto è una priorità per il governo" (30-8-2002).
Ok dall'Europa. "Ho fatto un'esposizione sommaria della legge finanziaria e ho trovato un'ottima accoglienza sia da Prodi sia dal commissario Pedro Solbes" (10-10-2001). Prodi cade dalle nuvole. Solbes lo smentisce. Berlusconi fa retromarcia: "Io ho illustrato l'azione del mio governo, Prodi e Solbes mi hanno ascoltato in silenzio".
Scontro di civiltà. "Noi dobbiamo essere consapevoli della superiorità della nostra civiltà... Dobbiamo evitare di mettere le due civiltà, quella islamica e quella nostra sullo stesso piano... La nostra civiltà deve estendere a chi è rimasto indietro di almeno 1.400 anni nella storia i benefici e le conquiste che l'Occidente conosce." (26-9-2001). Poi di fronte alla richiesta di scuse presentata da una serie di governi arabi dice al giornale 'Asharq al-Awsat':"Perché dovrei scusarmi? Per qualche cosa che non ho detto? Non ho detto nulla di sbagliato, loro (alcuni giornalisti, ndr) mi hanno fatto dire qualche cosa che non ho detto". (2-10-2001)
(15 novembre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/politica/berlusmentite/berlusmentite/berlusmentite.html
Sposi il 3 Dicembre: lei, donna, ha avuto tre figli; lui, ex donna, è madre di una ragazza
Storie di oggi. Conferenza stampa nello studio dell'avvocato De Marco.
di MAURIZIO CIRILLO
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Si sposeranno in municipio, a Montesilvano, il 3 dicembre prossimo.
Lui è Cristian Silla, 32 anni, che fino a circa sette anni fa era una donna. Non solo, ma è anche stato sposato, per soli tre anni, e soprattutto aveva messo al mondo una bimba che oggi ha dieci anni. Lei è Alfia Flati, una bella donna di 35 anni, lavora in una emittente televisiva privata locale, da due diverse convivenze ha avuto anche tre figli: un ragazzo di 18 anni, una bambina di 8 e un bimbo di 5.
Una storia che sembra fatta a posta per un reality: tutti e due, sin da quando avevano pochi mesi, finiscono in un istituto, lo stesso istituto, pur avendo i genitori. E tutti e due poi affidati alla stessa famiglia. Alfia a dodici anni, ma rifiutò e preferì tornare in istituto; lei, oggi lui, a undici anni accettò invece quella soluzione ed entrò a far parte di un'agiata famiglia.
«Quello che mi preme puntualizzare è che il mio futuro marito - esordisce Alfia nella conferenza stampa convocata dal suo legale, l'avvocato Giancarlo De Marco - è un uomo a tutti gli effetti e non un trans. Ha seguito per sei anni una terapia, l'ultimo intervento lo ha fatto due anni fa, ed ora è un uomo sia fisicamente sia per la legge. Dico questo anche perchè come madre devo tutelare i miei figli».
Un rapporto affettivo che nasce da quando erano bambini. «Sì - precisa subito Alfia - ma parliamo di un rapporto affettivo nel vero senso della parola, non omosessuale. Per una serie di disgrazie familiari - prosegue la donna - ci siamo conosciuti tanti anni fa in collegio. Poi io venni dichiarata adottabile a 12 anni, ma rifiutai sempre ogni soluzione che mi veniva proposta e rimasi in istituto fino a diciotto anni per uscirne con un figlio. Un figlio che arrivò in uno dei tanti fine settimana che passavo con la mia vera famiglia. Anche se non ci siamo mai persi di vista ed io ho sempre avuto contatti con la famiglia che adottò Cristian, ci siamo incontrati di nuovo circa due anni fa, quando lui aveva già completato la sua trasformazione. La molla è dunque scattata quando lui era già uomo».
Ma cosa può dare di più un matrimonio con tutto ciò che comporta una situazione del genere, che non possa dare una più tranquilla convivenza?
«Tutte le coppie normali - risponde subito e con decisione Alfia - hanno come obiettivo il matrimonio. Crediamo in questo, così come crediamo di poter costruire una famiglia e dare stabilità ai figli. Sua figlia, che è stata seguita in tutti questi anni, vive ora con molta serenità la cosa: meno i miei figli».
E i rispettivi ex coniugi cosa ne pensano? «Aspettiamo notizie».
Con Cristian non è possibile parlare. E' rinchiuso in un'altra stanza dello studio legale e non vuole essere intervistato nè fotografato. Forse perchè chi gestisce l'immagine della coppia ha già preso precisi accordi con settimanali e televisioni per l'esclusiva, o forse per tutelare ancor di più sua figlia, stando almeno alle motivazioni addotte da Alfia. L'unica concessione che viene fatta è una foto di Cristian insieme alla sua futura sposa che, mettendosi in posa, scherza con l'altezza del suo uomo e si abbassa per far scattare la foto. L'appuntamento è dunque per il 3 dicembre prossimo a Montesilvano.
http://www.gaynews.it/view.php?ID=34975
Mohsen, cittadino francese prigioniero in via Corelli
A volte ci si imbatte nel razzismo allo stato puro. Non quello sofisticato, elaborato, che si caratterizza per l'incipit "io non sono razzista, però..." Qua si parla del razzismo che dice: "Hai la pelle scura, e dunque sei illegale".
In sé non è una grandissima novità. In Italia esistono razzisti ruspanti che occupano cariche importanti nelle istituzioni, come il parlamentare europeo Mario Borghezio il quale - non ci stancheremo mai di ricordarlo finché non chiederà pubblicamente scusa (dunque, molto probabilmente, per l'eternità) - in un comizio è giunto a definire 'facce di merdà gli immigrati di religione musulmana.
Ma la storia di Mohsen ha un elemento in più. Segna un momento l'incontro tra il razzismo analfabeta e la quotidianità dell'ordine pubblico, richiama certe turpi gesta della polizia di Los Angeles. Delinea una prassi nascente? Speriamo di no, ma il solo dubbio dà un motivo in più per raccontarla.
Mohsen, che ha vent'anni, da due vive in Italia e frequenta a Perugia l'università per stranieri. Fino a quel giorno dello scorso agosto conduceva l'esistenza normale di un ragazzo della sua età: un piccolo appartamento, una fidanzata, un gatto.
Era una giornata molto calda e Mohsen s'era svegliato tardi. Ancora un po' stordito, s'era vestito di corsa, aveva calzato un paio di ciabatte di gomma, aveva afferrato il mazzo di chiavi e poi era sceso giù, in piazza, per comprare il giornale e fare colazione al bar. La torpida routine d'una torrida giornata di agosto.
Lasciamo per un momento Mohsen a sfogliare il suo quotidiano preferito e osserviamolo da lontano. Mettiamoci, insomma, nello stesso angolo visuale di quei due poliziotti che, accaldati, quella mattina svolgevano il loro turno di lavoro per le vie di Perugia. Ecco, il piccolo appartamento non c'è più, tanto meno il gatto e la fidanzata. Si disintegra anche il libretto dell'università. Non parliamo poi dei saggi di informatica, dei romanzi in italiano e in francese, dei cd, dell'impianto stereo. Resta solo un ragazzo nero, trasandato, che scruta le pagine di un quotidiano. Gli annunci economici, probabilmente. A meno che non stia solo fingendo di leggere per darsi un contegno. Uno studente? Difficile. E' agosto, l'università non funziona. Un clandestino allora? Molto probabile.
Anzi, certo. Già, perché i due poliziotti raggiungono Mohsen che si risveglia di soprassalto. "Documenti!", gli intimano. Ha un momento di esitazione, si fruga nelle tasche. Niente. Li ha lasciati su, a casa. "Vado a prenderli". Vecchio trucco: il ragazzo vuole guadagnare un po' di tempo e poi darsela a gambe. "Seguici in centrale".
E qua Mohsen commette un grave errore. Pur essendo senza documenti, si arrabbia. Già, come farebbe ognuno di noi se due poliziotti lo trascinassero in questura solo perché è andato all'edicola sotto casa senza la patente, la carta d'identità o il passaporto. Così Mohsen protesta e, a un certo punto, addirittura grida: "Sono francese!". (Parentesi: era agosto e ancora non era scoppiata la rivolta delle banlieue. Seconda parentesi: una vicenda come quella che stiamo raccontando, se si fosse verificata in Francia, sarebbe stata una parabola adatta a spiegare uno dei motivi della stessa rivolta).
Ma torniamo al punto di vista dei poliziotti. Il ragazzo sostiene d'essere "francese". Una scusa più patetica non si era mai sentita. Di solito dicono di aver smarrito il permesso di soggiorno, o danno un falso nome. Ma "sono francese" è davvero troppo. Non che i due poliziotti non sappiano che esistono francesi neri, ma questo ha tutte le caratteristiche del clandestino. Non gli credono. Mohsen capisce che le cose si stanno mettendo malissimo. Comincia ad aver paura. Cambia tono. Supplica i poliziotti di accompagnarlo a casa.
Niente da fare. La macchina della Bossi-Fini si è già messa in moto. Mohsen - che è francese per davvero, un francese figlio di genitori tunisini, dunque uno di quegli 'immigrati di seconda generazione" che tra qualche anno popoleranno in gran numero anche le nostre città - viene portato a Milano. Da quando vive in Italia c'è già stato tre volte, ha visitato i monumenti principali e anche il Museo della scienza e della tecnica. Solo che ora ci arriva a bordo di un cellulare e trova alloggio non in un albergo ma nel Centro di permanenza temporanea di Via Corelli dove fa un corso accelerato di vita e vede un sacco di cose molto brutte (non le raccontiamo perché, come ripete continuamente il nostro governo, nei Cpt non si verificano violenze e dunque il ragazzo deve aver avuto allucinazioni da stress).
L'incubo è durato ventidue giorni. Il tempo che è occorso alla madre per interrompere le sue vacanze in Egitto, prendere un aereo per Milano e trovare un avvocato che ha chiarito ciò che lo stesso Mohsen, quella torrida mattina di agosto, avrebbe facilmente chiarito se solo gli fosse stato consentito di rifare le scale di casa.
(la storia di Mohsen ci è stata raccontata da Daniele Comberiati)
(16 novembre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/b/rubriche/glialtrinoi/mohsen/mohsen.html