sabato 13 ottobre 2007

Confessa in tv di essere gay, il Vaticano sospende alto prelato

di ORAZIO LA ROCCA


CITTA' DEL VATICANO - Scandalo all'ombra di S. Pietro. Le autorità vaticane tre giorni fa hanno sospeso dall'incarico e sottoposto a procedimento disciplinare un monsignore capoufficio di uno dei più importanti dicasteri pontifici, la Congregazione per il Clero, il "ministero" pontificio retto dal cardinal-prefetto Claudio Hummes, brasiliano, che sovrintende, tra l'altro, alla gestione degli oltre 400 mila sacerdoti presenti in tutte le diocesi del mondo e alla formazione religiosa di seminaristi e catechisti.

Motivo: l'alto prelato - un monsignore di circa 60 anni ben portati, titolare di rubriche giornalistiche su siti attenti alla vita della Chiesa e del Vaticano, tra i volti più noti dell'emittente cattolica Telepace dove per anni ha curato rubriche a carattere religioso - avrebbe preso parte, anonimamente, alla discussa prima puntata di Exit presentata da Ilaria D'Amico e andata in onda il primo ottobre scorso sull'emittente La7, che tra i reportage trasmessi ha presentato anche una inchiesta sull'omosessualità dei preti nella Chiesa cattolica.

Nel servizio, quattro persone che si presentavano come sacerdoti, ripresi con volti e voci contraffatte con alle spalle edifici religiosi con flash puntati pure sullo sfondo di piazza San Pietro, avevano confessato le loro preferenze sessuali, ammettendo senza troppi giri di parole di essere gay.

Uno dei quattro intervistati, stando a quanto hanno verificato i vertici della Congregazione per il Clero, sarebbe uno dei monsignori che ricopre la carica di capo ufficio nello stesso dicastero. Un alto prelato fino a pochi giorni fa in "ascesa" nell'establishment vaticano, perché titolare di altri due importanti incarichi, alla Commissione speciale per la trattazione delle cause di dispensa dei sacerdoti e alla Peregrinatio Ad Petri Sedem, l'organismo responsabile dei pellegrinaggi in arrivo in Vaticano, nell'ambito del quale operava nella Consulta pastorale.

Nell'intervista concessa ad Exit si vede che il monsignore fa accomodare spontaneamente nel suo ufficio il suo interlocutore al quale rivela con molta naturalezza la sua omosessualità, spiegando persino di "non sentirsi in peccato", ma di doverlo fare di nascosto per non essere richiamato dai superiori vista l'attuale ferma opposizione della dottrina cattolica in materia di celibato sacerdotale ed omosessualità.

Quasi un guanto di sfida sul piano della pastorale sociosessuale lanciato alle autorità pontificie dall'interno del Vaticano, nella convinzione di poter parlare liberamente perché protetto dall'anonimato.
Ma non tutto - a quanto sembra - è andato per il verso giusto, perché subito dopo la messa in onda del servizio in Vaticano qualcuno ha riconosciuto la stanza dell'incauto sacerdote trasformata in improvvisato set per registrare l'intervista, e dove si sospetta possa essere avvenuto anche qualche "episodio" a luci rosse.

Riconosciuti nel filmato pure l'ascensore di accesso alla Congregazione del Clero e la porta di ingresso del dicastero, ripresi dalle telecamere mentre il prelato fa accomodare l'intervistatore. Dopo una più attenta verifica del servizio ed una veloce inchiesta interna, facilitata anche dal fatto che l'unico a tenere la chiave dell'ufficio era il capo ufficio incriminato, il monsignore è stato immediatamente sospeso dall'incarico e denunciato alle autorità giudiziarie pontificie che hanno subito aperto un fascicolo a suo carico.

Da tre giorni la porta dell'ufficio è chiusa a chiave, nessuno vi può entrare, il telefono squilla a vuoto, sia quello del posto di lavoro del monsignore che quello di casa. Non si sa se dopo la sospensione si arriverà al licenziamento, eventualità che dovrà essere presa in considerazione dal tribunale pontificio dopo un dibattimento previsto dalle leggi vaticane. Da qualche giorno, però, dell'alto prelato si sono perse le tracce.

(13 ottobre 2007)
http://tinyurl.com/2rbl9b

La crociata dell'ICI - i privilegi della chiesa atto III

La finanziaria 2008 prevede un taglio dell'Ici, tassa sugli immobili e maggiore fonte di reddito per i Comuni, che costringerà i sindaci ad alzare le tasse. A farne le spese sempre le tasche dei cittadini. Ma c'è chi da quella tassa è esentato: la Chiesa Cattolica. Terzo atto dell'inchiesta di Curzio Maltese per Repubblica sui priviegi al mondo cattolico.



I comuni perdono ogni anno un gettito complessivo valutato vicino al miliardo di euro a causa dell'esenzione prevista da legge del 1992 alla quale la Chiesa si appella ma che in realtà è illegittima e contraria alle norme europee sulla concorrenza. La Corte di Cassazione nel 2004 ha corretto così la legge del 1992: sono esenti dall'Ici soltanto gli immobili che non svolgono anche attività commerciali. La sentenza si applicava non solo alle proprietà ecclesiastiche ma anche alle Onlus, ai sindacati, ai partiti e alle associazioni sportive (intanto l'Unione Europea apre un'inchiesta sui favori fiscali alla chiesa cattolica italiana). "Un danno incalcolabile" per il Vaticano che porta Camillo Ruini dritto dritto dall'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che con un decreto nel 2005 rovescia la Cassazione e ripristina l'esenzione totale dell'Ici per le attività ecclesiastiche. Esenzione dell'Ici che sei mesi dopo diventa il cavallo di battaglia della sua campagna elettorale. Berlusconi però perde le elezioni e Romano Prodi diventa premier. Passa così nelle mani del suo governo il problema dell'illegittimità della norma, che viene risolto nel modo più ipocrita possibile.

Un cavillo del decreto Bersani esenta dall'Ici gli immobili che abbiano uso "non esclusivamente commerciale". Ma un'attevità è commerciale o non lo è. Bruxelles chiede chiarimenti e il ministro dell'Economia istituisce una commissione per studiarne le ambiguità che fra qualche giorno presenterà la relazione finale: il "non esclusivamente" è un'assurdità e la norma dovrà essere cambiata.


PERCHE' LA CHIESA NON PAGA L'ICI?
Nel 2005 una legge del Governo Berlusconi l’ha esentata.

Il governo Prodi ha fatto finta di porvi rimedio.



Intanto la chiesa cattolica è il primo settore per crescita economica in Italia. Un impero commerciale fatto di alberghi, ristoranti, cinema, teatri, librerie e negozi che solo per il Giubileo del 2000 ha ricevuto 3500 miliardi di lire dallo stato, parte dei quali sono serviti per ristrutturare conventi e collegi diventati poi resort esclusivi. La Chiesa è uno dei più potenti broker nel turismo mondiale tanto che nel marzo scorso ha addirittura organizzato un mega convegno per i religiosi-operatori turistici dal titolo 'Case per ferie, segno e luogo di speranza'.

Curzio Maltese fa accenno anche alla scomunica che Repubblica ha ricevuto dagli organi di stampa del Vaticano e alla pubblicazione delle tabelle degli stipendi da fame dei preti per "sbugiardare un'inchiesta fondata sulla menzogna". "Si può anche essere d'accordo - dice il giornalista - che i preti sono una categoria sottopagata. Per non dire le suore che dalla Cei non ricevono nè uno stipendio nè la pensione, a differenza dei preti. Il problema non sono i 350 milioni prelevati all'8 per mille per gli stipendi ma gli altri 4 miliardi che vanno ad una macchina di potere che condizione la politica, l'economia e la libertà di stampa".

da La Repubblica del12/10/2007

Perché noi gay e lesbiche aderiamo al Partito Democratico?

Sono 30 i candidati glt all’assemblea costituente per il Partito democratico.
Tra loro Benedino, Concia, De Giorgi, Lo Giudice




In tanti ci chiedono perché noi, lesbiche e gay, ci candidiamo all’assemblea costituente per il Partito democratico. Noi, da sempre in prima fila nella costruzione di un Paese più libero e accogliente, che abbia la laicità come principio guida, in cui nessuno sia leso nella sua dignità per il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere. Noi, che crediamo nella liberazione di donne e uomini da ogni dominio esterno, costrizione culturale o imposizioni religiose.

Lo facciamo perché siamo convinti che il partito che sta per nascere sarà il luogo più utile a fare avanzare concretamente queste battaglie. L’incontro fra culture diverse costringerà tutti a confrontarsi a fondo per trovare risposte nuove a bisogni nuovi, superando la logica di coalizione per cui i temi più difficili vengono ignorati o affidati alla libertà di coscienza. Il nuovo partito sarà lo specchio di un pezzo di Paese più grande di quello rappresentato dai partiti che oggi gli danno vita, un luogo in cui discutere le proposte da avanzare al Paese, un nuovo laboratorio di idee che nasce con l’obiettivo di essere luogo di dialettica e confronto senza il bisogno di ideologie ma basandosi sui problemi reali dei cittadini.

Questo è oggi il luogo in cui rilanciare le richieste del movimento lgbt e lavorare affinché da quella domanda di libertà nascano riforme concrete. Lavoreremo dentro il Partito democratico per una seria legge contro ogni discriminazione, l’uguaglianza giuridica per le famiglie omosessuali, la promozione del diritto alla salute per le persone lgbt, la modifica delle leggi sul cambio di sesso e sulla fecondazione assistita. Sono gli obiettivi del movimento lgbt italiano ed internazionale, e sono i nostri obiettivi: più saremo a sostenerli dentro il Pd, prima diventeranno obiettivi del centrosinistra e leggi dello Stato.

Per essere all’altezza delle sfide che si è posto, il Pd dovrà avere come principi guida l’estensione dei diritti di cittadinanza e la laicità dei processi di decisione. Applicare con rigore il principio di laicità non significa ricercare contrapposizioni ideologiche o rifiutare il confronto con le diverse opinioni, anche religiose: al contrario, è la condizione perché questo dialogo possa avere luogo e produrre decisioni ispirate al rispetto della pluralità culturale e dei diritti fondamentali e non ai principi specifici di una religione.

Siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo. Conosciamo direttamente la fatica di abbattere pregiudizi, contrastare inerzie e pigrizie, superare veti ideologici. Abbiamo ben presenti le resistenze conservatrici presenti nel Paese, nel parlamento e nello stesso centrosinistra. Sappiamo che le ritroveremo anche nel nuovo partito. Ma allo stesso tempo e, anzi, a maggior ragione pensiamo che questa sia la frontiera più avanzata in cui spendere le nostre energie per la costruzione delle riforme necessarie ad un'Italia più civile, in cui l'orientamento sessuale o l'identità di genere non siano ostacolo alla ricerca della felicità.

A tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, a tutte e tutti quelli che hanno a cuore la costruzione di un Paese laico e libero chiediamo di condividere con noi questo impegno, aiutandoci a costruire un partito nuovo che sia lo strumento per nuove libertà.


Cristiana Alicata (Roma)
Giuliano Gasparotti (Firenze)
Andrea Ambrogetti (Roma)
Nunzio Liso (Andria)
Carmela Antonino (Molfetta)
Sergio Lo Giudice (Bologna)
Flavio Arditi (Empoli)
Anna Maria Mucciarelli (Bologna)
Fabio Astrobello (Reggio Emilia)
Dario Nistri (Firenze)
Alessandro Bandoni (Massa Carrara)
Fabio Omero (Trieste)
Andrea Benedino (Ivrea)
Enrico Peroni (Vicenza)
Riccardo Camilleri (Roma)
Francesco Piomboni (Firenze)
Alfredo Capuano (Roma)
Enrico Pizza (Udine)
Maurizio Caserta (Acireale)
Mario Scafetta (Empoli)
Matteo Cavalieri (Bologna)
Ivan Scalfarotto (Corsico)
Nicola Cicchitti (Trieste)
Ennio Trinelli (Bologna)
Anna Paola Concia (Roma)
Carmine Urciuoli (Aversa)
Alessio De Giorgi (Pisa)
Lucia Vagnoli (Empoli)
Edoardo Del Vecchio (Roma)
Marco Volante (Milano)
Giacomo Deperu (Pordenone)


http://www.gaynews.it/view.php?ID=75525

mercoledì 10 ottobre 2007

Essere gay in Cina

I matrimoni eterosessuali dei gay e internet, le grandi città Shanghai e Beijing e le campagne, l`università e l`Aids.
Ecco cosa significa essere gay in Cina.




"L'omosessualità in Cina non è legale ma non è illegale".
Mi risponde così Henry, che vive a Shangai, quando gli chiedo di parlarmi della condizione dei giovani gay in Cina. Ha 21 anni e lo fa in modo preoccupato usando termini come 'suicidio' e 'rivoluzione culturale' e mi dice che nessuno deve sapere della sua omosessualità. "Non è un problema di leggi - mi spiega - ma tante persone non accettano un amico o un vicino di casa gay".

In Cina la sodomia viene decriminalizzata nel 1997 e dal 2001 non è più nell'elenco delle malattie mentali. E qualcosa è cambiato. "Fino al 1998 ci si incontrava nei bagni pubblici e nei parchi. Ora ci sono locali e addirittura eventi sportivi". Per l'omosessualità la Cina adotta la regola detta dei '3 no': no approvazione, no disapprovazione e no promozione. I media parlano sempre di più di genere e sessualità grazie ai film cinesi indipendenti come 'Fish and Elephant' e 'Tong Zhi' e ai personaggi sessualmente ambigui della tv, dal soprano Han Hong alla serie tv 'My Hero' fino ai protagonisti dei reality. Poi ci sono i club e i siti web (utopia-asia.com, fridae.com, shanghaiist.com cityweekend.com.cn) e, sebbene la polizia spesso intervenga costringendone la chiusura, nelle città più grandi il tempo in cui gli omosessuali dovevano nascondersi è ormai passato.

Ma se qualche gay riesce a "sopravvivere" - usa questo verbo Henry - per tanti altri la vita è un incubo. Nelle campagne il matrimonio è una tradizione alla quale non può sottrarsi neanche l'omosessuale e "la maggior parte dei gay va nei locali ma alle due o tre di mattina torna a casa da moglie e figli". Tanti lo fanno per i propri genitori - "Un giorno un ragazzo mi confessò che se non si fosse sposato, i suoi genitori si sarebbero uccisi" - e "probabilmente l'80% dei cinesi gay vivono matrimoni eterosessuali senza amore". Quando si incontra un nuovo amico (in cinese la parola è 'peng you' che può significare anche compagno) la prima domanda non dovrebbe essere "i tuoi genitori sanno che...?" perché tanto il 99% non farà mai coming out a casa, ma "sei sposato?". Capita però che la coppia decida di affrontare il fatto di vivere un matrimonio che in realtà è una frode e chi ha bisogno di assistenza legale si rivolge all'avvocato Zhou Dan, unica figura pubblica apertamente gay insieme al cantante jazz Coco Zhao.

"Se i media danno più attenzione all'omosessualità - dice l'avvocato - il motivo non è altro che l'aumento esponenziale di infezioni Hiv", che secondo uno studio sono cresciute del 27.5% solo nell'ultimo anno. Anche per questo la 'The Chi Heng Foundation' con base a Hong Kong ha aperto, nel 2006, la prima linea amica per informare ed aiutare gay e lesbiche.

Ma un'attenzione pubblica alla tematica omosessuale si deve anche agli attivisti e alla battaglia culturale condotta nel mondo accademico. Il primo libro 'Homosexuality' è del 1994, seguito un anno dopo da 'Homosexuals in China'. Nel 2003 e nel 2005 la Shanghai Fudan University ha istituito un corso su 'omosessualità e salute pubblica', diventato popolare a tal punto che l'università ha dovuto accettare anche studenti non iscritti alla Fudan.

Sul matrimonio la comunità gay cinese è divisa anche perchè sono tanti quelli che hanno sposato una persona di sesso diverso. Li Yinhe, studiosa di sessuologia e deputata dell’Assemblea Nazionale del Popolo (Npc), ha proposto invano una legge sul matrimonio omosessuale nel 2000, 2004 e 2006. Quest'anno ci sta riprovando convinta che il matrimonio gay possa rallentare la diffusione dell'Aids.
"Ma se nei magazine si parla di matrimonio e ci sono tante pubblicità gay - mi dice Henry al termine della chiacchierata - io all'orizzonte non vedo altro che bar gay o party privati. Spero solo che un giorno anche noi potremo vivere la nostra identità in pubblico".


L'OMOSESSAULITA' NELLA CINA ANTICA
Nell’antichità la cultura cinese non condannava l’omosessualità e rapporti sessuali fra due uomini sono presenti anche nella storia delle dinastie cinesi.




fonti: Newsweek Select - Washington Post - Wikipedia
giacomo.cellottini@ay.tv

http://tinyurl.com/29c6x4

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

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