sabato 12 novembre 2005

Nassiria un anno dopo: dalla cerimonia di commemorazione esclusa la compagna di Rolla

UNA CONFERMA DELLE DISCRIMINAZIONI PER COPPIE DI FATTO

Roma, 12 nov. - (Adnkronos) - Questa mattina all'Altare della Patria, a Roma, si e' svolta la commemorazione dei 19 militari italiani uccisi nell'attentato del 12 novembre del 2003 a Nassiriya.

Tra i congiunti invitati alla cerimonia e' stata esclusa Adelina Parrillo, la compagna del regista Stefano Rolla, uno dei due civili italiani morti nella strage. ''Si tratta di una gravissima discriminazione - commenta Fabrizio Marrazzo, presidente di Arcigay Roma - Quest'episodio mostra come il governo e le istituzioni continuino a discriminare le coppie di fatto. Impedire ad Adelina Parrillo di partecipare alla cerimonia di commemorazione del suo compagno e' una vera e propria barbarie, un gesto ignobile e inumano.

Quali sono i valori e l'etica a cui i nostri governanti si appellano?''.

''Quest'episodio deve farci riflettere sulla necessita' di introdurre, anche nel nostro Paese una normativa che riconosca le coppie di fatto, come avvenuto gia' nel resto d'Europa - conclude Marrazzo - Il Pacs, patto civile di solidarieta', la proposta di legge presentata in dall'on. Franco Grillini permetterebbe di riconoscere i diritti di centinaia di migliaia di persone, evitando vicende cosi' gravi e vergognose''.



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IRAQ: NASSIRIYA; COMPAGNA ROLLA, MI HANNO PRESA IN GIRO
Si considera ''presa in giro'' e definisce ''disgustoso'' il fatto di non essere stata fatta entrare stamani al Vittoriano

(V.IRAQ:NASSIRIYA;COMPAGNA ROLLA PROTESTA...''DELLE 11.13) (ANSA) - ROMA, 12 nov - Si considera ''presa in giro'' e definisce ''disgustoso'' il fatto di non essere stata fatta entrare stamani al Vittoriano per la cerimonia di consegna da parte del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi della Croce d' onore ai familiari delle vittime di Nassiriya. Adelina Parrillo, compagna di Stefano Rolla, il regista morto nella strage commenta cosi' quanto accaduto.

''Questa mattina - racconta la donna che non era spostata con Rolla ma ne era la convivente - l' Esercito mi ha invitata alla messa in onore dei caduti alla caserma Macao. Poi con gli altri familiari dei caduti dell' Esercito ci hanno portati al Vittoriano a bordo di un pullman. Una volta arrivati non sono stata fatta entrare e mi hanno trascinata fuori, ho avuto anche una crisi di panico. Una cosa disgustosa, mi hanno presa in giro. Mi hanno portato al Vittoriano - ha detto - e non mi hanno fatto entrare''. (ANSA).

Se questo è un gay

COLLOQUIO CON ANDREW SULLIVAN GURU DEGLI OMOSESSUALI USA
Integrazione. Matrimonio. Figli. Potere economico. Negli Usa i gay sembrano aver ottenuto tutto. Ma questa vittoria ha avuto un prezzo
di Andrea Visconti



La cultura gay, trasgressiva, sofferta e isolata,- è ormai il passato. Ora c'è invece l'integrazione che è il passo successivo all'accettazione. Ma c'è anche il rischio che la fine della cultura gay significhi omologazione, appiattimento, una sorta di globalizzazione dell'identità sessuale. A dirlo è Andrew Sullivan, uno dei giornalisti più famosi del mondo, gay quarantaduenne, intellettuale britannico trapiantato da più di vent'anni negli Stati Uniti. Sullivan di recente ha pubblicato un lungo saggio sulla fine della cultura gay. E il prestigioso settimanale 'The New Republic' lo ha illustrato, in copertina, con l'immagine di due uomini vestiti come qualsiasi americano medio che guardano in modo paterno un bambino col pallone da basket in mano. Un'immagine di perfetta famigliola 'all american' che trasuda di normalità e valori tradizionali. E non ha niente di tragressivo. "Un trionfo e una minaccia allo stesso tempo", scrive il conservatore e cattolico Sullivan, spiegando che per i gay è sempre stato un sogno che la loro sessualità non fosse degna di nota in famiglia, con gli amici, coi colleghi di lavoro. Ma il trionfo è una minaccia, perché per decenni i gay si sono identificati con la cultura del silenzio e della vergogna, e senza questi elementi si rischia la perdita di identità. "Voltare pagina è allo stesso tempo difficile e liberatorio, triste ed emozionante", scrive Sullivan: "Mentre socialmente facciamo passi avanti, siamo consci che in certe parti del paese e del mondo sta avvenendo l'esatto contrario". In particolare Sullivan, che è stato direttore di 'The New Republic' dal '91 al '96, punta il dito contro la religione: "Con l'avanzare del fondamentalismo la condizione dei gay è sotto attacco in molti luoghi, benché allo stesso tempo altrove essi si siano liberati dalla repressione". Chiuso nel suo studio di New York, Sullivan sta finendo un libro sulla tradizione politica e filosofica dei conservatori che uscirà nel 2006. Ma ha voluto concedere questa intervista esclusiva a 'L'espresso' rubando un po' di tempo alla sua opera. Signor Sullivan, lei dice che stiamo assistendo alla morte della cultura gay. Era inevitabile? "A un certo punto la fine doveva venire: si avvicinava a mano a mano che i gay raggiungevano una nuova libertà individuale ed economica. La cultura gay era minacciata dal fatto stesso che una massa notevole di uomini e donne gay stava interiorizzando il concetto di essere alla pari di qualsiasi altra persona, di avere lo stesso valore di chiunque altro all'interno della società". è stata una fine lenta e graduale, allora. "Quando ci sono moltissimi gay che vivono la loro realtà alla luce del sole, quando gay e lesbiche si dichiarano anche nel mondo del lavoro, quando uomini e donne ammettono la propria sessualità anche in famiglia, allora si è raggiunto il punto in cui è possibile un'integrazione all'interno della cultura dominante. In Massachusetts, come in Olanda, è stato abolito il termine 'matrimonio gay', perché ora le coppie omosessuali sono sposate e basta. Non c'è distinzione né legale né culturale fra il matrimonio fra gay e quello fra etero. La cultura dell'esclusione è finita". E come si è arrivati a questo punto? "è stata la forza economica dei gay a mettere in moto questo processo, l'accelerata è venuta dalla crisi dell'Aids e lo sprint finale è stato dato dal riconoscimento dei matrimoni fra gay. Per la prossima generazione di gay quasi certamente non ci sarà una cultura separata di particolare rilievo". Quando lei parla di cultura gay fa riferimento anche a bar e saune. Molta gente le contesterebbe che quella sia cultura... "Mi riferisco a uno stile di vita che comprende sia uomini che donne gay. Intendo la cultura in senso lato, cioè una cultura che si è formata in risposta all'emarginazione sociale e dunque ci metto dentro anche bar e saune, travestiti e appassionati del 'leather'. Stiamo parlando dunque di un sistema di connessione sessuale ed emotiva che si è formata, per necessità, al di fuori del contesto di famiglie tradizionali o non tradizionali". Ci sono aspetti della cultura gay che si sono diffusi nella società in generale? "L'arte più bella è spesso il frutto della sofferenza e dell'isolamento, ed è questo che verrà a mancare; quel potente connubio fra vita gay e tragedia". A livello di comunità i gay non vivono più una realtà fatta di tragedia. Anzi, vivono una quotidianità borghese e tranquilla fatta delle normali preoccupazioni della classe media. Lei guarda al passato con nostalgia? "è quella che si chiama 'maturità'. Siamo ora pronti a integrare l'amore, il sesso e la famiglia, una cosa che gli etero fanno da sempre e danno per scontato. Siamo diventati adulti e i nostri valori si sono trasformati da trasgressivi a borghesi". Se i gay non sono più trasgressivi chi lo è più? Chi ha ereditato la trasgressione che è stata simbolo della comunità gay attraverso droga, promiscuità, party, moda, mode e tendenze? "Chiunque voglia ancora essere trasgressivo lo può essere, anche i gay naturalmente. Ma la trasgressività non è più appannaggio loro. Adesso essere trasgressivi è una scelta, non una condizione". Lei si è sempre riconosciuto con i conservatori. Significa che è contento della fine della cultura trasgressiva gay? "Dal punto di vista economico sono un conservatore, ma in questioni sociali sono sempre stato un libertario. Ritengo che la gente - sia etero che gay - debba vivere come crede, in base ai propri principi morali. Non sta a me giudicare gli altri, ma allo stesso tempo è storicamente vero che i gay e le lesbiche sono stati visti come dei peccatori un po' sporchi. Ed è chiaro che questo ha condizionato il loro comportamento. Se non si dà alla gente qualcosa a cui aspirare , come per esempio il matrimonio, allora non ci si può sorprendere se queste persone non rispondono alle aspettative della società. Se invece i gay sono trattati da pari, allora si può pretendere da loro la stessa responsabilità sociale e individuale che si chiede a chiunque altro". Quando parliamo di cultura gay che cosa c'è di unico e irripetibile che la differenzia dalla cultura di altre minoranze, per esempio i neri, gli ebrei o gli italo-americani? "Prendiamo per esempio i bambini neri: vengono al mondo in una società che allo stesso tempo sente il peso e l'orgoglio del passato che l'accomuna. Attraverso istituzioni culturali e comunitarie, come per esempio le chiese, questo passato si tramanda di generazione in generazione e costituisce la base attraverso la quale un individuo si identifica e si riconosce nella sua comunità. Ma i bambini gay fino ad ora non hanno mai avuto tutto questo. Durante gli anni più formativi si sono sempre trovati a prendere coscienza della loro diversità. Ma questo è oramai cambiato: adesso gli adolescenti gay e quelli etero hanno gli stessi punti di riferimento sociali e culturali. Psicologicamente si sentono più sicuri, meno isolati e più simili ai loro coetanei. La trasformazione avvenuta negli ultimi anni è a dir poco sensazionale. Pensiamo per esempio al Boston College, un'istituzione universitaria cattolica: fino alla generazione scorsa la parola omosessualità non veniva neppure discussa. Sono stato lì di recente e ho conosciuto il presidente del corpo studentesco: è un ragazzo preppy, conservatore e gay. Quello che è avvenuto al Boston College sta avvenendo in dozzine di università in tutta America". Lei ha fatto l'esempio di una prestigiosa istituzione cattolica. In Italia il cardinale Ruini ha espresso senza mezzi termini la sua opposizione alle unioni fra gay. Le sembra che la Chiesa cattolica si stia muovendo controcorrente sia per quanto riguarda l'integrazione e l'assimilazione dei gay? "è triste ammetterlo ma è così. La Chiesa non sa affrontare questo tema e uno dei motivi è perché la Chiesa stessa fa parte della vecchia cultura gay". Prego? "Vuole sapere che cos'è la vecchia cultura gay? Ebbene, il Vaticano e la chiesa ne sono l'ultimo bastione. Perché la vecchia cultura gay è la cultura della vergogna della propria sessualità. è per questo che sono così restii al cambiamento e non vogliono la nuova cultura gay integrata. Perché ci sia un vero cambiamento dobbiamo aspettare un salto generazionale". Sono parole forti. Ma la cultura gay di nemici ne ha molti, non solo la Chiesa cattolica. I fondamentalisti cristiani in America saranno contenti di sentirle dire che la cultura gay è finita. Oppure temono ancora di più l'assimilazione? "In generale la destra conservatrice è contraria alla promiscuità sessuale; allo stesso tempo non vuole neppure che i gay si sposino. Ma allora che cosa vogliono? Non possono averla vinta su ambedue i fronti. Paradossalmente, l'alleato più forte della vecchia cultura gay è proprio la destra religiosa che preferisce puntare il dito contro l'emarginazione anziché abbracciare l'integrazione. La loro speranza è che magicamente un giorno smetteremo di esistere, che è naturalmente una fantasia perché gli omosessuali esistono da sempre e continueranno a esistere. A un certo punto la destra religiosa si troverà a dover scegliere: è meglio includere i gay per il bene collettivo oppure emarginarli per sempre? è meglio chiedere ai gay di essere cittadini responsabili oppure negare la loro esistenza e usarli come capro espiatorio?". Dopo l'America, secondo lei la cultura gay sta morendo anche nel resto del mondo? "La cultura gay era diventata globale. Quello che avviene in America avverrà domani in Italia. Il cambiamento sta già avvenendo, non è più possibile fermarlo". Ma in Italia è ancora tempo di differenza di Giovanna Zucconi C'è un situazionismo minimale e militante che esprime magnificamente certe svolte culturali. David Leavitt, scrittore americano e omosessuale (non 'scrittore americano omosessuale', e si capirà subito perché) ha confessato in luglio sul 'New York Times' di compiere un piccolo, grandioso gesto ogni volta che entra in una libreria: spostare libri dalla sezione di narrativa gay a quella di narrativa e basta, "restituendoli al loro giusto posto nel flusso alfabetico e promiscuo della letteratura". Nessuno scrittore italiano omosessuale (non 'scrittore italiano e omosessuale': non ancora) potrebbe, anche volendo, fare lo stesso: perché nelle nostre librerie non esiste praticamente mai una sezione a sé di 'narrativa gay', né nelle università i 'gay studies'. La differenza può dissolversi, può spogliarsi delle etichette, se prima una differenza è stata rivendicata e riconosciuta. Prima, spiega Leavitt, era rivoluzionario pubblicare un romanzo gay o aprire una libreria gay, "oggi è rivoluzionario abolire la categoria". Una rivoluzione, o controrivoluzione che, secondo Sullivan, negli Stati Uniti è già realizzata: "L'omosessualità è come il tempo atmosferico, è e basta", scrive nel suo blog: nuvoloso oppure sereno, senza giudizi né conflitti. Per mantenere la metafora meteorologica: qui in Italia invece è ancora questione di uragani, di inondazioni, di siccità: di anomalie. Prima di arrivare all'osmosi, all'abolizione degli aggettivi, alla deposizione pacificata dell'identità, all'ombra del Cupolone bisogna ancora concludere la rivoluzione (sociale, politica, culturale) della diversità. Giovanni Dall'Orto riassume il dibattito italiano: differenza da un lato, falsa integrazione dall'altro. "La battaglia gay è sempre stata una battaglia culturale. S'è trattato sempre e solo di fare cambiare opinioni, mentalità, punti di vista: insomma, s'è trattato di cambiare la cultura", scrive. Una battaglia rallentata anche, all'interno del movimento gay, da quanti propongono di 'non ghettizzarsi', perché la cultura è una sola e non sopporta aggettivi. Riassume Francesco Gnerre: "Lo scrittore deve dar conto della verità dei sentimenti, delle emozioni dei suoi personaggi, non della loro caratterizzazione sessuale. Teoricamente non esistono libri omosessuali. Uno scrittore gay ha giustamente la pretesa di leggere il mondo nella sua totalità, non accetta di interpretare solo un aspetto particolare della realtà. La scrittura non è né eterosessuale né omosessuale". Però per questo, controbatte Dall'Orto, "l'Italia è l'unico paese europeo in cui tutta la cultura gay esistente è prodotta al di fuori e in contrapposizione con l'establishment culturale. Il quale resta dominato da una cultura che, con la scusa di non avere aggettivi, nasconde quelli che ha: eterosessuale, cattolica, maschilista, razzista e borghese". Mentre lì Leavitt sposta libri, qui il dibattito è ancora riassunto dal titolo di un recente, notevole saggio di Tommaso Giartosio: 'Perché non possiamo non dirci'. Cultura.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=34926

venerdì 11 novembre 2005

A Cesare quel che è di Silvio

di Marco Travaglio


Non si sa più come chiamarla. Ex-ex-Cirielli? Salva-fottipreviti? Forse il termine più appropriato è ex-salva-neo-fottiPreviti / neo-salvaBerlusconi. Perché alla fine l'unico imputato eccellente che beneficerà della prescrizione abbreviata sarà ancora una volta l'impunito di Arcore, che si avvia stracciare il record di sei prescrizioni da lui stesso stabilito, con la settima: quella che fulminerà pure il processo sui diritti tv, che essendo in udienza preliminare rientra nella porcheria approvata l'altroieri. Secondo "Libero", Cesare e Silvio si sono accapigliati furiosamente. Brutto affare: se parla più con Silvio, Cesare potrebbe parlare con qualcun altro. E, con tutto ciò che sa, sarebbe un bel parlare.
Nel discorso di mercoledì a Montecitorio - il punto più basso toccato dal Parlamento italiano dai tempi del ricatto di Craxi (abbiamo rubato tutti, si alzi in piedi chi non ha rubato) - l'onorevole imputato ha tracciato un simpatico ritrattino dell'(ex?) amico Bellachioma, senza mai nominarlo. Parlava di Shakespeare pensando a Silvio. Occhio alle parole: «Ritengo la ex Cirielli una buona legge che interessa migliaia di cittadini e ripara gli enormi guasti provocati dalla discrezionalità del giudice nel determinare i tempi della prescrizione. La storia processuale italiana è piena di evidenti casi di disparità di trattamento: a seconda del giudice che si ha davanti, a seconda addirittura dell'antipatia e della condizione sociale dell'imputato -e non del suo stretto caso processuale- situazioni del tutto simili sono state trattate in modo diametralmente opposto». A quali processi si sarà mai riferito? A quale imputato più «simpatico» di lui avrà alluso? Quale prescrizione regalata in base alla «condizione sociale» avrà avuto in mente? Tutti gli indizi portano a un nome: Silvio Berlusconi, l'Inseparabile che a un certo punto si separò. Nel processo Mondadori, il Cavaliere se l'è cavata per prescrizione grazie alle attenuanti generiche gentilmente offerte dai giudici milanesi e confermate dalla Cassazione per le sue «attuali condizioni di vita sociale e individuale». Idem nel processo Sme-Ariosto, dove un anno fa il premier si salvò in tribunale nel processo per la mazzetta di 500 milioni di lire versata nel '91 a Squillante tramite Previti per via delle sue «condizioni di vita individuale e sociale». Il tribunale (stessa sezione, diverso presidente) negò invece le attenuanti e dunque la prescrizione a Previti per lo stesso fatto (la mazzetta a Squillante). Ora, se il padrone della Fininvest pagava i giudici tramite Previti o se Previti pagava i giudici per conto del padrone della Fininvest, qual è la condotta più grave: quella del mandante o quella dell'esecutore materiale? Se questa sanguinosa ingiustizia voleva denunciare Cesarone alla Camera citando «situazioni simili trattate in modo diametralmente opposto», ha ragione da vendere. Peraltro i giudici hanno ancora modo di rimediare: non nel processo Mondadori, che per Berlusconi è definitivamente chiuso (Previti invece, condannato in primo grado e assolto in appello, è ora davanti alla Cassazione); ma nel processo Sme, dove prossimamente il premier comparirà in Corte d'appello e potrebbe anche vedersi revocare le generiche e dunque la prescrizione,ricongiungendosi così all'amaro destino dell'inseparabile Cesare. Il quale però, per l'Imi-Sir, vede avvicinarsi il giorno dell'ultima sentenza: quella della Cassazione. Che, se il 29 novembre la Consulta respingerà l'ennesimo conflitto d'attribuzioni sollevato dal presidente della Camera contro il Tribunale annullando tutti i processi «toghe sporche», si pronuncerà definitivamente il 16 gennaio. Allora, in caso di conferma della condanna a 7 anni, per il deputato-imputato si aprirebbero le porte del carcere. E, con l'interdizione dai pubblici uffici, il Parlamento dovrebbe pure privarsi della sua onorevole presenza. A meno che non passi l'emendamento all'ex-ex-Cirielli che gli amici gli hanno preparato come regalo per il suo prossimo 70° compleanno: quello che esenta dal carcere e dona gli arresti domiciliari a chiunque abbia compiuto 70 anni (Bernardo Provenzano, per dire, ne ha 74). Ma Cesare, l'altro giorno, ha chiesto eroicamente di abolire anche quello. «Basta, arrestatemi», ha tradotto "Libero". Già Previti non voleva la Salvapreviti, ma gli amici insistevano. Non voleva i domiciliari, ma quelli insistevano. Ora, come ultima volontà, chiede di andare in galera: se proprio ci tiene, sarebbe irriguardoso non accontentarlo.

tratto da l'Unità del 11/11/2005

mercoledì 9 novembre 2005

Fosforo bianco e Napalm su Falluja, ecco il servizio di RaiNews24

Qualche giorno fa, un servizio di Rainews24 dava notizia dell'uso di fosforo bianco e MK77 ( napalm ) sulle popolazioni civili a Falluja da parte delle truppe di Bush.

Lo trovate qui.

Bush, Blair e Berlusconi devono essere processati per crimini di guerra.

Molte le vostre lettere di protesta. Ne riporto alcune:

MK77, una versione del napalm. Si', del napalm. Blair conferma, tanto che una sua deputata, Mrs. Alice Mahon, si dimette dallo schifo. L'inchiesta sta andando in onda adesso. Ho dovuto spegnere. Di cosa ci siamo resi complici?
By Queva

La deputata inglese Alice Mahon è la stessa che aveva già sollevato la questione con un interrogazione parlamentare il 6 Dicembre 2004.

A questa interrogazione, a nome della coalizione, il ministro Adam Ingram aveva risposto che il napalm non veniva impiegato ( giocando sull' ambiguità dovuta al fatto che le bombe MK-77 sono un' evoluzione moderna in cui al napalm è aggiunto il fosforo bianco, per migliorarne il fissaggio a cose e persone ).

Un sito anglosassone aveva riportato disgustato la vicenda già nel maggio 2005, ed aveva aggiunto che c' erano evidenti prove che le MK-77 venivano stoccate in Kuwait nel 2002. In più questo sito aggiunge che da testimonianze dirette su siti patriottici degli stessi marines le MK-77 venivano definite come napalm a tutti gli effetti.

Consiglio di visitare questo sito anglosassone. http://electroniciraq.net/news/1928.shtml
che schifo.
By munchhausen

Ho appena finito di vedere l'articolo di rainews24, sono in lacrime, non so se dormirò stanotte, pensare che la mia nazione si è resa complice e responsabile di tali nefandezze mi sconvolge.

Chiediamo alla Corte Penale Internazionale di incriminare per crimini di guerra Genocidio e crimini contro l'umanità i responsabili della guerra all'IRAQ:Bush Blair e Berlusconi. Pubblichiamo questa richiesta su un giornale internazionale, o sosteniamo le spese avvocatizie per portare avanti l'incriminazione.
By Jackal

un reportage di rainew24 su falluja, che come spero a molti di voi abbia fatto vomitare,
vomitare perché questa cosa va in onda alle 7.30 e non in prima serata
vomitare, perché nessuno si scandalizza di questa cosa qua,
vomitare perché gli "stati canaglia" che hanno e usano le armi di distruzione di massa sono sempre gli stessi e nessuno gli va ad esportare mai un po' di democrazia, certo che se tutto il fosforo che hanno lo buttano via dagli elicotteri ne resta poco nel cervello!
by ingoenius

vomitare perché le tre B (Bush,Berlusconi,Blair) sono liberi di commettere crimini contro l'umanità…
senza che a nessuno venga in mente di sottoporli a regolare processo,
vomitare perchè benchè il filmato sia stato trasmesso alcune importanti testate giornalistiche come il tgcom,il foglio ecc..non abbiano riportato nemmeno un trafiletto sulla vicenda,
vomitare perchè lo sciopero dei giornalisti sembra cadere a fagiolo..
..hanno bisogno di tempo per pensare a come giustificare anni di informazione puramente propagandistica,
vomitare perchè Giuliana Sgrena ha dichiarato in quel filmato che il suo rapimento è avvenuto per impedirle di raccontare la storia di falluja,
vomitare perchè continueranno ad ignorare tutto questo.
By ornella

Non so dire di preciso di cosa ci siamo resi complici: ho urlato a squarciagola che ero contraria a questa guerra. Ho comprato la bandiera della pace che ancora sventola dal mio terrazzo sbiadita per i lavaggi e le piogge che ha preso. Ho firmato qualsiasi petizione, partecipato a mainfestazioni, litigato con chi non capiva, chi non capisce... mi sono opposta per quanto in mio potere fare come misera ed insignificante cittadina del paese più ridicolo del mondo...
Eppure, non so spiegarmi perchè, non riesco a togliermi di dosso questa terribile sensazione di sporco!
By mammamaria



dal blog di Daniele Luttazzi
http://www.danieleluttazzi.it/?q=node/193

martedì 8 novembre 2005

Fosforo bianco contro i civili: così gli USA hanno preso Falluja

Inchiesta shock di "Rai News 24": l'agente chimico usato come arma. Un veterano: "I corpi si scioglievano"
Un documento svela anche un test su un nuovo tipo di Napalm



Il fosforo bianco in azione

ROMA - In gergo i soldati Usa lo chiamano Willy Pete. Il nome tecnico è fosforo bianco. In teoria dovrebbe essere usato per illuminare le postazioni nemiche al buio. In pratica è stato usato come arma chimica nella città ribelle irachena di Falluja. E non solo contro combattenti e guerriglieri, ma contro civili inermi. Gli americani si sarebbero resi responsabili di una strage con armi non convenzionali, la stessa accusa di cui deve rispondere l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein. Questo racconta un'inchiesta di Rai News 24, il canale all news della Rai svelando uno dei misteri del fronte di guerra tenuto più nascosto dell'intera campagna americana in Iraq.

"Ho sentito io l'ordine di fare attenzione perché veniva usato il fosforo bianco su Fallujah. Nel gergo militare viene chiamato Willy Pete. Il fosforo brucia i corpi, addirittura li scioglie fino alle ossa", dice un veterano della guerra in Iraq a Sigfrido Ranucci, inviato di Rai News 24.

"Ho visto i corpi bruciati di donne e bambini - aggiunge l'ex militare statunitense - il fosforo esplode e forma una nuvola. Chi si trova nel raggio di 150 metri è spacciato".

L'inchiesta di Rai News 24, Fallujah. La strage nascosta, in onda domani su Rai3, presenta, oltre alle testimonianze di militari statunitensi che hanno combattuto in Iraq, quelle di abitanti di Fallujah. "Una pioggia di fuoco è scesa sulla città, la gente colpita da queste sostanze di diverso colore ha cominciato a bruciare, abbiamo trovato gente morta con strane ferite, i corpi bruciati e i vestiti intatti", racconta Mohamad Tareq al Deraji, biologo di Falluja.
"Avevo raccolto testimonianze sull'uso del fosforo e del Napalm da alcuni profughi di Falluja che avrei dovuto incontrare prima di essere rapita - dice nel servizio la giornalista del Manifesto rapita in Iraq (proprio a Falluja) nel febbraio scorso, Giuliana Sgrena, a Rai News 24 - Avrei voluto raccontare tutto questo, ma i miei rapitori non me l'hanno permesso".

Rainews 24 mostrerà documenti filmati e fotografici raccolti nella città irachena durante e dopo i bombardamenti del novembre 2004, dai quali risulta che l'esercito americano, contrariamente a quanto dichiarato dal Dipartimento di Stato in una nota del 9 dicembre 2004, non ha usato l'agente chimico per illuminare le postazioni nemiche, come sarebbe lecito, ma ha gettato fosforo bianco in maniera indiscriminata e massiccia sui quartieri della città.

Nell'inchiesta, curata da Maurizio Torrealta, vengono trasmessi anche documenti drammatici che riprendono gli effetti dei bombardamenti anche sui civili, donne e bambini di Falluja, alcuni dei quali sorpresi nel sonno.

L'inchiesta mostra anche un documento dove si prova l'uso in Iraq di una versione del Napalm, chiamata con il nome MK77. L'uso di queste sostanze incendiarie su civili è vietato dalle convenzioni dell'Onu del 1980. Mentre l'uso di armi chimiche è vietato da una convenzione che gli Stati Uniti hanno firmato nel 1997.

Fallujah. La Strage Nascosta verrà trasmessa da Rai News domani 8 novembre alle ore 07.35 (sul satellite Hot Bird, sul canale 506 di Sky e su Rai Tre), in replica sul satellite Hot Bird e sul canale 506 di Sky alle 17 e nei due giorni successivi.

(7 novembre 2005)

http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/esteri/iraq71/rainews/rainews.html

lunedì 7 novembre 2005

Videomafiami!

Maggio 2004: Andreotti assolto in appello. I tg unificati mostrano la sua avvocatessa che urla felice al cellulare:-Assolto! Assolto! Assolto!- Era uno spot perfetto per il telefonino 3. Non ci hanno pensato. Dilettanti.

L'assoluzione in realtà confermava per Andreotti, 7 volte presidente del Consiglio e 40 volte ministro, il reato di partecipazione all'associazione a delinquere Cosa Nostra, commesso fino all'80 e adesso prescritto.

Il presidente della Camera Casini si rallegrò per la “sentenza liberatoria per le istituzioni”. Non vedo cosa ci fosse da rallegrarsi, dato che, secondo la sentenza, è stato provato infatti che Andreotti incontrò i capi dell'ala moderata della mafia, Bontate e Provenzano, tramite Salvo Lima, che era capo della sua corrente in Sicilia. Andreotti “dialogava coi mafiosi”, “chiedeva loro qualche favore”, “ inducendoli a fidarsi di lui e a parlargli di fatti gravissimi come l'assassinio di Mattarella nella sicura consapevolezza di non essere denunciati.” Fino all'80, quando della mafia nessuno sapeva nulla, dato che Buscetta cominciò a parlare con Falcone a partire dall'85.

Il processo non era quindi basato su teoremi, come la tv e la stampa di regime hanno sostenuto. Solo che il reato commesso è caduto in prescrizione. Il giudice Caselli, che istruì il processo, sui giornali ricorda la sentenza a chi fa il finto tonto. Casini interviene e chi attacca? Caselli, per il quale poi hanno fatto una legge apposta in modo da impedirgli di tornare a occuparsi di mafia in Sicilia. ( E ne stanno preparando un'altra per impedirgli di fare il testimonial pubblicitario di telefonini. )

Andreotti va in tv e parla di manipolazione dei pentiti ( falso: nessun pentito che lo accusa è stato denunciato per calunnia ); e dice che la Cassazione non poteva annullare la prescrizione ( falso: poteva annullarla, come fece nel caso Pecorelli. Invece ha confermato.)

Ma l'altra sera, da Lerner, il vicedirettore del Corriere della sera Pigi Battista continuava a sostenere che Andreotti è stato assolto! Lerner muto, disattivato, senza credito residuo.

Novembre 2005: Andreotti è testimonial per il telefonino 3. Illusione ottica. In realtà è il telefonino 3 a fare da testimonial ad Andreotti: operazione simpatia che vede Amendola nel ruolo di reggimoccolo che già fu di Sordi. Sia messo a verbale che la bella pensata va in onda nell'assenza di tumulti.

Oh, certo: Andreotti frequentava l'ala moderata della mafia. L'ala moderata: sono quelli che sciolgono le vittime nel chinotto.

tratto dal blog di Daniele Luttazzi
http://www.danieleluttazzi.it/?q=node/182

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

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