sabato 20 agosto 2005

Petruccioli: Il bell'addormentato

di Marco Travaglio


Ma che bella scenetta.

Il presidente della commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai Claudio Petruccioli, senatore dei Ds, si reca in pellegrinaggio a casa del padrone di Mediaset e ne esce con l’investitura a presidente della Rai.

Il nuovo direttore generale è un dipendente in aspettativa della Rai, Alfredo Meocci, già parlamentare dell’Udc, già membro dell’Authority delle Comunicazioni.

Due ex controllori (si fa per dire) s’insediano ai vertici dell’azienda che dovevano controllare. Il tutto grazie alla designazione del proprietario dell’azienda concorrente che, fra l’altro, è pure il capo del governo.

E, nel nuovo consiglio di amministrazione, siedono un ex ministro (Urbani di Forza Italia), quattro parlamentari (Malgieri di An, Rognoni dei Ds, Bianchi Clerici della Lega e lo stesso Urbani) e tre ex direttori di giornali di partito (Curzi di Liberazione, Malgieri del Secolo d’Italia, Rizzo Nervo di Europa).

Mai, nemmeno ai tempi di Craxi, Forlani e Andreotti, i partiti erano stati così spudorati nell’occupare la televisione pubblica (cioè, in teoria, nostra). All’epoca c’erano le foglie di fico degli “intellettuali di area”, e fra questi ogni tanto uno bravo c’era. Ora è caduta anche quella.

Il grande inciucione destra-sinistra ratifica la brutale occupazione militare della Rai in vista delle elezioni politiche, a garanzia di tutti: proprio nel momento in cui l’informazione dovrebbe essere più libera, per fare le pulci ai candidati dei vari schieramenti, i vari schieramenti blindano la televisione per mettersi al riparo da qualsiasi notizia vera e scomoda. Petruccioli, da questo punto di vista, è una garanzia.

Non solo per Berlusconi.Per tutti i partiti.

L’informazione vera e scomoda, quella alla Santoro, a lui non è mai piaciuta.
E nemmeno la satira alla Luttazzi. Le considera “faziose”, “militanti”, senza nemmeno conoscere il significato degli aggettivi. Le paragona agli obbrobri di Masotti.

Più che vigilare, in questi quattro anni di presidenza della Commissione, lui ha dormito.

Sotto il suo naso sono passati i più infami casi di censura che la tv italiana abbia mai conosciuto. Biagi, Santoro, Luttazzi, Freccero, Sabina Guzzanti, Paolo Rossi, Massimo Fini, Oliviero Beha, Paolo Hendel e tanti altri.
Lui dormiva. Qualche protesta formale, qualche dichiarazione moderatamente critica, qualche prudente raccomandazione, ma senza esagerare. Per non disturbare troppo.

Tre esempi fra i tanti.

Primo, 18 aprile 2002: diktat bulgaro del premier Silvio Berlusconi contro Biagi, Santoro e Luttazzi. La commissione di Dormienza convoca e riconvoca per tutta la primavera-estate il presidente Rai Baldassarre e il direttore generale Saccà, facendosi voluttuosamente prendere per i fondelli. Per Biagi e Santoro non c’è problema, nessuno intende epurarli, “sono un patrimonio della Rai”, resteranno come prima e più di prima. Petruccioli si beve tutto e attacca chi parla di epurazione: “Vedo con una certa sorpresa che si parla di licenziamento di Biagi. Invece Saccà ha espresso forte apprezzamento per Biagi...”. Naturalmente sono tutte balle. Quando Il Fatto e Sciuscià vengono chiusi, ci si attenderebbe un ammutinamento dei vigilantes. Nulla. Biagi licenziato, Santoro sparito, Petruccioli non pervenuto.

Secondo, settembre 2003: Rai2 ingaggia Massimo Fini per un programma notturno di costume, “Cyrano”. Ma poi lo epura prima ancora di cominciare. Il direttore padano Antonio Marano confida a Fini che “c’è un veto politico e aziendale su di lei”. Fini registra di nascosto il colloquio e porta la cassetta a Petruccioli. Il quale minaccia fuoco e fiamme. Poi però imbosca la cassetta, non la fa ascoltare agli altri commissari e convoca tutti i protagonisti. Marano nega di aver parlato di veto politico, accampa motivi artistici, insomma mente per la gola. Ma, senza registrazione, è la sua parola contro quella di Fini. Pilato Petruccioli stila la sentenza: “Non si può affermare ma neppure negare in modo perentorio che un veto nei confronti di Fini ci sia stato”.

Terzo, gennaio 2005: Paolo Hendel viene prima invitato e poi tenuto fuori dalla porta nel programma del sabato sera di Panariello. Il comico toscano minacciava di fare una battuta su Sandro Bondi, paragonandolo addirittura a Braccobaldo. Inaccettabile. L’artefice dell’ennesima censura è il direttore forzista di Rai1, Fabrizio Del Noce. Che se ne vanta pure: “La satira politica è vietata dalla linea editoriale della rete, è una tutela per la destra e per la sinistra”. Nemmeno Mussolini, Francisco Franco o Milosevic avevano osato dire una simile enormità. Il capo della presunta Vigilanza, stavolta, non dorme. Collabora direttamente con la censura. “Da quanto mi è stato detto – dichiara Petruccioli – lo stop a Hendel è partito dalla produzione.
Ma, prima di parlare di censura, devo leggere il testo dello sketch”. Se lo sketch gli piace, è censura. Se non gli piace, o non capisce le battute, non è censura. Decide lui. Del caso Hendel non si parlerà più.

Sarà un caso, ma fra i suoi migliori amici Petruccioli vanta Fedele Confalonieri (che è pure l’editore del figlio di sua moglie, Giangiacomo Mazzucchelli, giornalista al Tg5) e la numero tre di Mediaset, Gina Nieri. Guai però a chi lo scrive: quando il Manifesto e Curzio Maltese, due mesi fa, misero nero su bianco che Petruccioli era il candidato di Berlusconi e Confalonieri, il nostro tuonò e strepitò: “Chi dice che sono il candidato del premier mi espone ai colpi delle Br”. La verità gli fa male. Infatti, oltre al Foglio di Ferrara, al Riformatorio di Polito, a Fassino e a D’Alema, è stato proprio Confalonieri a spingere di più per la promozione di Petruccioli alla Rai. E, dal suo punto di vista, ha fatto bene. Per i berluscones, comandare in Rai come prima, più di prima e poter ripetere a ogni pie’ sospinto che la Rai è ricaduta nelle mani di un “comunista”, è l’ideale. Si ripete il giochino della “presidente di garanzia” Lucia Annunziata. Berlusconi imperversa e la sinistra gli regala una foglia di fico in cambio di qualche briciola.

I soliti sospettosi parlano di un “do ut des”, ma qui si vede soltanto il “do” (della sinistra a Berlusconi). Il “des” (di Berlusconi alla sinistra) non si conosce, anche se ciascuno può lavorare con l’immaginazione. Quel che è certo è che i telespettatori, che vorrebbero rivedere in tv Biagi, Santoro, Luttazzi, Grillo, Sabina Guzzanti, Paolo Hendel, Massimo Fini, Oliviero Beha, Carlo Freccero e tutti gli altri, non avranno né il “do” né il “des”. Una sola cosa possiamo chiedere a questi partitocrati che occupano abusivamente la Rai: non parlino mai più di conflitto d’interessi. La scena del senatore Petruccioli che va a Palazzo Grazioli col cappello in mano a rassicurare il capo del governo e di Mediaset per diventare presidente della Rai è la santificazione di tutti i conflitti d’interessi.

Gli interessi sono chiarissimi. Ma il conflitto dov’è?

Feehily (Westlife): "Sono gay e orgoglioso di esserlo"

Mark Feehily ha deciso di rendere ufficialmente nota il suo orientamento sessuale attraverso le pagine del tabloid britannico Sun


L'immagine “http://i2.photobucket.com/albums/y47/prettyboysinpop/mark_g.jpg” non può essere visualizzata poiché contiene degli errori. The image “http://www.saidwhat.co.uk/pictures/markfeehily.jpg” cannot be displayed, because it contains errors.

Londra. "Sono gay e orgoglioso di esserlo". Queste le parole con cui la star dei "Westlife" Mark Feehily ha deciso di rendere ufficialmente nota il suo orientamento sessuale attraverso le pagine del tabloid britannico Sun. Il venticinquenne cantante irlandese ha ammesso di essere stanco di dover continuare a mantenere segreta la sua omosessualità ed ha scelto di ammetterla in prima persona per informare i suoi fan e non doversi più nascondere. "Voglio che la gente sappia la verità su di me - ha detto Mark - non cerco simpatia e non voglio pormi come modello per nessuno, mi sono solo reso conto che era giunto il momento di dire la verità ". Mark e gli altri componenti dei Westlife sono adorati dalle ragazzine di tutto il mondo che si accampano fuori dagli alberghi sperando di ottenere un loro autografo. La boyband vanta dodici singoli primi in classifica, un Brit Award, un Mtv Europe Music Award e ben cinque album di platino. Da tempo Mark porta avanti una relazione con il cantante 21enne Kevin McDaid e parlando della sua storia ha detto: "Sono felice di aver trovato un vero compagno. Essere sempre in tournee con la band a volte fa sentire soli e sono molto contento di aver trovato una persona che finalmente mi faccia stare bene".

(Sicilia, La del 20/08/2005)

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33770

giovedì 18 agosto 2005

Grillo e le primarie dell'Unione: "Non mi candido, perché vincerei"

Intervistato dall'Espresso l'umorista genovese sferra attacchi a tutto campo
Il calcio è "l'espressione mafiosa dell'economia". Ricucci "una pianta carnivora"



Beppe Grillo

ROMA - Un Beppe Grillo polemico e pungente se la prende con la classe politica italiana e con il mondo del calcio senza risparmiare il papa e il mondo economico. "Alle primarie del centrosinistra non mi candido perché vincerei io - afferma il comico in un'intervista che uscirà domani sull'Espresso - e poi io sono per la dittatura, tanto con la vostra democrazia non andiamo da nessuna parte".

"Non ci sono più la destra e la sinistra - prosegue Grillo - serve qualcosa di nuovo. Non ci sono idee. Prodi doveva fare la Fabbrica e invece ha messo su un capannone. Il suo blog ha chiuso dopo 20 giorni. Pecoraro ha un sito ma se clicchi sopra non si apre nulla. Bertinotti l'ho visto perplesso, quando gli ho detto l'indirizzo del mio sito è andato in crisi".

L'umorista si sofferma sul ruolo della comunicazione e dell'informazione, affermando: "In Corea ci sono 40 milioni di persone tutte connesse a internet, in Estonia sono tutti connessi, noi siamo al novantesimo posto nella classifica della libertà di stampa. Siamo un Paese fallito. La nostra democrazia si sta trasformando in un impero. Al suo posto c'è un regime di persone sorridenti. Sei manipolato da divertito, non da incazzato. Non ti bruciano i libri, ti fanno passare la voglia di leggere".

Rispondendo a una domanda sui disordini scatenati dai tifosi negli ultimi giorni, Grillo critica poi il mondo del pallone: "Il calcio è la civiltà dei bambini. I tifosi si incazzano perché gli hai tolto il giocattolo. Ma il calcio è l'espressione mafiosa dell'economia. Per funzionare ha bisogno di questa gente che piange, si dispera, scende in piazza. Bambini, appunto".

L'intervista prosegue a tutto campo: chiesa, economia, finanza. Grillo non salva nessuno. Parlando di papa Ratzinger l'umorista afferma che "non sa muoversi. Wojtyla era un gigante. Andava in Africa e parlava dei disastri della Banca mondiale e del Fondo monetario. Ora mi sembra che vogliamo ritornare a una concezione bagetbozzistica della religione".

Il comico definisce Ricucci "un anemone, quella pianta carnivora che punge la preda e la mangia viva. Si è messo a spolpare gli altri vecchi usurai dell'economia - e attacca il capitalismo italiano - finto, dove con l'1,33% controlli una società, produci debiti a non finire come la Telecom di Tronchetti".

(18 agosto 2005)

http://www.repubblica.it/2005/h/sezioni/spettacoli_e_cultura/grillo/grillo/grillo.html

Il codice politico

di ANTONIO TABUCCHI


L'Italia sembra stupirsi perché si dice che Berlusconi attraverso amici suoi stia comprando il Corriere della Sera. Lui nega. Forse non è lui, è una P3, chissà. Comunque stupisce tanto stupore, come se si trattasse di un fatto inaudito. Berlusconi ha un conflitto d'interessi grosso come il Titanic, possiede quasi tutta l'informazione italiana: rientra nella sua logica che cerchi di eliminare il «quasi». Il suo sistema consiste in un regime mediatico e di affari esteso su tutta l'Italia che serve a due scopi: diffondere il pensiero di Berlusconi (perché Berlusconi ha un pensiero, per quanto unico ed elementare) e aumentare in maniera faraonica le sue casseforti (in quattro anni di governo è diventato uno degli uomini più ricchi del pianeta). Il problema dunque non è tanto l'eventuale acquisto del Corriere da parte sua o di un'ipotetica organizzazione, il problema è perché si è arrivati a questo punto. A un punto tale che in una lettera al direttore di Repubblica, dopo essersi rammaricato che De Benedetti non sia entrato in affari con lui a causa del «massacro mediatico, e tutto politico, che investe immediatamente chiunque osi entrare in rapporto con Silvio Berlusconi» (Berlusconi non dice mai «con me», si chiama sempre Silvio Berlusconi, come se fosse un altro) e dopo avere affermato che lui tale massacro lo soffre quotidianamente sulla sua pelle da quando ha «osato togliere il potere a una sinistra illusa di avere già vinto», Berlusconi così conclude: «Non vorrei, signor direttore, che questa stessa sinistra e che molte persone che la pensano come Lei si illudessero ancora una volta». Che sembrerebbe una frase sempliciotta, e che invece è abbastanza complessa, perché è una sorta di messaggio in codice, che tradotto ai profani suona: lasciamo perdere il Corriere, che di quello mi occupo io; a voi di Repubblica stavolta è andata bene, ma vedremo alla prossima, perché gli affari sono affari, e chi in Italia è in affari, prima o poi, volente o nolente, gli affari li deve fare con Silvio Berlusconi, visto che i miei soldi sono dappertutto.

Ma è opportuno ricordare, a questo punto, che quando la società civile italiana (cioè quei cittadini che non credono alle televendite e ai telecontratti berlusconiani) si accorse che Berlusconi stava instaurando in Italia un regime totalizzante (non totalitario, totalizzante - cioè basato sul controllo di tutto ciò che acquistiamo, che leggiamo, che vediamo e che sentiamo) e cominciò a manifestare la sua forte preoccupazione (grandi scioperi sindacali, Palavobis, girotondi, interventi di intellettuali sulla stampa ancora libera, eccetera), dall'opposizione, in specie da quel pezzo dei Ds detti «riformisti» (che non si capisce cosa mai debbano ancora riformare, essendo tutto già riformato da tempo) e da coloro che si dicono progressisti ma chissà perché «sospettano» delle socialdemocrazie scandinave come se fossero rivoluzionarie, si alzò un severo monito, «Non si deve demonizzare l'avversario!».

Cioè: i cittadini che protestavano (peraltro civilissimamente) perché un presidente del consiglio che è al contempo padrone di mezza Italia confezionava a raffica leggi ad personam e licenziava giornalisti della televisione di Stato come se fossero stallieri delle sue ville, per una certa opposizione (la stessa che precedentemente con tale signore era entrata in colloqui istituzionali non andati poi a buon fine) erano dei demonizzatori del povero Berlusconi. E intanto Berlusconi, facendo gli affari suoi e le leggi sue, demonizzava a tutto vapore: tutti comunisti, le toghe rosse, i magistrati mentalmente disturbati, la nostra Costituzione «sovietica», il maggior sindacato italiano «mandante» di omicidi, la commissione Telekom Serbia, e via demonizzando. Con tutti i suoi mazziatori schierati nelle postazioni giornalistiche o televisive, non di rado coadiuvati da qualche gentile rifondatrice del comunismo che infilava la cartuccera nella mitraglia del cecchino (si veda il recente processo instaurato a Cofferati, «reo» soprattutto di aver portato in piazza tre milioni di italiani in pieno berlusconismo: una cosa che in Italia non si perdona a nessuno, né da destra né da sinistra). Questa filantropica «comprensione» dell'avversario parve strana a molti. Così come parve stranissimo che alcuni politici dell'opposizione sembrassero punti da una serpe se qualcuno definiva «regime» il sistema di Berlusconi (che con il sistema economico-mediatico di cui sopra ha ingabbiato l'Italia in una camicia di Nasso che è una forma di regime). Alcuni personaggi dell'opposizione reagivano alla parola come se si parlasse di loro o di un parente stretto, tanto che veniva voglia di tranquillizzarli. E la creazione da parte dello stesso partito di un giornale come Il Riformista (dal colore di giornale economico) che facesse la guardia all'Unità allorché a Berlusconi fa un'opposizione come si deve, cioè senza sconti e comprensioni, non è strana? È stranissima. Attualmente il chiodo fisso del Riformista è Antonio Padellaro, come lo è stato Furio Colombo, fino alle sue «dimissioni». Ma quelle «dimissioni» non sono strane? Lo sono quanto e più di quelle di Ferruccio De Bortoli dal Corriere della Sera. Viene spontaneo pensare che Berlusconi abbia la mano lunga a destra, al centro e a sinistra. E l'elogio di Craxi fatto dal segretario di un partito che dovrebbe rivendicare la questione morale, non è strano? Non solo è strano, è inaccettabile, soprattutto se giustificato dalla curiosa motivazione che Craxi appartiene alla storia di famiglia. Se fosse stato detto: «purtroppo Craxi appartiene alla storia di questa famiglia», il discorso cambiava, perché per le famiglie perbene esiste l'interdizione del parente che ha buttato male. Il sistema politico di Craxi, fatto di corruzione e di intrecci oscuri con la finanza, era un sistema marcio, ragioni per le quali è morto in contumacia con una condanna sulle spalle. Accettarlo in una famiglia come se il legame del sangue fosse più importante dei principi morali, è un fatto strano.

Ma tutte le stranezze, tutte le anomalie, hanno una spiegazione, non sono effetto di fenomeni paranormali. Lungi dal voler attribuire in anticipo qualsivoglia colpevolezza a chicchessia, una cosa è certa: le recenti intercettazioni telefoniche disposte dalla magistratura rivelano allarmanti intrecci fra politica e finanza. Un mondo sottobanco (o sotto-banche) fluido, filamentoso, multiforme e proteiforme, un alien i cui gangli vitali interagiscono e si alimentano a vicenda: una vera «società multicolore». Sorpresa? Non troppo, per chi ricorda quello che già è successo in Italia. Per chi ricorda Sindona, Marcinkus, il Banco Ambrosiano, Calvi. Per chi ricorda il Caf. Per chi ricorda i metodi del craxismo. Per chi ricorda Mani pulite (poi mozzate dalla classe politica tutta).

Ma facciamo finta che l'Italia sia un paese normale. Facciamo finta che certi accoppiamenti poco giudiziosi non siano mai avvenuti, che tutto si svolga in una trasparenza almeno relativa, come si svolge nel resto dei paesi civili europei o nelle temute socialdemocrazie scandinave. Facciamo finta che le accuse di latinoamericanizzazione che giornali come l'Economist lanciano all'Italia siano frutto di pura maldicenza, e spostiamoci davvero in America Latina. El País del 13 agosto, nella sua rassegna stampa internazionale, riporta questo testo apparso sul quotidiano peruviano La República, intitolato Etica, corrupción y política e riferito al governo brasiliano. Traduco le righe finali: «Costa fatica pensare che Lula non fosse al corrente della corruzione. E gli stessi brasiliani sono rimasti di stucco allorché Lula ha assicurato che non sapeva niente dei movimenti del suo compagno e intimo amico José Dirceu. Le stesse persone che rivendicavano un esercizio etico della politica hanno organizzato o tollerato la corruzione degli oppositori con denaro di oscura provenienza. Ora che il vento della sinistra soffia con forza in almeno sette paesi dell'America Latina, è urgente che i suoi leader capiscano che la trasparenza è imprescindibile per chi aspira a essere portavoce delle cause del popolo».

Io non so se sull'Italia soffia un vento di sinistra o di destra, e poco importa in questo caso la direzione da cui proviene. So però che è un vento bolso e sabbioso, uno scirocco malsano che abbatte e demoralizza tutti quei cittadini (sono molti) che cominciano a sospettare che il simbolo che votano sulla scheda elettorale non contenga ideali o progetti, ma mascheri delle azioni bancarie (che ovviamente non hanno colore). Per quanto mi riguarda l'appello per un codice etico che con altri ho indirizzato a Romano Prodi concerne soprattutto questo punto. È vero che un codice etico non basta: certe caratteristiche antropologiche di una classe politica non si cambiano con un codice. Ma può essere un profilattico punto di partenza per evitare brutte sorprese. Ma questo Prodi lo sa meglio di noi, perché sa che stavolta deve evitare ad ogni costo brutte sorprese.

tratto da il manifesto del 17/08/2005

Preti pedofili, un avvocato USA vuole processare Ratzinger per i silenzi del vaticano

È chiamato in giudizio con l'accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori

di Roberto Monteforte / Roma


DAL GENNAIO 2005 esiste presso la Corte distrettuale di Harris County (Texas) un procedimento a carico di Joseph Ratzinger. Insieme al responsabile della diocesi di Galveston Houston, l'arcivescovo Joseph Fiorenza, i sacerdoti Juan Carlos Patino Arango e William Pickand figura anche il nome dell'attuale pontefice. È chiamato in giudizio con l'accusa di aver coscientemente coperto, quando era prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, sacerdoti accusati di abusi sessuali effettuati su minori. A muovere l'accusa, documenti vaticani alla mano, è l'agguerritissimo avvocato Daniel Shea, difensore di tre vittime di molestie pedofilia con alle spalle studi di teologia che ieri, non a caso in concomitanza con l'apertura della Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia, ha manifestato in piazza san Pietro insieme ad esponenti del partito radicale contro le coperture assicurate ai preti pedofili.

Tutto parte dal «Crimen Sollicitationis», un documento «strettamente confidenziale» del Sant'Uffizio a firma del cardinale Ottaviani del lontano 1962 che vincolava al segreto più assoluto, pena la scomunica immediata, tutti coloro, comprese le «vittime», che fossero coinvolti in procedimenti ecclesiastici riguardanti casi di pedofilia o molestie sessuali compiuti da religiosi. Secondo l'avvocato Shea quell'antica «istruzione» avrebbe avuto validità sino al 2001, così le gerarchie ecclesiastiche e vaticane avrebbero finito per «coprire» e favorire «deliberatamente» i «preti pedofili». La prova sarebbe in una nota dell'epistola «De Delictis Gravioribus» del 18 maggio 2001, che Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, aveva fatto recapitare ai vescovi e agli altri ordinati e membri della gerarchia ecclesiastica. A questa accusa le gerarchie vaticane hanno risposto che le norme contenute nel documento del 1962 non hanno più alcun valore vincolante dal momento in cui sono entrate in vigore le disposizioni che nel 1983 hanno riformato il Codice di Diritto Canonico, ma per Shea la lettera di Ratzinger non lascia spazio a dubbi. Ora la Corte di Houston ha il potere di chiamare in giudizio Joseph Ratzinger, ma l'attuale pontefice, avrebbe avanzato «richiesta formale d'immunità al presidente degli Stati Uniti, che non ha ancora reso nota la sua decisione in merito». Il presidente George W. Bush può solo suggerire al tribunale di valutare questa opportunità. La Corte potrebbe autonomamente riconoscerla.

Questo non fermerebbe l'avvocato Shea che ha assicurato di essere pronto, pur di difendere gli interessi dei suoi assistiti, a ricorrere sino alla Corte suprema contro questa decisione. In nome della separazione tra Chiesa e Stato si dice pronto a chiedere la messa in discussione del riconoscimento diplomatico da parte di Washigton della Santa Sede come Stato sovrano.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33746

Al Mardi Gras i candidati alle primarie del centrosinistra

Manca solo Romano Prodi all'invito degli organizzatori del Mardi Gras in corso a Torre del Lago


Fausto Bertinotti, Alfonso Pecoraro Scanio, Antonio Di Pietro e l'outsider Ivan Scalfarotto: quasi tutti i candidati alle prossime primarie del centro-sinistra, hanno infatti risposto all'invito a confrontarsi con le richieste della comunità "glbt" (gay, lesbica, bisessuale e transessuale) italiana nel corso della principale manifestazione gay estiva, il "Friendly Versilia Mardi Gras" in corso a Torre del Lago Puccini.


Il leader dei Verdi, Alfonso Pecoraio Scanio, sarà sul palco del Mardi Gras venerdì 19, alle ore 23, mentre Antonio Di Pietro e Ivan Scalfarotto saranno presenti il giorno successivo, alla stessa ora. A intervistarli, in un serrato faccia a faccia, saranno: Fabio Canino, direttore artistico della manifestazione, venerdì e Katia Beni, presentatrice della serata, sabato. Insieme a loro, Alessio De Giorgi, organizzatore della manifestazione e l'on. Franco Grillini, presidente onorario di Arcigay Nazionale. Fausto Bertinotti, leader di Rifondazione Comunista, ha declinato l'invito per ragioni personali, ma assicurato la sua presenza nella "Versilia gay-friendly" il 20 settembre, per un dibattito alle ore 21 al Mama Mia, il locale di riferimento della zona. Del resto, a rappresentare la sua area politica sarà presente il governatore della Regione Puglia, Niki Vendola, che il Mardi Gras premierà domenica 21 come "personaggio dell'anno".


"Questa attenzione dei candidati alle primarie del centro-sinistra - sottolinea Alessio De Giorgi, organizzatore della manifestazione -, conferma la rilevanza che la nostra manifestazione ha assunto nel nostro Paese. All'altro lato della Versilia - continua De Giorgi - la comunità gay ha organizzato una sorta di altra Versiliana, una Versiliana gay, che discute, si interroga e dibatte delle questioni a noi care, ad iniziare da quelle legate al riconoscimento delle coppie dello stesso sesso nella prossima legislatura. E' infatti un nostro obiettivo prioritario - conclude De Giorgi - assicurarci che nel programma di chi si candida al governo del paese vi sia un impegno chiaro e deciso per l'approvazione della proposta di legge sul Patto Civile di Solidarietà, il PACS".


Dice Franco Grillini: "Questa presenza quasi unanime dei candidati alle primarie del centro sinistra è l'ulteriore segno della rilevanza che ormai la questione omosessuale ha assunto nella vita politica italiana, così come da tempo accade negli altri paesi europei. Ancora una volta, ricordiamo - continua Grillini - che sono rimasti ormai tre i paesi che in Europa non riconoscono le coppie dello stesso sesso".


Dice Ivan Scalfarotto, dirigente del gruppo Citigroup a Londra che ha recentemente deciso di candidarsi alle primarie del centro-sinistra: "Il motivo per il quale ho accettato di candidarmi alle Primarie dell'Unione è di imporre alcuni temi che nel centrosinistra non trovano lo spazio che dovrebbero avere. Per esempio, per fare in modo che i diritti dei cittadini GLBT di questo paese siano uguali a quelli degli altri, semplicemente e senza sconti. I diritti o ci sono o non ci sono, non esiste una terza possibilità. Sono gay, ma non dico queste cose perché sono gay. Del resto penso e dico tutto il male possibile della precarizzazione del lavoro introdotta dal governo Berlusconi anche se nella vita non faccio il lavoratore di un call center. "


http://www.gaynews.it/view.php?ID=33757

martedì 16 agosto 2005

Pedofilia, la chiesa non paga i danni

SCANDALI USA - Cause per centinaia di milioni di dollari. Il Vaticano dice no alla vendita di beni delle diocesi perché i preti sono dei «liberi professionisti»
di Roberto Rezzo/ New York


«DI FRONTE AI CREDITORI, bisogna sempre dichiararsi nullatenenti", recita una massima di cui non c'è traccia nei Vangeli, ma ben nota agli avvocati che si occupano di diritto fallimentare. L'arcivescovo di Boston, Sean O'Malley, se l'è sentita rammentare nientemeno che dalle autorità vaticane. O'Malley era convinto d'aver trovato una soluzione decente per mettere a tacere una volta per tutte lo scandalo dei preti pedofili che per decenni hanno molestato i ragazzini: chiudere una sessantina delle oltre 350 parrocchie della diocesi, liquidarne i beni e pagare i danni alle vittime. Un accordo extra giudiziale sarebbe già stato raggiunto dai rispettivi avvocati; nessuna cifra ufficiale, ma si parla di svariate centinaia di milioni di dollari. Qualche parroco s'è ribellato, 7 per l'esattezza, e subito ha trovato ascolto in Vaticano. Da Roma all'indirizzo dell'arcivescovo è partita una missiva dove -in punta di diritto canonico- si sostiene che la diocesi non ha il diritto di appropriarsi dei beni che le parrocchie hanno avuto in dono dai fedeli. Ben venga se i parroci decidono di consegnarli spontaneamente, ma in caso contrario il vescovo non si può imporre.

Di fronte a un richiamo ufficiale della Santa Sede, O'Malley è stato costretto ad abbozzare. «Sono lieto che il Vaticano condivida i nostri obiettivi. Lavoreremo insieme per superare le divergenze interpretative». Daltronde quale sia l'atteggiamento della Curia romana nei confronti di chi accusa un sacerdote di molestie sessuali lo si è visto bene quando il cardinale Bernard Law, ex arcivescovo di Boston costretto a dimettersi di fronte a una rivolta popolare che aveva fatto disertare le chiese, è comparso in tv mentre officiava un'omelia per i funerali di Giovanni Paolo II, massimo onore per un porporato. L'interpretazione autentica della Santa Romana Chiesa si richiama a un precedente clamoroso con cui la diocesi di Bridgeport nel Connecticut riuscì negli anni '80 a negare qualsiasi indennizzo a chi da bambino era stato costretto a subìre le indesiderate attenzioni del prete all'oratorio. A spuntare la vittoria in tribunale era stato Edward Egan, brillante consulente giuridico del Papa, poi promosso arcivescovo di New York, sostenendo che i parroci sono «liberi professionisti» e quindi la diocesi non può essere chiamata a rispondere delle loro azioni. Vent'anni dopo, quando la morale laica ha affrancato dalla vergogna le vittime di violenza sessuale, e centinaia di cause di risarcimento contro i preti pedofili sono scattate in tutta America, questa concezione della Chiesa «a responsabilità limitata», come una società di capitali, cade come la manna dal cielo. Nello stato di Washington il vescovo di Spokane, William Skylstad, ha annunciato che difenderà con le unghie e con i denti i beni mobili e immobili della sua diocesi. Per mettersi al riparo da circa 70 richieste di risarcimento per «atti di libidine violenta nei confronti di minori», venerdì scorso ha chiesto al tribunale il regime di amministrazione controllata, ai sensi del Capitolo 11 della legge fallimentare, quello che garantisce protezione dai creditori alle società finite in bancarotta. Le vittime -a suo giudizio- dovranno vedersela con le compagnie di assicurazione, con cui aveva stipulato una polizza. Lo hanno immediatamente seguito i vescovi di Portland in Oregon e di Tucson in Arizona. A Oakland in California, la diocesi ha annunciato di voler chiudere la partita liquidando alle vittime un milione di dollari a testa, per un totale di 56 milioni tondi. Un affare, visto che le giurie californiane hanno sinora riconosciuto un indennizzo minimo di due milioni di dollari a testa in simili procedimenti. E una scelta lungimirante sotto molti aspetti, come spiegano gli esperti di diritto. In questo modo si evita il dibattimento in tribunale, dove spesso salta fuori che i vescovi erano perfettamente a conoscenza del perché a certi preti piacesse tanto occuparsi dei bambini. Ciononostante, quando si poneva un «problema morale», come le gerarchie cattoliche chiamano gli atti omosessuali tra un sacerdore e un minore, raramente le sanzioni disciplinari andavano oltre il trasferimento a un'altra parrocchia. E ci sono casi ancora più gravi, come quello avvenuto nell'arcidiocesi di Miami in Florida: nel 1984 il reverendo Ernesto Maria Rubio, pastore nella Chiesa di Nostra Signora della Divina Provvidenza, dopo aver violentato il figlio di immigrati clandestini cubani, lo ha minacciato di farlo deportare dalle autorità d'Immigrazione se non avesse tenuto la bocca chiusa. L'anno scorso la diocesi ha pagato un indennizzo di 3,4 milioni di dollari.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33729

Sesso e birra, la confessione di Giacomo

Storia di vita normale di un ragazzo di 17 anni che confessa ai genitori la sua sessualità
Di MARGHERITA D'AMICO


Giacomo ha 17 anni, una sorella e un fratello maggiori. È studioso, sportivo, nonché perplesso nei riguardi del settore femminile. La difficoltà non consiste nell'avere delle amiche - al contrario sono parecchie - quanto nel considerarle desiderabili, come accade ai coetanei. Dopo riflessioni, ansie, incertezze, Giacomo ha concluso di non essere omologabile all'eterosessualità. Per uno della sua età, non sempre si tratta di un'elaborazione facile. Inoltre la sua è una famiglia affettuosa, in cui i genitori incoraggiano i figli al dialogo, ma si tratta pur sempre di gente tradizionale. Da un lato egli sente di non voler nascondere una simile consapevolezza, dall'altro, l'imbarazzo e il timore di dispiacere i suoi a lungo prevalgono. Al grande nervosismo, che reca insonnia e inappetenza, si aggiunge la chiara impressione di essere osservato. Sua madre, ci giurerebbe, gli sottrae i jeans prima che siano davvero da lavare per poterne svuotare di persona le tasche. Suo padre gli chiede pretestuosamente di accompagnarlo in giro e gli rivolge domande impacciate sulla scuola, sulle amicizie. Quei due, pensa Giacomo, non solo hanno capito, ma sono colmi di preoccupazione e forse vergogna. Nonostante il tormento, decide di affrontarli e una sera annuncia di avere una comunicazione. Sua madre impallidisce, il padre spegne di scatto la tv. "Ti droghi?" chiede lei con voce spezzata. "Ma no!" protesta Giacomo. "Sei nei guai con i soldi? Hai rubato?" lo incalza il padre. "No! Però ritengo di essere gay", li interrompe Giacomo. La madre scoppia in singhiozzi e lo abbraccia: "Sia lodato il Cielo!". "Tutto qui?" dice il padre. "Eravamo così preoccupati! Meno male. Su, beviamoci una birra".

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33724

domenica 14 agosto 2005

Firenze, Renzi blocca i finanziamenti alle associazioni che parlano di differenze

Il presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi blocca il piano dei contributi per le iniziative formative nelle scuole superiori. L'ass. Monciatti: "Si ha paura di parlare di omosessualità"


Firenze - LO SCONTRO - L'assessore scrive a Repubblica per rintuzzare il capo della provincia Matteo Renzi. All'origine il blocco dei finanziamenti ai progetti presentati da Monciatti

di MASSIMO VANNI

Il presidente blocca il piano dei contributi per le iniziative formative nelle scuole superiori. E l'assessore si ribella.

E' quello che accade in Provincia, dove la responsabile istruzione Marzia Monciatti non ha mandato giù l'improvviso stop all'elenco dei contributi alle associazioni deciso dal presidente Matteo Renzi. E d'impeto ha scritto una lettera al giornale. Non a Renzi. "Voglio capire meglio oggetto e finalità", aveva fatto sapere il presidente Renzi, scarsamente entusiasta di corsi su stereotipi e differenze di genere. Ed è qui che l'assessore si è offesa: "Fra i miei numerosi difetti non annovero quello di non approfondire, conosco personalmente il lavoro di tutte le associazioni che hanno presentato i progetti. Posso dire che ci sono insegnanti di comprovata serietà e professionalità che conoscono meglio di me, e del pur giovane presidente, i ragazzi e le ragazze, i loro problemi e i loro sogni". Come dire, "ma cosa ne sa Renzi per bloccare tutto?" Forse al presidente sono suonate sospette le iniziative su generi e stereotipi? "Non posso e non voglio credere che al presidente sfugga il fatto che in materia di pari opportunità e di educazione alle differenze, ci sia ancora tanto lavoro da fare, e che proprio dai giovani occorre iniziare. Altrimenti non resta che inorridire di fronte agli ancora tanti stupri e violenze - aggiunge nella lettera Monciatti - come non voglio credere che ci sia una qualche reticenza a parlare nelle scuole di omosessualità, o dobbiamo ancora considerarla una malattia da nascondere?". Tra i progetti c'è quello presentato da VitaminaDonna assieme all'associazione Wotec Lab. Un progetto educativo, si tiene a precisare, che non ha niente che fare con l'omosessualità: "Stereotipi, genere e lavoro, percorso di pre-orientamento al lavoro", è il titolo del progetto di VitaminaDonna, che ha un sito web con lo stesso nome. "Siamo professioniste con comprovata esperienza in ambito scolastico ed educativo, dell'orientamento professionale e della comunicazione web: le nostre associazioni promuovono azioni di Pari opportunità e cittadinanza attiva", tiene a dire lo staff di VitaminaDonna. E il sito, "accusato impropriamente di propaganda lesbica", si propone di "far conoscere a ragazzi e ragazze il modo di interagire con le opportunità lavorative ed associative che il territorio offre". L'associazione Atika' precisa invece di non aver avuto nessun contributo.


Pubblichiamo la lettera dell'ass. Monciatti


Di ritorno a Firenze, dopo dieci giorni di vacanza nel Centro Europa con la mia famiglia, mi sono recata in edicola a comprare i quotidiani per "rimettermi in pari" con la cronaca regionale e provinciale e ho trovato, del tutto inaspettatamente, un articolo su "La Repubblica" nel quale il Presidente della Provincia disserta a ruota libera dei progetti formativi ed educativi che la Provincia stessa, da anni, offre alle Scuole Superiori come offerta aggiuntiva ai cosiddetti P.O.F. che, va detto per inciso, sono una precisa competenza delle scuole che li decidono in base alla loro autonomia.

Mi hanno stupito (non credo davvero che sia opportuno usare verbi più forti, tipo "hanno offeso") tre cose principalmente:

La prima si riferisce alla superficialità con la quale vengono descritti i progetti e l'identità di alcune associazioni. Io, che fra i miei numerosi difetti non annovero quello di non approfondire, conosco personalmente il lavoro di tutte le associazioni che hanno presentato progetti (al di là dei loro siti più o meno accattivanti). Voglio dire che conosco, ho ascolto e visto sul campo il loro lavoro. Di molte di quelle nominate fanno direttamente parte insegnanti di comprovata serietà e professionalità che, mi permetto di affermare, conoscono assai meglio di me e del pur giovane Presidente, i ragazzi, le ragazze, i loro problemi e i loro sogni.

La seconda si riferisce alle cifre citate che, evidentemente, non corrispondono ad una accurata analisi del Piano Economico di Gestione della Pubblica Istruzione; se così fosse, infatti, sarebbe stato evidente che la cifra dedicata ai cosiddetti "contributi a pioggia" è di 66.093 euro e non di 250.000 euro, fra l'altro il bilancio di previsione del Presidente per il 2006 taglia di 150.000 euro proprio le risorse destinate alla Pubblica Istruzione, cifra che ci auguriamo tutti, soprattutto le scuole, possa essere rimpinguata in corso d'opera.

La terza è che, forse, non è ancora chiaro che l'attività per le scuole non può essere costituita esclusivamente da "eventi". Non si vive di soli eventi, e questa è una certezza, ma soprattutto non possono vivere di eventi le scuole che basano la loro attività su laboratori didattici che hanno la durata di un anno scolastico e che, quindi, approfondiscono, scavano e rifuggono per loro natura da eventi episodici e, talvolta, superficiali.

Fino a qui, le osservazioni, diciamo pure "tecniche". Non possono che seguire alcune mie personali e ragionate osservazioni politiche.

Non posso e non voglio credere che al presidente della Provincia sfugga il fatto che in materia di pari opportunità e di educazione alla valorizzazione delle differenze, a partire da quella di genere, non ci sia ancora tanto lavoro da fare in questo nostro Paese e territorio. Non posso e non voglio credere che al Presidente sfugga il fatto che proprio dai giovani e dalle scuole è necessario iniziare. Altrimenti non resta che inorridire supinamente di fronte agli ancora tanti e terribili stupri e violenze delle quali sono vittime, spesso, giovani donne.

Così come non posso e non voglio credere che ci sia una qualche reticenza a parlare, nelle scuole, anche di omossessualità; oppure (ma come dicevo non posso crederci) dobbiamo considerarla una malattia da nascondere e sulla quale scagliare anatemi come ancora oggi nel terzo millennio, viene fatto?!

In ogni caso saranno proprio gli insegnanti, i ragazzi e le ragazze a deciderlo perché non vi è assolutamente, nel Piano dell'Offerta Formativa, alcun progetto "educativo" all'omosessualità.

A noi, Ente Pubblico, anche a noi, spetta il compito di offrire strumenti, consapevolezze, capacità critiche ed autonome perché ogni individuo possa essere libero di scegliere chi vuole essere.

A noi, ripeto Ente Pubblico, spetta il compito di educare al rispetto della pluralità, della diversità, laicamente, lontani da ogni fondamentalismo, da ogni stereotipo e luogo comune.

Alla fine di luglio avevo presentato il Piano dell'Offerta Formativa inserendo anche un progetto dell'Osservatorio dei Giovani Editori al quale era molto affezionato il Presidente che, pare, ora averci ripensato. E' vero che non avevo tolto un progetto di Emergency che lo stesso Presidente mi aveva indicato come non importante perché, proprio rifuggendo dalla superficialità, avevo visto e toccato con mano quanto sia l'interesse di numerosissimi ragazzi e ragazze per l'attività di questa e di altre associazioni. Posso anche dire che di ogni progetto è stato vagliato dagli uffici e dalla sottoscritta l'"indice di gradimento" attraverso una verifica scrupolosa della quantità di adesioni aiutati anche da un attento esame da parte dell'Università degli Studi di Firenze, Facoltà di Scienze della Comunicazioni delegata al monitoraggio dei progetti.

Infine condivido l'idea di costruire sempre di più insieme alle scuole il Piano dei Progetti anche perché è una iniziativa della quale io stessa parlai al Presidente un po' di tempo fa.

Naturalmente sono sicura che siamo d'accordo sul fatto che sia necessario procedere con ragionamenti, confronti, approfondimenti e non a colpi di eventi.


Assessore alla Pubblica Istruzione, Edilizia Scolastica Pari Opportunità




L'Elenco delle associazioni che si son viste bloccare i finanziamenti



Sabotati i progetti delle associazioni di Firenze

Abbiamo scritto al giornalista Massimo Vanni, autore dell'articolo "Saffo (e tanti altri) senza contributi a pioggia" apparso su La Repubblica in prima pagina cronaca di Firenze l'11/08/05, pregandolo di rettificare le affermazioni fuorvianti rispetto ai contenuti, azioni e mission del sito vitaminadonna.it


Il progetto al quale si fa riferimento, presentato dallo staff di VitaminaDonna assieme all'associazione Wotec Lab presso l'Assessorato alla Pubblica Istruzione e Pari Opportunità della Provincia di Firenze, è un progetto educativo rivolto agli studenti delle scuole superiori dal titolo



Stereotipi: genere e lavoro
percorso di pre-orientamento al lavoro

Noi che abbiamo proposto questo progetto, siamo professioniste con comprovata esperienza in ambito scolastico ed educativo, dell'orientamento professionale e della comunicazione web. Le nostre associazioni promuovono azioni di Pari Opportunità e cittadinanza attiva.

Rispondiamo in difesa delle donne che lavorano, di un sito di donne accusato impropriamente di propaganda lesbica, che si propone di far conoscere anche ai ragazzi e alle ragazze il modo di interagire con le opportunità lavorative ed associative che il territorio offre.

Quando nel medio evo la medicina era scarsa, hanno bruciato come streghe le donne che curavano con le erbe: oggi erboristeria e omeopatia sono riconosciute e i prodotti si trovano nelle farmacie.

Speriamo che non debbano passare secoli per far accettare a certi uomini (che vanno al potere anche col voto delle donne), che essere una donna che lavora con consapevolezza e professionalità, non vuol dire per forza essere lesbica, non trovando comunque nulla da obbiettare alla professionalità di chi lo è.


VitaminaDonna ringrazia il Presidente della Provincia di Firenze Matteo Renzi a nome di tutte le donne che presentano le loro attività professionali mediante il sito, della pubblicità gratuita che ci ha fatto: non ci eravamo ancora potute permettere una pubblicità su un quotidiano nazionale!



Cos'è vitaminadonna: sito per il lavoro delle donne redatto da donne

VitaminaDonna è nata per aggregare donne provenienti dai vari settori della comunicazione, del marketing, dell'editoria e della multimedialità, delle arti in genere, del lavoro in generale e anche della politica

Pubblicizziamo anche con pagine web: l'imprenditoria al femminile, le competenze delle donne, le nuove professioni e l'evoluzione di quelle tradizionali


E' luogo di idee, progetti e professioni. È spazio d'incontro, scambio, visibilità. Per far sentire la nostra voce, per unire le forze e lavorare meglio, per essere informate su diritti e opportunità, per crescere professionalmente e umanamente.



Cos'è Wotec Lab

WOTEClab associazione nata con l'intento di non disperdere le esperienze maturate e continuare a sviluppare le tematiche del progetto europeo "WOTEC" e del progetto ex L. 125/91 "Tecnologia è Donna". Attività prevalenti sono nel campo dell'organizzazione di convegni, manifestazioni, seminari; nella ricerca, raccolta, documentazione e pubblicazione di materiali e studi; nella formazione, aggiornamento e orientamento nelle scuole, nelle università, nel mondo del lavoro.



Cos'è La città delle Dame

il sito VitaminaDonna fa riferimento a La città delle Dame che si occupa di formare, sostenere, incoraggiare le donne a scendere nell'agorà della politica e favorire una loro maggiore presenza all'interno delle istituzioni, dei partiti, dell'economia e della cultura in genere.

L' Associazione è parte della Rete Toscana Donne



Rete di donne in Toscana www.donne.toscana.it

favorisce circolazione e reperibilità del materiale documentario disponibile sul territorio regionale presso Centri di Documentazione autogestiti dalle donne o misti, pubblici o privati no-profit


http://www.gaynews.it/view.php?ID=33704

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.