I portavoce di GAYLEFT rispondono alla senatrice Serafini dalla prima pagina del Riformista
Caro direttore, il presidente del Consiglio dei ministri Romano Prodi nella consueta conferenza stampa di fine anno, alla domanda di un giornalista se dopo le aperture di Gianfranco Fini sulle unioni civili si poteva o meno andare verso una larga convergenza in Parlamento su questo tema ha risposto quasi seccato che questo certo sarebbe un bene, ma che il governo intende procedere «al riconoscimento dei diritti civili alle convivenze» con i «limiti e i confini precisi definiti nel nostro programma». Una risposta che la dice lunga sul fatto che su questo tema la priorità dei nostri leader non è certo quella di dare diritti a chi non ne ha, non è certo quella di aiutare «il nostro paese a fare un passo in avanti sulla strada della libertà e della tolleranza» (per citare le parole del tanto vituperato Zapatero), ma piuttosto quella di rassicurare i sedicenti teo-dem che neppure le aperture del “laicista” Fini porteranno mai il governo ad andare oltre i «limiti e confini» fissati nelle famose sette righe che il programma dell'Unione dedicò ai diritti dei conviventi. Viene quasi il dubbio che ormai i ruoli nella politica italiana siano saltati e che la destra, presa dall'ansia di accreditarsi come una destra moderna ed europea, stia ormai tentando di scavalcare sul tema dei diritti civili quella che Alfredo Reichlin sull'Unità di ieri paventava come «una sinistra vecchia, senza idee e senza orgoglio» in procinto di accordarsi con la Margherita per costruire il Partito democratico.
Questo dubbio diviene certezza con la lettura dell'intervista che la senatrice Anna Serafini, autorevolissima esponente dei Ds, ha rilasciato ieri al Riformista. Un'intervista sgradevole sia nei toni che nei contenuti, in cui la senatrice accusa gli omosessuali italiani di cercare attraverso la legge sulle unioni civili una presunta «rivalsa ideologica».
I sentimenti che proviamo quando sentiamo parlare i dirigenti del nostro partito di noi omosessuali, sono molteplici: rabbia, fastidio, stupore e anche un certo dolore allo stomaco. Ma è mai possibile che il più grande partito della sinistra italiana conservi dentro di sé questa grande soggezione alle gerarchie ecclesiastiche? Ma è mai possibile che ci si debba sempre avvicinare alle cose della vita con questa arroganza? Eppure la vita, per fortuna, ci richiama sempre alla semplicità, perché la vita, quella vera, è molto più semplice, migliore di quella che viene immaginata dentro le stanze di via Nazionale.
La classe politica italiana è bigotta e questo si sa. È sorprendente, infatti, come cerchi di usare termini astrusi per descrivere l'orientamento sessuale delle persone. Un termine che in Europa è nel lessico comune di tutti, nessuno si vergogna. Ebbene siamo stati descritti con “stili di vita”, “scelte di vita”, addirittura “forme di vita” (ectoplasmi forse?), e oggi Anna Serafini parla di «gusti o tendenze».
Ma che cosa si pensa della sessualità, che sia qualcosa che si compra al mercato? A etti, a chili? La sessualità è una parte importantissima della nostra esistenza, del nostro rapporto con il mondo. Una vita sessuale che corrisponde al nostro desiderio è fondamentale per il nostro equilibrio psichico, e merita rispetto. Come tutti noi omosessuali italiani, meritiamo rispetto, perciò invitiamo la classe politica ad astenersi dal parlare di cittadine e cittadini italiani in questo modo. Su una cosa concordiamo con Anna Serafini: la legge sulle unioni civili non potrà essere solo la legge per gli omosessuali.
Non è un caso che una delle prime proposte di legge su questo tema abbia visto come prima firmataria la compagna Nilde Jotti, per anni vittima dentro al Pci di un'odiosa discriminazione in quanto non era la “moglie regolare” di Togliatti, ma solo la compagna della sua vita. Ma non è un caso che già nella proposta di legge di Nilde Jotti gli omosessuali fossero ricompresi, in quanto storicamente se in questo paese si discute di coppie di fatto, ciò lo si deve innanzitutto all'iniziativa di un movimento come quello omosessuale che da oltre vent'anni dà battaglia su questo tema, e non certo all'iniziativa delle classi dirigenti della sinistra italiana, perennemente distratte da temi più importanti (o forse meno scottanti) di questo.
Ci piacerebbe poter discutere con la senatrice Serafini se ci sia più ideologia nelle rivendicazioni di un movimento che chiede diritti di cittadinanza per chi vive attualmente in completa clandestinità giuridica, oppure in chi vorrebbe impedire agli omosessuali, in barba agli ultimi trent'anni di studi sociologici, di considerare le proprie relazioni affettive come famiglie, in chi li accusa di voler distruggere la famiglia e la società, in chi li taccia quotidianamente di essere portatori di forme di amore deboli e deviate, o in chi afferma che non serve una legge per attestare le loro convivenze, perché basta la testimonianza del portinaio. Ma di cosa stiamo parlando, se non della dignità e dei diritti negati di milioni di nostri concittadini?
Temiamo che non ci resti che sperare in quella “umana pietà” che la senatrice Serafini non ha potuto negare neppure a Piergiorgio Welby.
Andrea Benedino e Anna Paola Concia
Portavoce nazionale Gayleft - Consulta lgbt Ds
http://www.gaynews.it/view.php?ID=71693
venerdì 29 dicembre 2006
La parola diritti vi dice qualcosa?
giovedì 28 dicembre 2006
Senatrice Serafini: davvero grazie!
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«ALL’INTEGRALISMO NON SI RISPONDE COL LAICISMO»
Anna Serafini, senatrice Ds, parla dei temi etici e del PD: «Su Welby troppa ideologia. Attenti a non fare dei Pacs una battaglia per gli omosessuali»
«Vedo un rischio enorme, che all’integralismo si risponda con il laicismo». Così Anna Serafini, senatrice dei Ds, già protagonista di uno dei passaggi parlamentari più agitati in tema di materie «eticamente sensibili», cioè il voto della commissione Sanità che smentiva il ministro Livia Turco sulle quantità minime di droga leggera, commenta un frangente politico sempre più caratterizzato da scontri su materie al confine tra politica, etica e religione: «Abbiamo bisogno - dice Serafini - di una concezione della laicità che permetta di tutelare i diritti individuali senza lacerare la società. Su coppie di fatto, procreazione assistita, testamento biologico, la nostra guida è trovare il terreno più avanzato di mediazione, eliminando qualsiasi tentazione di procedere a colpi di maggioranza. Servono compromessi: non ho paura di questa parola».
E, a proposito di compromessi, Serafini risponde a una serie di obiezioni piovute sulla sinistra, accusata da un parte della sua stessa base di non svolgere la sua missione storica a difesa delle libertà civili, dalle dorghe fino al caso Welby, passando per i contestatissimi Pacs. Welby, per esempio. C’è chi pensa che i radicali siano stati lasciati troppo soli nella loro battaglia. Serafini non raccoglie l’obiezione: «Le parole di Welby andavano ascoltate, ma non mi piace il risvolto politico e ideologico che ha preso questa vicenda personale. Quello che prevale in me è un sentimento di umana pietà». Una pietà che la Chiesa non ha avuto, negando a Welby i funerali, si diceva in piazza durante il rito civile delle esequie. «E’ mancata l’umana pietà», concede Serafini, prima di dirsi ottimista sull’iter della legge sul testamento biologico in dicussione in Parlamento: «Il confine tra eutanasia e accanimenti terapeutico può esser labile, ma invece è forte. Abbiamo bisogno di una legge che consenta a ciascuno di dichiarare anticipatamente la propria volontà di non essere più curato quando non sussiste alcuna possibilità di recupero».
Si parla molto di nuova «questione cattolica», ma per molti militanti questa espressione si traduce in una resa della sinistra alle regioni del moderatismo confessionale. «Questa - risponde Serafini - è un’idea sbagliatissima. Specie quando la si associa alla nascita del Partito democratico. Si tende a trascurare che se la Chiesa interviene così tanto nella sfera civile e politica è anche per i mutamenti epocali che stiamo vivendo, primo fra tutto il nuovo rapporto con l’Islam. Si dimentica anche che in Italia esiste una destra molto forte, che esercita una presa su una parte importante del cattolicesimo italiano in fatto di valori e stili di vita e non bisogna correre il rischio che questa presa si allarghi. Perché, al contrario, io credo che tra laici e cattolici del centrosinistra ci sia già un’unità di intenti molto forte, che va tradotta sul piano del metodo. In certi casi, il metodo è sostanza». Dunque, assicura Serafini, partirà il prima possibile il gruppo di lavoro parlamentare sulle materie «eticamente sensibili».
Ma, altra obiezione comune, siamo sicuri che le droghe o le coppie di fatto siano catalogabili sotto questa voce? Serafini non ha dubbi: «Non si può solo affermare la libertà di drogarsi, bisogna affrontare il tema della dipendenza e dei carichi che questa comporta sulla famiglia, la società. La non punibilità del consumo è il pilastro condiviso di tutta l’Unione, ma un conto è dire che il consumatore non va in galera, un altro è mostrare indifferenza rispetto al fatto che un giovane decida o meno di drogarsi. Su questo il personalismo cattolico è più efficace dell’indifferenza. Questi sono temi sentitissimi, e quando un tema penetra così a fondo nelle coscienze è già etico». E le coppie di fatto? L’impressione è che sui Pacs la coalizione possa restare paralizzata dai veti incrociati: «L’importante è non caricare di ideologia la richiesta contenuta nel programma elettorale. E’ dannoso e antiriformista enfatizzare la battaglia omosessuale o trasformarla nella carta d’identità della legge. E non perché le coppie omosessuali debbano restare fuori dal provvedimento, ma perché, come è bene che lo Stato riconosca dei diritti senza eccepire sui gusti o le tendenze di chi poi ne trae beneficio, allo stesso modo è bene che i benficiari non cerchino una rivalsa ideologica. Questo, per me, è un approccio riformista e liberal, tutt’altro che moderato». Aggiunge la senatrice ds: «Oggi il problema è coniugare le libertà individuali in un contesto che, coi progressi della scienza, sposta continuamente il confine di vita e morte. Scindere le prime dal secondo è un errore che porta a sconfitte come quella del referendum sulla legge 40, che andava fatto, ma che è figlio, oltre che di una brutta legge, anche di quindici anni di mancato dialogo». Infine, un’autodifesa personale: «Su queste vicende io - dice Serafini, consorte del segretario dei Ds Piero Fassino - sono stata attaccata in quanto “moglie di”, per una concezione arretrata della politica e del giornalismo. Se la penso come mio marito, ci accusano di familismo. Se la penso diversamente, invocano il familismo chiedendo a mio marito di accudirmi. Vorrei essere attaccata per gli errori che faccio in proprio, e lo stesso vale per Piero».
http://www.gaynews.it/view.php?ID=71682
martedì 26 dicembre 2006
Ho sognato che...
Ho sognato un bellissimo paese, ho sognato l’Italia, l’Italia che vorrei.
Gentilissimo direttore, stanotte ho fatto un sogno, un sogno strano che al risveglio mi ha lasciato un sapore amaro in bocca.
Ho sognato di essere impegnato in un grande movimento straordinariamente unito nelle sue differenze, unito nelle battaglie di civiltà, che sappia interporsi tra la comunità e la politica in un'ottica comune di accrescimento. Un movimento in lotta per i diritti, che non guardi in faccia a nessuno, che non si pieghi ai no e ai forse ma che sappia reagire con testardaggine e rilanciare costantemente la propria azione. Un movimento che sia un esempio per tutta la società, fatto di tante anime e sensibilità diverse che non si scontrano ma si incontrano per crescere insieme nel reciproco rispetto.
Ho sognato tutti i miei amici gay e le amiche lesbiche guardare in faccia i propri familiari, i propri amici, i propri colleghi con l'orgoglio di chi non ha più paura, di chi non deve e non vuole più nascondersi. Li ho sognati scendere in piazza senza vergogna: un grande fiume muoversi per le città italiane e tantissimi cittadini unirsi, lungo la strada, a questo corteo colorato. Ho sognato che la volontà di non dire «io sono gay» o «io sono lesbica» non sia una semplice scusa che nasconde la vergogna e la non completa accettazione di sé, ma solo il risultato di una società completamente aperta e tollerante e di gay e lesbiche completamente mature nel loro percorso.
Ho sognato un grande partito socialista fatto di persone con tante idee nuove e con tanta voglia di fare, fatto di giovani lontani dalle vecchie logiche politiche e impegnati per il bene comune. Un partito pronto a recepire i bisogni della società, di tutta la società e pronto a mettersi in discussione, libero da tutte le interferenze e con l'orecchio teso verso le voci dei cittadini. Alla guida di questo partito ho sognato un leader giovane e sfacciato che ci faccia innamorare di nuovo della politica e della partecipazione civile, quella vera.
Ho sognato anche di riconoscere, al braccio di ogni persona, una strana cicatrice simile a quella che aveva mio padre, ma questa volta a forma di fiocco, segno della vittoria dell'uomo sull'aids come allora fu sul vaiolo.
Ho sognato un bellissimo paese, ho sognato l'Italia, l'Italia che vorrei.
Poi, caro direttore, ho sognato anche di crescere e amare un figlio con il mio compagno, ma questa, ahimè, è un'altra storia.
Stefano Bucaioni
segretario Arcigay Perugia
http://www.arcigaymilano.org/dosart.asp?ID=27852