I sì e i no (prevalenti) dei costituzionalisti
di Giovanni Sartori
Allora si vota (da domattina). Se votassi solo io, voterei No e vincerei il referendum. Come sarei contento. Ma non andrà così. Qualche bastian contrario che mi vuole fare dispetto votando Sì ci sarà di sicuro; e quindi non mi posso fidare. Tanto più che dopo un mese e passa di disinformazione il grosso dei votanti sa a malapena di che cosa si parli. Sì, la Costituzione. Ma l'altro giorno il mio barbiere mi ha chiesto che animale fosse, e quando gli ho risposto che era la «suprema legge» del Paese, la legge che governava tutte le altre leggi, ho visto nei suoi occhi che la risposta non lo aveva impressionato.
Il fatto è che un referendum così «in grande», così sovraccarico di temi e di problemi, noi non l'abbiamo mai affrontato. Sono in ballo più di 50 articoli della Costituzione quasi tutti di natura tecnica, quasi tutti complessi e difficili da valutare. Il Polo ha disfatto e rifatto (o viceversa, rifatto e disfatto) tutto il nostro sistema politico e di governo; e così noi ci troviamo in mano un solo Sì o un solo No per decidere su decine e decine di questioni. È un'assurdità, ma è così.
Che fare? Secondo me, dovremmo fare come facciamo sempre in casi analoghi. Ci sentiamo male? Siamo malati? Andiamo da un dottore e ci rimettiamo a lui. Abbiamo una grana legale? Andiamo da un avvocato che la gestisce per noi. Non sappiamo come investire i nostri soldi? Chiediamo a un consulente finanziario. Alla stessa stregua, se uno non sa se la nuova Costituzione sia buona o cattiva, allora una persona di buon senso chiede lumi ai costituzionalisti, a chi ne sa.
Si avverta: il grosso dei nostri costituzionalisti non è politicamente schierato. È costituito da studiosi la cui priorità è la materia che studiano. Ha ragione chi chiede un voto che affronti il merito ed eviti una scelta basata su uno spirito di fazione. Il punto è che questo voto sul merito non verrà certo chiarito dai politici, che devono essere per forza «di parte». Nemmeno può venire da chi di costituzioni non si intende. Può soltanto provenire ed essere orientato da chi se ne intende. Mi pare terribilmente ovvio. E il fatto è che la stragrande maggioranza dei nostri costituzionalisti bocciano la Costituzione sottoposta a referendum: 10 contro 1 propongono il No.
Il conto è presto fatto. L'associazione italiana dei costituzionalisti (sono circa 220) dispone di un sito Internet sul quale, dichiara il presidente dell'Aic Sergio Bartole, «tutti gli interventi sono nettamente contrari alla riforma della Cdl». E Bartole soggiunge che la tesi di chi chiede il Sì per riaprire il dialogo è assurda: non si può dire «approviamo la riforma per poi cambiarla». In secondo luogo, abbiamo due associazioni culturali che hanno raccolto firme (a livello accademico). L'associazione di destra Magna carta ha racimolato soltanto 42 Sì e, tra questi, soltanto 16 costituzionalisti. Invece l'associazione di sinistra Astrid ha raccolto i no di 17 presidenti e vicepresidenti emeriti della Corte costituzionale, di 178 professori di diritto costituzionale, pubblico e amministrativo, più 274 professori di altre discipline.
Come si vede, quando calcolo 10 contro 1 sono generoso (favorisco il solitario). E da questi numeri ricavo che un Paese serio dovrebbe ascoltare i propri esperti. Se gli esperti dicono No, dovrebbe votare No. Il guaio è che la voce dei costituzionalisti è stata oscurata o quanto meno del tutto emarginata dalla televisione «cattiva maestra» denunziata da Karl Popper. Vedremo lunedì sera se avrà vinto la cattiva maestra.
24 giugno 2006
http://tinyurl.com/hba47
sabato 24 giugno 2006
Referendum: Il verdetto degli esperti
lunedì 19 giugno 2006
La storia siamo noi nessuno si senta offeso
di Paolo Hutter
La sensazione straordinaria è stata che l’intera città abbia fatto proprio il Pride. Dai ragazzini alle madame del popolo. La distinzione tra partecipanti e spettatori passava per sfumature.
Già a Porta Susa l’attenzione non era più tanto catturata dall’interrogativo su quanti (pochi) ministri o sindaci sarebbero venuti, né su quanti gruppi gay del centro Sud sarebbero arrivati. Il Pride era la gente, erano le diverse sfumature della partecipazione. Certo il ragazzo a torso nudo che ballava sul carro musicale non era la stessa cosa della femminista torinese che scende in piazza da trent’anni. E la anziana signora semplice che mi rispondeva “sono torinese, vengo a vedere le manifestazioni nuove che arrivano” non è la stessa cosa degli studenti che si inseguivano con gli sms.
Ma tutto si combinava in una straordinaria armonia, in cui ciascuno si sentiva libero di essere sé stesso e di modulare curiosità e partecipazione solidale, azione e osservazione. Grazie alla gente di Torino è stato uno dei più bei Pride della storia italiana Tra gli ingredienti e i precedenti di questo successo ci possiamo mettere tante cose: anche le recenti Olimpiadi e le più antiche manifestazioni del Fuori di 25 anni fa. La percezione della questione omosessuale è dopo questo sabato più ricca, ma lo è anche la percezione umana – non cerebrale e astratta – della questione laica. Ci sarà da litigare ancora sulle riforme, la famiglia,la morale. Ma per quello che poteva essere e dare, il Pride ha stravinto. Mi viene in mente un verso di De Gregori: “la storia siamo noi, nessuno si senta offeso”.
http://www.gaynews.it/view.php?ID=38015
Un gay pride per 150000
La sfilata dell'"orgoglio gay" è un promemoria per l'Unione
In corteo i ministri Ferrero e Pollastrini, Pannella e Mercedes Bresso. Grande accoglienza dei torinesi, che scendono in piazza Orsola Casagrande Torino Let's Pride! Invito raccolto: ieri a Torino hanno sfilato coloratissime e rumorosissime oltre 150 mila persone.
Il Pride 2006 è stato un successo di adesioni. A Porta Susa l'atmosfera che si respira è festosa. E del resto il Pride è un trionfo di colori. Nel grigio di una città che non ha perso occasione per mostrare (almeno a livello di istituzioni) i suoi lati più "bacchettoni", i colori risaltano ancora di più. Il rosa naturalmente trionfa, ma anche il giallo, il rosso, il verde, il fucsia. In un armonico serpentone chiassoso. I carri sono stati addobbati per bene. Il chiasso simpatico e allegro regna sovrano. In mezzo al corteo si riconoscono Vladimir Luxuria, parlamentare di Rifondazione. E proprio il partito di Franco Giordano partecipa a questo Pride con un nutrito contingente di nomi noti e meno noti. Ci sono il governatore della Puglia Niki Vendola, e ci sono i tanti consiglieri comunali e regionali del partito. Ci sono le deputate Marilde Provera e Titti de Simone. E anche una fetta di governo, con i ministri Paolo Ferrero e Barbara Pollastrini, che proprio il giorno prima aveva scatenato le polemiche dei cattolici del centrosinistra con una lettera agli organizzatori del Pride in cui parlava di "unioni civili" come da programma dell'Unione. La ministra per le Pari opportunità ha rimarcato che le "regole miti e sagge" devono essere trovate "cercando una larga condivisione in parlamento". Ma le regole ci vogliono "perché le coppie di fatto, omosessuali e non, possano avere quei diritti e quei doveri che fanno stare bene". Sarà difficile trovare una "larga condivisione" se è vero che ieri esponenti del centrodestra non si sono fatti problemi a bollare la manifestazione come "anormale" (Gianluca Galletti, Udc). Gli striscioni sono centinaia e raccontano di viaggi fatti da tutta Italia per arrivare a Torino. C'è l'Arcigay di Napoli che ha organizzato pullman, ci sono pullman da Bologna, e mini cortei da Milano, Roma, la Calabria, la Sicilia. Per gli organizzatori torinesi un successo, che premia il duro lavoro e in qualche modo cancella le stupide e bigotte polemiche dei mesi scorsi: è soprattutto la gente che saluta festosa il corteo mentre scivola per le strade. Anche se vale la pena in realtà tenerle sempre a mente quelle polemiche. A partire dall'uscita dell'ex vice sindaco (in quota Margherita) che in campagna elettorale non aveva trovato di meglio da fare che dire che a lui l'idea di un Pride a Torino proprio non piaceva. Il sindaco riconfermato Sergio Chiamparino, dopo un lungo e imbarazzante (per lui) silenzio, aveva riconfermato non solo il patrocinio del comune alla manifestazione ma anche il percorso del corteo. Poi però, a quattro giorni dalla sfilata, ha deciso di non parteciparvi, dicendo che non si sarebbe sentito a suo agio. Ieri, in qualche modo, ha dato la sua benedizione alla manifestazione, ma da lontano: "Ho appreso che tutto si è svolto in un bel clima di festa, rispettando la sensibilità di tutti. Questo è un successo degli organizzatori e di tutta la città", specificando che "la città era rappresentata da un buon numero di assessori e di consiglieri comunali". Il corteo è stato aperto da uno striscione che pone una domanda al nuovo governo. "Uguali diritti: se non ora, quando?" Quindi la banda musicale e poi i carri. Una ventina. C'era quello della "visibilità lesbica", dodici metri. E poi decine di associazioni. Dalle mamme dell'Agedo, l'associazione genitori di omosessuali e le famiglie arcobaleno. E poi le famiglie di san Salvario, associazione cristiana. Tra gli spezzoni caratterizzati da canti e balli spicca lo striscione di Amnesty international. La sezione italiana ha aderito anche quest'anno alle manifestazioni organizzate a livello nazionale dal Pride e alla sfilata. "Libere e liberi di essere", questo lo slogan scelto da Amnesty perché, come ricorda il presidente della sezione italiana, Paolo Pobbiati, "l'orientamento sessuale e l'identità di genere fanno parte dei caratteri fondamentali dell'identità umana". No-Vat è invece lo striscione del gruppo torinese "Facciamo breccia", dove il Vat sta evidentemente per Vaticano. Sulla stessa lunghezza d'onda anche gli striscioni della Rosa nel pugno "no taliban, no vatican". Abbastanza inquietante la presenza di militanti di Forza nuova, che hanno tenuto una contromanifestazione in una zona lontana dal Pride. Il segretario dei neofascisti Roberto Fiore è intervenuto per dire che il Pride attacca i diritti della famiglia tradizionale. Gli appuntamenti del Pride 2006 non finiscono con la sfilata di ieri. Infatti già oggi ci sarà un convegno sulla storia lesbica con la storica Lillian Federman. E poi eventi durante l'estate e in autunno. Su tutti, il concerto al teatro Regio del coro gay di Londra e poi il recital di Milva.
il manifesto, 19/06/2006
http://www.gaynews.it/view.php?ID=38019