giovedì 27 dicembre 2007

Lettera di Veltroni a La Stampa: Sui gay Binetti sbaglia

Caro Direttore,
va riconosciuto al Suo giornale il merito di prestare una particolare attenzione al tema dei diritti civili e di promuovere sull’argomento un confronto non rituale tra opinioni diverse.

In particolare, nei giorni scorsi, ha suscitato scalpore la riproposizione, da parte della senatrice Binetti, della tesi che considera l’omosessualità come una malattia, in quanto tale meritevole solo di essere curata. Si tratta, a mio modo di vedere, di una tesi sbagliata e pericolosa. È una tesi sbagliata perché l’omosessualità è una condizione umana, che non ha senso alcuno ridurre a una patologia e che deve essere rispettata in quanto tale. Ma è anche una tesi pericolosa, perché induce, o almeno asseconda, il misconoscimento dei diritti delle persone omosessuali di condurre una vita normale, senza subire discriminazioni sociali o addirittura, come purtroppo capita ancora con preoccupante frequenza, soprattutto nei riguardi dei più giovani, atti di persecuzione e di violenza, fisica e psicologica.

Nella campagna elettorale per l’elezione diretta del segretario del Pd ho preso pubblicamente un impegno che intendo onorare. Ho detto che il Partito democratico lavorerà, in Parlamento e nel Paese, per contrastare, con la legge, con le buone pratiche amministrative, con l’impegno culturale e civile, ogni forma di intolleranza e discriminazione, tanto più se violenta, correlata con l’orientamento sessuale delle persone. Il primo impegno è il sostegno in Parlamento al disegno di legge del governo contro la violenza sessuale, nel testo di larga convergenza approvato dalla Commissione Giustizia della Camera.

Allo stesso modo, il Partito democratico lavorerà per dare seguito al preciso impegno assunto nel 2006 da tutta l’Unione davanti agli elettori: il riconoscimento con legge nazionale dei diritti delle persone che vivono nelle unioni di fatto, indipendentemente dal loro orientamento sessuale. In Senato sono all’esame della Commissione Giustizia numerose proposte. I senatori del Pd sono impegnati a costruire il consenso più ampio possibile attorno a un testo che segni un deciso passo in avanti. Penso infatti che il Paese possa e debba unirsi e non dividersi su temi così decisivi per la nostra convivenza civile e che in quanto tali non possono andare soggetti al variare delle maggioranze di governo.

WALTER VELTRONI
http://tinyurl.com/32m3eh

domenica 23 dicembre 2007

Giornalista si finge gay con un prete. Per sei mesi in "terapia cattolica"

Un cronista di "Liberazione" ha finto di essere omosessuale e si è prestato alla "cura" di un gruppo ultracattolico.
Nell'articolo racconta la sua esperienza: "Una moda che spopola nel Nord America"
Il presidente Arcigay Mancuso: "Intervenga il ministero della Salute"



Sei mesi in "terapia" in un gruppo ultracattolico per curare la sua omosessualità, attraverso un percorso iniziato con l'incontro con un sacerdote e poi con un luminare, Tonino Cantelmi (docente di psicologia all'Università Gregoriana), quindi un test di 600 domande e poi la "terapia riparativa". E' quanto racconta su Liberazione oggi in edicola Davide Varì, il giornalista che si è finto gay per sei mesi per conoscere, scrive nell'articolo, il circuito italiano di "taumaturghi del sesso deviato. Una moda che spopola nel Nord America grazie al lavoro di molti gruppi legati alla Chiesa e che segue l'insegnamento e la pratica di Joseph Nicolosi", uno psicologo clinico che "vanta ben 500 casi di 'gay trattati'".

L'inchiesta del cronista di Liberazione ha spinto il presidente dell'Arcigay, Aurelio Mancuso, a chiedere l'intervento dell'Ordine nazionale degli Psicologi e del ministro alla Salute, Livia Turco. "Un quadro allarmante" ha detto Mancuso commentando l'articolo, "con figure di primo piano coinvolte nell'applicazione di pseudo terapie di guarigione dall'omosessualità che derivano dalle teorie imbevute di pregiudizi e luoghi comuni di un sedicente terapeuta cattolico americano Joseph Nicolosi".

"Il giornalista è stato ascoltato da vari psicologi dell'équipe di Tonino Cantelmi, presidente e fondatore dell'Associazione italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici e docente di psicologia all'Università Gregoriana, e poi si è sottoposto per sei mesi a sedute di guarigione. Il fatto è gravissimo perché - spiega Mancuso - ricordiamo a tutti che il 17 maggio 1990, dopo secoli di persecuzione, l'Organizzazione mondiale della sanità ha definito l'omosessualità una variante naturale della sessualità".

"Negli anni immediatamente successivi gli Ordini internazionali degli Psicologi e degli Psichiatri, che da decenni premevano per l'abolizione dell'omosessualità come malattia mentale, hanno recepito la decisione dell'Oms, così come tutti gli stati democratici, le istituzioni europee e dell'occidente. Inoltre dal racconto si evince - sottolinea Mancuso - che in questi studi di psicologi cattolici reazionari sono presenti molti adolescenti minorenni, portati dai propri genitori, il che significa che queste persone sono in qualche modo forzate a curarsi da una patologia inesistente".

"Chiediamo l'immediato intervento dell'Ordine nazionale degli Psicologi e del ministro alla Salute Livia Turco, affinché queste pericolose pratiche di condizionamento sulle persone cessino immediatamente. Vogliamo inoltre sapere - prosegue Mancuso - se Cantelmi, i suoi collaboratori, i corsi di terapie individuali e collettivi, siano in qualsiasi modo riconosciuti o sostenuti finanziariamente dalla sanità pubblica oppure attraverso fondi derivanti dall'8 per mille".

"Denunciamo infine - conclude Mancuso - come in tutto il paese, come più volte evidenziato da nostre comunicazioni e di altre associazioni di persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, imperversino gruppi di psicologi o sanitari cattolici, che nelle parrocchie e in altri ambiti ecclesiastici propagandino la cura dell'omosessualità, senza che alcuna autorità preposta sia per ora intervenuta a contrastare teorie altamente lesive della dignità delle persone omosessuali".

(23 dicembre 2007)
http://tinyurl.com/2btv7d

giovedì 20 dicembre 2007

Anche l'Ungheria ha le partnership civili per i gay

Dopo la repubblica Ceca e la Slovenia anche un altro paese dell`Est Europa apre ai diritti per le coppie omosex: limitazioni solo per le adozioni, ma via libera ad assistenza sanitaria, diritti di successione e pensioni.



Il governo di centro sinistra ha approvato in Ungheria la legge che introduce per le coppie omosex molti dei diritti del matrimonio. Il registro delle parnership inizierà ad avere effetto nel gennaio 2009. La legge prevede garanzie per fare la dichiarazione congiunta dei redditi, per l'assistenza sanitaria e assicura diritti di successione, sicurezza sociale e in materia pensionistica.

Le uniche limitazioni sono nei diritti di adozione e l'assunzione l'uno del cognome dell'altro. Il partito di maggioranza, quello socialista, ha dichiarato che questa legge è il primo passo perchè il pieno matrimonio è un passo al quale la società non è ancora pronta.
Nell'Europa dell'Est, la repubblica Ceca e la Slovenia hanno già leggi che riconoscono le coppie dello stesso sesso. Il governo ungherese ha un ministro gay dichiarato, Gabor Szetey (in foto).



Giorgio Lazzarini
redazione@gay.tv

http://tinyurl.com/2ezuyc

lunedì 10 dicembre 2007

"I gay sono bimbi mai cresciuti, conservano creatività e fantasia"

Fa discutere la tesi dell'etologo Desmond Morris
La nuova teoria pubblicata nell'ultimo libro dello scienziato "The naked man"
"Il loro sviluppo si interrompe prima del tempo". Gli scienziati: "Una stupidaggine"

di ENRICO FRANCESCHINI


I gay sono eterni bambini. O meglio, adulti non del tutto cresciuti, che hanno conservato "da grandi" la fantasia, la spontaneità e la meravigliosa ingenuità dei più piccini. A formulare questa inedita teoria è Desmond Morris, il celebre etologo e zoologo inglese, in un nuovo libro pubblicato in questi giorni in Gran Bretagna, dal titolo "The naked man" (L'uomo nudo), e subito fonte di discussioni e polemiche. È un completo ribaltamento delle idee in materia che lo studioso aveva espresso nelle sue opere e lezioni precedenti.

Il professor Morris aveva creduto a lungo, infatti, che le tendenze omosessuali fossero dovute soprattutto alla mancanza di una forte figura paterna in famiglia, insomma a un padre debole. Ma adesso ha cambiato opinione, sostenendo che a rendere gay le persone è la neotonia, un termine usato in zoologia per identificare il momento in cui lo sviluppo di una determinata specie si arresta prima del tempo e l'animale conserva allora in età adulta alcuni tratti infantili, adolescenziali, giovanili.

Da sempre scettico sulla possibilità che l'omosessualità abbia una qualche base genetica, nel nuovo libro Morris sottolinea il fatto che i gay sono in genere "più inventivi e creativi degli eterosessuali, proprio perché posseggono l'agilità mentale e la giocosità dell'infanzia".

La prova di questa teoria non viene dal regno animale, come in passato, quando Morris ha sempre cercato di spiegare e studiare i comportamenti umani servendosi della zoologia come modello, e in particolare analizzando le numerose somiglianze di comportamento fra le scimmie e gli umani.

Stavolta lo scienziato trova la sua dimostrazione nel mondo dell'arte e dell'intelletto umano. "In generale i gay hanno contribuito alla vita culturale e all'arte in modo proporzionatamente molto maggiore degli eterosessuali. Conservare in età adulta la giocosità dell'infanzia è un fattore molto positivo per chi opera in settori creativi".

L'autore del best seller "La scimmia nuda" (ossia l'uomo, inteso come una scimmia che ha perso il pelo), il best-seller del 1967 che lo rese famoso in tutto il mondo, cita nel suo libro ad esempio della maggiore creatività dei gay personaggi come Socrate, Leonardo da Vinci, Ciakowskij, Oscar Wilde, Lawrence d'Arabia: ma a parte che non tutti i biografi concordano con l'omosessualiutà di tutti i personaggi citati, Morris tralascia di considerare il gran numero di artisti eterosessuali, a cominciare da donnaioli impenitenti come Picasso e Norman Mailer, per citarne solo un paio frai tanti.

I gruppi e le associazioni omosessuali in Gran Bretagna non hanno comunque reagito alla tesi che li descrive come eterni fanciulli, forse perché, dimostrabile o meno che sia, l'autore attribuisce comunque un attestato di grande creatività ai gay di ogni tempo, dall'antichità ai giorni nostri, osserva il Sunday Times, che ha pubblicato ieri un'anticipazione del libro di Morris.

Meno convinta è la comunità scientifica: "Dove sono le prove?", commenta il professor Steve Jones, docente di genetica alla University City London. "È un'idea stupida, non sorretta da alcuna dimostrazione scientifica".

http://tinyurl.com/32r9kg

mercoledì 5 dicembre 2007

New York: «Turisti gay cercasi»

Spot, inserzioni e 30 milioni di dollari già stanziati dal sindaco Bloomberg. «Sono ricchi e spendaccioni»
Obiettivo: portare 50 milioni di visitatori entro il 2015

di Alessandra Farkas


«Turisti gay cercasi». Non è una battuta: per la prima volta nella storia, la città di New York ha deciso di corteggiare attivamente i gay e le lesbiche, per convincerli a trascorrere una vacanza nella Grande Mela. Lo rivela alla stampa Usa un portavoce dell’amministrazione Bloomberg, secondo cui il comune di New York prevede di spendere 30 milioni di dollari per attrarre i gay di oltre 20 nazioni sulle rive dell’Hudson. «Contiamo di portare 50 milioni di visitatori nella Big Apple entro il 2015», spiega il portavoce, «i gay sono uno dei gruppi più importanti».

LA CAMPAGNA PUBBLICITARIA - E infatti la NYC & Company, l’agenzia turistica della città, ha già pubblicato un’inserzione di tre pagine sul prossimo numero della rivista gay «Out». Spot pubblicitari appariranno presto su «Logo», il network nazionale via cavo che trasmette programmi per lesbiche e gay 24 ore su 24. E se non bastasse i siti web gay, bisessuali e transgender presto saranno inondati di pubblicità che invitano ad approfittare degli speciali sconti offerti ai gay a San Valentino dai più leggendari ristoranti e alberghi di New York. Come mai questo improvviso interesse per i gay? «Oltre ad essere un segmento demografico in enorme espansione, i gay sono statisticamente più ricchi, sofisticati e spendaccioni», replica un funzionario del comune. «In altre parole: sono i clienti ideali per la nostra industria del turismo. In ripresa dopo la crisi dell’11 settembre».

L'INIZIATIVA - In una città dove persino l’ex sindaco conservatore e repubblicano Rudy Giuliani vantava politiche pro-gay, esistono centinaia di locali, spettacoli teatrali, gallerie d’arte, ristoranti e boutique disegnati per attrarre soprattutto un pubblico gay. Come dimostra il sito http://nycvisit.com/content/index.cfm?pagePkey=168. «Il nostro messaggio è chiaro - spiega Christine Quinn, la prima portavoce del Comune apertamente gay -. Questa è New York ed è una città per tutti, dalle famiglie, ai singoli, alle coppie gay». L’unico neo dell’iniziativa? «Essere arrivata tardi - replica la Quinn - Un’omissione che ha ovviamente danneggiato la nostra città. Perché il turismo porta soldi, idee e cultura. Quindi lavoreremo molto sodo per correggere questa lacuna».


http://tinyurl.com/ynqk87

martedì 4 dicembre 2007

No di D'Alema alle nozze gay: offesa a tanti italiani

«Non sono cattolico ma avverto il fascino della fede»
di Fabrizio Caccia


È un D'Alema che non t'aspetti, quello che ieri mattina, nell'Aula magna dell'istituto tecnico «Cristoforo Colombo», parla per due ore con i ragazzi. Tema del dibattito: i giovani e i partiti. Il ministro degli Esteri si apre molto con gli studenti, li preferisce chiaramente ai giornalisti. E dice cose forti. Racconta loro del fulminante incontro con il cardinal Martini a Gerusalemme («Io non sono cattolico, ma avverto il fascino della fede e il cardinal Martini ti comunica il senso di questo fascino...»).

Cita Remo Bodei e Max Weber, Leibnitz e Voltaire. Ma soprattutto risponde chiaro alle domande: «No, non sono favorevole al matrimonio tra omosessuali — dice a Francesca della V B — perché il matrimonio tra un uomo e una donna è il fondamento della famiglia, per la Costituzione. E, per la maggioranza degli italiani, è pure un sacramento. Il matrimonio tra omosessuali, perciò, offenderebbe il sentimento religioso di tanta gente. Due persone dello stesso sesso possono vivere uniti senza bisogno di simulare un matrimonio. Lo Stato, però, deve riconoscere loro diritti civili e sociali. Mi accontenterei di fare la legge...». Martina della V E gli chiede dei benefit dei parlamentari: «Io ho sempre pagato il cinema — le risponde D'Alema — e se vado in vacanza il viaggio lo pago io, come quest'estate che sono stato ad Atene con AirOne. Se vuole le porto gli scontrini... ». Risposta pronta anche quando Jacopo della V B prova l'attacco ad effetto: «Lei che è coinvolto in vicende giudiziarie... ». «Guardi, la rassicuro, non sono coinvolto in alcuna vicenda...», replica il vicepremier.

E l'Islam? «Il fondamentalismo non è un residuo arcaico, ma un fenomeno della globalizzazione — spiega D'Alema —. È la reazione alla paura di essere cancellati dal mondo occidentale. L'Islam per tradizione è tollerante, se non fossimo andati noi a dargli fastidio con le crociate...». Infine, l'antipolitica: «La crisi dei partiti non vuol dire che è finita la politica». Anzi. Ma servirà «una rivoluzione che spazzi via il teatrino e riporti al centro i problemi grandi: la pace, la guerra, l'aria che respiriamo... ». Come fu la sua, nel '68, quando ci fu «una radicale svolta generazionale». Ecco: servirà «una nuova generazione che arriva come un'ondata e pulisce tutto». Magari è proprio questa che oggi gli sta davanti. Ma per imporsi dovrà usare «la forza», non quella cattiva, quella buona, cioè dovrà «far sentire la propria voce», «cambiare l'agenda». I ragazzi applaudono. «È difficile che chi ha il potere lo lasci — li avverte, però, il ministro —. Dipenderà da voi».

http://tinyurl.com/363x9w

mercoledì 28 novembre 2007

Nazibullismo: svastica e "gay" sul petto di un compagno

L'ennesimo atto di violenza si è consumato in una scuola di Finale Ligure dove tre ragazzini tra i 13 e i 14 anni hanno legato un coetaneo e poi scritto 'gay' e disegnato una svastica sulla sua pelle.


Lo hanno legato mani e piedi e poi con una biro hanno scritto 'gay' e disegnato una svastica sul suo petto. E' successo all'istituto alberghiero Migliorini di Finale Ligure dove tre ragazzini tra i 13 e i 14 anni hanno preso di mira e aggredito un compagno di scuola coetaneo prima della lezione di educazione fisica. L'insegnante, vedendoli ritardare e accorgendosi che il ragazzo al suo arrivo in Gay.it - Nazibullismo: svastica e 'gay' sul petto di un compagno palestra aveva gli occhi lucidi ha insistito perché dicesse cosa fosse accaduto. A quel punto la giovane vittima ha alzato la maglietta mostrando il disegno e la scritta che aveva sul petto.
Il professore, Alessandro Gozzi, ha immediatamente denunciato l'accaduto al preside dell'istituto Giovanni Claudio Bruzzone. Grazie anche all'aiuto degli altri alunni che non hanno coperto i compagni autori dell'aggressione, è stata accertata la dinamica dei fatti e sporta denuncia ai Carabinieri, che adesso pare procederanno per i reati di violenza privata, ingiuria e atti discriminatori di stampo razzista, oltre che al tribunale per i Minori.

"L'episodio di bullismo omofobo avvenuto nell'Istituto alberghiero Milgiorini di Finale Ligure è agghiacciante". Con queste parole Imma Battaglia, presidente di Di' Gay Project, condanna l'episodio di violenza. "Un atto lesivo della dignità della persona e una vera e propria violenza fisica ai danni di un minore" continua. Per il presidente di Di' Gay Project "se in questo episodio la scuola si è mossa immediatamente, non possiamo certo dire la stessa cosa della politica che è ancora in ritardo nel contrastare con leggi specifiche l'omofobia e la transfobia". Di qui la richiesta di "un intervento, chiaro, serio ed immediato del ministro Fioroni volto a contrastare il bullismo nelle scuole", ma anche di un impegno da Gay.it - Nazibullismo: svastica e 'gay' sul petto di un compagno parte del ministro dell'Interno Amato si impegni "affinché i Comitati provinciali per l'ordine e la sicurezza pubblica affrontino il tema della violenza di matrice omofoba e transfoba". L'associazione chiede, inoltre, "che rapidamente si estenda la legge Mancino anche agli atti di discriminazione e abuso per orientamento sessuale e identità di genere". Per quanto tempo ancora, si chiede Battaglia, "i cittadini dovranno pagare sulla propria pelle l'arretratezza delle nostre leggi e il silenzio della politica sulla violenza verso le persone omosessuali e transessuali?".

"Apprendiamo con sdegno e orrore quello che e' accaduto" commenta in una nota il circolo di cultura omosessuale 'Mario Mieli'. "Il gesto - si legge nel comunicato- è gravissimo, non solo perché ha offeso e scioccato il ragazzo, che ha avuto però il coraggio di denunciare l'accaduto, ma anche perché richiama a pratiche del passato che dovrebbero essere solo un brutto ricordo". Quello che per i tre ragazzi "puo' essere stato forse solo un gesto sciocco, un modo per imporre la loro 'forza' su un altro compagno - sottolinea ancora la nota- è per noi invece indice gravissimo di una Gay.it - Nazibullismo: svastica e 'gay' sul petto di un compagno generale tendenza ad emarginare e a stigmatizzare anche con violenza gratuita le persone omosessuali e riapre ogni volta ferite mai rimarginate". Inoltre, il circolo Mieli insiste sulla necessità di "formare studenti ed anche insegnanti alla cultura della diversità ed auspichiamo una normativa che tuteli le persone omosessuali da atti di violenza fisica e verbale".

Intanto, dopo le insisente delle associazioni LGBT, Il Ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni ha disposto, tramite il Direttore dell'Ufficio scolastico regionale della Liguria Attilio Massara, una visita ispettiva nell'istituto "Migliorini" per verificare i fatti accaduti e adottare i provvedimenti necessari.

http://tinyurl.com/28ws2t

lunedì 26 novembre 2007

Si può crescere felici e sereni con due genitori dello stesso sesso? Le ricerche dicono di sì

E le storie di armoniosa normalità che abbiamo raccolto lo confermano
di Vanna Assumma


Una bambina racconta al nuovo amico: «lo ho due mamme e tre cani». E il piccolo, di 4 anni, esclama allibito: «Tre cani?». Sembra una battuta, eppure la dice lunga su come i bambini vivono oggi le loro famiglie: con assoluta normalità, anche se composte da genitori dello stesso sesso. Molti obietteranno che i bimbi in età prescolare non si fanno molte domande, ed è vero, perché hanno una facilità di accettazione e una propensione alla scoperta senza alcun pregiudizio: tutto va bene purché sia positivo e armonioso. Diventando grandi invece ci si scontra con "gli altri" e cioè con una realtà sociale che fa fatica ad accettare le variazioni dalla norma, le cosiddette "diversità". Ma, paradossalmente, più ci si avvicina al diverso più ci si accorge che è uguale.

Entriamo in casa di Giuseppina e Raphaelle, due donne che si amano. Giuseppina dà un bacio a Lise Marie, di 4 anni. Si coccola la sua bambina e questa, contenta, si allontana e si mette a canticchiare gira su se stessa un po' di volte e poi si butta nelle braccia di Raphaelle. E' allegra, solare, assorbe e vive quotidianamente l'amore che unisce i suoi genitori. Ancora non sa di quello che si chiede la gente: «Ma la piccola non fa confusione? Come le chiama? Mamma e co-mamma: Mamma-1 e mamma-2?».

Verrebbe da rispondere: perché, i bimbi non hanno normalmente due nonne e non sono perfettamente in grado di distinguerle? «Nostra figlia», racconta Giuseppina, «è un vero miracolo. L'amiamo tantissimo, l'abbiamo desiderata sopra ogni cosa. E stata una gravidanza "preziosa", anche perché non è stato facile concepirla. E adesso le diamo la solidità di una famiglia che l'ha cercata, e mai l'avrebbe voluta diversa da com'è». Giuseppina è una donna agguerrita, presidente dell'associazione Famiglie Arcobaleno che vuole dare visibilità e dignità ai nuclei omogenitoriali. «L'importante», continua, «per far crescere serenamente un figlio in una famiglia di sole donne è che i genitori abbiano accettato la propria omosessualità, cioè che non vivano una sorta di omofobia interiorizzata. Gli omosessuali sono sempre stati oggetto di luoghi comuni: si parla di loro come dì persone solo dedite all'edonismo, senza alcun senso di responsabilità. Ed è fuorviante perché in realtà facciamo una vita assolutamente normale». Parlando con Giuseppina e Raphaelle, così come con altre coppie, ci si rende conto che non hanno voluto un bambino per "puro egoismo", come a volte si sente dire, ma che anzi si sono poste il problema del "bene dei figli", si sono chieste come possa crescere un individuo senza la figura paterna, se sia o meno necessaria, e in che termini. Conferma Virginia, che vive da sette anni con Martina: hanno un bimbo di 15 mesi, Luca, e un altro in arrivo: «I nostri figli non hanno un padre, ma la nostra famiglia non parte con l'idea di una figura mancante, bensì con la pienezza di due adulti che si amano, di due importanti persone di riferimento, complementari tra loro anche se sono entrambe figure femminili». Virginia e Martina sono andate in Danimarca a fare l'inseminazione artificiale e attraverso la riserva di seme sono riuscite ad avere ognuna un bambino dallo stesso donatore. Di fatto sono fratelli, anche se per la legge italiana non hanno alcun legame. Cosa diranno ai figli quando inevitabilmente chiederanno come sono nati? «Gli diremo che li abbiamo desiderati tanto. Che in Danimarca un signore ci ha dato un seme da cui loro sono cresciuti. Quello per noi è davvero solo un seme, non è certo un papà. Pensiamo che sia corretta questa precisazione, proprio nel rispetto per i padri: se considerassimo il donatore un papà, sviliremmo il senso e il valore della figura paterna che non è solo generatrice di vita ma è soprattutto colui che ama il bambino, lo segue, l'ha desiderato e se ne assume le responsabilità. Per il resto, cerchiamo più contatti possibili con gli uomini. Abbiamo molti amici etero con figli, con i quali ci vediamo di frequente. Il nonno inoltre è un importante punto dì riferimento per il nostro bimbo e lo portiamo spesso da lui. Quando crescerà, cercheremo di trovare figure maschili autorevoli, per esempio l'allenatore sportivo o l'insegnante».

Quanto allo sviluppo psico-affettivo dei figli di famiglie omogenitoriali, recenti ricerche hanno evidenziato che la possibilità che questi bambini diventino anch'essi omosessuali è bassissima, o di poco superiore alla probabilità che hanno persone cresciute in una famiglia tradizionale (vedi box nella pagina seguente). «Il fatto è», osservano Claudia e Francesca, mamme di tre bambini, «che l'identificazione è molto complessa ed è un mix di più fattori.

Per esempio Filippo, di 7 anni, è molto maschile, gli piacciono i Power Rangers e le spade, mentre Nicola, di 5 anni, è più "tranquillo", più timido, ama dar da mangiare al bambolotto della sorella». Ogni bambino richiede quindi un'attenzione specifica, mirata alle sue personali esigenze. Un presupposto di partenza per tutti i genitori, sia che facciano parte di realtà tradizionali o di nuovi tipi di famiglie, che oggi non sono solo quelle omosessuali, ma anche i nuclei allargati e ricostituiti, i single con prole, le unioni di fatto.

Per quanto riguarda le famiglie omosex, il percorso per arrivare alla genitorialità non è sempre uguale: in alcuni casi i figli sono stati desiderati all'interno della coppia, in altri provengono da un precedente rapporto. Il che significa che hanno un padre. È il caso di Elena i cui bimbi, quando si è separata dal marito, avevano 8 e 12 anni. «Mi sono innamorata di Irene ed è stato difficile parlare con i bambini della mia scelta. Non l'ho fatto subito perché avevo paura di non essere accettata. A un certo punto, però, mi sono rivelata perché mi sembrava di prenderli in giro. Ed è stato bello. I bambini hanno capito che alla base del mio rapporto con Irene c'è un forte sentimento e per loro è questo che conta. Il grande mi ha detto: "L'avevo intuito, ma sono felice che tu me ne abbia parlato. Ora mi spiego la rabbia del papà e capisco la tua scelta di andartene". Devo dire che i bambini hanno una capacità incredibile di accettazione. L'anno scorso mi ha chiamato un'emittente televisiva per parlare della mia situazione familiare. lo ho allora chiesto ai miei figli se a loro potesse dare fastidio vedere la mamma esporsi pubblicamente con la sua compagna. "Vai mamma, è la tua vita, ti guarderemo anche noi", è stata la loro risposta. E mentre eravamo in trasmissione ci è arrivato un sms che diceva: "Mami e Irene siete fantastiche. Noi vi vogliamo tanto bene". Certo, a volte il piccolo tornava a casa lamentandosi che a scuola hanno parlato male di me: non è facile affrontare il mondo esterno, ma loro ci riescono perché hanno accettato la situazione. Ora il piccolo ha 15 anni e per il suo compleanno ha voluto fare la festa con i compagni di classe nel bar che gestiamo io e Irene, che di sera è frequentato da sole donne. Gli ho detto che forse i suoi amici non avrebbero apprezzato e invece lui ha insistito. Alla fine si sono trovati tutti bene, addirittura i suoi compagni sono tornati al bar più volte, chiacchierando con noi in tutta tranquillità».

Meno intolleranza del previsto, dunque: "Temevamo di essere emarginate, essendo la nostra una famiglia atipica», osservano Claudia e Francesca, «e invece, il più delle volte, riceviamo solidarietà da parte delle persone. Addirittura alcune insegnanti dei nostri figli sono andate al convegno che è stato organizzato recentemente da Famiglie Arcobaleno, per capire meglio la realtà dei nuclei omosessuali, Per le maestre quello che conta è che i bambini stiano bene. Loro ci considerano genitori attenti, che seguono i figli. Sanno che se ci sono problemi gliene parliamo, diamo sempre la nostra disponibilità per fare dei lavoretti a scuola, quando viene richiesto: c'è davvero una forte stima reciproca».

E’ chiaro insomma che la tendenza sessuale non ha niente a che fare con il ruolo genitoriale: ciò che conta per la crescita di un bambino è la qualità delle relazioni all'interno della famiglia.


DICE LA LEGGE

Nel nostro Paese c'è un vuoto legislativo: I bimbi di una coppia omosessuale non sono tutelati dalla legge italiana, che riconosce solo il genitore biologico, da cui prendono il cognome, non il compagno dello stesso sesso. Così, in caso di morte della madre biologica, il bambino è sostanzialmente orfano. non ha il diritto a essere accudito dall'altro 'genitore" nonostante sia a esso legato affettivamente. In caso di separazione, la convivente della madre biologica deve fare un'incredibile battaglia legale affinché gli venga riconosciuta la continuità affettiva con il minore. In Germania, Inghilterra. Belgio. Olanda. Spagna, Danimarca e Norvegia è stato introdotto invece un escamotage legale, cioè l'adozione del figlio da parte del partner omosessuale, a garanzia del bambino, perché possa essere assistito da chi ama e da chi è amato. Così avviene in alcuni Stati degli Usa e, addirittura. in Quebec e in Australia, i partner, nel momento in cui nasce un figlio, vengono automaticamente riconosciuti entrambi genitori legali. Purtroppo l'Italia disattende le normative internazionali. come la Carta di Nizza del 2000 e la risoluzione del Parlamento europeo del 4 settembre 2003. che sollecitano il riconoscimento della famiglia omogenitoriale. Per maggiori informazioni rivolgersi a Famiglie Arcobaleno (wmv.famigliearcobaleno.org), associazione Italiana che ha lo scopo di dare visibilità ai nuclei omogenitoriali".


BAMBINI NORMALI


Non sono state rilevate differenze sul piano dello sviluppo psico-affettivo tra i figli di coppie eterosessuali e quelli di coppie omosessuali.

Questo è quello che emerge da libri come Mamme e papà omosessuali di Monica Bonaccorso (Editori Riuniti); La gaia famiglia. Omogenitorialità di Margherita Bottino e Daniela Danna (Asterios), e Genitorialità a rischio. Ruoli, contesti e relazioni di Alessandra Salerno e Angela Maria Di Vita (FrancoAngeli). Anche il testo più recente, edito in Francia. Petite bibliographie à l'usage des parents omosexue/s. cita importanti studi condotti da psicologi, sociologi, psichiatri e psicopedagogisti su bambini di tutto il mondo nati da genitori dello stesso sesso. Di queste ricerche. la quasi totalità (si parla del 99%) testimonia che lo sviluppo è sano e armonioso. "Direi che da un punto di vista psico-affettivo», sottolinea Anna Oliverio Ferraris, ordinario di Psicologia dello sviluppo all'università La Sapienza di Roma, «la crescita di questi bambini è assolutamente equilibrata e non presenta differenze rispetto a chi nasce in una famiglia cosiddetta tradizionale. Purché ci sia una complementarietà tra le due donne, cioè che una sia più emancipante e l'altra più protettiva. Cosa che comunque di norma accade. È però importante che questi bimbi abbiano comunque modelli maschili che siano di riferimento per la costruzione della loro identità".


QUANTI SONO?

Sono circa 100mila i minori in Italia (e in America sono un milione) che hanno uno o due genitori omosex. Alcuni sono nati da rapporti eterosessuali precedenti, altri all'interno della coppia omosessuale. I datì non sono precisi perché l'Istat non prende in considerazione le famiglie omogenitoriali, ma in base alla ricerca Modi Di (www.modidi.net) il 5% degli omosessuali italiani ha figli e in prevalenza si tratta di coppie di donne. Oltre i 40 anni. il 20,4% delle lesbiche diventano genitori. Scelta che spesso comporta , lunghi viaggi e spese rilevanti per andare all'estero a fare l'inseminazione artificiale. In Italia. infatti, non è consentita la fecondazione eterologa, cioè da donatore esterno, mentre in Belgio, Olanda. Danimarca, Spagna e in molti altri Paesi, le coppie omosessuali sono considerate alla stessa stregua delle coppie eterosessuali sterili e vengono così aiutate a concepire come se avessero problemi di fertilità. E il servizio é offerto oltre che dalle cliniche private anche dagli ospedali pubblici.

http://tinyurl.com/2ymjdc

domenica 25 novembre 2007

Bari, picchiato in strada perché gay

Un ragazzo di 20 anni è stato picchiato con violenza da un gruppo di cinque persone perchè gay. La notizia è stata pubblicata oggi dalla "Gazzetta del Mezzogiorno".


L'episodio - sul quale indagano i carabinieri - è avvenuto in viale Unità d'Italia, a Bari. I cinque, secondo quanto riferisce il quotidiano, hanno chiamato per nome la vittima e prima di prenderlo a calci e a pugni, lo hanno accusato di essere un omosessuale. Poche le persone che erano in strada in quel momento e che comunque non sono intervenute.

Il ragazzo ha riportato contusioni varie ed una leggera infrazione all'omero che potrebbe pregiudicare la sua attività di musicista.


http://tinyurl.com/23g664

lunedì 19 novembre 2007

È gay e va in tv. E il parroco lo caccia

Un 21enne di Este, ex chierichetto e catechista, fa outing (in realtà coming out, NdT): espulso dal coro della Chiesa
La «confessione» al programma Ciao Darwin. Lui è un militante di Forza Italia



PADOVA - È gay, partecipa al programma televisivo «Ciao Darwin» che andrà in onda martedì sera, e il parroco lo caccia dal coro della chiesa. Tutto accade a Este, in provincia di Padova, ed è il quotidiano «Il Mattino di Padova» a raccontare la storia di Alberto Ruggin vent'anni, un passato di capochierichetto e di catechista, tra i fondatori del Circolo delle Libertà di Este, che non si vergogna e ritiene di aver fatto la cosa giusta, ma non tutti sono d'accordo con lui.

Ruggin ha dichiarato apertamente di essere gay, partecipando al programma tv di Paolo Bonolis nella squadra degli omosessuali che sfida gli eterosessuali. Ma il parroco della chiesa nella quale Ruggin, cantava nel coro, ha ritenuto che la sua omosessualità fosse motivo di esclusione dal gruppo. Ruggin, residente a Este, paese che in passato era una delle roccaforti del Veneto «bianco» ha raccontato che dopo aver fatto outing sulla sua natura sessuale in seguito alla partecipazione a «Ciao Darwin», il giovane, che da sempre partecipa alle attività della parrocchia della basilica delle Grazie - ex capochierichetto e catechista e da sette anni voce nel coro della chiesa - ha spiegato che il parroco, don Paolino, lo avrebbe invitato a non farsi più vedere alla corale a causa della sua omosessualità. «Lasciamo perdere queste cose», si è limitato a dire laconicamente il parroco.

Il sacerdote, stando al racconto di Ruggin al quotidiano, avrebbe circoscritto la reprimenda alla partecipazione al coro, non vietando al giovane di prender parte alla messa. La storia di Ruggin, tra i fondatori del Circolo delle Libertà di Este, ha destato scandalo nel paese, dividendo gli stessi compagni di partito del ragazzo fra posizioni solidali e prese di distanza sul modo pubblico scelto per rendere note le sue preferenze sessuali.


http://www.corriere.it/cronache/07_novembre_19/chirichetto_gay_ciao_darwin.shtml

venerdì 9 novembre 2007

La Treccani "riconosce" le unioni di fatto. Scoppia la polemica, Cdl all'attacco

La grande enciclopedia alla voce matrimonio decreta che "il riconoscimento giuridico, in uno stato laico e democratico, risponde a basilari principi di equità"
di ALESSANDRA LONGO

Andate alla voce "matrimonio" della Treccani e scoprirete che mentre il Parlamento italiano è ancora incartato tra ex Pacs, ex Dico, ora Cus (Contratti di Unione solidale), la Grande Enciclopedia Italiana ha già fatto i conti con la realtà, e con il dibattito europeo, decretando che il "riconoscimento giuridico" e la tutela delle unioni di fatto rispondono, "in uno Stato laico e democratico, a basilari principi di equità sociale".

Apriti cielo, secondo il centrodestra, anche la Treccani è passata col nemico. È bastato che le agenzie di stampa riportassero ampi stralci della recentissima voce curata da Alessandra De Rose, per la settima appendice all'Enciclopedia (aggiornamento in due volumi diretto dal filosofo Tullio Gregory), ed ecco partire un imbarazzante fuoco di sbarramento proveniente soprattutto dalle trincee di Forza Italia e dell'Udc.

I curatori l'hanno spiegato chiaramente: non avevano, e non hanno, nessuna intenzione, parlando di coppie di fatto, "di intaccare in alcun modo l'istituto del matrimonio e il principio del favor matrimonii", la loro è una autorevole presa d'atto dei tempi che cambiano. Il matrimonio, visto dalla Treccani (ma anche da tutti i laici di questo Paese), non è l'unica "modalità prevalente di vita di coppia", come lo è stato fino alla metà del XX secolo. Col passare degli anni, leggiamo sulla Treccani, "la posizione di monopolio" è andata incrinandosi. Semplicemente si sono affermate forme "di costituzione della famiglia" diverse.

La Treccani fornisce le cifre: le unioni di fatto sono passate dall'1,8 per cento (biennio '94-'95) al 3,6 per cento del totale delle coppie nel 2001. Dati oggettivi, fenomeno sotto gli occhi di tutti come lo è, sottolinea l'Enciclopedia, la constatazione che solo pochi Paesi, tra cui l'Italia, sono indietro nel cammino di riconoscimento pubblico della famiglia di fatto con l'equiparazione giuridica alla famiglia di diritto, ossia quella fondata sul matrimonio. Analisi peraltro cauta che considera "lontana e, forse, considerate le condizioni sociali e culturali, neanche opportuna, l'introduzione di istituti "sconvolgenti" come il matrimonio tra gay".

Eppure, Isabella Bertolini, fedelissima del pluriammogliato Berlusconi, strilla indignata: "Anche la Treccani è diventata strumento di propaganda!". Le danno man forte Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, che parla di "una scelta fuori luogo fatta dall'Istituto diretto dal professor Francesco Casavola" e il forzista Maurizio Lupi, convinto di trovarsi di fronte ad una tipico caso di "genuflessione al laicismo".

Barbara Pollastrini, ministro per le Pari Opportunità, in riunione con i suoi collaboratori, legge le dichiarazioni e si limita ad un commento amaro: "Ancora una volta la cultura e la società sono più avanti della politica e delle istituzioni, nell'analisi del senso comune, nella visione della società. Dobbiamo essere noi a colmare questo ritardo". Rina Gagliardi, senatrice di Rifondazione, sorride dell'indignazione degli avversari, di quel sospetto di una Treccani addirittura "comunista": "L'Enciclopedia fa il suo dovere, registra la realtà. Certo, alle gerarchie ecclesiastiche e ai teodem piacerebbe che rimanesse ferma al Medioevo".

È sera quando, negli uffici dell'Enciclopedia, arrivano telefonate, richieste di commento. Sconcerto, imbarazzo, fastidio. Il professor Gregory liquida il surreale polverone: "Noi al servizio della propaganda? Respingo queste accuse al mittente. Noi garantiamo sempre il massimo livello scientifico e siamo sempre e solo al servizio della cultura".

(9 novembre 2007)
http://tinyurl.com/yvwfaw

domenica 4 novembre 2007

Addio a Massimo Consoli, padre dei gay italiani

Se ne va a sessantadue anni uno dei grandi pionieri del movimento e della coscienza omosessauli italiani. Nel 1963 a diciotto anni fondò il primo gruppo semilcandestino `La rivoluzione è verde`. La grande lezione della memoria.


"Luciano Massimo Consoli ci ha lasciato alle 01:50 del 4 Novembre 2007. Per cortesia date la notizia a tutti. Lorenzo."
Arriva nella notte tra sabato e domenica, con un messaggio diffuso da suo figlio, la notizia della morte di Massimo Consoli, uno dei grandi padri fondatori del movimento LGBT italiano. Dopo una battaglia contro il cancro iniziata nel 2001, lo scrittore, storico, giornalista italiano ha ceduto al male. Le condizioni erano peggiorate nelle ultime settimane.

Ricorderemo ora e sempre Massimo Consoli per la sua grande lezione sul valore assoluto della memoria, per il suo impegno affinché la storia e lo studio di essa, ci guidino alla presa di coscienza e al raziocinio, indispensabili per l'affermazione delle libertà individuali.


http://tinyurl.com/yrfdhx

venerdì 2 novembre 2007

E' morto don Benzi, pubblico un suo saggio di omofobia

"Non esiste il diritto al riconoscimento delle unioni omosessuali. L'omosessualità può essere corretta"


Da "Corriere Romagna", 12 giugno 2006

----

Benedetto XVI nell'aula della benedizione in Vaticano rivolgendo la parola ai partecipanti al convegno internazionale organizzato del pontificio Istituto Giovanni Paolo II, ha affermato: "Solo la roccia dell'amore totale e irrevocabile tra uomo e donna è capace di fondare la costruzione di una società che diventi una casa per tutti. Ora è urgente evitare la confusione con altri tipi di unione. Gli omosessuali chiedono il riconoscimento dei loro diritti come coppie conviventi. L'On. Grillini ha già un disegno di legge in tale senso da inoltrare al Parlamento. Il disegno propone l'approvazione dei patti civili di solidarietà, i Pacs. Sono la fotocopia del matrimonio. Io mi rivolgo alle persone che si ritengono omosessuali chiedendo loro di rigettare qualsiasi legge che si proponga il riconoscimento io di tali unioni. "Solo attraverso il matrimonio, afferma la senatrice Binetti della Margherita, c'è un'assunzione di responsabilità verso la società".

La maggioranza dei parlamentari italiani approverà i Pacs. Questo è già deciso. Non c'è solo un problema di promesse elettorali, c'è anche il problema di non perdere voti Nel programma dell'Unione c'è la proposta del riconoscimento di diritti, prerogative e facoltà alle persone che fanno parte delle unioni di fatto.

Al fine di definire natura e qualità di un'unione di fatto, non è dirimente il genere dei conviventi né il loro orientamento sessuale. Va considerato piuttosto, quale criterio qualificante, il sistema di relazioni (sentimentali, assistenziali e di solidarietà), la loro stabilità e volontarietà.

Io mi rivolgo direttamente alle persone interessate: non esiste il diritto al riconoscimento delle unioni omosessuali. L'omosessualità può essere corretta e la deviazione psichica che le è propria rimossa. Io mi rivolgo a voi perché salviate l'identità del matrimonio naturale e cristiano. Solo voi potete salvarlo rifiutando ciò che non vi è proprio.

Appello di Don Oreste Benzi

---

Un video

lunedì 29 ottobre 2007

Reazioni degli attivisti europei alla campagna toscana contro l'omofobia

La campagna della Regione Toscana, passata sulle TV di mezza Europa, fa parlare al congresso di ILGA-Europe, la federazione europea delle associazioni LGBT


A neanche due giorni dalla presentazione, la campagna contro l'omofobia della Regione Toscana ha già fatto il giro del mondo. Le televisioni di mezza Europa ne hanno parlato e l'associazione dei poliziotti gay della Catalogna l'hanno presentata come un esempio di successo al Congresso di ILGA-Europe, la federazione europea di lesbiche, gay, bisessuali e trans.

Prima che venisse presentata, abbiamo mostrato il manifesto della campagna a singoli attivisti da vari paesi raccogliendo le loro reazioni a caldo.

Lisette (Estonia): "Mi piace perché funziona!"

Florentina (Romania): "Oh! Bella! È molto potente e intrigante e induce la gente a pensare".

Aksinia (Bulgaria): "L'ho vista sui media bulgari, penso sia eccezionale! Precorre i tempi, è molto innovativa. Capisco che causi reazioni perché a volte fa male trovarsi facci a faccia con la verità"

Monika (Germania): "Penso sia molto buona e non troppo forte, proprio giusta – spero che gli abitanti della Toscana la vedano nello stesso modo in cui la vediamo noi in Germania"

Hartmut (Germania): "Beh, dice solo come stanno le cose – è giusta – noi in Germania abbiamo una storia, quella dei campi di concentramento, e il modo in cui vediamo la campagna parte da questa consapevolezza – perciò è molto buona. Ovviamente per chi è bisessuale forse le cose sono differenti, dipende un po' da come si guarda alla cosa, ma per me, da uomo gay, di certo non c'è scelta, questo è quello che voglio e non voglio altro".

Kristi (Estonia): "Mi piace – porterà un sacco di agitazione, soprattutto in Italia, è un'immagine forte, ma mi piace."

Yves (Belgio): "È già su tutti I siti web del Belgio e c'è dibattito – I cattolici sono tutti saltati sulla sedia e intervengono dicendo "Ma come?! Non è una scelta?!" – non importa se è una scelta, si tratta di una questione di accettazione – è bene creare un dibattito, ma l'obiettivo finale è di convincere la gente che non è un problema essere omosessuale – non sappiamo se è una scelta e non dovrebbe importare, appunto – è la diversità intrinseca nella nostra società.

Vera (Romania): "È forte, mi piace!"

Miha (Slovenia): "Anche se fosse una scelta, dovresti poterla fare senza discriminazioni".

Florin (Romania): "È buona e giusta"

Joyce (Pesi Bassi): "Wow! Cosa dire? Ci devo decisamente pensare"

Tomek (Polonia): "Ha suscitato un grosso scandalo in Polonia, enorme copertura sui media!"

Marta (Polonia): "È buona, ma per la Polonia sarebbe troppo controversa – se si vuole far discutere, raggiunge decisamente lo scopo! Di certo sosterrei questa campagna".

Enric (Spagna): "In Spagna ne stanno parlando tutti – come co-presidente del Forum Europeo dei gruppi Cristiani LGBT la sosteniamo decisamente!"

Panagiotis (Grecia): "Non posso certo essere contrario – avrei preferito forse due bebé che si tenevano per mano anziché un'etichetta che dice homosexual perché le etichette te le attaccano, mentre quello che fai è quello che fai tu".

Xavier (Catalogna): "Dà bene l'idea che i diritti LGBT non sono un'opzione ma sono inopinabili – è molto buona – non è genetico ma non puoi scegliere e va bene per una campagna che non è una campagna "scientifica" ma di sensibilizzazione su un tema.

Gruppo di francesi – appena vedono la campagna incominciano a parlare e discutere a tutta velocità. Poi Philippe (Francia) esclama: " Bravo! Ha fatto discutere!"

Ben (Paesi Bassi): "Wow! È davvero grande, che campagna!"

Confrontando queste reazioni con quelle della comunità LGBT italiana forse diventa molto più chiaro perché in Italia siamo così indietro rispetto al resto d'Europa nella rivendicazione dei nostri diritti.

Riccardo Gottardi
Segretario nazionale Arcigay
http://www.gaynews.it/view.php?ID=75689


Il Viminale discrimina le coppie gay

Vietata la trascrizione in Italia perché "in contrasto con l´ordine pubblico"
di ALBERTO CUSTODERO


Il ministro dell´Interno ha vietato la trascrizione in Italia dei matrimoni gay contratti all´estero perché sono «in contrasto con l´ordine pubblico interno». Questa circolare del 18 ottobre ha scatenato le razioni dei radicali che, in una interrogazione parlamentare, accusano il Viminale di aver avviato «una campagna omofoba contro le coppie omosessuali che si sono sposate in altri Paesi dell´Unione Europea». La circolare ministeriale è stata emanata dopo il caso della coppia gay di Latina (sposata in Olanda), che s´è rivolta alla magistratura in seguito al rifiuto dell´anagrafe di iscriverli come «coniugi». E dopo le proteste per il congedo matrimoniale concesso dalla regione Friuli a un dipendente gay sposatosi in Belgio.

Nell´anno europeo per le pari opportunità, le polemiche dei radicali sulla circolare del Viminale tacciata di «omofobia» si sommano a quelle scatenate in questi giorni dal piano del welfare lombardo che garantisce assistenza «solo a chi pratica una sana e responsabile sessualità».

«Questo provvedimento della regione Lombardia - ha commentato Franco Grillini, deputato socialista e presidente dell´Arcigay - fa il paio con la "sana laicità rispettosa dei valori cattolici" di cui aveva parlato l´ex presidente della Cei, cardinale Ruini». «Ciò significa - ha chiosato il parlamentare - che se uno non è d´accordo con la sessualità come la pensa Formigoni, è escluso dall´assistenza regionale».

A proposito di matrimoni gay contratti in Paesi comunitari, il dipartimento per gli Affari Interni del Viminale ha diramato una circolare a prefetti, sindaci, ministeri degli Esteri e della Giustizia, e perfino all´Anusca (L´Associazione Nazionale Ufficiali di Stato Civile e d´Anagrafe), con le istruzioni da seguire nel caso di richieste di registrazioni da parte di sposi dello stesso sesso. Nella modulistica utilizzata per questa pratica burocratica - recita la circolare - «non si specifica il sesso degli sposi», per cui c´è il rischio (e qualche caso c´è già stato), che si registri per errore un matrimonio fra due uomini, oppure fra due donne. L´atto matrimoniale, va detto, in questo caso sarebbe nullo. Ma per evitare questi disguidi burocratici, nella circolare «si ricorda che il nostro ordinamento non ammette il matrimonio omosessuale, e quindi la richiesta di trascrizione deve essere rifiutata perché in contrasto con l´"ordine pubblico interno"». La disposizione ministeriale va poi oltre, invitando a svolgere accurate indagini per accertarsi dell´effettivo sesso dei presunti marito e moglie.

«Gli ufficiali di stato civile devono porre particolare cura alla verifica che i due sposi siano di sesso diverso, richiedendo in caso di dubbio un documento di identità dal quale si desuma inequivocabilmente il sesso degli interessati». Il Viminale spiega che la dicitura «ordine pubblico interno» non va equivocato con quello comunemente inteso, ma fa riferimento ai principi del nostro ordinamento. A questa puntualizzazione, però, obietta Franco Grillini, secondo il quale l´indirizzo del ministro dell´Interno si scontra comunque con il diritto europeo.

«C´è una direttiva comunitaria - ha dichiarato il deputato socialista - sulla libertà di circolazione delle coppie. C´è l´articolo 9 della carta dei diritti di Nizza approvata dal nostro parlamento che garantisce ad ogni persona il diritto a costituirsi una famiglia». Ci sono i pronunciamenti del parlamento europeo che vietano la discriminazione nei confronti di coppie omosessuali. E i solleciti agli stati membri (come la 1474 del 26 settembre del 2000), di adeguare le proprie legislazioni «al fine di riconoscere legalmente la convivenza al di fuori del matrimonio indipendentemente dal sesso». Per Alessandro Zan, presidente della Lega italiana nuove famiglie, «la scelta del ministro dell´Interno è una offensiva politica alla richiesta di diritti di cittadini italiani o comunitari che intendono vivere in Italia con i propri compagni».


http://www.gaynews.it/view.php?ID=75681

martedì 23 ottobre 2007

Essere gay non è una scelta. Parola di bambino

La Toscana lancia una campagna di comunicazione shock. L'immagine scelta contro l'omofobia raffigura un neonato nel letto di ospedale con il classico braccialetto. Ma sopra c'è scritto "omosessuale".
di Daniele Nardini


manifesto omofobia


Il manifesto ritrae un bambino, non perfettamente a fuoco, che è appena nato: in primo piano si nota il braccialetto di riconoscimento usato in ogni ospedale. Sopra però non c’è scritto il nome, Matteo od Elisa, Anna o Paolo, ma la parola “homosexual”. Di fianco lo slogan: “L’orientamento sessuale non è una scelta”. Come dire: qualunque sia l’origine dell’omosessualità, genetica o sociale, non si può scegliere di non esserlo se i geni o le condizioni in cui sei cresciuto hanno voluto che lo si fosse.

Il manifesto, la cui immagine è ripresa da una campagna dello stato del Quebec, verrà affisso in tutti i luoghi pubblici della Regione per sensibilizzare l'opinione pubblica. Verrano stampati anche pagine pubblicitarie, cartoline, depliant e saranno prodotti anche degli spot.

La campagna antidiscriminazioni della Toscana è stata presentata dall'assessore regionale alle riforme istituzionali Agostino Fragai, da Alessio De Giorgi, direttore di Gay.it, e da Paolo Chiappini, della Fondazione Sistema Toscana. «Il messaggio che vogliamo lanciare - ha spiegato De Giorgi - è che l'omosessualità non è una scelta ma un dato immutabile e da rispettare».

«Si tratta di una campagna pulita, che rispetta la privacy e il buon gusto – spiega l’assessore all’attuazione dello Statuto, Agostino Fragai – Certo affronta con forza ed in modo efficace una delle questioni di fondo di un tema eticamente discusso, sottolineando come l’omosessualità non possa essere considerato un vizio, ma una delle tante espressioni della personalità di un individuo».

Il 26 e il 27 ottobre durante la due giorni di lavori in cui si discuterà di discriminazioni (fra gli ospiti ci saranno anche la ministra Barbara Pollastrini, il presidente della Regione Puglia Nichi Vendola e il fotografo Oliviero Toscani), verranno affissi altri manifesti contro l'omofobia provenienti da tutto il mondo: dal Regno Unito alla Nuova Zelanda, dal Canada agli Stati Uniti, campagne di enti pubblici, associazioni di genitori e gruppi cristiani. Non a caso è stato scelto come luogo di esposizione il Festival della creatività che si svolge nella suggestiva cornice della Fortezza da Basso.

È prevista, inoltre, una mostra fotografica dell’artista islandese Dagny.

«Se l'obbiettivo ambizioso di qualche anno fa era quello che l'Italia entrasse in Europa oggi, è il caso di dirlo, basterebbe un obbiettivo "più modesto". Sarebbe sufficiente che l'Italia si adeguasse alla Toscana». È questo il commento del presidente dell'Arcigay Aurelio Mancuso. «La nuova campagna di comunicazione contro le discriminazioni sessuali e contro l'omofobia -continua Mancuso -, patrocinata dal ministero per le pari opportunità, che la Regione Toscana sta conducendo è assolutamente all'avanguardia nel panorama della difesa dei diritti delle persone lgbt ma anche, in senso più generale, di qualsiasi cittadino».

Raccapricciante. È questo, invece, il giudizio dell'onorevole Luca Volontè, capogruppo Udc alla Camera, sul manifesto della Regione Toscana. «Strumentalizzare i neonati per far passare l'idea che le pulsioni omosessuali siano una caratteristica innata dei bambini - prosegue Volontè - è un atto fuorviante e vergognoso sotto il profilo scientifico, politico e sociale». Secondo il parlamentare dell'Udc, inoltre, «la compiacenza delle istituzioni pubbliche nei confronti di campagne scioccanti e false come questa è l'ennesima prova del furore ideologico antisessualità maschile e femminile presente nel nostro Paese, oltre che tipico esempio di sperpero di denaro pubblico a favore delle solite lobby. Da Adamo ed Eva, i sessi sono due e rimarranno tali nonostante la prezzolata immaginazione dell'Arcigay».

http://www.gay.it/channel/attualita/23580/Essere-gay-non-e-una-scelta-parola-di-bambino.html

mercoledì 17 ottobre 2007

Milano: caffè espresso macchiato caldo, per i ricchioni



Sabato scorso Insy, già “La più checca di Roma”, già “Diva del cazzo”, “Già gatta con il culo di piombo” è stata insignita nella Capitale morale d’Italia di un nuovo prestigiosissimo pseudonimo che, per i cultori dei film de Er’Monnezza non suonerà certo come particolarmente originale ma il contesto in cui mi è stato assegnato lo è davvero.
Da oggi, infatti, oltre ai suddetti titoli si aggiunge anche quello di Ricchione. Ho già contattato l’alto ufficio di araldica nobiliare e dicono che in effetti, con una sfilza di attributi del genere posso aspirare direttamente al rango di Arciduca in più, se entro la fine dell’anno me ne affibbiano un altro passo di diritto a Valletto Reale.
Insomma sabato dopo aver visto un'interminabile mostra di La Sciapel al Palazzo Reale di Milano (un presagio forse?) decidiamo di andare a mangiare qualcosa da Obika, un mozzarellaro al settimo piano della Rinascente, davanti il Duomo di Milano. L’ascensore sembrava un interregionale delle Ferrovie dello Stato dal momento che ha fatto soste di almeno 5 minuti ad ogni piano con tanto di bibitaro abusivo che entrava per vendere beni di conforto e il controllore che ci ha chiesto 2 volte di vedere il biglietto. Dopo 20 minuti arriviamo all’ultimo piano e, stremati, ci dirigiamo al ristorante.
Ordiniamo da mangiare una quantità di mozzarella tale che le mucche che ne hanno prodotto il latte adesso sono ricoverate in psichiatria bovina e ne avranno per almeno 3 settimane.
Arriva il conto e uno dei mie amici spulcia lo scontrino, poi, con molta eleganza (lui è del nord, io al posto suo avrei dato fuoco al locale) ce lo mostra e dice “leggete cosa hanno scritto infondo”. Leggiamo. “per i RICCHIONI”. Ci guardiamo in giro e cerchiamo di capire chi siano questi “ricchioni” poi, ci arrendiamo all’evidenza: siamo noi!!
Io inizio a sentire l’odore del sangue che spargerò e mi eccito come un pitbul pronto a scendere in un’arena di lotte clandestine tra cani.
Chiamiamo un cameriere e gli chiediamo di mandarci il responsabile. A questa richiesta, il cameriere (non quello che ci aveva servito) subodora il pericolo come le gazzelle braccate dalle leonesse nella savana e sbianca. Poco dopo arriva la responsabile che, letto lo scontrino diventa all’istante una statua di sale. Andiamo allora dal direttore responsabile che ha già sfoderato la shinai con la quale è pronto a fare harakiri. Viene da noi con il volto pallido come un cencio lavato e io, per metterlo a suo agio, mi presento: “salve, sono uno dei 4 ricchioni”. E’ mortificato e si scusa moltissimo promettendoci che la cosa non passerà impunita. Io giustamente risentito chiedo di parlare con “questa cima di cameriere”. Ci porta da lui. E’ per momenti del genere che la vita vale la pena di essere vissuta. “Sei tu che hai scritto ricchioni sullo scontrino?”. Lui spera che un terremoto del settimo grado della scala ricter faccia crollare il piano, la Rinascente, il palazzo, la piazza e, per sicurezza il Duomo appresso a tutto. “Si, scusa, non volevo”. No, fammi capire: stavi scrivendo “caffè macchiato” quando lo spirito di Tomas Milian si è impossessato di te e, involontariamente, ti sei trovato ad aggiungere il simpatico epiteto?
Io incalzo come la Meggillis in “Sotto Accusa”: “qualcuno di noi ti ha toccato il culo mentre servivi?” (io elegante come sempre…) “No”, risponde. “Qualcuno di noi ti ha fatto delle proposte o ti ha chiesto di andare a letto con te” (anche se forse un pensierino ce lo avevamo fatto). “No, mi dispiace”. Imperverso come una professoressa davanti ad uno studente impreparato. “Lo sai quanti ricchioni servi ogni giorno?”. “No” (ma rispondi pure? Era una domanda retorica!). “ora tu non ti preoccupare perché ci faremo risentire tramite i nostri avvocati” (giuro, io sogno di dire questa frase da quando seguivo Dainasti alle elementari).
Salutiamo cordialmente il direttore e lo invito la prossima volta a scegliere dei collaboratori un po’ più svegli. La questione infatti non è tanto quello che il cameriere possa pensare o dire sghignazzando con i colleghi in cucina mentre tagliano mozzarelle che vendono a al prezzo di collane di Bulgari (io dico cose ben peggiori e molto meno politicallli correct) ma è la leggerezza di averlo scritto che va punita. Per questo, l’idea di pagare il conto non ci ha neppure sfiorato. Non vedo perchè i soldi di 4 ricchioni avrebbero, anche solo in parte, dovuto pagare lo stipendio di uno che ci ha insultato.

http://trps1.blogspot.com/2007/10/intolleranza-ai-latticini-o-latticini.html

martedì 16 ottobre 2007

Se doni il sangue gay equivale a prostituta

La storia di questo lettore ha dell'incredibile. Andato in ospedale per donare il sangue si è sentito rifiutare la richiesta con una bizzarra motivazione: "Non permettiamo alle prostitute di donare".


Salve. Sono un ragazzo di Taranto e vorrei raccontare una situazione un pò spiacevole. In data 13 ottobre 2007 sono andato a donare, come faccio spesso in molte città, il sangue al centro trasfusionale dell'ospedale di Taranto, SS. Annunziata.

Ho sempre detto di essere gay alle solite domande se avevo rapporti protetti con le ragazze. Ho risposto, come lo è nella realtà, che uso sempre le dovute precauzioni. Questa volta, però, una dottoressa che per vari motivi non cito, alla mia precisazione che non sono ragazze ma sono ragazzi mi dice: «Ah...mi scusi un attimo, devo informarmi se lei può donare, perchè sa com'è, noi alle prostitute non facciamo donare!».

Non oso descrivere l'odio e la violenza che ha scatenato in me. Chiedo perdono ma con la rabbia che ho solo nel raccontarlo, in quel momento le avrei fatto del male!!! Ma come si può rispondere ed essere trattato da puttana?

Nonostante si è andata a informare, lei insisteva che linee guide dell'Asl dicessero che noi gay non potevamo donare! Caso strano non le ha trovate. Dopo averle risposto con dovuti modi cercando di farla sentire più umiliata di quanto mi ha fatto sentire e con la paura che l'avrei denunciata, mi ha fatto donare! Mentre donavo mi ha dato ragione che potevo donare facendo un discorso dove HIV e gay andassero a pari passo...sinceramente non l'ho capita ma mi faceva ribrezzo solo nel vederla e volevo andasse via prima possibile.

È normale che io, donatore da anni, devo sentirmi dire queste cose? È normale che io gay devo sentirmi alla pari di una prostituta? Devo donare ancora? Mi dispiace ma la delusione è tanta. Non solo perchè mi sono sentito umiliato ma perchè questa affermazione non è data da una persona di un determinato contesto socio/culturale, ma da una dottoressa che presumo sia laureata in medicina e chirurgia...ma di quale facoltà??? Oh mio dio!!!

Cosa voglio ora? Nulla...forse non donerò più...mi dispiace per i bambini a cui dono il sangue...li aiuterò forse donando loro la forza per sconfiggere l'ignoranza, l'intolleranza e magari insegnerò loro a tirate qualche bel ceffone a chi li offende!!!

G.M.

http://www.gay.it/channel/attualita/23549/Se-doni-il-sangue-gay-equivale-a-prostituta.html

sabato 13 ottobre 2007

Confessa in tv di essere gay, il Vaticano sospende alto prelato

di ORAZIO LA ROCCA


CITTA' DEL VATICANO - Scandalo all'ombra di S. Pietro. Le autorità vaticane tre giorni fa hanno sospeso dall'incarico e sottoposto a procedimento disciplinare un monsignore capoufficio di uno dei più importanti dicasteri pontifici, la Congregazione per il Clero, il "ministero" pontificio retto dal cardinal-prefetto Claudio Hummes, brasiliano, che sovrintende, tra l'altro, alla gestione degli oltre 400 mila sacerdoti presenti in tutte le diocesi del mondo e alla formazione religiosa di seminaristi e catechisti.

Motivo: l'alto prelato - un monsignore di circa 60 anni ben portati, titolare di rubriche giornalistiche su siti attenti alla vita della Chiesa e del Vaticano, tra i volti più noti dell'emittente cattolica Telepace dove per anni ha curato rubriche a carattere religioso - avrebbe preso parte, anonimamente, alla discussa prima puntata di Exit presentata da Ilaria D'Amico e andata in onda il primo ottobre scorso sull'emittente La7, che tra i reportage trasmessi ha presentato anche una inchiesta sull'omosessualità dei preti nella Chiesa cattolica.

Nel servizio, quattro persone che si presentavano come sacerdoti, ripresi con volti e voci contraffatte con alle spalle edifici religiosi con flash puntati pure sullo sfondo di piazza San Pietro, avevano confessato le loro preferenze sessuali, ammettendo senza troppi giri di parole di essere gay.

Uno dei quattro intervistati, stando a quanto hanno verificato i vertici della Congregazione per il Clero, sarebbe uno dei monsignori che ricopre la carica di capo ufficio nello stesso dicastero. Un alto prelato fino a pochi giorni fa in "ascesa" nell'establishment vaticano, perché titolare di altri due importanti incarichi, alla Commissione speciale per la trattazione delle cause di dispensa dei sacerdoti e alla Peregrinatio Ad Petri Sedem, l'organismo responsabile dei pellegrinaggi in arrivo in Vaticano, nell'ambito del quale operava nella Consulta pastorale.

Nell'intervista concessa ad Exit si vede che il monsignore fa accomodare spontaneamente nel suo ufficio il suo interlocutore al quale rivela con molta naturalezza la sua omosessualità, spiegando persino di "non sentirsi in peccato", ma di doverlo fare di nascosto per non essere richiamato dai superiori vista l'attuale ferma opposizione della dottrina cattolica in materia di celibato sacerdotale ed omosessualità.

Quasi un guanto di sfida sul piano della pastorale sociosessuale lanciato alle autorità pontificie dall'interno del Vaticano, nella convinzione di poter parlare liberamente perché protetto dall'anonimato.
Ma non tutto - a quanto sembra - è andato per il verso giusto, perché subito dopo la messa in onda del servizio in Vaticano qualcuno ha riconosciuto la stanza dell'incauto sacerdote trasformata in improvvisato set per registrare l'intervista, e dove si sospetta possa essere avvenuto anche qualche "episodio" a luci rosse.

Riconosciuti nel filmato pure l'ascensore di accesso alla Congregazione del Clero e la porta di ingresso del dicastero, ripresi dalle telecamere mentre il prelato fa accomodare l'intervistatore. Dopo una più attenta verifica del servizio ed una veloce inchiesta interna, facilitata anche dal fatto che l'unico a tenere la chiave dell'ufficio era il capo ufficio incriminato, il monsignore è stato immediatamente sospeso dall'incarico e denunciato alle autorità giudiziarie pontificie che hanno subito aperto un fascicolo a suo carico.

Da tre giorni la porta dell'ufficio è chiusa a chiave, nessuno vi può entrare, il telefono squilla a vuoto, sia quello del posto di lavoro del monsignore che quello di casa. Non si sa se dopo la sospensione si arriverà al licenziamento, eventualità che dovrà essere presa in considerazione dal tribunale pontificio dopo un dibattimento previsto dalle leggi vaticane. Da qualche giorno, però, dell'alto prelato si sono perse le tracce.

(13 ottobre 2007)
http://tinyurl.com/2rbl9b

La crociata dell'ICI - i privilegi della chiesa atto III

La finanziaria 2008 prevede un taglio dell'Ici, tassa sugli immobili e maggiore fonte di reddito per i Comuni, che costringerà i sindaci ad alzare le tasse. A farne le spese sempre le tasche dei cittadini. Ma c'è chi da quella tassa è esentato: la Chiesa Cattolica. Terzo atto dell'inchiesta di Curzio Maltese per Repubblica sui priviegi al mondo cattolico.



I comuni perdono ogni anno un gettito complessivo valutato vicino al miliardo di euro a causa dell'esenzione prevista da legge del 1992 alla quale la Chiesa si appella ma che in realtà è illegittima e contraria alle norme europee sulla concorrenza. La Corte di Cassazione nel 2004 ha corretto così la legge del 1992: sono esenti dall'Ici soltanto gli immobili che non svolgono anche attività commerciali. La sentenza si applicava non solo alle proprietà ecclesiastiche ma anche alle Onlus, ai sindacati, ai partiti e alle associazioni sportive (intanto l'Unione Europea apre un'inchiesta sui favori fiscali alla chiesa cattolica italiana). "Un danno incalcolabile" per il Vaticano che porta Camillo Ruini dritto dritto dall'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che con un decreto nel 2005 rovescia la Cassazione e ripristina l'esenzione totale dell'Ici per le attività ecclesiastiche. Esenzione dell'Ici che sei mesi dopo diventa il cavallo di battaglia della sua campagna elettorale. Berlusconi però perde le elezioni e Romano Prodi diventa premier. Passa così nelle mani del suo governo il problema dell'illegittimità della norma, che viene risolto nel modo più ipocrita possibile.

Un cavillo del decreto Bersani esenta dall'Ici gli immobili che abbiano uso "non esclusivamente commerciale". Ma un'attevità è commerciale o non lo è. Bruxelles chiede chiarimenti e il ministro dell'Economia istituisce una commissione per studiarne le ambiguità che fra qualche giorno presenterà la relazione finale: il "non esclusivamente" è un'assurdità e la norma dovrà essere cambiata.


PERCHE' LA CHIESA NON PAGA L'ICI?
Nel 2005 una legge del Governo Berlusconi l’ha esentata.

Il governo Prodi ha fatto finta di porvi rimedio.



Intanto la chiesa cattolica è il primo settore per crescita economica in Italia. Un impero commerciale fatto di alberghi, ristoranti, cinema, teatri, librerie e negozi che solo per il Giubileo del 2000 ha ricevuto 3500 miliardi di lire dallo stato, parte dei quali sono serviti per ristrutturare conventi e collegi diventati poi resort esclusivi. La Chiesa è uno dei più potenti broker nel turismo mondiale tanto che nel marzo scorso ha addirittura organizzato un mega convegno per i religiosi-operatori turistici dal titolo 'Case per ferie, segno e luogo di speranza'.

Curzio Maltese fa accenno anche alla scomunica che Repubblica ha ricevuto dagli organi di stampa del Vaticano e alla pubblicazione delle tabelle degli stipendi da fame dei preti per "sbugiardare un'inchiesta fondata sulla menzogna". "Si può anche essere d'accordo - dice il giornalista - che i preti sono una categoria sottopagata. Per non dire le suore che dalla Cei non ricevono nè uno stipendio nè la pensione, a differenza dei preti. Il problema non sono i 350 milioni prelevati all'8 per mille per gli stipendi ma gli altri 4 miliardi che vanno ad una macchina di potere che condizione la politica, l'economia e la libertà di stampa".

da La Repubblica del12/10/2007

Perché noi gay e lesbiche aderiamo al Partito Democratico?

Sono 30 i candidati glt all’assemblea costituente per il Partito democratico.
Tra loro Benedino, Concia, De Giorgi, Lo Giudice




In tanti ci chiedono perché noi, lesbiche e gay, ci candidiamo all’assemblea costituente per il Partito democratico. Noi, da sempre in prima fila nella costruzione di un Paese più libero e accogliente, che abbia la laicità come principio guida, in cui nessuno sia leso nella sua dignità per il suo orientamento sessuale o la sua identità di genere. Noi, che crediamo nella liberazione di donne e uomini da ogni dominio esterno, costrizione culturale o imposizioni religiose.

Lo facciamo perché siamo convinti che il partito che sta per nascere sarà il luogo più utile a fare avanzare concretamente queste battaglie. L’incontro fra culture diverse costringerà tutti a confrontarsi a fondo per trovare risposte nuove a bisogni nuovi, superando la logica di coalizione per cui i temi più difficili vengono ignorati o affidati alla libertà di coscienza. Il nuovo partito sarà lo specchio di un pezzo di Paese più grande di quello rappresentato dai partiti che oggi gli danno vita, un luogo in cui discutere le proposte da avanzare al Paese, un nuovo laboratorio di idee che nasce con l’obiettivo di essere luogo di dialettica e confronto senza il bisogno di ideologie ma basandosi sui problemi reali dei cittadini.

Questo è oggi il luogo in cui rilanciare le richieste del movimento lgbt e lavorare affinché da quella domanda di libertà nascano riforme concrete. Lavoreremo dentro il Partito democratico per una seria legge contro ogni discriminazione, l’uguaglianza giuridica per le famiglie omosessuali, la promozione del diritto alla salute per le persone lgbt, la modifica delle leggi sul cambio di sesso e sulla fecondazione assistita. Sono gli obiettivi del movimento lgbt italiano ed internazionale, e sono i nostri obiettivi: più saremo a sostenerli dentro il Pd, prima diventeranno obiettivi del centrosinistra e leggi dello Stato.

Per essere all’altezza delle sfide che si è posto, il Pd dovrà avere come principi guida l’estensione dei diritti di cittadinanza e la laicità dei processi di decisione. Applicare con rigore il principio di laicità non significa ricercare contrapposizioni ideologiche o rifiutare il confronto con le diverse opinioni, anche religiose: al contrario, è la condizione perché questo dialogo possa avere luogo e produrre decisioni ispirate al rispetto della pluralità culturale e dei diritti fondamentali e non ai principi specifici di una religione.

Siamo consapevoli delle difficoltà che incontreremo. Conosciamo direttamente la fatica di abbattere pregiudizi, contrastare inerzie e pigrizie, superare veti ideologici. Abbiamo ben presenti le resistenze conservatrici presenti nel Paese, nel parlamento e nello stesso centrosinistra. Sappiamo che le ritroveremo anche nel nuovo partito. Ma allo stesso tempo e, anzi, a maggior ragione pensiamo che questa sia la frontiera più avanzata in cui spendere le nostre energie per la costruzione delle riforme necessarie ad un'Italia più civile, in cui l'orientamento sessuale o l'identità di genere non siano ostacolo alla ricerca della felicità.

A tutte le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender, a tutte e tutti quelli che hanno a cuore la costruzione di un Paese laico e libero chiediamo di condividere con noi questo impegno, aiutandoci a costruire un partito nuovo che sia lo strumento per nuove libertà.


Cristiana Alicata (Roma)
Giuliano Gasparotti (Firenze)
Andrea Ambrogetti (Roma)
Nunzio Liso (Andria)
Carmela Antonino (Molfetta)
Sergio Lo Giudice (Bologna)
Flavio Arditi (Empoli)
Anna Maria Mucciarelli (Bologna)
Fabio Astrobello (Reggio Emilia)
Dario Nistri (Firenze)
Alessandro Bandoni (Massa Carrara)
Fabio Omero (Trieste)
Andrea Benedino (Ivrea)
Enrico Peroni (Vicenza)
Riccardo Camilleri (Roma)
Francesco Piomboni (Firenze)
Alfredo Capuano (Roma)
Enrico Pizza (Udine)
Maurizio Caserta (Acireale)
Mario Scafetta (Empoli)
Matteo Cavalieri (Bologna)
Ivan Scalfarotto (Corsico)
Nicola Cicchitti (Trieste)
Ennio Trinelli (Bologna)
Anna Paola Concia (Roma)
Carmine Urciuoli (Aversa)
Alessio De Giorgi (Pisa)
Lucia Vagnoli (Empoli)
Edoardo Del Vecchio (Roma)
Marco Volante (Milano)
Giacomo Deperu (Pordenone)


http://www.gaynews.it/view.php?ID=75525

mercoledì 10 ottobre 2007

Essere gay in Cina

I matrimoni eterosessuali dei gay e internet, le grandi città Shanghai e Beijing e le campagne, l`università e l`Aids.
Ecco cosa significa essere gay in Cina.




"L'omosessualità in Cina non è legale ma non è illegale".
Mi risponde così Henry, che vive a Shangai, quando gli chiedo di parlarmi della condizione dei giovani gay in Cina. Ha 21 anni e lo fa in modo preoccupato usando termini come 'suicidio' e 'rivoluzione culturale' e mi dice che nessuno deve sapere della sua omosessualità. "Non è un problema di leggi - mi spiega - ma tante persone non accettano un amico o un vicino di casa gay".

In Cina la sodomia viene decriminalizzata nel 1997 e dal 2001 non è più nell'elenco delle malattie mentali. E qualcosa è cambiato. "Fino al 1998 ci si incontrava nei bagni pubblici e nei parchi. Ora ci sono locali e addirittura eventi sportivi". Per l'omosessualità la Cina adotta la regola detta dei '3 no': no approvazione, no disapprovazione e no promozione. I media parlano sempre di più di genere e sessualità grazie ai film cinesi indipendenti come 'Fish and Elephant' e 'Tong Zhi' e ai personaggi sessualmente ambigui della tv, dal soprano Han Hong alla serie tv 'My Hero' fino ai protagonisti dei reality. Poi ci sono i club e i siti web (utopia-asia.com, fridae.com, shanghaiist.com cityweekend.com.cn) e, sebbene la polizia spesso intervenga costringendone la chiusura, nelle città più grandi il tempo in cui gli omosessuali dovevano nascondersi è ormai passato.

Ma se qualche gay riesce a "sopravvivere" - usa questo verbo Henry - per tanti altri la vita è un incubo. Nelle campagne il matrimonio è una tradizione alla quale non può sottrarsi neanche l'omosessuale e "la maggior parte dei gay va nei locali ma alle due o tre di mattina torna a casa da moglie e figli". Tanti lo fanno per i propri genitori - "Un giorno un ragazzo mi confessò che se non si fosse sposato, i suoi genitori si sarebbero uccisi" - e "probabilmente l'80% dei cinesi gay vivono matrimoni eterosessuali senza amore". Quando si incontra un nuovo amico (in cinese la parola è 'peng you' che può significare anche compagno) la prima domanda non dovrebbe essere "i tuoi genitori sanno che...?" perché tanto il 99% non farà mai coming out a casa, ma "sei sposato?". Capita però che la coppia decida di affrontare il fatto di vivere un matrimonio che in realtà è una frode e chi ha bisogno di assistenza legale si rivolge all'avvocato Zhou Dan, unica figura pubblica apertamente gay insieme al cantante jazz Coco Zhao.

"Se i media danno più attenzione all'omosessualità - dice l'avvocato - il motivo non è altro che l'aumento esponenziale di infezioni Hiv", che secondo uno studio sono cresciute del 27.5% solo nell'ultimo anno. Anche per questo la 'The Chi Heng Foundation' con base a Hong Kong ha aperto, nel 2006, la prima linea amica per informare ed aiutare gay e lesbiche.

Ma un'attenzione pubblica alla tematica omosessuale si deve anche agli attivisti e alla battaglia culturale condotta nel mondo accademico. Il primo libro 'Homosexuality' è del 1994, seguito un anno dopo da 'Homosexuals in China'. Nel 2003 e nel 2005 la Shanghai Fudan University ha istituito un corso su 'omosessualità e salute pubblica', diventato popolare a tal punto che l'università ha dovuto accettare anche studenti non iscritti alla Fudan.

Sul matrimonio la comunità gay cinese è divisa anche perchè sono tanti quelli che hanno sposato una persona di sesso diverso. Li Yinhe, studiosa di sessuologia e deputata dell’Assemblea Nazionale del Popolo (Npc), ha proposto invano una legge sul matrimonio omosessuale nel 2000, 2004 e 2006. Quest'anno ci sta riprovando convinta che il matrimonio gay possa rallentare la diffusione dell'Aids.
"Ma se nei magazine si parla di matrimonio e ci sono tante pubblicità gay - mi dice Henry al termine della chiacchierata - io all'orizzonte non vedo altro che bar gay o party privati. Spero solo che un giorno anche noi potremo vivere la nostra identità in pubblico".


L'OMOSESSAULITA' NELLA CINA ANTICA
Nell’antichità la cultura cinese non condannava l’omosessualità e rapporti sessuali fra due uomini sono presenti anche nella storia delle dinastie cinesi.




fonti: Newsweek Select - Washington Post - Wikipedia
giacomo.cellottini@ay.tv

http://tinyurl.com/29c6x4

venerdì 5 ottobre 2007

L'Austria verso l'approvazione delle unioni omosessuali

A Vienna sono i democristiani che vogliono i Pacs Qualche critica arriva da sinistra, ma la legge si farà


Per il momento non se ne fa nulla, ma non è lontano il giorno in cui in Austria le coppie omosessuali avranno il riconoscimento ufficiale dello stato. In favore della nuova disciplina, infatti, non sono soltanto i socialdemocratici della Spö e i Verdi, ma anche i democratici cristiani della Övp, legati ai socialdemocratici in una grosse Koalition. È proprio la posizione assunta dai dc che rende praticamente certa l'adozione della cosiddetta «partnership certificata per gli omosessuali», la quale dovrebbe presto approdare in parlamento, dove può contare su una maggioranza schiacciante: contrari potrebbero essere solo una parte dei liberali della Fpö e, probabilmente, qualche isolato deputato popolare in vena di obiezione di coscienza.

In realtà, un intoppo c'è stato. Il Consiglio dei ministri che mercoledì avrebbe dovuto affidare alla ministra della Giustizia Maria Berger (Spö) il mandato di preparare il progetto di legge si è concluso senza che ciò avvenisse, nonostante che il testo proposto dalla ministra fosse tale e quale a quello adottato nel Perspektivenpapier, cioè il programma, della Övp e che la posizione di piena apertura dei dc fosse stata confermata appena lunedì scorso. Proprio questa conferma aveva fatto cadere gli ultimi timori che i dirigenti popolari, o almeno una loro parte, si rimangiassero una posizione che era stata presa dopo un duro braccio di ferro con gli ambienti del partito più moderati e più legati alle gerarchie cattoliche. La proposta infatti è stata fatta oggetto di pesanti contestazioni, arrivate non solo dall'episcopato dominato dagli orientamenti conservatori dell'arcivescovato di Vienna, ma anche - almeno così si dice - direttamente dal Vaticano, dove il Papa bavarese non manca di prestare una speciale attenzione a quanto matura nell'inquieta comunità cattolica austriaca. Ancora domenica scorsa, in molte chiese si è pregato perché «la legge che sconvolge le nostre tradizioni e mette in pericolo la famiglia» non venga mai approvata. La chiesa cattolica austriaca, d'altronde, in fatto di giudizio sulla omosessualità non è mai stata particolarmente aperta o caritatevole. Nel 1787 si ribellò persino all'imperatore Giuseppe II che eliminò dal codice la pena di morte per la sodomia e anche la precedente riforma, quella del codice theresiano, era stata criticata dalle gerarchie come troppo "permissiva" rispetto alla precedente Constitutio criminalis carolina che puniva in modo draconiano ogni comportamento sessuale «deviante».

È certo possibile che questi mal di pancia, espressi da una parte (comunque minoritaria) della comunità cattolica abbiano frenato la Övp inducendola a un provvisorio dietro-front. Il capogruppo parlamentare Wolfgang Schüssel ha dichiarato che non era stato espresso alcun impegno, da parte del suo partito, ad affidare il mandato alla ministra Berger già mercoledì scorso e che i dirigenti dc si riservano il diritto di leggere bene il testo prima di dare il loro assenso. L'impressione comunque è che si tratti più di una manovra d'immagine che di un reale contrasto. Tutti sanno che la proposta che sta per approdare alla Camera ricalca in tutto e per tutto la posizione espressa nel Perspektivenpapier: le coppie omosessuali potranno certificare la loro partnership davanti agli ufficiali dello Stato civile e verranno inserite in un apposito registro. Non avranno il diritto di adottare minori e la loro unione in alcun modo configurerà un matrimonio, neppure in versione "light". Critiche e perplessità, semmai, sono arrivate da sinistra, da ambienti della stessa Spö e soprattutto dai Verdi, che giudicano troppo timida e poco coraggiosa la normativa proposta.

Poiché lo stesso Schüssel, che è la massima autorità nel suo partito, ha fatto sapere che la posizione della Övp non è cambiata e poiché lo stesso cancelliere Alfred Gusenbauer (Spö) ha preso con i cinque ministri socialdemocratici l'impegno di non tornare indietro, appare molto probabile che il mandato a Maria Berger sarà affidato in tempi relativamente brevi. La richiesta che i popolari potrebbero rivolgere a Gusenbauer sarebbe di affiancare nella stesura del testo alla ministra della Giustizia i due ministri cattolici che possono rivendicare una qualche competenza sulla materia: la titolare del dicastero della Sanità, dei Giovani e della Famiglia Andrea Kdolsky e quello dell'Interno Günter Platter.

Ci sono pochi dubbi, comunque, sul fatto che fra qualche settimana l'Austria raggiungerà il novero dei paesi europei in cui alle coppie gay si garantiscono per legge diritti e pari dignità.


http://www.gaynews.it/view.php?ID=75468

Senza legge sui PACS costretti all'ipocrisia del matrimonio

Lettera a "Il Secolo XIX"


Sono rimasta molto amareggiata dalla vicenda del matrimonio "in articulo mortis" dell'agente del Sismi, che è stato ferito gravemente in Afghanistan ed è deceduto ieri. I telegiornali hanno detto che è stato un estremo atto d'amore sposare la compagna che gli ha dato tre figli e così, con lui in coma, si è celebrato il matrimonio. Mi ha turbato è il fatto che la sua povera compagna, se non fosse stato celebrato il matrimonio, non avrebbe avuto nessun diritto riconosciuto dalla legge, una legge sulle coppie di fatto che non è stata voluta da molti ipocriti in nome del rischio che avrebbe potuto generare sui matrimoni gay e sulla possibilità di adozione alle coppie gay. Come se non si potesse prendere la patente per il rischio di diventare pirati della strada. Se Lorenzo D'Auria fosse morto in Afghanistan? La sua compagna non avrebbe avuto niente per il suo sacrificio? Se a cadere in coma fosse stato un muratore precipitato da un'impalcatura, il ministro Parisi avrebbe fatto la stessa cosa così in fretta per sveltire l'iter dei permessi e delle autorizzazioni alla celebrazione del matrimonio? E la Chiesa avrebbe dato la sua ipocrita benedizione perché"in articulo mortis"?

Germana Chistoni
VALBREVENNA (GE)

http://www.gaynews.it/view.php?ID=75467

giovedì 4 ottobre 2007

Camera: approvato OdG contro l'omofobia a scuola

E' stato presentato ieri e votato favorevolmente dai deputati, un ordine del giorno che impegna il governo ad attuare misure concrete contro il bullismo e le discriminazioni verso gli studenti LGBT

Ieri la Camera dei Deputati ha approvato un ordine del giorno presentato, tra gli altri da Titti De Simone e Vladimir Luxuria in cui si chiede che il governo “si impegni a sviluppare un protocollo d'intesa per la prevenzione della violenza ai danni degli e delle adolescenti omosessuali tra Ministero della pubblica istruzione, Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, Associazione nazionale di genitori, parenti e amici di omosessuali (AGEDO), associazioni di genitori e associazioni omosessuali e transessuali, per prevenire episodi di omofobia, transfobia e razzismo”.

Il testo, presentato in riferimento al Decreto Legge emanato per assicurare l'ordinato avvio dell'anno scolastico appena iniziato chiede anche all'esecutivo di sensibilizzare tutti gli enti e istituti che si occupano di istruzione e formazione per spingerli a realizzare seminari di studio e corsi di formazione e di aggiornamento per docenti e dirigenti scolastici, con riferimenti speciali all'educazione al rispetto delle diversità. Inoltre l'ordine del giorno chiede che si organizzino e diffondano nel mondo della scuola nei diversi gradi di istruzione, dei progetti da realizzare in collaborazione tra le associazioni di genitori di studenti omosessuali e transessuali e le altre associazioni di genitori.

Non ultimo si chiede di promuovere eventi e iniziative culturali che contribuiscano alla prevenzione del bullismo e della violenza, specialmente quella che colpisce le gli studenti omosessuali.
L'approvazione del testo è stata accolta con soddisfazione dai firmatari dell'ordine del giorno. “Mi sembra un buon risultato”, ha dichiarato Titti De Simone.

http://tinyurl.com/35sqr8

Sbarca a Firenze l'arte gay dello scandalo

In una palazzina della stazione «Vade retro», la mostra oscurata a Milano


PENSATA a Milano, approda a Firenze. La mostra sull’omosessualità “Vade retro”, voluta dall’assessore alla Cultura, Vittorio Sgarbi, e oscurata dal sindaco, Letizia Moratti, sarà aperta nella Palazzina Reale della stazione di Santa Maria Novella (dal 23 ottobre al 6 gennaio), spazio neutrale concesso in affitto dalle Ferrovie. L’organizzazione della rassegna è di Artematica, mentre il patrocinio del Comune è ancora al vaglio dell’assessore Giovanni Gozzini. Tutto è legato all’esposizione dell’opera di Paolo Schmidlin, “Miss Kitty”, con ritratto un soggetto che assomiglia al Papa. «L’esposizione sarà integrale — ha spiegato Sgarbi — ma stiamo vagliando se includere l’opera che ha suscitato lo scandalo». Intanto, si parla della possibilità di isolare “Miss Kitty” in una stanza protetta da una tenda, ad uso esclusivo di chi vuole visitarla. Le decisioni definitive saranno prese nelle prossime ore.

LA MOSTRA arriva a Firenze dopo una serie di sì e di no. In un primo tempo, sembrava che dovesse andare a Napoli, ma la richiesta di 300 mila euro di affitto ha gelato gli entusiasmi, poi è stata la volta di Taormina. «Io ero propenso a partire da lì» - ha confermato l’assessore Sgarbi, ma Andrea Brunello, l’amministratore delegato di Artematica, stava trattando con Campione d’Italia. Il presidente del casinò era d’accordo a ospitarla, sembrava tutto fatto, ma anche quella giunta comunale ha arricciato il naso, per cui si è bloccato tutto.

PADOVA ha mostrato le stesse perplessità, mentre la città di Savona si è dichiarata disponibile. Gli organizzatori però hanno rifiutato l’offerta, perché la rassegna sarebbe stata troppo ristretta. Perfino dalla provincia di Sondrio, da Tirano, è arrivato un sì, ma il proprietario del palazzo, in cui sarebbe stata allestita la rassegna, ha avuto il pollice verso dall’amministrazione comunale. Si sono fatte avanti Campobasso e Isernia, come l’Istituto culturale italiano a Londra, dove probabilmente andrà. Una richiesta è giunta da San Paolo del Brasile. Nella lista figurano pure comuni vicini a Milano come Sesto San Giovanni e Arconate, rifiutati perché si cercava un respiro più ampio.

VITTORIO SGARBI non ha abbandonato l’idea di Taormina: «Avrà la mostra in seconda battuta. Firenze mi sembra comunque una soluzione onorevole, anche se mi sarebbe piaciuto partire da Milano». Su come andrà la rassegna non ha dubbi: «Sarà un successo» e invita a valutarla dopo averla visitata: «Non prima, come ha fatto anche l’assessore Gozzini, che non era contrario ai principi della mostra, ma non l’aveva mai vista. Poi però si è convinto». Tra proposte e rifiuti, il bilancio, per l’assessore milanese, non è negativo: «Le soddisfazioni sono arrivate da amministrazioni disponibili» mentre «alcuni entusiasmi sono stati spenti dalle giunte locali». Alla fine, la vede come una vicenda di costume, che non andrebbe enfatizzata. L’ultima parola spetta infatti al pubblico.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=75447

Gay salernitano a Prodi: «Quando approvate la legge sulle unioni di fatto?»

Pasquale Quaranta, premiato tra i 50 migliori studenti italiani, gela platea e Palazzo Chigi
di Angela Cappetta


Non avviene tutti i giorni di essere premiato dal presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi. Soprattutto se il premio è riservato ai migliori 50 studenti italiani. Ma, anche la più prestigiosa delle onorificenze soccombe di fronte alla «negazione» dei diritti civili. Tanto da indurre un blasonato neolaureato a rifiutare di stringere la mano al premier e tanto da far sudare freddo lo stesso capo del Governo. Il neolaureato in questione è Pasquale Quaranta, portavoce ed organizzatore del GayPride di Salerno, ex consigliere dell'Arcigay nazionale ed ex redattore del canale satellitare rivolto agli omosessuali. Tutta colpa di una domanda imbarazzante: «Signor presidente, quando approvate la legge per le coppie di fatto?», chiede il giovane salernitano al termine della cerimonia di consegna degli attestati a Palazzo Chigi. Ma Prodi, che forse non si aspettava tanta spontaneità, altro non fa che abbassare la testa e sudare freddo. La risposta? Interminabili secondi di silenzio: il premier rimane a bocca chiusa. Per fortuna che in suo soccorso arriva il ministro alla Difesa, Arturo Parisi, che, guarda Pasquale, circondato dagli altri suoi colleghi, e gli risponde: «È il Parlamento che approva le leggi». L'ironia di Parisi autorizza il sarcasmo di Pasquale. «Grazie», risponde il neolaureato, da ieri anche blasonato e che per l'occasione indossava una cravatta dai colori dell'arcobaleno, simbolo del movimento gay. Poi, quando l'imbarazzo del premier - non certo di Pasquale che oltre ad intascare la sua onorificenza ottiene anche la solidarietà ed il plauso dei colleghi - si nasconde dietro l'ufficialità della cerimonia, comincia la fila per la classica stretta di mano. Primo affronto: Pasquale si sottrae al gesto. Secondo affronto: il giovane salernitano rifiuta di partecipare alla foto di gruppo. «Ecco cosa succede quando una voce omosessuale chiede la garanzia dei diritti civili - commenta rammaricato Pasquale al rientro a Battipaglia dove vive - siamo invisibili. Non ci degnano neanche di una risposta. Proprio Prodi poi che ha fatto dei Pacs uno dei punti del suo programma elettorale».

E pensare che, qualche giorno prima, in occasione di un convegno a Bologna organizzato dalla stessa scuola post lauream che ieri ha fatto premiare i neolaureati (Alma Graduate School), Pasquale ha chiesto all'arcivescovo del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali, monsignore Claudio Celli, perché la Chiesa «ci considera peccatori». L'arcivescovo, a differenza del premier, non si fa cogliere impreparato e non si limita a rispondere: «Auspichiamo un dialogo con la comunità gay», ma chiede un incontro con Pasquale. La Chiesa risponde. Lo Stato no. Ed il presidente dell'Arcigay nazionale, Aurelio Mancuso, incalza: «La politica si comporta sempre come se ogni domanda posta da un qualsiasi cittadino fosse un'imboscata. Non si rende proprio conto che questo Paese non ce la fa più. Ciò che è accaduto a Pasquale è proprio disdicevole».

http://www.gaynews.it/view.php?ID=75453

mercoledì 3 ottobre 2007

Dove finisce l'otto per mille segreto da un miliardo di euro

di Curzio Maltese

Le campagne dell'«otto per mille» della Chie­sa cattolica, che ogni primavera invadono l'etere, Rai, Mediaset e radio nazionali, so­no considerate nel mondo pubbli­citario un modello di comunica­zione. Ben girate, splendida foto­grafia, musiche di Morricone, sto­rie efficaci, a volte indimenticabili. Chi non ricorda quella del 2005, imperniata sulla tragedia dello tsunami? Lo spot apre su un fragile vil­laggio di capanne, dalla spiaggia i pescatori scalzi scrutano l'oriz­zonte cupo. Voce fuori campo: «Quel giorno dal mare è arrivata la fine, l'onda ha trasformato tutto in nulla». Stacco sul logo dell'otto per mille: «Poi dal niente, siete arrivati voi. Le vostre firme si sono trasfor­mate in barche e reti». Zoom su barche e reti. «Barche e reti capaci di crescere figli e pescare sorrisi». Slogan: «Con l'otto per mille alla Chiesa cattolica, avete fatto tanto per molti». Un capolavoro.

La campagna 2005, affidata co­me le precedenti alla multinazio­nale Saatchi & Saatchi, secondo Il Sole24 Ore è costata alla Chiesa no -ve milioni di euro. Il triplo di quan­to la Chiesa ha poi donato alle vitti­me dello tsunami, tre milioni (fonte Cei), lo 0,3 per cento della rac­colta. Nello stesso anno, l'Ucei, l'u­nione delle comunità ebraiche ita­liane, versò per lo Sri Lanka e l'Indonesia 200 mila euro, il 6 per cento dell'«otto per mille». Un'of­ferta in proporzione venti volte superiore, in un'area dove non esi­stono comunità ebraiche.

Gli spot della Chiesa cattolica sono per la maggioranza degli ita­liani l'unica fonte d'informazione sull'otto per mille. Consegue una serie di pregiudizi assai diffusi. Credenti e non credenti sono con­vinti che la Chiesa cattolica usi i fondi dell'otto per mille soprattut­to per la carità in Italia e nel terzo mondo. Le due voci occupano la totalità dei messaggi, ma costitui­scono nella realtà il 20 per cento della spesa reale, come conferma Avvenire, che pubblica per la pri­ma volta il resoconto sul numero del29settembre.L'80percentodel miliardo di euro rimane alla Chie­sa cattolica.

Tanto meno gli spot cattolici si occupano d'informare che le quo­te non espresse nella dichiarazio­ne dei redditi, il 60 per cento, ven­gono comunque assegnate sulla base del 40 per cento di quanto è stato espresso e finiscono dunque al 90 per cento nelle casse della Cei. Questo compito in effetti spette­rebbe allo Stato italiano. Lo Stato avrebbe dovuto illustrare e giusti­ficare ai cittadini un meccanismo tanto singolare di «voto fiscale», unico fra i paesi concordatari. In Spagna per esempio le quote non espresse nel «cinque per mille» re­stano allo Stato. In Germania lo Stato si limita a organizzare la rac­colta dei cittadini che possono scegliere di versare l'8 o 9 per cento del reddito alla Chiesa cattolicao lute­rana o ad altri culti.

Il principio dell'assoluta volon­tarietà è la regola nel resto d'Euro­pa. Lo Stato italiano lo adotta infat­ti per il «cinque per mille». Anzi, fa di peggio. Il «cinque per mille» è nato nel 2006 per destinare appunto lo 0,5 dell'Irpef (660 milioni di eu­ro, stima ufficiale delle Entrate) a ricerca e volontariato. Nel primo (e unico) anno hanno aderito il 61 per cento dei contribuenti, contro il 40 dell' «otto per mille»: un successo enorme. Le sole quote volontarie ammontano a oltre 400 milioni. Ma con la Finanziaria del 2007 il governo ha deciso di porre un tetto di 250 milioni al fondo, che si chia­ma sempre «cinque per mille» ma è ridotto nei fatti a meno del due.Le quote eccedenti verranno preleva­te dall'erario. Con una mano lo Sta­to dunque regala 600 milioni di quote non espresse alla Cei e con l'altra sottrae 150 milioni di quote espresse a favore di onlus e ricerca. Nella stessa pagina del modulo730 il «voto fiscale» espresso da un cit­tadino in alto a favore delle chiese vale in termini economici quattro volte il voto nel «cinque per mille». Perché due pesi e due misure?

Lo Stato in diciassette anni non ha speso una parola pubblica, uno spot, una pubblicità Progresso, per spiegare il senso, il meccanismo e la destinazione reale dell'otto per mille. Ed è l'unico «concorrente» che ne avrebbe i mezzi, oltre al dovere morale. Gli altri (Valdesi, Ebrei, Luterani, Avventisti, Assem­blee di Dio) dispongono di fondi minimi per la pubblicità, peraltro regolarmente denunciati nei resoconti. Mentre la Chiesa cattolica è l'unica a non dichiarare le spese pubblicitarie, riprova di scarsa tra­sparenza.

L'unica voce a rompere il silen­zio dello Stato fu nel 1996 quella di una cattolica, come spesso accade, la diessina LiviaTurco, allora mini­stro per la Solidarietà. Turco pro­pose di destinare la quota statale di otto per mille a progetti per l'infanzia povera. Il «cassiere» pontificio, monsignor Attilio Nicora, rispose che «lo Stato non doveva fare con­correnza scorretta alla Chiesa». Fi­ne del dibattito. Oggi Livia Turco ri­corda: «Nella mia ingenuità, pensavo che la mia proposta incon­trasse il favore di tutti, compresa la Chiesa. L'Italia è il paese continen­tale con la più alta percentuale di povertà infantile. Al contrario la reazione della Chiesa fu durissima, infastidita, e dalla politica fui subi­to isolata. Ho vissuto quella vicen­da con grande amarezza».

La politica non ha mai più osato fare «concorrenza» alla Chiesa cat­tolica, anzi l'ha favorita con un pessimo uso del fondo. Nel 2004 i me­dia hanno dato grande risalto alla trovata del governo Berlusconi di utilizzare 80 dei 100 milioni ricevu­ti dall'otto per mille per finanziare le missioni militari, in particolare in Iraq. Degli altri venti milioni, quasi la metà (44,5 per cento) sono finiti nel restauro di edifici di culto, quindi ancora alla Chiesa. La per­centuale di «voti» allo Stato italiano è crollata dal 23 per cento del 1990 all'8,3 del 2006.

All'atteggiamento remissivo dello Stato italiano ha fatto da con­traltare una crescente aggressività da parte delle gerarchie ecclesiastiche e soprattutto dei politici al se­guito, cattolici e neo convertiti, nel rivendicare il denaro pubblico. In agosto, quando la commissione europea ha chiesto lumi al governo Prodi sui privilegi fiscali del Vatica­no, nell'ipotesi si tratti di «aiuti di Stato» mascherati, l'ex ministro Roberto Calderoli, già protagonista delle battaglie anticlericali della Lega anni Novanta,ha chiesto al Papa di «scomunicare l'Unione Euro­pea». Rocco Buttiglione ha avanza­to un argomento in disuso fra gli in­tellettuali dai primi del '900, ma oggi di gran moda. Secondo il quale i privilegi concessi dalla Stato al Va­ticano sarebbero «una compensa­zione per la confisca dei beni eccle­siastici dello Stato Pontificio».

Un revanscismo già sepolto dal­la Chiesa del Concilio. Nel 1970 Paolo VI aveva «festeggiato» con la visita in Campidoglio la breccia di Porta Pia: «atto della Provvidenza», una «liberazione» per la Chiesa da un potere temporale che ne osta­colava l'autentica missione. Joseph Ratzinger scrive ne «Il sale della terra»: «Purtroppo nella storia è sempre capitato che la Chiesa non sia stata capace di allontanarsi da sola dai beni materiali, ma che questi le siano stati tolti da altri; e ciò, al­la fine, è stata per lei la salvezza».

La legge 222 del 1985 istitutiva dell'otto per mille, perlopiù scono­sciuta ai polemisti, in ogni caso non accenna ad alcuna forma di «risarcimento» per le confische (argomento insensato nell'Italia di vent'anni fa). Lo scopo primario della legge di revisione del Concor­dato fascista del '29 era di garanti­re un sostituto della «congrua», ov­vero lo stipendio di Stato ai sacerdoti. Nei primi anni lo Stato s'im­pegnava infatti a integrare l'otto per mille, fino a 407 miliardi, nel ca­so di una raccolta insufficiente per pagare gli stipendi. In cambio il Va­ticano accettava che una commis­sione bilaterale valutasse ogni tre anni l'ipotesi di ridurre l'otto per mille nel caso contrario di un getti­to eccessivo.

Ora, dal 1990 al 2007, l'incasso per la Cei è quintuplicato e la spesa per gli stipendi dei preti, complice la crisi di vocazioni, è scesa alla metà, dal 70 al 35 per cento. Eppu­re la commissione italo-vaticana non ha mai deciso un adeguamen­to. Perché? Senza avventurarsi in filosofia del diritto, si può forse rac­contare il percorso di uno dei componenti laici della commissione, Carlo Cardia. Il professor Cardia, insigne giurista di formazione co­munista, consigliere di Enrico Berlinguer e Pietro Ingrao, ha esordito da fiero «difensore del diritto nega­to in Italia all'ateismo» («Ateismo e libertà religiose», De Donato, 1973). Nel 2001 è Cardia a invocare una riduzione dell'otto per mille, in un saggio pubblicato dalla presidenza del consiglio: «Dall'otto per mille derivano ormai alla Chiesa cattolica, meglio: alla Cei, delle somme veramente ingenti, che hanno superato ogni previsione. Si parla ormai di 900-1000 miliardi l'annodi lire. Il livello è tanto più al­to in quanto il fabbisogno per il sostentamento del clero non supera i 400-500 miliardi. Ciò vuoi dire che la Cei ha la disponibilità annua di diverse centinaia per finalità chia­ramente "secondarie" rispetto a quella primaria del sostentamento del clero; e che lievitando così il li­vello del flusso finanziario si po­trebbe presto raggiungere il para­dosso per il quale è proprio il so­stentamento del clero ad assume­re il ruolo di finalità secondaria».

Previsione perfetta. «Tutto ciò —concludeva Cardia—portereb­be a vere e proprie distorsioni nel­l'uso del danaro da parte della Chiesa cattolica; e, più in generale, riaprirebbe il capitolo di un finan­ziamento pubblico irragionevole che potrebbe raggiungere la soglia dell'incostituzionalità se riferito al valore della laicità quale principio supremo dell'ordinamento».

Nel tempo il professor Cardia è diventato illustre collaboratore di Avvenire, il giornale dei vescovi. I suoi temi sono cambiati: l'apolo­gia del rapporto fra i giovani e Be­nedetto XVI, la lotta ai Dico, l'esal­tazione del Family Day. Ciascuno naturalmente ha il diritto di cam­biare idea. Ma è opportuno che, avendole cambiate sul giornale della Cei, continui a far parte di unas commissione governativa chia­mata a stabilire quanti soldi lo Sta­to deve versare alla Cei? Nell'ulti­mo editoriale su Avvenire il professor Cardia tuona contro l'inchiesta di Repubblica, «una delle più co­lossali operazioni di disinforma­zione degli ultimi tempi».

Senza contestare nel merito un singolo dato, nega con veemenza che la Chiesa costi troppo agli ita­liani e s'indigna per «l'indecente» accostamento con la «casta». E' lo stesso professor Cardia che il 20 febbraio scorso dichiara in un'intervista: «Io porterei la quota del­l'otto per mille al sette, vista l'im­ponente massa di danaro che smuove. Basti pensare che dall'84 a oggi nessuno, se non per controversie politiche,vi ha posto mano». Con le altre confessioni lo Stato è assai meno generoso. In risposta a un'interrogazione dei soliti radi­cali, nel luglio scorso il ministro Vannino Chiti ha citato come pro­va della bontà del meccanismo «il fatto che anche i valdesi hanno chiesto e ottenuto le quote non espresse». Chiesto sì, ottenuto mai. Incontro la «moderatrice» della Tavola Valdese, Maria Bonafede, il «Ruini» dei valdesi, nella modesta sede vicino alla Stazione Termini. «Per motivi etici avevamo rinunciato alle quote non espres­se, ma nel 2000, visto l'uso che ne faceva lo Stato, le abbiamo chiese. Abbiamo incontrato governi di de­stra e di sinistra, il vecchio Letta e il nuovo. Ogni volta ci rinviano. Se la ottenessimo oggi, la vedremmo solo nel 2010. Lo Stato anticipa i soldi alla Cei, ma agli altri li versa con tre anni di ritardo».

Ai valdesi sono andati nel 2006 circa 5 milioni 700 mila euro, ma avrebbero diritto a oltre 13 milioni. Il resto lo trattiene lo Stato. La Ta­vola Valdese usa i soldi dell'otto per mille al 94 per cento per la carità e il rimanente alla pubblicità. I pasto­ri valdesi vivono delle donazioni spontanee. Lo stipendio base, uguale dalla «moderatrice» all'ulti­mo pastore, è di 650 euro al mese. Maria Bonafede spiega: «I soldi dell'otto per mille arrivano dalla società e vi debbono tornare. Se una Chiesa non riesce a mantener­si con le libere offerte, è segno che Dio non vuole farla sopravvivere».

da La Repubblica del 3 ottobre 2007, pag. 34

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.