Massimo Salvadori commenta la mancata partecipazione di Zapatero alla messa del Papa a Valencia e si chiede "Chi sa che non si possa vedere in futuro anche in Italia quel che abbiamo visto in Spagna?"
Le Chiese in Europa e il metodo Zapatero
di Massimo L. Salvadori
Non è difficile comprendere che il dibattito sui rapporti tra Chiese e Stato, tra religione da un lato ed etica, costume e politica, insomma società, dall´altro, e sui modi per affrontarli e regolarli è destinato a crescere di importanza nel nostro continente. È inevitabile che nel corso dell´evoluzione storica e dei relativi mutamenti culturali, sociali e demografici emergano nuovi problemi e si ricerchino equilibri atti a offrire soluzioni convenienti. La storia dell´Europa moderna ha visto per circa cinque secoli i singoli Stati assumere nelle loro mani la questione in base al principio della propria assoluta sovranità e a seconda delle loro caratteristiche e finalità. Ogni epoca e ogni paese ha dato in proposito le sue risposte. Poi negli ultimi decenni la questione ha assunto un volto qualitativamente differente da quello del passato.
Si è creato uno spazio politico, istituzionale, culturale e civile europeo in cui l´insieme va facendo sempre più premio sulle parti, in cui il fenomeno della secolarizzazione ha conosciuto una forte accelerazione, i costumi e la mentalità sono rapidamente e profondamente cambiati, il confronto tra i valori e gli stili di vita è divenuto pressante mettendo in gioco molte delle eredità trasmesse dalla tradizione, in cui, specie in conseguenza delle ondate di immigrati islamici da altri continenti la mappa religiosa – caratterizzata in passato dalla schiacciante prevalenza delle chiese cristiane – è andata sostanzialmente cambiando (sullo sfondo sta il possibile ingresso nell´Unione Europea della Turchia, che sotto questo profilo risulterebbe davvero dirompente). È un pluralismo ricco, variegato e complesso che va allargandosi e approfondendosi. Dinnanzi a un simile quadro quale è la responsabilità, quale il dovere civile di uno statista democratico in tema di relazioni tra lo Stato, le Chiese e le religioni? Ebbene, la via la troviamo pur sempre indicata con luminosa semplicità nei Vangeli, là dove si riporta la risposta data da Gesù ai farisei che maliziosamente lo interrogavano sui giusti rapporti tra potere politico e religione: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio».
La funzione dello statista democratico è di tutelare le libertà degli individui, dei gruppi, delle associazioni nel rispetto dei valori di ogni Chiesa e di ogni fede religiosa, di cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei e musulmani, dei credenti in Dio e dei non credenti, attribuendo al potere pubblico il compito di garantire che la reciproca convivenza non comporti vantaggi e neppure riguardi particolari per gli uni e preclusioni o danni per gli altri: il che avviene quando, per calcolo politico, per fede personale o per entrambi, egli invece privilegia una Chiesa e una religione perché questa è quella della maggioranza dei cittadini. Se e quando così agisce, allora attiva la reazione di quanti si sentono oggetto di discriminazione, e fa inclinare lo Stato in senso illiberale. La presenza di una Chiesa "più libera", più tutelata o anche solo più omaggiata rende meno liberi i diversamente credenti e i non credenti e costituisce una discriminazione nei loro confronti. Nella recente visita del Papa in Spagna Zapatero ha espresso la sua etica di leader democratico europeo accogliendo in veste ufficiale il Papa capo della Chiesa cattolica e di uno Stato tra gli Stati, ma astenendosi - in quanto capo del governo di un paese parte di un´Unione sovranazionale multireligiosa, laica e popolata da molti non credenti e perché personalmente non credente - dalla partecipazione alla messa officiata da Benedetto XVI. Un atto, teniamolo presente, squisitamente religioso, assemblea della comunità ecclesiale presieduta da un sacerdote in cui si rinnova la Cena di Cristo e si celebra la sua passione, morte e resurrezione. Zapatero ha così espresso il dovuto rispetto al Papa-sovrano, al primo sacerdote cattolico e a tutti i cittadini con la pluralità delle loro opinioni. E ha scatenato un´ondata di reazioni.
Alcuni, tra i quali una piccola minoranza di cattolici, lo hanno lodato. Altri lo hanno decisamente vituperato. In Spagna i nostalgici di una Chiesa cattolica abituata ad essere beneficiata in passato da un cumulo di privilegi lo hanno sonoramente fischiato. In Italia i partiti del centro-destra, con l´eccezione di poche mosche bianche, hanno rumoreggiato contro lo scandaloso Zapatero, quasi fosse la reincarnazione degli atei anticlericali della guerra civile spagnola o di quelli della rivoluzione messicana. Ma in prima fila a schierarsi rumorosamente contro lo "zapaterismo" sono stati anche nel centrosinistra coloro che ieri levavano la loro voce per criticare con alti toni il "laicismo alla francese" e oggi la alzano per denunciare i mali di quello "alla spagnola". Il sindaco filosofo Massimo Cacciari ha definito la scelta di Zapatero di non presenziare alla messa papale un atto "stupido" e il leader della Margherita Francesco Rutelli ha presentato nei termini di una sciagura nazionale l´eventualità che in Italia un premier come lui abbia mai a guidare il governo. Insomma, un grande scandalo quello compiuto da Zapatero, a impedire il quale Rutelli ha promesso di opporre il suo scudo in nome dei valori della religione, dei superiori diritti della Chiesa cattolica e degli obblighi specifici che un capo di governo ha nei confronti del pontefice. Si viene colpiti dal richiamo all´"idealismo", ma ci si chiede di quale idealismo si tratti, e se non sia più "idealista" Zapatero (naturalmente con segni e implicazioni diversi) che non Rutelli.
Enrico IV, protestante, divenuto sovrano di una Francia a grande maggioranza cattolica, in tempi nei quali non si concepiva che lo Stato assumesse il ruolo di garante verso chiese parimenti libere, si piegò al fatto che Parigi valeva pure una messa. Zapatero, eletto democraticamente alla guida del governo da cittadini diversamente pensanti in materia di fede, ha creduto che non vi sia motivo per cui a Madrid il realismo politico dovesse valere una messa, e ha voluto affermare il principio liberale e laico che gli atti di culto, strette espressioni della pratica religiosa, appartengono alla sfera della coscienza degli individui e non comportano un dovere di rappresentanza da parte di un capo di governo. Un modo di intendere i valori e le funzioni che, appunto, non è quello di Rutelli.
Un´ultima domanda. Ma che cosa si direbbe se un premier europeo si recasse a partecipare ai riti religiosi presenziati da una grande autorità protestante, ebraica o islamica escludendo il rito cattolico? Inimmaginabile poi la presenza ad una assemblea di dichiarati non credenti. Altro che scandalo. Un tale atteggiamento sarebbe considerato tale da chiederne la lapidazione politica. Credo che di questi problemi fosse intimamente consapevole Zapatero quando prese la decisione di non attendere alla messa del Papa. Non vi è chi non lodi il pluralismo, la libertà di pensiero e di opinione. Poi, quando si viene al dunque, si mostra la corda. Cavour lanciò all´Italia appena unificata il motto: «Libera Chiesa in libero Stato». Agli statisti dell´Europa unita spetta di riprenderlo e aggiornarlo: «Libere chiese e libere correnti di opinione in una libera Europa». Chi sa che non si possa vedere in un futuro anche in Italia quel che abbiamo visto in Spagna. La speranza, anche quando è arduo sperare, è pur sempre l´ultima dea.
la Repubblica, 12 agosto 2006
sabato 12 agosto 2006
Le Chiese in Europa e il metodo Zapatero
mercoledì 9 agosto 2006
L'indulto secondo Piero Fassino e la risposta di Marco Travaglio
Una ragazza, Sabrina, ha chiesto spiegazioni sull’indulto (tramite il blog di Beppe Grillo) a Piero Fassino che ha prontamente risposto.
Riporto la lettera di Fassino per consentirgli di ricevere incoraggiamenti, suggerimenti e anche obiezioni di cui, sono certo, farà tesoro.
Chi volesse corrispondere direttamente con il segretario dei Ds può farlo inviando una mail a p.fassino@dsonline.it
“ Rispondo volentieri alla e-mail sull’indulto che mi hai inviato.
Oggi vivere in carcere significa vivere in un inferno. La disumanità del carcere riguarda la società intera, riguarda tutti noi. Perchè nega la missione rieducativa che la Costituzione assegna alla detenzione. Perché la civiltà di una società si misura anche dal suo sistema carcerario. Nessuno di noi, “fuori”, può disinteressarsi di come vive chi è 'dentro', delle sue condizioni presenti e delle sue prospettive di reinserimento.
In cinque anni, il centrodestra non ha fatto nulla per le carceri, al contrario, ha varato leggi che hanno già prodotto una inutile e dannosa moltiplicazione della popolazione carceraria, pensiamo alla ex-Cirielli, alla legge sulle tossicodipendenze e alla Bossi-Fini
Al 31 dicembre 2005 il numero dei detenuti era pari a 59.523 unità in un sistema carcerario fatto per ospitarne 35.000. Nel 2001 erano 43.000.
Dall'entrata in vigore della Bossi-Fini, i detenuti stranieri sono diventati il 45% del totale: una cifra mai raggiunta prima. Altro dato significativo riguardo gli ingressi nelle carceri è quello relativo alla violazione delle norme in materia di stupefacenti: nel 2005 sono stati registrati 15.917 ingressi di italiani e 10.144 di stranieri.
Un provvedimento di clemenza non era più rinviabile, tenuto conto che l'ultimo indulto risale a sedici anni fa.
La Costituzione richiede, per una legge di questa natura, il voto favorevole dei due terzi dei componenti di ogni ramo del Parlamento. Una maggioranza amplissima che può essere realizzata solo con un'intesa tra il più ampio numero di forze politiche e con la ricerca di un punto di equilibrio.
Abbiamo perciò lavorato ad un testo equilibrato e ragionevole, che, rispetto ad indulti del passato, comprende la più lunga lista di reati esclusi dall'applicazione dell'indulto: associazione sovversiva; tutti i reati connessi al terrorismo; devastazione, saccheggio e strage; sequestro di persona a scopo di eversione; banda armata; associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei delitti di cui agli articoli 600, 601 e 602 del codice penale; associazione di tipo mafioso; riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù; prostituzione e pornografia minorile; tratta di persone; tutte le forme di violenza sessuale; corruzione di minorenni; sequestro di persona a scopo di rapina o di estorsione; riciclaggio di denaro o beni provenienti da sequestri di persona a scopo estorsivo; produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti secondo l'articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope.
Non solo, ma su tutti i reati a cui si applica l’indulto non c'è nessun colpo di spugna.
Per i reati finanziari, di corruzione e contro la pubblica amministrazione i processi proseguono, restano immutate le responsabilità, le condanne, i reati non si cancellano e, soprattutto resta ferma l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, restano ferme le pene accessorie anche temporanee. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro e le morti bianche, viene garantito il diritto delle vittime al risarcimento. Noi saremmo stati i primi a dire no ad un'amnistia perchè questa cancella il reato. Non è questo il caso.
Abbiamo detto sì all'indulto, dunque, non per favorire qualcuno, ma perchè era una risposta necessaria, doverosa e non più eludibile all'emergenza delle carceri.
Ora occorre dare avvio ad una serie di riforme per restituire efficienza all'amministrazione della giustizia e cancellare le pessime leggi - vergogna ereditate dal centrodestra, a cominciare dalla Cirami e dalla ex-Cirielli. Ed è quello che faremo.
Ringraziandoti per l’attenzione”.
Piero Fassino
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Travaglio ha deciso di aggiungere il suo commento alle parole di Fassino.
'Caro Beppe,
purtroppo la risposta di Fassino sull’indulto fa acqua da tutte le parti. E provo a spiegare, punto per punto, il perché.
- “Abbiamo detto sì all’indulto non per favorire qualcuno, ma perchè era una risposta necessaria, doverosa e non più eludibile all'emergenza delle carceri”.
Perché allora, se si proponevano di svuotare le carceri, hanno escluso dall’indulto molti reati per i quali molti sono detenuti, mentre vi hanno inserito molti reati (quelli contro la pubblica amministrazione, quelli finanziari, societari e fiscali, gli omicidi colposi per le “morti bianche” sul lavoro) per i quali sono detenute poche decine di persone?
- “ Al 31 dicembre 2005 il numero dei detenuti era pari a 59.523 unità in un sistema carcerario fatto per ospitarne 35.000. Nel 2001 erano 43.000”. Dunque “un provvedimento di clemenza non era più rinviabile, tenuto conto che l'ultimo indulto risale a sedici anni fa”.
Per la verità l’ultimo indulto (il cosiddetto indultino) risale a due anni fa: scarcerò circa 6 mila persone, col risultato che dopo pochi mesi la popolazione carceraria non solo era tornata quella di prima, ma era addirittura aumentata. La prova del fatto che pensare di risolvere l’affollamento delle carceri mandando a casa i delinquenti è pura follia. Bisognerebbe agire sulle cause che “producono” i detenuti: e cioè, anzitutto, l’alto numero dei reati che si commettono e l’alto numero di delinquenti in circolazione; e poi alcune leggi che puniscono col carcere comportamenti che potrebbero essere sanzionati diversamente.
- Cinque anni di governo di centrodestra – osserva Fassino - hanno prodotto una “inutile e dannosa moltiplicazione della popolazione carceraria, pensiamo alla ex-Cirielli, alla legge sulle tossicodipendenze e alla Bossi-Fini”.
Perfetto: e allora perché, invece di imbarcarsi nell’indulto, non si è cancellata la ex Cirielli e non si è modificata la Bossi-Fini? La ex Cirielli allunga le pene per i recidivi, la Bossi-Fini impone l’arresto dei clandestini che non lasciano l’Italia dopo l’espulsione (anche se non commettono alcun delitto): arresto che non porta mai a lunghi periodi di detenzione, perché l’arrestato viene subito scarcerato in quanto la pena prevista è minima e non giustifica la custodia cautelare. Ma questi continui arresti di massa, sia pure col meccanismo del “turn over” (5.500 all’anno), incidono enormemente sulla popolazione carceraria.
- “La Costituzione richiede, per una legge di questa natura, il voto favorevole dei due terzi dei componenti di ogni ramo del Parlamento. Una maggioranza amplissima che può essere realizzata solo con un'intesa tra il più ampio numero di forze politiche e con la ricerca di un punto di equilibrio”.
Qui, caro Beppe, casca l’asino. O meglio: cade la maschera dell’inciucio. Perché all’indulto di 3 anni allargato a corrotti & furbetti esistevano varie alternative, che avrebbero liberato ugualmente migliaia di detenuti, ma senza dover ricorrere alla maggioranza dei due terzi, cioè senza dipendere dal "ricatto" di Forza Italia (un ricatto a cui la sinistra ha ceduto molto volentieri...). Per esempio una legge ordinaria che depenalizzasse (con maggioranza semplice, 50% più uno) la Bossi-Fini, o abolisse la ex Cirielli, o trasferisse in strutture sanitarie vigilate i detenuti malati o in comunità i tossici colpevoli di piccolo spaccio. Oppure, volendo proprio ricorrere all’indulto con maggioranza dei due terzi, si poteva “scontare” un anno di pena, e non tre, a tutti i condannati: è la proposta avanzata da un senatore indipendente eletto nei Ds, l’ex procuratore Gerardo D’Ambrosio, che avrebbe liberato 11.500 persone, ma avrebbe lasciato ai domiciliari Previti per altri due anni e non avrebbe salvato platealmente dal rischio di finire in galera i vari furbetti del quartierino, Tanzi, Cragnotti, per non parlare di Berlusconi, Confalonieri e famiglia (imputati per i diritti Mediaset). In quest’ultimo caso, se Forza Italia si fosse opposta, l’Unione avrebbe avuto buon gioco a spiegare agli elettori che il Cavaliere teneva i detenuti sotto sequestro, accatastati l’uno sull’altro nelle patrie galere, solo per salvare se stesso, Previti e i grandi ladroni dei bond e di Bancopoli.
- “Per tutti i reati a cui si applica l’indulto, non c'è nessun colpo di spugna. Per i reati finanziari, di corruzione e contro la pubblica amministrazione i processi proseguono, restano immutate le responsabilità, le condanne, i reati non si cancellano e, soprattutto resta ferma l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, restano ferme le pene accessorie anche temporanee. Per quanto riguarda gli infortuni sul lavoro e le morti bianche, viene garantito il diritto delle vittime al risarcimento”.
Fassino, essendo stato ministro della Giustizia, sa benissimo che per questi reati le pene non superano quasi mai i 3 anni di reclusione: chi, grazie all’indulto, parte da “meno tre”, sa che in caso di condanna la pena da scontare sarà pari a zero o sottozero. Per rischiare la galera, bisognerebbe esser condannati a più di 6 anni (sotto i 3 in Italia non si va in carcere): il che non accade mai. E' vero che i processi continuano: ma le pene saranno del tutto virtuali. Se un rapinatore viene condannato a 10-12 anni e gliene abbuonano 3, qualche anno di galera se la fa. Ma se un colletto bianco viene condannato a 3 anni e gliene abbuonano 3, non paga nemmeno per un giorno. Non solo: quando rischia la galera, il colletto bianco è indotto a patteggiare la pena per guadagnarsi lo sconto; in questo caso il pm può condizionare il patteggiamento al risarcimento delle vittime (cioè dello Stato, nei casi di Tangentopoli, o dei morti e feriti sul lavoro, nei casi di omicidio colposo in fabbrica o in cantiere). Quando non rischia la galera, invece, il colletto bianco imputato si guarda bene dal risarcire le vittime durante il processo penale: preferisce costringerle a far causa civile, rinviando il tutto di 10-15 anni, quando saranno tutti morti. Bel risultato, non c'è che dire.
- Fassino conclude promettendo di abrogare la Cirami e la Cirielli.
Gli ricordo che esistono anche la Gasparri, la Pecorella (abolizione dell’appello per il pm, ma non per l’imputato) e il falso in bilancio. E faccio rispettosamente osservare che trattasi di promesse. I fatti, per ora, si chiamano indulto alvacorrotti e, prossimamente, legge contro i pm che fanno intercettazioni e i giornalisti che le pubblicano. Altra trovata di Mastella, su testi e musica di Berlusconi. Se queste porcate le facesse il Cavaliere, scenderemmo tutti in piazza. Spero che lo faremo anche se le fanno i centrosinistri insieme a Berlusconi. Anzi, soprattutto per questo. Li abbiamo votati, ma ce la pagheranno'.
Marco Travaglio.