«Una piazza di persone unite nel rispetto delle diversità»
Un corteo colorato sfila fino a San Giovanni. Ferrero, Pecoraro e la Pollastrini: «Giusto esserci». Cori contro Prodi. Critiche dalla Cdl
ROMA - Colorato, allegro, chiassoso. Il corteo del Gay Pride 2007 invade Roma. Tra carri allegorici e bandiere, tra fischietti e palloncini colorati, tra cori contro il governo e musica disco, tra giovani «spartani» che distribuiscono preservativi e manifestanti in topless (nonostante le raccomandazioni di Vladimir Luxuria), tra maschere e coriandoli. All'appello hanno risposto in centinaia di migliaia. «Siamo un milione!» azzardano a un certo punto gli organizzatori del corteo dell'orgoglio omosessuale partito da piazzale Ostiense e arrivato in piazza San Giovanni: una scelta anche simbolica visto che lì si era tenuto il Family Day. Dietro lo striscione che apre la manifestazione (la madrina è l'attrice Monica Guerritore) sfilano le diverse sigle dei movimenti omosessuali, lesbiche, gay, bisessuali e transgender; sfilano i movimenti anticlericali, quelli di 'No Vat' e 'No God'; sfilano l'Arcigay, il circolo Mario Mieli e l'associazione dei genitori con figli omosessuali. Dai carri che accompagnano il corteo le casse sparano musica a tutto volume: sopra, 'drag queen' e ragazzi svestiti o mascherati come al carnevale di Rio. Molti gli striscioni: «Che lo riconosciate o no, siamo già una famiglia», recita uno; «L'amore è tutto sano, non dirlo al Vaticano», scandisce un altro. A bordo di un'Alfetta color crema c'è anche Daniele Silvestri, la cui ultima canzone «Gino e l'Alfetta» è stata scelta come inno ufficiale.
«IL GOVERNO NON FA NULLA» - Al di là degli aspetti gioiosi della manifestazione (in parte guastata da alcune scritte offensive contornate da svastiche e croci celtiche apparse alla vigilia), gli organizzatori del corteo si dicono «molto, molto inc... con questo governo perché non fa nulla per noi. Ci siamo stancati di essere cittadini di serie 'B', vogliamo avere gli stessi diritti degli altri e vogliamo mettere su una famiglia come fanno tutti gli altri». I manifestanti intonano cori contro il governo: «Prodi babbeo beccati sto corteo», «Meno Binetti e più diritti», «Prodi, Prodi dove sei? Oggi Roma è tutta gay». Si arriva a San Giovanni e Monica Guerritore sale sul palco: «Questa è una piazza di un milione di persone tutte unite nel rispetto delle identità, dell'essere umano e delle diversità. Abbiamo intrapreso un viaggio coraggioso per liberare noi stessi verso la tolleranza e il rispetto. Stasera stiamo cambiando il mondo».
I MINISTRI - Le contestazioni a Prodi e al governo nascono, soprattutto, dalla delusione per la mancata approvazione del disegno di legge sui Dico (anche se il presidente nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, afferma: «Noi non vogliamo i Dico, vogliamo il matrimonio»). Del resto, la stessa Unione partecipa, o aderisce simbolicamente, tra malumori e divisioni. All'edizione 2007 del Gay Pride italiano hanno dato il loro saluto il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, il ministro per l'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e la collega per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini. «Abbiamo sostenuto da sempre questa iniziativa di lotta contro le discriminazioni, lo si fa in tutto il mondo e mi sorprendo che in Italia si faccia un dibattito su un tema dove a New York sfilano Hillary Clinton e il sindaco repubblicano della destra americana, e in Francia Sarkozy sostiene le leggi sui Pacs. Questo vale in tutta Europa», dice Pecoraro Scanio. Il collega di governo, Ferrero, aggiunge: «È una manifestazione che chiede diritti e libertà, io penso che li chieda giustamente per il movimento ma in realtà li chiede per tutti. Quindi a me pare utile e giusto essere qui a dare un saluto a questa manifestazione». Il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, spiega di essere venuta «perché c'è una politica che vuole ascoltare e capire».
REAZIONI POLITICHE - Il segretario di Rifondazione Comunista, Franco Giordano, anche lui tra i manifestanti, avverte: «Guai a quella politica che non risponde a una domanda di diritti, sarebbe una politica morta». «Siamo qui - spiega - perché condividiamo integralmente la piattaforma della manifestazione, senza distinzioni. Una manifestazione che propone un rinnovamento necessario, non toglie diritti a nessuno ma prova ad aggiungerne». Quanto all'assenza dei leader di numerose forze della maggioranza, Giordano si limita a rispondere: «Noi ci siamo, e siamo ben lieti di esserci». Tra i partiti dell'opposizione solo Benedetto Della Vedova, riformatore liberale eletto in Fi, e il segretario della Democrazia per le autonomie, Gianfrano Rotondi, mostrano di comprendere le ragioni della manifestazione. Per il resto, da An e Lega arrivano solo critiche mentre Fi sottolinea, con Renato Schifani, la «debolezza» del governo. Per Roberto Calderoli «chi vive una sessualità naturale non ritiene di aver bisogno di manifestare per il proprio orgoglio, chi invece vive una sessualità contro natura e ritiene di dover manifestare il proprio orgoglio facendolo mette in dubbio in prima persona la cosa stessa. A tutti i manifestanti del gay pride faccio un appello: pentitevi e il buon Dio sacrificherà il vitello grasso».
16 giugno 2007
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/06_Giugno/16/gay_pride_roma.shtml
Un corteo colorato sfila fino a San Giovanni. Ferrero, Pecoraro e la Pollastrini: «Giusto esserci». Cori contro Prodi. Critiche dalla Cdl
ROMA - Colorato, allegro, chiassoso. Il corteo del Gay Pride 2007 invade Roma. Tra carri allegorici e bandiere, tra fischietti e palloncini colorati, tra cori contro il governo e musica disco, tra giovani «spartani» che distribuiscono preservativi e manifestanti in topless (nonostante le raccomandazioni di Vladimir Luxuria), tra maschere e coriandoli. All'appello hanno risposto in centinaia di migliaia. «Siamo un milione!» azzardano a un certo punto gli organizzatori del corteo dell'orgoglio omosessuale partito da piazzale Ostiense e arrivato in piazza San Giovanni: una scelta anche simbolica visto che lì si era tenuto il Family Day. Dietro lo striscione che apre la manifestazione (la madrina è l'attrice Monica Guerritore) sfilano le diverse sigle dei movimenti omosessuali, lesbiche, gay, bisessuali e transgender; sfilano i movimenti anticlericali, quelli di 'No Vat' e 'No God'; sfilano l'Arcigay, il circolo Mario Mieli e l'associazione dei genitori con figli omosessuali. Dai carri che accompagnano il corteo le casse sparano musica a tutto volume: sopra, 'drag queen' e ragazzi svestiti o mascherati come al carnevale di Rio. Molti gli striscioni: «Che lo riconosciate o no, siamo già una famiglia», recita uno; «L'amore è tutto sano, non dirlo al Vaticano», scandisce un altro. A bordo di un'Alfetta color crema c'è anche Daniele Silvestri, la cui ultima canzone «Gino e l'Alfetta» è stata scelta come inno ufficiale.
«IL GOVERNO NON FA NULLA» - Al di là degli aspetti gioiosi della manifestazione (in parte guastata da alcune scritte offensive contornate da svastiche e croci celtiche apparse alla vigilia), gli organizzatori del corteo si dicono «molto, molto inc... con questo governo perché non fa nulla per noi. Ci siamo stancati di essere cittadini di serie 'B', vogliamo avere gli stessi diritti degli altri e vogliamo mettere su una famiglia come fanno tutti gli altri». I manifestanti intonano cori contro il governo: «Prodi babbeo beccati sto corteo», «Meno Binetti e più diritti», «Prodi, Prodi dove sei? Oggi Roma è tutta gay». Si arriva a San Giovanni e Monica Guerritore sale sul palco: «Questa è una piazza di un milione di persone tutte unite nel rispetto delle identità, dell'essere umano e delle diversità. Abbiamo intrapreso un viaggio coraggioso per liberare noi stessi verso la tolleranza e il rispetto. Stasera stiamo cambiando il mondo».
I MINISTRI - Le contestazioni a Prodi e al governo nascono, soprattutto, dalla delusione per la mancata approvazione del disegno di legge sui Dico (anche se il presidente nazionale di Arcigay, Aurelio Mancuso, afferma: «Noi non vogliamo i Dico, vogliamo il matrimonio»). Del resto, la stessa Unione partecipa, o aderisce simbolicamente, tra malumori e divisioni. All'edizione 2007 del Gay Pride italiano hanno dato il loro saluto il ministro per la Solidarietà sociale, Paolo Ferrero, il ministro per l'Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio, e la collega per le Pari opportunità, Barbara Pollastrini. «Abbiamo sostenuto da sempre questa iniziativa di lotta contro le discriminazioni, lo si fa in tutto il mondo e mi sorprendo che in Italia si faccia un dibattito su un tema dove a New York sfilano Hillary Clinton e il sindaco repubblicano della destra americana, e in Francia Sarkozy sostiene le leggi sui Pacs. Questo vale in tutta Europa», dice Pecoraro Scanio. Il collega di governo, Ferrero, aggiunge: «È una manifestazione che chiede diritti e libertà, io penso che li chieda giustamente per il movimento ma in realtà li chiede per tutti. Quindi a me pare utile e giusto essere qui a dare un saluto a questa manifestazione». Il ministro delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, spiega di essere venuta «perché c'è una politica che vuole ascoltare e capire».
REAZIONI POLITICHE - Il segretario di Rifondazione Comunista, Franco Giordano, anche lui tra i manifestanti, avverte: «Guai a quella politica che non risponde a una domanda di diritti, sarebbe una politica morta». «Siamo qui - spiega - perché condividiamo integralmente la piattaforma della manifestazione, senza distinzioni. Una manifestazione che propone un rinnovamento necessario, non toglie diritti a nessuno ma prova ad aggiungerne». Quanto all'assenza dei leader di numerose forze della maggioranza, Giordano si limita a rispondere: «Noi ci siamo, e siamo ben lieti di esserci». Tra i partiti dell'opposizione solo Benedetto Della Vedova, riformatore liberale eletto in Fi, e il segretario della Democrazia per le autonomie, Gianfrano Rotondi, mostrano di comprendere le ragioni della manifestazione. Per il resto, da An e Lega arrivano solo critiche mentre Fi sottolinea, con Renato Schifani, la «debolezza» del governo. Per Roberto Calderoli «chi vive una sessualità naturale non ritiene di aver bisogno di manifestare per il proprio orgoglio, chi invece vive una sessualità contro natura e ritiene di dover manifestare il proprio orgoglio facendolo mette in dubbio in prima persona la cosa stessa. A tutti i manifestanti del gay pride faccio un appello: pentitevi e il buon Dio sacrificherà il vitello grasso».
16 giugno 2007
http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2007/06_Giugno/16/gay_pride_roma.shtml