“Verrebbe proprio da dire: che te lo ‘dico’ a fare? Dico o Pacs, scopo della legge deve rimanere quello di riconoscere diritti e doveri delle coppie legate da vincoli affettivi. Includere rapporti di altra natura, come quelli tra fratelli, è solo un tentativo di introdurre incongruità nel testo della legge al fine di snaturarla, e imporre ulteriori limitazioni ai diritti previsti”.
Questo il segnale d’allarme lanciato dal presidente nazionale di Arcigay, Sergio Lo Giudice, che, all’indomani del varo dei Dico da parte del governo, propone dieci punti per migliorare il provvedimento.
“Alcuni aspetti del ddl sono vessatori – spiega Lo Giudice - Altri sono solo il tentativo del Vaticano, rappresentato da Rutelli, di snaturare la legge e di limitare i diritti previsti."
“Solo per fare un esempio i nove anni di attesa per il diritto all’eredità sono davvero troppi. E che succede se una macchina mi mette sotto prima?"
“Altro problema spinoso è il partner extracomunitario. Se ci si registra all’anagrafe, ha diritto al permesso di soggiorno. Ma come fa a registrarsi se il permesso di soggiorno non ce l’ha ancora? Una coppia eterosessuale potrebbe sposarsi. Una coppia gay, rischia la separazione forzata."
“Va inoltre prevista la possibilità per i conviventi di recedere dal rapporto, senza dover per forza cambiare subito di casa. Un rapporto affettivo può finire anche se, magari per necessità temporanea, si continua a vivere sotto lo stesso tetto. Altrimenti viene contraddetta la volontarietà del rapporto”.
Di seguito i dieci miglioramenti che Arcigay propone al pdl Dico
“CHE TE LO DICO A FARE”
1. Dichiarazione
La dichiarazione deve essere resa insieme: quella di avvisare il partner tramite raccomandata è una disposizione ridicola e rischia di aprire il varco a false convivenze. Non ha senso estendere le convivenze dichiarate a fratelli e sorelle.
2. Convivenza
E' la condizione della dichiarazione, ma deve essere resa possibile: va prevista la possibilità di regolarizzare il partner straniero privo di permesso e che ci siano punteggi nelle graduatorie lavorative per il ricongiungimento al partner con cui si vuole andare a convivere. Inoltre impedire che si possa dichiarare una convivenza con l’amministratore di sostegno è in contrasto con la legge che prevede che sia proprio il coniuge o il convivente ad assumere questo ruolo.
3. Possibilità di recesso
Deve essere inserita. Nell’attuale proposta non è prevista, in contrasto con la volontarietà della dichiarazione iniziale.
4. Parte patrimoniale
Deve essere possibile scegliere la comunione dei beni e opporla a terzi.
5. Accesso alle strutture sanitarie
Il diritto deve essere garantito e non lasciato alla buona volontà dei singoli ospedali.
6. Successione ereditaria
I nove anni di attesa sono eccessivi. E se uno muore prima che succede? Va inoltre parificata la tassa di successione a quella prevista per i familiari.
7. Successione nel contratto di locazione
Deve poter essere immediata, come già stabilito dalla Corte costituzionale, e non legata ai tre anni di convivenza.
8. Reversibilità della pensione
Viene rimandata alla successiva riforma, ma vanno almeno esplicitati in modo chiaro i principi e definiti tempi congrui e non eccessivi. In particolare va riconosciuto il periodo di convivenza pregressa.
9. Impresa familiare
Viene riconosciuta al partner la partecipazione agli utili, ma non ai miglioramenti dell’impresa e non si tiene conto del lavoro casalingo.
10. Graduatorie lavorative
Va definito in modo vincolante il diritto ad un punteggio e vanno abbassati i tre anni previsti, che penalizzano le coppie giovani.
http://www.arcigay.it/show.php?2413
sabato 10 febbraio 2007
Le 10 regole per migliorare il DICO
Bindi: "Questa Chiesa così arroccata non capisce una legge giusta"
Intervista al ministro della Famiglia: "stiamo dando diritti ai deboli, non alternative al matrimonio"
"Bindi: Soffro ma ho imparato della Dc che la politica è laica"
di CONCITA DE GREGORIO
Rosy Bindi disegnata da Mannelli
"Radio vaticana ha solo trasmesso un commento di D'Agostino, il presidente dei giuristi cattolici..."
Ministro Bindi, possiamo anche minimizzare ma si tratta di un'offensiva formidabile e univoca, il Santo Padre in testa.
"Non voglio minimizzare. Cosa vuole che le dica? Ogni giorno ha la sua pena".
Cosa risponde al Papa?
"Non sono abituata a rivolgermi direttamente a Lui. Non nego che per me sia un momento di grande sofferenza. La maggiore è quella dell'incomprensione. Abbiamo scritto una legge giusta che tutela i più deboli, riconosce diritti alle persone discriminate e non crea nessuna figura giuridica che possa attentare alla famiglia. Non è negando diritti e doveri a chi è in difficoltà che si difende la famiglia. Soffro come credente prima che come politica".
Soffre del fatto che la Chiesa sia arroccata su posizioni distanti dal sentire comune persino di molti cattolici?
"E' così. Mi domando perché una Chiesa che assolve in confessionale e che vive accanto a chi ha bisogno poi invece nella sua parola appaia sempre giudicante. Questo crea una distanza. L'insegnamento cattolico dice un'altra cosa: parla di valore della giustizia, di pace, di libertà personale, di accoglienza appunto persino nell'errore. Di carità e di misericordia".
Viene in mente il funerale negato a Welby.
"Ecco: c'erano gli estremi per dire di no, la decisione era corretta. Proprio per questo sarebbe stato possibile dire di sì, in qualche forma: si sarebbero capiti meglio i motivi del no, sarebbe stata chiara la grandezza della Chiesa. La strada per comunicare la verità è la misericordia. La strada per cercarla è il dialogo".
Lei ha detto che il momento in cui ha capito di dover andare avanti da sola è coinciso col "non possumus" dei vescovi.
"Certo. Io ho parlato in questo mese con tutti: con le associazioni degli omosessuali, dei notai e degli avvocati..."
... con il segretario della Cei Betori, col ministro della famiglia della Santa Sede Trujillo...
"Con tutti, e assiduamente con il mio mondo di riferimento come è normale. Con Trujillo abbiamo avuto rapporti istituzionali fra ministri. Poi però quando il dialogo si interrompe unilateralmente resti da solo: sono momenti difficili in cui devi fare appello alla tua coscienza. Sto andando adesso alla messa in ricordo di Bachelet, un vero laico cristiano. Diceva: bisogna essere autenticamente figli della Chiesa e cittadini del proprio Stato".
Cosa le ha detto Prodi il giorno del 'non possumus'?
"Ci siamo detti andiamo avanti. Era molto sereno".
Non teme che essere 'scomunicata' dalle gerarchie possa accreditare altri, nel suo partito, come referenti del Vaticano?
"Un politico non deve sentirsi il referente di nessuno. Il mio riferimento è il Paese, certo anche il mondo cattolico che fa parte del popolo italiano. Mi sento un'erede della Dc: era un partito di cattolici ma un partito laico. E' lì che ho imparato".
Come va con Rutelli?
"Abbiamo avuto momenti di discussione animata giusto fino a ieri. Ora meglio. Abbiamo raggiunto uno scopo comune: non volevamo creare una figura giuridica alternativa al matrimonio. Questo è".
Da sinistra dicono: troppo poco. Il progetto iniziale prevedeva un registro delle convivenze, questo testo certifica quel che già esiste. Si va all'anagrafe e si mette una postilla: "convivenza affettiva".
"Non è affatto poco. Si assegnano diritti ai più deboli: pensi al convivente che non lavora, a quelle coppie in cui uno dei due non può o non vuole sposarsi, a due sorelle anziane, a una coppia di omosessuali a cui sinora nessun diritto e dovere era riconosciuto. A una zia e una nipote, ho qui una lettera, ecco: una zia e una nipote che vivono come madre e figlia da trent'anni".
Nove anni per attivare il diritto alla successione sono molti.
"Sono un anno meno di un mutuo decennale. Si parla di trasferimento di beni in caso di morte".
Da destra dicono che così eredita il convivente e non i figli di un eventuale precedente matrimonio, che per attivare diritti bisogna assumersi responsabilità: sposarsi, insomma.
"E' falso. I figli ereditano sempre la quota legittima. Tra l'altro se i nuovi conviventi si sposassero i figli precedenti erediterebbero di meno. E comunque c'è chi non può e non vuole sposarsi ma non per questo il legame può essere ignorato".
Lei farebbe un Dico?
"Con mia sorella, coi miei nipoti. Lo farei, ma io non ne ho bisogno. Le coppie omosessuali celebri e potenti non ne hanno. Dobbiamo uscire dall'ipocrisia: in questo paese chi se lo può permettere vive come vuole. E' chi non ha tutela che deve essere protetto".
Lei crede che l'offensiva della chiesa si trasformerà in una campagna paragonabile a quelle contro il divorzio e l'aborto, o anche solo all'opposizione di piazza a Zapatero?
"Io non sono Zapatero, come è del tutto evidente. Questa legge fa riferimento all'anagrafe istituita da Tambroni nella Dc degli anni Cinquanta. Mi auguro davvero che non ci siamo campagne, sarebbe anacronistico. Credo che nel dibattito parlamentare potremo dimostrare che diamo qualcosa a qualcuno senza togliere niente a nessuno".
La verità: quanto ha pesato la sfida del Partito democratico?
"Ha pesato. E' stata una prova di dialogo, di responsabilità politica e di laicità. Senza questi tre elementi il Partito democratico non si può fare".
Un lavoro di donne, ha detto anche.
"Sicuro. Gli uomini devono sempre marcare il territorio e segnare il 'più uno'. Chi vince chi perde, ha presente? Le donne meno: hanno in mente il risultato".
(10 febbraio 2007)
http://tinyurl.com/2fdqwg
venerdì 9 febbraio 2007
Primo sì ai Pacs all'italiana
Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi (DICO)
ARTICOLO 1 (Ambito e modalità di applicazione)
1. Due persone maggiorenni e capaci, anche dello stesso sesso, unite da reciproci vincoli affettivi, che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da vincoli di matrimonio, parentela in linea retta entro il secondo grado, affinità in linea retta entro il secondo grado, adozione, affiliazione, tutela, curatela o amministrazione di sostegno, sono titolari dei diritti, dei doveri e delle facoltà stabiliti dalla presente legge.
2. La convivenza di cui al comma 1 è provata dalle risultanze anagrafiche in conformità agli articoli 4, 13 comma 1 lettera b), 21 e 33 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, secondo le modalità stabilite nel medesimo decreto per l’iscrizione, il mutamento o la cancellazione. È fatta salva la prova contraria sulla sussistenza degli elementi di cui al comma 1 e delle cause di esclusione di cui all’articolo 2. Chiunque ne abbia interesse può fornire la prova che la convivenza è iniziata successivamente o è terminata in data diversa rispetto alle risultanze anagrafiche.
3. Relativamente alla convivenza di cui al comma 1, qualora la dichiarazione all’ufficio di anagrafe di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, non sia resa contestualmente da entrambi i conviventi, il convivente che l’ha resa ha l’onere di darne comunicazione mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento all’altro convivente; la mancata comunicazione preclude la possibilità di utilizzare le risultanze anagrafiche a fini probatori ai sensi della presente legge.
4. L’esercizio dei diritti e delle facoltà previsti dalla presente legge presuppone l’attualità della convivenza.
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano anche all'anagrafe degli italiani residenti all’estero. 6. Ai fini della presente legge i soggetti di cui al comma 1 sono definiti «conviventi».
1. Le disposizioni della presente legge non si applicano alle persone: a) delle quali l’una sia stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra o sulla persona con la quale l’altra conviveva ai sensi dell’articolo 1, comma 1, ovvero sulla base di analoga disciplina prevista da altri ordinamenti; b) delle quali l’una sia stata rinviata a giudizio, ovvero sottoposta a misura cautelare, per i reati di cui alla lettera a); c) legate da rapporti contrattuali, anche lavorativi, che comportino necessariamente l’abitare in comune.
1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di beneficiare delle disposizioni della presente legge, chiede l’iscrizione anagrafica in assenza di coabitazione ovvero dichiara falsamente di essere convivente ai sensi della presente legge, è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da euro 3.000 a euro 10.000.
2. La falsa dichiarazione di cui al comma 1 produce la nullità degli atti conseguenti; i pagamenti eseguiti sono ripetibili ai sensi dell’articolo 2033 del codice civile.
1. Le strutture ospedaliere e di assistenza pubbliche e private disciplinano le modalità di esercizio del diritto di accesso del convivente per fini di visita e di assistenza nel caso di malattia o ricovero dell’altro convivente.
1. Ciascun convivente può designare l’altro quale suo rappresentante: a) in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e volere, al fine di concorrere alle decisioni in materia di salute, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti; b) in caso di morte, per quanto riguarda la donazione di organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie, nei limiti previsti dalle disposizioni vigenti.
2. La designazione è effettuata mediante atto scritto e autografo; in caso di impossibilità a redigerlo, viene formato un processo verbale alla presenza di tre testimoni, che lo sottoscrivono.
1. Il cittadino straniero extracomunitario o apolide, convivente con un cittadino italiano e comunitario, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, può chiedere il rilascio di un permesso di soggiorno per convivenza.
2. Il cittadino dell’Unione europea, convivente con un cittadino italiano, che non ha un autonomo diritto di soggiorno, ha diritto all’iscrizione anagrafica di cui all’articolo 9 del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2004/38/CE.
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano tengono conto della convivenza di cui all’articolo 1 ai fini dell’assegnazione di alloggi di edilizia popolare o residenziale pubblica.
1. In caso di morte di uno dei conviventi che sia conduttore nel contratto di locazione della comune abitazione, l’altro convivente può succedergli nel contratto, purché la convivenza perduri da almeno tre anni ovvero vi siano figli comuni.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche nel caso di cessazione della convivenza nei confronti del convivente che intenda subentrare nel rapporto di locazione.
1. La legge e i contratti collettivi disciplinano i trasferimenti e le assegnazioni di sede dei conviventi dipendenti pubblici e privati al fine di agevolare il mantenimento della comune residenza, prevedendo tra i requisiti per l’accesso al beneficio una durata almeno triennale della convivenza.
2. Il convivente che abbia prestato attività lavorativa continuativa nell’impresa di cui sia titolare l’altro convivente può chiedere, salvo che l’attività medesima si basi su di un diverso rapporto, il riconoscimento della partecipazione agli utili dell’impresa, in proporzione dell’apporto fornito.
1. In sede di riordino della normativa previdenziale e pensionistica, la legge disciplina i trattamenti da attribuire al convivente, stabilendo un requisito di durata minima della convivenza, commisurando le prestazioni alla durata della medesima e tenendo conto delle condizioni economiche e patrimoniali del convivente superstite.
1. Trascorsi nove anni dall’inizio della convivenza, il convivente concorre alla successione legittima dell’altro convivente, secondo le disposizioni dei commi 2 e 3.
2. Il convivente ha diritto a un terzo dell’eredità se alla successione concorre un solo figlio e ad un quarto se concorrono due o più figli. In caso di concorso con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri, al convivente è devoluta la metà dell’eredità.
3. In mancanza di figli, di ascendenti, di fratelli o sorelle, al convivente si devolvono i due terzi dell’eredità, e, in assenza di altri parenti entro il secondo grado in linea collaterale, l’intera eredità.
4. Al convivente, trascorsi almeno nove anni dall’inizio della convivenza, e fatti salvi i diritti dei legittimari, spettano i diritti di abitazione nella casa adibita a residenza della convivenza e di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti gravano sulla quota spettante al convivente.
5. Quando i beni ereditari di un convivente vengono devoluti, per testamento o per legge, all’altro convivente, l’aliquota sul valore complessivo netto dei beni prevista dall’articolo 2, comma 48, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, è stabilita nella misura del cinque per cento sul valore complessivo netto eccedente i 100.000 euro.
1. Nell’ipotesi in cui uno dei conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, l’altro convivente è tenuto a prestare gli alimenti oltre la cessazione della convivenza, purché perdurante da almeno tre anni, con precedenza sugli altri obbligati, per un periodo determinato in proporzione alla durata della convivenza. L’obbligo di prestare gli alimenti cessa qualora l’avente diritto contragga matrimonio o inizi una nuova convivenza ai sensi dell’articolo 1.
1. I conviventi sono titolari dei diritti e degli obblighi previsti da altre disposizioni vigenti per le situazioni di convivenza, salvi in ogni caso i presupposti e lemodalità dalle stesse previste.
2. Entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, può essere fornita la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella delle certificazioni di cui all’articolo 1, comma 2. La disposizione di cui al presente comma non ha effetti relativamente ai diritti di cui all’articolo 10 della presente legge.
3. Il termine di cui al comma 2 viene computato escludendo i periodi in cui per uno o per entrambi i conviventi sussistevano i legami di cui all’articolo 1, comma 1, e le cause di esclusione di cui all’articolo 2.
4. In caso di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio può essere fornita, entro tre mesi dal passaggio in giudicato della sentenza, da parte di ciascuno dei conviventi o, in caso di morte intervenuta di un convivente, da parte del superstite, la prova di una data di inizio della convivenza anteriore a quella dell’iscrizione di cui all’articolo 1, comma 2, comunque successiva al triennio di separazione calcolato a far tempo dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale.
5. I diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalle disposizioni vigenti a favore dell’ex coniuge cessano quando questi risulti convivente ai sensi della presente legge. 6. I diritti patrimoniali, successori o previdenziali e le agevolazioni previsti dalla presente legge cessano qualora uno dei conviventi contragga matrimonio.
1. All’onere derivante dall’articolo 11, pari ad euro 4 milioni e 600 mila per l’anno 2008 ed euro 5milioni a decorrere dall’anno 2009 si provvede mediante corrispondente riduzione dell’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 1, comma20, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, iscritta all’U.P.B. dello stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno 2007. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
mercoledì 7 febbraio 2007
Il cardinale Bertone: Chi giudica l'operato della Chiesa è ignorante
Il cardinale Bertone, numero due del Vaticano, è intervenuto in diretta alla trasmissione ‘Prima pagina’ su RadioTre.
Stamattina un nuovo assaggio della nuova politica vaticana che prevede una linea politica non negoziabile e non soggetta a contraddittorio. Intervenendo come un ascoltatore qualsiasi alla trasmissione 'Prima pagina' su radio tre, il cardinale Bertone, numero due del Vaticano, ha contestato duramente chi critica l'operato della chiesa in occasione del poliziotto ucciso allo stadio e ha invitato Baudo a stare zitto e non contraddire cosa fa la chiesa, dando dell'ignoranti a tutti gli ascoltatori, Baudo compreso, che si permettono di giudicare l'operato pontificio. Grande soggezione del giornalista conduttore, Gaspare Amedei, che non solo ha concesso un tempo triplo rispetto agli altri ascoltatori ma ha usato il tipico tono di deferenza con un risultato a tratti fantozziano.
Giorgio Lazzarini
redazione@gay.tv
Chi volesse ascoltare l'intervista di Gaspare Barbiellini Amedei a Bertone può scaricarla dal sito della rai http://www.radio.rai.it/podcast/F0009672.mp3
domenica 4 febbraio 2007
Una "quasi moglie" priva di diritti e umiliata dallo Stato
Adele Parrillo vicepresidente della Liff , www.liff.it, si batte perché altre donne e altri uomini non debbano subire le stesse ingiustizie e gira attraverso l’Italia per presentare il suo libro
di Maria Antonietta Schiavina
Di Adele Parrillo abbiamo sentito parlare subito dopo l’attentato del 12 novembre 2003 a Nassiriya, nel quale il suo compagno, Stefano Rolla, regista e sceneggiatore, è morto (insieme a lui hanno perso la vita 28 persone, fra cui 17 militari italiani e un cooperatore internazionale e, proprio in questi giorni, i presunti responsabili della strage, sono stati identificati tra i membri di una organizzazione aderente ad al Qaeda). Messa da parte per dare spazio ad altri drammi, questa storia, o almeno l’epilogo tanto triste quanto assurdo, ha trasformato una donna disperata, in un emblema vivente della lotta per i Pacs.
Sì, perché la Parrillo - autrice del libro testimonianza “Nemmeno il dolore” - non ha perso soltanto il compagno di vita, ma parte della sua vita, compreso il lavoro di sceneggiatrice che svolgeva per lui e la speranza, condivisa, di diventare mamma attraverso la fecondazione assistita.
Privata di colpo di qualsiasi diritto, “cancellata” dalla vita dell’uomo che amava e che l’amava, colpita al cuore e nella dignità, ogni volta che qualche funzionario le comunicava che il suo nome “non era nella lista delle vedove”, è stata anche, in una scena umanamente straziante e politicamente scandalosa, trascinata via di forza dalla cerimonia di commemorazione della strage a cui era andata come le altre vedove, convinta di poter piangere insieme alle mogli ufficiali, di essere considerata soltanto una persona disperata e non un’intrusa.
Per raccontare la sua vita con Stefano Rolla e quella dopo la sua morte, Adele Parrillo ha scritto un romanzo che è un manifesto civile. E dietro le 197 pagine, riempite con sorprendente forza poetica da una donna messa in ginocchio ma non annientata si legge, oltre che una bella storia d’amore, l’umiliazione del dolore negato, che trascina pagina dopo pagina, con il suo potente messaggio e sublima il valore dell’amore e della persona, al di là di ogni formula giuridica, con un’intensità che è difficile ignorare.
Un storia d’amore, di dolore, di rabbia, quella di Adele Parrillo e Stefano Rolla. Un libro crudo e anche molto tenero nei flashback, che riportano a galla i ricordi di una coppia che aveva l’unica colpa di non essere ufficializzata, ma soprattutto la denuncia di una donna che racconta a viso scoperto il boicottaggio riservatole da parte dello Stato.
Adele Parrillo stava insieme a Stefano da anni, si amavano profondamente e presto avrebbero voluto sposarsi.
Ma l’amore per la legge italiana non conta se non è sancito dal matrimonio, così lei si è trovata sola davanti al mondo e privata di ogni diritto.
Esclusa dai programmi di assistenza psicologica offerti ai familiari delle vittime dell’attentato e da ogni risarcimento economico, la sceneggiatrice “quasi moglie “ha perso anche i diritti del lungometraggio sulla missione militare italiana in Iraq a cui stava lavorando con Rolla.
Oggi, diventata vicepresidente della Liff (la Lega italiana famiglie di fatto), www.liff.it, si batte perché altre donne e altri uomini non debbano subire le stesse ingiustizie e gira attraverso l’Italia per presentare il suo libro, raccontando la sua storia, con dignità e senza rancore, cercando giustizia per lei e per tante donne - o uomini - ai quali, proprio perché non sono regolarmente sposati, la legge non permette di ufficializzare nemmeno il dolore.
Signora Parrillo, come mai ha deciso di fermare in un libro la sua esperienza?
«All’indomani della strage di Nassiriya, vedendo che lo Stato non riconosceva il mio legame con Stefano, trattandomi di fatto da fantasma, mi sono chiesta se davvero la nostra storia fosse esistita, se non si fosse trattato solo di un sogno, se ciò che era accaduto fra me e Stefano fosse stato vero o frutto della mia fantasia. Allora, per cercare di ricordare e fermare sulla carta i miei ricordi, ho iniziato a scrivere, ripercorrendo la mia, anzi la nostra storia».
Lei e Stefano eravate una coppia a tutti gli effetti. Perché avevate scelto di non regolarizzare la vostra unione?
«Quella di non sposarci - Stefano fra l’altro era vedovo - come ho scritto anche nel libro, non é stata una scelta, ma un insieme di occasioni che ci hanno impedito di realizzare i nostri progetti per tempo... Avevamo fatto apporre le pubblicazioni di matrimonio per ben due volte, ma il mio compagno era spesso fuori Italia per il suo lavoro e dovevamo rimandare continuamente la cerimonia... E poi, la cosa che contava di più per noi, era rappresentata da un figlio.... Io ero in cura e, un giorno sì e l’altro no, andavo in una clinica di Roma dove ci sono cinque embrioni congelati con il seme di Stefano, per sottopormi alle terapie. Oggi però penso che, se Stefano fosse vivo, a furia di rimandare il matrimonio, avremmo entrambi optato sicuramente per i Pacs».
Gli embrioni che avrebbero dovuto farvi diventare genitori, a questo punto non avranno dunque un futuro...
«Come tutti sanno, con la nuova legge approvata nel 2004, io - da single - non ne posso disporre e, anche se il mio compagno fosse vivo, essendo noi solo conviventi, non ci sarebbe permessa alcuna fecondazione assistita... Tant’è che moltissime coppie ormai vanno all’estero...».
Cosa le ha fatto più male dopo la scomparsa di Stefano?
«Il “disconoscimento” da parte dello Stato di quello che per me sarebbe stato il mio primo e unico matrimonio (era la prima volta, infatti, che vivevo more-uxorio con un uomo e mi sentivo a tutti gli effetti come sua moglie).
Chi ha cercato di darle una mano?
«Pochi amici fuori dal mio ambiente, quello del cinema. Primo fra tutti Maurizio Costanzo, l’unico che con molta semplicità, mi ha offerto un lavoro nella sua redazione, per il programma del pomeriggio su Canale 5. So che l’ha fatto esclusivamente per aiutarmi e di questo gliene sarò sempre grata. Così come sono grata alla senatrice Franca Rame, oggi per me una cara amica, che sta appoggiando calorosamente la mia battaglia: nel suo sito c’è addirittura l’invito ad acquistare il libro e a segnalare alla casa editrice le librerie che non ne hanno copie disponibili».
Dopo aver pubblicato “Nemmeno il dolore” ha ricevuto messaggi di solidarietà da altre donne - o uomini - che vivono la loro situazione di compagne e compagni di fatto?
«Sul mio blog:http://adeleparrillo.splinder.com/, ricevo continui messaggi di solidarietà da parte di donne e uomini, considerati mogli e mariti di serie B e, quando vado a presentare il libro, c’è gente che chi si commuove fino al pianto».
Qual è il pensiero più ricorrente, nei confronti del suo compagno, oggi che il problema dei Pacs si sta dibattendo sul tavolo della politica?
«Quello che Stefano sarebbe contento di me, di ciò che sto facendo. Lui ammirava la mia “forza” e la mia determinazione, quindi in questa lotta lui mi è accanto. Infatti... in un passo del libro dedicato a lui, dico esplicitamente, quando decido di andare “non invitata” alla commemorazione in chiesa al primo anniversario (pagina 182 n.d.r) “... da invisibile potrò vedere cose che gli altri non vedono e tu mi camminerai accanto”.
http://www.gaynews.it/view.php?ID=72213