venerdì 22 luglio 2005

Esecuzione di due ragazzi gay in Iran

Lo rivela il sito di Out Rage di Londra con tanto di foto dell'esecuzione. L'organizzazione invita tutti a protestare presso le ambasciate iraniane. Traduzione di Carmine Urcioli



Due ragazzi gay sono stati giustiziati pubblicamente in Iran lo scorso 19 luglio per il "reato" di omosessualità.

I giovani sono stati impiccati in Piazza Edalat (della Giustizia) nella città di Mashad, a nord est dell'Iran. La loro condanna a morte è arrivata dalla corte n. 19.

In Iran è vigente la legge islamica della Sharia, che commina la pena di morte in caso di sesso gay. Un giovane aveva 18 anni, l'altro meno di 18 anni.

Sono stati identificati solo attraverso le loro iniziali, M.A. e A.M.

Hanno ammesso (probabilmente sotto tortura) di aver praticato sesso ma hanno assunto in loro difesa che la maggior parte dei giovani ragazzi ha rapporti sessuali tra di loro e che non erano consapevoli che l'omosessualità venisse punita con la morte.

Prima della loro esecuzione, i giovani sono stati tenuti in prigione per 14 mesi e severamente colpiti con 228 frustate.

La lunghezza della loro detenzione lascia presupporre che essi commisero le cosiddette infrazioni più di un anno prima, quando erano probabilmente attorno all'età di 16 anni.

Ruhollah Rezazadeh, l'avvocato del ragazzo più piccolo (sotto i 18 anni), si era appellato al fatto che egli fosse troppo giovane per essere giustiziato e che la corte avrebbe dovuto prendere in considerazione la sua tenera età (presumibilmente 16 o 17 anni). Ma la Corte Suprema di Teheran lo ha condannato lo stesso all'impiccagione.

Secondo il codice penale iraniano, le bambine di nove anni e i ragazzi di 15 possono essere impiccati.

Tre altri giovani ragazzi gay Iraniani sono ricercati dalla polizia, ma sono riusciti a nascondersi e non si riesce a trovarli. Se catturati, anche loro dovranno subire l'esecuzione.

Notizie delle due esecuzioni sono riportate da ISNA (l'Agenzia giornalistica studentesca Iraniana), il 19 luglio.

Una notizia più recente da "Iran In focus", presumibilmente basata sul servizio originale ISNA, ha dichiarato che i ragazzi sono stati giustiziati per avere assalito sessualmente un 13enne. Ma il servizio della ISNA non menziona alcuna violenza sessuale.

Anche un servizio delle esecusioni sul sito del rispettato movimento democratico di opposizione, Il Consiglio Nazionale della Resistenza in Iran, non fa riferimento ad un atto di violenza sessuale.

La notizia della violenza sessuale potrebbe essere una copertura per minare la compassione pubblica nei confronti dei ragazzi (una tattica frequente del regime Islamico in Iran).

O potrebbe anche essere che il 13enne fosse un partecipante consenziente ma che la legge iraniana (come la legge del Regno Unito) ritiene che nessuna persona di quella età sia capace di consenso sessuale a che quindi qualsiasi contatto di tipo sessuale sia automaticamente considerato per la legge una violenza carnale.

Se il 13enne fosse stato violentato, perchè non è stato identificato e processato (per la legge iraniana sia le vittime che i colpevoli di reati sessuali devono essere puniti) ?

Il racconto completo in lingua Farsi dall'ISNA, con le tre foto al collegamento seguente:

http://isna.ir/Main/NewsView.aspx?ID=ws-556874

"Questa è solo l'ultima barbarie degli Islamo-fascisti in Iran", ha detto Peter Tatchell del gruppo di diritti umani OutRage di Londra!

"L'intero paese è una gigantesca prigione, con le regole islamiche sostenute da detenzioni senza processo, torture e omicidi sovvenzionati dallo stato".

"Secondo gli attivisti dei diritti umani in Iran, oltre 4.000 lesbiche e gay sono stati giustiziati da quando gli Ayatollah sono saliti al potere nel 1979".

"In totale, si stima che 100.000 iraniani sono stati messi a morte negli ultimi 26 anni di governo clericale. Le vittime includono donne che hanno rapporti sessuali fuori dal matrimonio e gli avversari politici del governo islamico".


"Lo scorso agosto, una ragazza 16enne, Atefeh Rajabi, è stata impiccata per "atti incompatibili con la castità."

Il Governo laburista della Gran Bretagna mira a raggiungere relazioni amichevoli con questo regime omicida, includendo aiuti e scambi commerciali. Noi sollecitiamo la comunità internazionale a trattare l'Iran come uno stato canaglia, ad interrompere le relazioni diplomatiche, ad imporre sanzioni sugli scambi e a dare pratico supporto all'opposizione democratica e di sinistra all'interno dell'Iran", ha dichiarato Mr Tatchell.



Azioni Urgenti:

Protesta all'ambasciatore dell'Iran:

Indirizzo dell'ambasciata iraniana nel Regno Unito:

info@iran-embassy.org.uk
Tel: 020 7225 3000
Fax: 020 7589 4440


Iranian Ambassador
Embassy of Iran
16 Prince’s Gate
London SW7 1PT


Indirizzi dell'ambasciata iraniana in Italia:

Ambasciata della Repubblica Islamica dell' Iran in Italia.
00162 Roma (RM)
Via Nomentana, 361
06 86328493
06 86391029


Le foto scioccanti dell'esecuzione sono ai seguenti collegamenti:
http://www.outrage.org.uk/imagezoom.asp?file=37
http://www.outrage.org.uk/imagezoom.asp?file=38
http://www.outrage.org.uk/imagezoom.asp?file=39


http://www.gaynews.it/view.php?ID=33387

Conviventi: negato il funerale

Niente liturgie per i ''pubblici peccatori''
Diritto ecclesiastico in cattedra.

(AprileOnline.info del 22/07/2005)

---

Catanzaro. Negata la messa di suffragio ad una donna che in vita aveva convissuto con uomo divorziato. La nuova intransigenza della Chiesa di Ratzinger Emilia Basile Don Giuseppe Mazzotta, parroco di un paesino del catanzarese, Marcellinara, si è rifiutato di celebrare una messa funebre per una donna che negli ultimi anni della sua vita aveva convissuto con un uomo divorziato. Seguendo il codice canonico, ha celebrato un semplice rituale. Una formula più "sbrigativa". Pronunciate le parole di conforto ai familiari, ha proseguito il rituale con una lunga e meditata liturgia delle letture, pronunciando le parole liturgiche ha sparso incenso intorno alla bara e l'ha aspersa di acqua benedetta. "Più di cosi non potevo fare", ha detto il sacerdote, confermando di aver agito secondo il Codice di Diritto Liturgico ("i pubblici peccatori devono essere esclusi dalle esequie religiose"). Si è giustificato affermando di essere "stato vicino ai familiari e aver pregato per l'anima della defunta, ricevendo la sorella ed altri congiunti in chiesa. "Non credo - ha aggiunto - che il mio comportamento, quindi, possa generare nessun tipo di polemica perché ho osservato semplicemente quelle che sono le regole della chiesa". Don Giuseppe, riferisce la cittadinanza, è stato sempre un sacerdote integerrimo, un uomo scrupoloso, ammirevole e sempre coerente con le sue scelte. Dicono di lui: "Tante volte dal pulpito ha tuonato che il matrimonio è sacro e che i conviventi agiscono nel peccato". "Oggi ha rispettato questa sua posizione portandola fino in fondo: non ho celebrato la messa perché la signora non era in comunione con la Chiesa" e poi aggiunge: "Ho voluto anche lanciare un messaggio alla comunità parrocchiale: il matrimonio è un sacramento". Il parroco ieri ha continuato a difendere il suo comportamento. Attonita, invece, la comunità di Marcellinara. L'assessore comunale Mario Paraboschi commenta così l'accaduto: "la scelta di non celebrare la messa funebre solamente perché la donna era convivente ci lascia molto perplessi. Come amministratore ho avuto modo di registrare diverse reazioni negative sulla decisione del parroco". Ha continuato sottolineando che "sono abituato a vedere una chiesa che distingue tra errore ed errante e quindi credo che la scelta di non celebrare la messa sia discutibile su diversi punti di vista". Infine ha concluso dicendo che "Non voglio strumentalizzare il dolore ma credo che sia giusto avviare una riflessione su quanto è accaduto". Continua, dunque, il richiamo all'ortodossia della Chiesa Cattolica, rincarata da Ratzinger, ha intrapreso la strada dell'intransigenza più che quella della carità. Intanto, il caso ha di sicuro posto delle domande su cui riflettere (non solo per lo spazio che ha avuto nella stampa) riguardo la rinnovata intransigenza della Chiesa Cattolica. Un'ortodossia che sicuramente non è stata quella a cui miravano molti esponenti della Santa Chiesa in un passato recente. Una donna che magari non sarà stata un'assidua frequentatrice delle messe domenicali, o che non avrà seguito i dettami della legge di Dio fino ai minimi termini, non è degna di una messa di suffragio? L'episodio è stato, anche se indirettamente, un attacco verso le ultime dichiarazioni di libertà della Spagna di Zapatero e del matrimonio gay.

(AprileOnline.info del 22/07/2005)

giovedì 21 luglio 2005

Canada approva la legge sui matrimoni gay

E' il quarto paese dopo Belgio, Olanda e Spagna


Ottawa, 20 lug. - (Adnkronos/Dpa) - Il Senato canadese ha approvato, con 47 voti a favore e 21 contrari, la legge sui matrimoni tra omosessuali. Dopo Belgio, Olanda e Spagna, il Canada è il quarto Paese a introdurre nel proprio ordinamento il diritto all'unione coniugale per le coppie formate da persone dello stesso sesso.

Il progetto di legge, presentato dal governo la scorsa primavera, era stato votato dalla Camera il 28 giugno.

Il voto del Senato chiude definitivamente il dibattito, che in Canada come in Spagna ha avuto forti ripercussioni sulla società civile, determinando fratture e polemiche.

All'interno del Partito liberale, che fa parte della coalizione di governo, si sono registrate le defezioni del parlamentare Pat O'Brien, che ha restituito la tessera del partito in quanto contrario alla legge, e del ministro federale Joe Comuzzi, dimessosi dal governo federale per le stesse ragioni di O'Brien.

L'opposizione conservatrice, attraverso il suo leader Stephen Harper, ha annunciato che se alle prossime elezioni legislative, previste in ottobre, i conservatori dovessero vincere, una delle prime mosse del futuro governo canadese sarebbe quella di avviare il procedimento per l'annullamento della legge.

Ma, fanno notare i Liberali, l'unico modo per conseguire questo risultato sarebbe quello di appellarsi ad una particolare clausola prevista in Costituzione (la cosiddetta 'notwithstanding clausè) che permete al governo di annullare leggi ritenute in contrasto con i diritti fondamentali. Finora nessun governo federale ha mai fatto ricorso a questo strumento. La legge permette alle coppie gay anche l'adozione. I matrimoni non potranno venire celebrati nei luoghi di culto, ma soltanto in determinati luoghi pubblici, come municipi e tribunali. La 'mollà che ha fatto scattare il processo che ha portato all'approvazione della legge sulle nozze gay è stata una sentenza del 2003 della Corte d'Appello dell'Ontario, che dichiarò incostituzionale il divieto di matrimonio omosessuale. L'allora premier Jean Chretien, dopo che anche la Corte Suprema ritenne costituzionali le nozze gay, si impegnò a presentare un progetto di legge sulle nozze tra coppie dello stesso sesso e tutte le province federali, con l'eccezione dell'Alberta e di Prince Edward Island, rettificarono i propri ordinamenti per introdurre il diritto alle nozze omosessuali.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33359

Pistoia, il vescovo scrive una lettera al Comune contro le unioni civili

Gli omosessuali? Incompiuti sessuali... Aurelio Mancuso risponde a tono per Arcigay


-IL TESTO DELLA LETTERA DEL VESCOVO-


Il Vescovo di Pistoia

18 luglio 2005

Spettabile consiglio comunale di Pistoia

Ho letto sulla cronaca di Pistoia che il consiglio comunale, senza giungere all'approvazione delle nozze gay ha però dato vita al Registro delle Unioni civili, facendo un primo scalino verso forme negate dall'etica generale. Prima di ogni altra considerazione mi piacerebbe molto che si evitassero certi eufemismi, sia scrivendo che parlando, perché sembrano nascondere la realtà quasi per un certo pudore ma, nella vita sociale sanno di stratagemma per far by passare un'idea dinnanzi all'opinione pubblica quindi, hanno il sapore di una ipocrisia.

Le unioni civili esistono già, costituite tra un uomo e una donna che riconoscono solo il legame consapevolmente e reciprocamente assunto dinnanzi allo Stato.

So che la maggioranza dei consiglieri è data da uomini: non se certi consiglieri si sono resi conto di dare un ulteriore colpo alla virilità maschile. E' risaputo, da diverso tempo, che è sempre più in calo non solo la fecondità maschile ma anche la stessa virilità. Si scrive e si vocifera in tutti gli spazi della comunicazione - quotidiani, settimanali e specialistiche, saggi, discussioni radio televisive…. - che la perdita della virilità maschile da indici sempre più alti.

E proprio partendo anche dai dati emersi in occasione del referendum sulla legge 40/2000, che indicano come nei prossimi anni si arriverà ad una percentuale davvero impressionante circa l'infertilità maschile, che ogni forma che incoraggia lo svilimento della mascolinità della confusione di genere è incomprensibile.

Al Congresso di Copenaghen sulla riproduzione umana e sull'embrionologia, il 20 giugno ultimo scorso, Bill Ledger, docente dell'Università di Shéffield ha ipotizzato, che entro un decennio l'infertilità colpirà non più una coppia su sette, come oggi avviene, ma una su tre. Questa perdita della identità maschile, con tutte le sue conseguenze, è causata dalla mancanza di modelli autorevoli e credibili; da una educazione in gran parte nelle mani femminili, da contesti di assenza o di insignificanza psico-pedagogica della figura paterna.

Non si può ignorare che l'uso di droghe e d'alcolici sta aumentando fra gli adolescenti proprio a causa di una fragilità dell'identità e della inquietudine psico affettiva con le conseguenze facilmente prevedibili.

La cultura attuale, dunque, sta mettendo in crisi la virilità propria del maschio! Il grido di allarme partito dagli Stati Uniti, sta riecheggiando in tutta Europa e per ciò anche in Italia. Non sono certo le leggi spagnole di Zapatero che potranno migliorare la situazione.

Se è vero, come è vero, che le persone omosessuali per motivi del DNA sono piccolissima minoranza, se deve arrivare ad ammettere, implicitamente o esplicitamente che la grande maggioranza di essi sono il prodotto di un contesto socio culturale: femminilazzazione della società - gli uomini, secondo quanto riferisce la stampa spendono più delle donne per cosmetici, depilazione, parrucchieri, trucchi di vario genere, chirurgia estetica….ecc. ecc. - bisessualità conclamata; esperienze negative dell'infanzia, mancanza di formazione all'amore e alla sessualità; orgoglio gay…. e via dicendo.

Se così stanno le cose - e chi è informato dimostri il contrario - non solo le nozze gay sono un ulteriore elemento negativo, ma anche lo stesso Registro delle unioni omosessuali.

Avrei davvero piacere se i consiglieri comunali, che hanno votato la delibera del caso, hanno considerato certi aspetti del problema, e mi sarebbe gradita una risposta seria, del Consiglio, o almeno da qualcuno di essi.

Domando:

1 - Hanno fatto questa scelta sull'onda di una cultura di tipo radicale che conduce ad una deriva moral nichilista, oppure pressati dalla realtà, perché nel Comune di Pistoia il fenomeno è vistoso?

2 - Il Registro delle unioni omosessuali è stato considerato un aiuto alla coppia sessualmente omologa senza considerarne le influenze sulle nuove generazioni, o si è inteso omologare il tutto?

3 - Da che mondo è mondo il matrimonio è sempre stato il fenomeno base della formazione della società, anche se in forme diverse: perché andare incontro ad una esclusione dell'impegno sociale della coppia non riconoscendo essa la funzione dello Stato, per chiedere poi allo Stato sostegno ed aiuto? Non parlo del matrimonio religioso ma di quello civile.

4 - I Consiglieri hanno preso coscienza e consapevolezza di quanto ho denunciato sopra, cioè della crisi della mascolinità anche in Italia oltre che nel mondo è reale?

5 - Hanno avuto consapevolezza che i sessuologi e gli andrologi hanno sempre più richieste di intervento proprio per una svirilizzazione del maschio?

6 - Credono davvero che queste soluzioni - norma o legge che sia - non incidano sul comportamento comune? Chi conosce la mentalità popolare - e i consiglieri dovrebbero conoscerla - sa che la gente comune ragiona in termini semplici: "se la legge lo permette, significa che non è male"! Bene! Hanno preso coscienza che questa deriva culturale porterà sofferenza psicologica a persone che si troveranno defraudate di tanti contenuti importanti di vita? Hanno parlato mai con serietà, con persone omosessuali per coglierne l'angoscia e la disperazione che spesso le intridono?

7 - La richiesta di "una possibile adozione" non dice proprio nulla circa la sofferenza che producono certe incompiutezze di genere? Credono davvero che tutto si risolva nella persona con una legge, o una forma pseudo giuridica, che sembra non solo accettare, ma convalidare certi comportamenti?

8 - Spetta proprio ai Consigli comunali, che hanno carattere amministrativo, deliberare o darne l'impressione su questi punti nodali dell'etica di una società?

9 - Si sono resi conto i Consiglieri che i pre adolescenti e gli adolescenti così poco seguiti nella educazione etica della vita e nella formazione alla sessualità, hanno un periodo di assestamento e di ricerca della propria identità e, di conseguenza, queste indicazioni che provengono dalla società civile possono non aiutarli ad uscire da quella ambiguità che l'amicizia stessa con il suo carico di affettività può ingenerare errore inconscio?

10 - Si sono resi conto che porteranno nella vita la responsabilità di avere incentivato la confusione di genere in momenti significativi della maturazione della personalità ed avranno il risentimento, se non l'odio, di tanti sofferenti ed angosciati della loro incompiutezza?

11 - I Consiglieri comunali si sono resi conto che la differenza di genere - maschile e femminile- è una ricchezza della vita psichica della coppia, e nello stesso tempo del singolo partner, per gli aspetti originali e acquisiti che il maschile porta al femminile e il femminile al maschile, mentre ciò non avviene nella coppia omosessuale?

12 - Mi si dica: incentivare la soppressione tra maschile e femminile è una conquista civile o non piuttosto un inquinamento della realtà naturale e, quindi, una forma da evitare assolutamente?

13 - La ricchezza della vita di coppia non sta solo nel legame ma anche nel completamento delle diversità con una maturazione permanente, anche se faticosa: si ritiene la maturazione di genere e quindi personale, un valore, oppure si ritiene un bene la fissazione della personalità ai primi stadi dello sviluppo? I Consiglieri si sono impegnati, prima, in una conoscenza della psicologia dinamica?

14 - Che cosa hanno proposto, nel caso abbiano voluto andare incontro a "molte" situazioni irregolari per aiutare pre adolescenti, adolescenti e giovani a non cadere nel tranello di "prove" o di cedimenti, in un momento in cui emergono le pulsioni sessuali, disorientando così la psicologia giovanile?

15 - Se il criterio dei Consiglieri è stato quello di regolarsi sulla domanda di una minoranza a quando il consenso civile per la pedofilia, le organizzazioni mafiose, il terrorismo come rivendicazione, la stessa aggressività e la violenza fisica del farsi valere, la guerra preventiva, ecc. ecc.? Mi vogliono spiegare perché alcune minoranze devono essere ascoltate ed altre no? E perché non debbano essere ascoltate maggioranze che propugnano comportamenti che ne i Consiglieri ne il sottoscritto condividono, a cui ho accennato sopra? Oppure si considerano i comportamenti sessuali anche i più anormali, come fattori che non hanno sulla società nessuna incidenza?

16- Posta la laicità dello Stato, esiste una etica naturale a cui fare riferimento, oppure no? E una cultura che ha difeso e difende la persona come valore su cui misurarsi, è un portato di arretratezza o di civiltà? Mi possono dire con chiarezza in quale civiltà si sono formati e, se non sono troppo indiscreto a quale civiltà appartengono?

17 - Se una comunità non condivide certe derive radicali e nichiliste, ha il diritto o no di difendersi con la stessa logica della ragione e non solo con la logica della fede? Avrà diritto una comunità anche nel momento politico ad opporsi a queste soluzioni che negano una storia una civiltà acquisita ad ogni etica naturale?

18 - E' vero o no che i partiti che fanno certe scelte - vedi nazismo, comunismo, fascismo, liberalismo selvaggio… - finiscono col promuovere soluzioni opposte, anche se non condivisibili? Basta osservare quello che sta succedendo nella Russia!! Si è detto talvolta che per votare occorreva tapparsi il naso: la storia ci ha indicato come finiscono certe situazioni! Credono i Consiglieri che si possa continuare una politica a colpi di testa senza una linea precisa, dovendosi continuamente tappare il naso?

Attendo umilmente delle risposte e non mi si dica che questa è una invasione di campo. Sono un cittadino come tutti, ho votato sempre alle elezioni politiche ed amministrative, pago le tasse, ho quindi diritto di sapere come gli amministratori la pensano e come intendono muoversi. Ho diritto di saperlo anche perché sono responsabile di una comunità ed ho il dovere di informarla e di illuminarla.

Non voglio e non posso credere che la democrazia consista nel seguire ciecamente quello che un gruppetto di persone che è al potere - politico o amministrativo - intende fare senza osservazioni, senza confronti.

Mi sembra che certe forme che si chiamavano "dittature" anche se con la specificazione "del proletariato" organizzate in nome del popolo, siano ormai desuete.

Mi si dirà: ma alle persone che convivono non ci dobbiamo pensare, soprattutto se si ritrovano in difficoltà di salute ed economiche? Rispondo: chi si assume l'onere di una persona - nel caso delle unioni civili è atto reciproco - ha il dovere di provvederle il necessario. La condivisione di vita deve portare ad una reciproca responsabilità.

Nelle difficoltà deve, certo, essere aiutata la persona, sempre, ma senza confondere i termini e creare situazioni sociali dalle conseguenze imprevedibili.

Rimango in attesa di una risposta, non generica, ad ogni domanda posta, sia che si voglia rispondere pubblicamente o privatamente.

Mi preme capire il parere del Consiglio comunale e dei partiti che lo compongono.

Con i più cordiali saluti.

+ Simone Scatizzi vescovo



-LA RISPOSTA DI ARCIGAY-

Il vescovo di Pistoia perde la testa

Invia una lettera ai Consiglieri comunali, dopo l'approvazione del Registro delle Unioni Civili e definisce gli omosessuali degli incompiuti sessuali, attentatori della virilità maschile, minoranza al pari di pedofili, mafiosi e terroristi

Fino ad oggi n'avevamo ascoltate e lette di tutti i colori, ma mai da un alto prelato della Chiesa cattolica, considerato un moderato, ci saremmo attesi una lunga lettera d'insulti verso la dignità delle persone omosessuali.

Monsignor Simone Scatizzi, vescovo di Pistoia, ha preso carta e penna e ha indirizzato ai Consiglieri comunali una durissima reprimenda, infarcita d'affermazioni stupefacenti, in alcuni tratti dal sapore goliardico, se non si trattasse di un così autorevole rappresentante della Chiesa cattolica.

Arcigay nazionale è stupefatta, oltre che dal tono generale della missiva, di alcune affermazioni contenute, che rivelano una omofobia violenta e rabbiosa.

Esprimiamo solidarietà verso un'istituzione della Repubblica che, in più passi dello scritto è oltraggiata e, ai Consiglieri comunali di Pistoia che hanno approvato l'istituzione del Registro delle Unioni Civili.

Ci chiediamo quanti cattolici pistoiesi condividono gli anatemi contenuti nella lettera del monsignore, che sembra scritta da un militante d'estrema destra e non da un cristiano con alte responsabilità.

Aurelio Mancuso

Segretario nazionale Arcigay

Bologna 20 luglio 2005

http://www.gaynews.it/view.php?ID=33352

Prodi: Pacs per le Coppie di fatto: "Modello francese per i conviventi"

Intesa a sinistra. "Riconoscimento diritti civili per gli omosessuali"
Applausi dall'Arci gay: "Bene così, voteremo per lui alle primarie"
I Ds: "La proposta deve entrare nel programma per le elezioni"
Un piano per il rilancio dell'Europa "Ora ci vuole un comitato di saggi"
di MARCO MAROZZI


ROMA - Racconta un'Italia che si apre ai Pacs, i patti di solidarietà previsti dalla Francia per le convivenze gay. Riceve subito gli applausi delle associazioni degli omosessuali e al pomeriggio si trova costretto a chiarire che "come è noto non ho mai equiparato le convivenze di fatto al matrimonio". Ma ripete: "Ritengo tuttavia che un governo debba preoccuparsi dei diritti di tutti i cittadini e della necessità di disciplinare i problemi giuridici e civili anche di coloro che scelgono di vivere insieme stabilmente in forme diverse dal matrimonio".

Chiarisce e insiste Romano Prodi, "cattolico e laico" che dice di ispirarsi a De Gasperi. I giornalisti della stampa estera vogliono sapere che tipo sia, i programmi per l'Italia, come viva l'Europa. E lui, in un'ora e mezzo, molto più a suo agio che con gli italiani, annuncia un Paese profondamente diverso da quello di Berlusconi. Senza "leggi ad hoc", senza un presidente della Banca d'Italia scelto a vita, senza la legge Bossi-Fini, senza "compiaciuto antieuropeismo".

I giornalisti di mezzo mondo sono molto attenti ai diritti civili, ai rapporti - "ingerenze" dice uno - con il Vaticano nell'epoca di Papa Ratzinger e del sorgere in Italia di molti teo-con. "Vi consiglio di leggere il discorso fatto da Ciampi di fronte al Papa, al Quirinale - risponde Prodi - è stato di grandissimo equilibrio e di dottrina ferma". È un richiamo alla laicità dello Stato prendendo come faro il presidente della Repubblica.

"Io sono cattolico e laico - si racconta il Professore - ho sempre ritenuto, fin dalla mia formazione giovanile, che un cattolico in politica debba obbedire ad alcuni grandi principi e orientamenti, ma abbia la responsabilità di tradurli autonomamente in politica. Una responsabilità che spesso porta dei problemi".

"Mai strumentalizzando la Chiesa, - insiste - mai rinunciando ai miei principi e mai rinunciando ai miei doveri di politico e alla responsabilità che un politico deve avere, e al rispetto dei principi da un lato e della propria coscienza soprattutto". Questa è "la difficoltà del politico moderno", quella "con cui tanti politici italiani si sono misurati, a cominciare da De Gasperi, al quale cerco di ispirarmi".

È in questa luce che Prodi parla di diritti. "Nell'Unione riflettiamo in modo non formale - risponde sui gay - e l'orientamento verso i patti di tipo francese è di tutta la coalizione. Sui singoli articoli si può discutere ma solidarietà e riconoscimento dei diritti civili per i gay ci guidano verso un orientamento comune". "Bravo" applaudono a sinistra. In casa Ds, Barbara Pollasatrini, Livia Turco, Giovanna Melandri ("ora i Pacs nel programma dell'Unione"), Luigi Manconi. Pecoraro Scanio per i Verdi. L'Arci Gay annuncia che voterà per il Professore alle elezioni primarie.

Ma il cattolico Prodi non è comunque - con il no ai matrimoni omosessuali - il socialista Zapatero, che dice di preferire a Blair ma confinando il discorso sulla politica europea in cui sono "allineati". E si fermano alla Ue le critiche al premier britannico, a cui si concede "un'attenzione positiva" per il "rinnovamento della società inglese".

Europa, Italia. Prospetta un "comitato di saggi" - "vedrei a presiederli Helmut Kohl" - per tentare di far uscire la Ue dalla paralisi dei no alla Costituzione. Dice che "ora il cammino della Turchia verso l'ingresso è molto più complicato". Accusa "qualche membro del governo italiano" (Tremonti in testa) per aver "strumentalizzato" quei risultati per nascondere i "fallimenti nazionali". Ma definisce giuste" le proposte di Pisanu sul terrorismo.

(21 luglio 2005)

http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/politica/prodir/pacsin/pacsin.html

Studio riservato della Camera dei Deputati che ha messo a confronto le Regionali con le elezioni politiche del 2001. Rischiano anche i Vip

Allarme collegi, la CDL ne ha quasi cento in meno. L’Unione ne conquista 86 e ne cede solo otto. Se si votasse oggi sarebbe maggioranza

di PAOLO ZAPPITELLI

UNO schiaffone. Nonostante il «vinceremo» di Berlusconi. Uno studio riservato della Camera rivela infatti che se si votasse oggi il centrodestra andrebbe sotto di brutto: rispetto alle elezioni politiche del 2001 la Casa delle Libertà perderebbe ben 86 collegi su un totale di 224 e ne conquisterebbe solo 8 strappandoli all’Ulivo, totalizzando complessivamente un misero 146. Una cifra che lo collocherebbe sotto il centrosinistra che invece ne porterebbe in dote in totale 251. Lo studio della Camera, consegnato in forma riservata ai deputati, è stato fatto prendendo in esame i collegi delle 14 regioni dove si è votato tre mesi fa. Un campione comunque abbastanza significativo visto che prende in considerazione 397 collegi su un totale di 475 dove si vota con il maggioritario. Cioè dove c’è lo scontro diretto tra i due candidati. Centocinquantacinque sono invece quelli dove si viene eletti con il proporzionale. Ma i collegi del maggioritario sono quelli che più danno l’idea di come sia cambiato il clima politico. E lo studio — anche se le elezioni politiche sono sempre diverse da quelle amministrative — è un avvertimento serio a Berlusconi e ai suoi alleati: o si cambia qualcosa o la Casa delle Libertà è destinata a prendere una sonora batosta. Ma l’analisi dell’ufficio studi della Camera rivela che anche i collegi più sicuri, quelli dove normalmente sono candidati i vip, così sicuri non sono più. Oggi, infatti, non sarebbero rieletti Follini, Buttiglione e Baccini dell’Udc, Landolfi, Martinat, Matteoli e Alemanno di An. Tiene invece Forza Italia, dove rischia solo l’avvocato Taormina con un risultato in bilico. A sorpresa, nel centrosinistra, tra i deputati più famosi perde solo D’Alema. Il presidente dei Ds nel 2001 è stato eletto nel collegio di Casarano in Puglia con quasi 6 punti di scarto rispetto al suo avversario, Alfredo Mantovano. Alle regionali del 2005 invece nel suo collegio la Casa delle Libertà ha completamente ribaltato il risultato, attestandosi al 50,6 per cento contro il 48,1 per cento del centrosinistra. Ma è un caso isolato. Per il resto arrivano brutte notizie solo per gli esponenti del Polo. Anche Gianfranco Fini, ad esempio, rischia. Eletto nel 2001 a Roma nel collegio Della Vittoria, oggi andrebbe a un testa a testa con il suo rivale: la Cdl è al 49,4, il centrosinistra al 49. È invece un sonoro tonfo quello del leader dell’Udc Marco Follini. Quattro anni fa venne eletto nel collegio di Mola di Bari con uno scarto di 5 punti sul suo avversario, oggi la situazione si è completamente rovesciata: la Cdl raggiunge il 46,9 per cento, il centrosinistra invece «vola» al 52 per cento. Va sotto anche il ministro per i Beni culturali Rocco Buttiglione, eletto nel collegio di Milano 10 con addirittura 8 punti di scarto sull’allora suo rivale Mauro Terlizzi. Dopo le regionali è tutto cambiato, il Polo scende al 46,7 per cento, la sinistra sale al 50,3 per cento. Debacle anche dentro Alleanza Nazionale: Altero Matteoli, ministro per l’ambiente, vede nel suo collegio scendere il consenso degli elettori al 43.1 per cento mentre l’Ulivo sale al 49,4. Mario Landolfi, attuale ministro per le comunicazioni, eletto nel collegio di Sessa Aurunca, oggi raggiungerebbe il 41,2 per cento dei consensi contro il 52,1 di un suo ipotetico avversario. Insomma l’allarme è vero e serio. Nonostante le continue rassicurazioni del premier.

Il Tempo domenica 17 luglio 2005

martedì 19 luglio 2005

Sei omosessuale? Ti ammaziamo!

E i religiosi omosex puntano il dito: «La comunità cristiana non può non interrogarsi sulle conseguenze della condanna dell’omosessualità».
di Delia Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti" de l'Unità

Due delitti e un'arma che li accomuna: la scure. «L'uomo che piantava gli alberi» è stato ucciso con un colpo di scure e decine di coltellate sul sesso. È successo a Roma, la vittima si chiama Paolo Seganti, cattolico, omosex dichiarato, con la passione per le piante che faceva crescere mettendole a dimora in un parco di periferia. Pochi giorni prima a Catanzaro un colpo d'ascia sulla fronte stroncava Michele Presta, sindacalista Cgil ricattato perché gay. Aggressioni e ricatti sono il lessico dell'omofobia, che in questo scenario cruento compare come terza scure, quella che dà gli ordini. L’omofobia è razzismo che prende di mira l'orientamento omosex e si scatena quando vengono a mancare gli inibitori sociali. Può diventare omicida, soprattutto quando gli aggressori sono più d'uno e si aizzano a vicenda. Entra in azione più facilmente contro cittadini «squalificati». Quando voci autorevoli condannano pubblicamene l'orientamento omosex, i gay in carne e ossa possono diventare vittime della doppia scure che agisce l’odio e massacra. Ruini ha parlato di «disordine» della condizione gay, Pera ha assimilato la richiesta di diritti da parte degli omosex a «capricci». Così, come onda che giunge a riva dal mare aperto, l'efferatezza si rovescia e si consuma. «Per un delitto simile a quello di Paolo Seganti dobbiamo risalire al 1982, quando a Montecaprino, luogo di incontro per gay, ci fu una vera spedizione punitiva di gruppo e rimase ucciso Salvatore Pappalardo»: a parlare è Andrea Pini, archivio vivente dei delitti anti-gay, autore della ricerca «Omocidi. Gli omosessuali uccisi in Italia» (Stampa alternativa, 2002). «Nel delitto Seganti non c'è stata la scusa della rapina: la vittima non aveva con sé né valori nè soldi. Paolo era un gay a testa alta, iscritto all'Arcigay, e non temeva di essere “smascherato”. Perciò chi lo ha ucciso (gli inquirenti non escludono che sia stato anche un solo uomo, ndr) voleva fare esattamente quello che ha fatto: sfogare la violenza omofobica con una tortura-esecuzione, probabilmente di gruppo, umiliando, ferendo. Forse mutilando». Paolo Seganti era religioso. «Faceva volontariato con la parrocchia. Nel Duemila aveva seguito i Papa Boys alla Giornata della Gioventù», ha dichiarato la madre. Ma per i Papa boys, che più volte nel loro sito hanno pubblicato articoli sulla necessità di «curare» i gay, gli «Omoboys» come Paolo Seganti non sono certo da prendere a modello. Gli Omoboys, visti forse come un drappello di piccoli giuda, inquietano? Gianni Geraci, del Coordinamento Gruppi di Omosessuali Cristiani in Italia, non può tacere. Non può non dire che, lungi dall'essere l'omosessualità una minaccia, sono i gay ad essere minacciati. «Certi discorsi di condanna dell'omosessualità rischiano, al di là delle intenzioni con cui sono pronunciati, di alimentare i motivi profondi di un'omofobia che può arrivare ad uccidere», dichiara Geraci. Occorre che la Chiesa dichiari apertamente da che parte sta: «Ed è per questo motivo che chiediamo ai responsabili della diocesi di Roma, che sono sempre stati così pronti nel presentare l'omosessualità come una minaccia, di condannare con chiarezza e senza equivoci la violenza omicida che ha torturato e che ha ucciso il povero Paolo Seganti». Non si tratta del primo gay religioso ad essere ammazzato, tra i precedenti nomi di spicco. «Nel gennaio '98, c'è stato l'omicidio di Enrico Sini Luzi - dice Pini -, che portava fieramente il titolo vaticano di Gentiluomo del Papa».

La scure dell'omofobia si è abbattuta anche contro il sindacalista Michele Presta, Dirigente della Cgil in Calabria. All'ennesimo ricatto Presta si ribella. Da tempo gli chiedono soldi, lui non ne può più. «Se non paghi diciamo che sei gay». Quando prova a sottrarsi, uno dei suoi assalitori non ci pensa un attimo, afferra l'ascia e lo uccide. Presta viveva una sorta di doppia vita, che lo rendeva infelice e ricattabile. Il giorno della scure prova a togliersela di dosso, a mostrare ai suoi aguzzini che non teme nulla. Ma è tardi, troppe volte ha detto sì. «I gay sposati o non dichiarati sono ancora la maggioranza - aggiunge Pini -. Il “bisogno di segretezza” dell'altro diventa un'arma nelle mani di chi viene avvicinato per sesso. Tante sono le rapine, i furti, le minacce e le aggressioni contro i gay, che non sono mai state denunciate. Per i gay nascosti denunciare significherebbe confessare quello che hanno sempre cercato di mascherare per paura». Le condanne pubbliche possono alimentare il bisogno di segretezza e innescare il circolo vizioso dell’estorsione. Michele Presta credeva nel valore del lavoro proprio perché viveva al Sud, dove il lavoro manca. Essere ricattato per lui era la beffa per eccellenza. Paolo Seganti piantava gli alberi e ricorda il protagonista del libro di Jean Giono che seminava querce e faggi durante la guerra. Proprio quando tutto rischiava di saltare in aria, lui lavorava per far crescere boschi a riparo dalle bombe. Questa sera in ricordo di Paolo Seganti una fiaccolata romana giungerà fino in Campidoglio. Migliaia di fiammelle bruceranno contro la violenza. Si spegneranno presto nel cielo buio della capitale? O, nonostante tutto, metteranno radici come gli alberi?

delia.vaccarello@tiscali.it

lunedì 18 luglio 2005

Articolo originale di www.democrazialegalita.it


Depositata la motivazione della sentenza di condanna per Marcello Dell'Utri. Pesantissime verità degne di sconvolgere la politica di qualunque Paese del mondo.
In Italia, silenzio.

di Daniela Gaudenzi


Mentre la magistratura italiana ha scioperato con rinnovato successo contro un legge che segna il definitivo affossamento della giustizia in Italia, il cosiddetto ministro della giustizia vede attorno a sé solo "giuristi d'accatto", cioè la dottrina giuridica prevalente e autorevole che critica senza mezzi termini la controriforma in dirittura d'arrivo, garantisce che il capo dello Stato "è troppo saggio" per rispedirla al mittente, nonostante l'assoluta novità dell'emendamento anti-Caselli, e invia per l'ennesima volta gli ispettori a Milano ad indagare su due toghe altamente sospette, Clementina Forleo e Fabio Paparella.

La prima colpevole di essere intervenuta uti cives a proposito del fermo di un immigrato senza biglietto dell'autobus; il secondo già diffusamente attaccato trasversalmente dal ceto politico che perde sempre l'occasione di tacere e di glissare sulla propria ignoranza e inadeguatezza civica prima ancora che giuridica, notoriamente reo di aver applicato una norma del codice di procedura penale e dunque di aver trattato Berlusconi Silvio e Confalonieri Fedele come decine e decine di altri anonimi imputati secondo quanto prevede il diritto processuale vigente.

Ma in questi stessi giorni nel silenzio più totale sono state depositate dalla II sezione del tribunale di Palermo le 1800 pagine di motivazioni della sentenza con cui è stato condannato nel dicembre scorso il senatore Marcello Dell'Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e l'amico di sempre Gaetano Cinà, Tanino per tutta la famiglia Dell'Utri, a 6 anni per partecipazione diretta a cosa nostra.

Basterebbero alcuni sintetici passaggi ad evidenziare l'ipocrisia e la irresponsabilità di quei politici, quasi tutti, del centro sinistra (a destra si è definita tout court la sentenza come "nazista") che trincerandosi dietro la formula di rito -quando fa comodo- "le sentenze non si commentano", hanno opposto un tetragono silenzio. D'altronde in buona parte erano gli stessi che con la maggioranza di centro sinistra avevano respinto la richiesta di arresto avanzata dalla procura di Palermo, accompagnata da vagonate di prove documentali, inclusa la visita di Dell'Utri al falso pentito con tanto di valigetta all'entrata volatilizzata all'uscita, avallando di fatto la tesi del "fumus persecutionis" ai danni dell'imputato.

Dalle motivazioni si ricava diffusamente che Silvio Berlusconi ha ricevuto "finanziamenti non trasparenti" e che il gruppo Fininvest ha versato per anni somme di denaro nelle casse di Cosa Nostra. A fornire "le garanzie" era Marcello Dell'Utri che ha avuto "per un trentennio contatti diretti e personali con boss come Bontate e Teresi" oltre che con il fattore di Arcore Vittorio Mangano. I magistrati scrivono che da decenni "Dell'Utri svolge un'attività di costante mediazione tra il sodalizio più pericoloso e sanguinario del mondo e gli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi, in particolare Fininvest", nonché "una funzione di 'garanzia' nei confronti di Berlusconi".

In modo ancora più chiaro ed eclatante, si legge che "nei momenti di crisi tra cosa nostra e la Fininvest" Dell'Utri fa da mediatore, "ottenendo favori" dalla mafia e "promettendo appoggio politico e giudiziario". Tutte condotte "pienamente ed inconfutabilmente provate da fatti, testimonianze, intercettazioni" (I passaggi virgolettati sono riportati da Marco Travaglio su l'Unità del 14 luglio). Altro snodo cruciale: "la scarsa trasparenza di molte operazioni Fininvest negli anni 1975-84 non ha trovato smentita da parte del consulente della difesa Dell'Utri; non è stato possibile risalire all'origine dei flussi di denaro investiti nella creazione delle Holding Fininvest.

E quando il presidente del Consiglio avrebbe potuto chiarire ogni punto e fugare ogni dubbio nel 2002, ha preteso che i magistrati da Palermo si recassero a palazzo Chigi per interrogarlo e si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Si è lasciato sfuggire l'imperdibile occasione di fare personalmente e definitivamente chiarezza sulla delicata tematica…..ha scelto il silenzio". (ibidem)

Anche questo, naturalmente, e cioè fatti, testimonianze, intercettazioni che sono diventati prove, nel circo mediatico imperante deve essere una non notizia, così come lo era stata, tanto per rimanere strettissimamente in tema, l'intervista di Paolo Borsellino rilasciata a due giornalisti francesi pochi giorni prima di saltare in aria, in cui tra l'altro si parlava diffusamente di Marcello Dell'Utri e delle intercettazioni con i "cavalli" da consegnare in albergo.

Lo ha ricordato di recente in un convegno a Riccione su libertà di informazione ed inchiesta giornalistica Roberto Morrione direttore di Rai news 24 che la mandò coraggiosamente in onda pur se nel cuore della notte: "Sigfrido Ranucci riuscì ad avere la sintesi dell'intervista che si pensava fosse andata perduta; noi la trasmettemmo e la offrii a tutti i a tutti i direttori ma i tre tg non la trasmisero mai".
L'allora direttore del tg 1 Gad Lerner rifiutò il servizio dicendo pubblicamente che dopo quattordici anni si trattava di una "non notizia"; in ambienti Rai, come ha riportato Roberto Morrione, Lerner si giustificò dicendo che non aveva nemmeno un decimo della capacità difensiva e "degli armamenti" necessari per affrontare la potenza di fuoco che si sarebbe scatenata se il TG 1, alle 8 di sera, avesse mandato in onda anche uno stralcio sintetico dell'intervista da cui emergevano i contatti di Dell'Utri e della Fininvest con Cosa Nostra.

D'altronde quanto il materiale fosse incandescente è stato più che ampiamente dimostrato dall'effetto "deflagrante" dell'intervista di Daniela Luttazzi a Marco Travaglio a Satyricon su "L'odore dei soldi" e dalla puntata di Sciuscià in cui Michele Santoro trasmise dei brani dell'intervista, con Dell'Utri in studio che fece delle gaffes clamorose e alquanto rivelatrici.

Parlare di questi argomenti con cognizione di causa, perizie, atti giudiziari, motivazioni di sentenze sostanzia quello che con l'editto bulgaro è stato definito una volta per tutte dal principale protagonista ed interessato "uso criminoso del servizio pubblico" che comporta come sanzione automatica la proscrizione sine die dal regno mediatico e la morte civile dagli ambienti che contano.
E' fin troppo facile capire perché quel presidente del consiglio che si è avvalso della facoltà di non rispondere con i magistrati di Palermo, da candidato premier nel 2001 si è ben guardato di accogliere l'invito di Daniele Luttazzi che gli metteva a disposizione una intera puntata di Satyricon per fare chiarezza sulle sue fortune e sui suoi "fattori" e abbia preferito cacciarlo appena diventato padrone anche della Rai ed intentargli cause civili miliardarie, non potendo ovviamente querelarlo, così come agli autori de "L'odore dei soldi".

E si capisce perché sulla sentenza di Palermo e ancor più sulle motivazioni cada una cappa di silenzio impenetrabile e perché un libro come gli "Gli intoccabili" di Marco Travaglio e Saverio Lodato sia stato recensito solo da Giorgio Bocca, e ancora perché Peter Gomez e Marco Travaglio abbiano dovuto fare un libro come "L'amico degli amici" che raccoglie le carte del processo a Dell'Utri, un processo fantasma per l'informazione italiana, una fonte di imbarazzo per il ceto politico.
Ora Silvio Berlusconi, a cui il gup Paparella ha appena notificato il rinvio a giudizio per il 28 ottobre per evasione fiscale, frode fiscale, falso in bilancio e la notizia ovviamente non è stato la richiesta di rinvio a giudizio ma la notificazione a mezzo stampa di un procedimento che coinvolge gli interessi di un numero elevatissimo di persone, è si è convertito come un novello templare alla guerra santa contro l'evasione fiscale, "una priorità assoluta".

Il commento lo lasciamo alla irresistibile vignetta di Giannelli sul Corriere del 15 giugno, con la speranza per lui e per noi di vederne ancora molte. Nella cameretta in cui troneggiano sullo sfondo il suo ritratto ed in primo piano, ai piedi del letto, le scarpe dai tacchi ortopedici, il presidente del consiglio, mentre si guarda allo specchio soddisfatto, dice a se stesso "Basta con l'evasione fiscale". Titolo: riflessioni del mattino.

Articolo originale di www.democrazialegalita.it

La mafia al governo, fra l’altro

di Marco Travaglio

A beneficio delle scuole di giornalismo, proponiamo un piccolo test psicoattitudinale per gli aspiranti direttori di giornale, fresco fresco dalla cronaca dell'altro ieri. Ecco il quesito: "Notizie del giorno dall'Italia: 1) blitz contro presunti estremisti islamici, con sequestro di alcuni dvd e vhs; 2) ennesima lite fra i sindacati per il contratto dei metalmeccanici; 3) ennesimo dissenso fra governo e Bankitalia sull'economia; 4) ennesimo sciopero dei magistrati contro la boiata del nuovo ordinamento giudiziario; 5) lite Rutelli-Veltroni sul decisivo problema del tunnel a Villa Pamphili; 6) ennesima talpa scoperta alla Procura di Milano; 7) ennesimo arresto di un ciclista per doping; 8) Raffaele Cutolo chiede la grazia a Ciampi; 9) direttiva europea su diete e vitamine; 10) sentenza del Tribunale di Palermo che condanna a 9 anni il senatore Marcello Dell'Utri per mafia (afferma che Dell'Utri è stato per 30 anni il mediatore fra Cosa Nostra e l'attuale presidente del Consiglio Silvio Berlusconi; conferma i sospetti di riciclaggio di denaro sporco, visto che i finanziamenti alle holding della Fininvest fra gli anni 70 e 80 restano molto "poco trasparenti" e il premier ha rifiutato di chiarirli; dimostra i trentennali rapporti del premier e del suo braccio destro con la più feroce organizzazione terroristica mai vista, "il sodalizio criminoso più pericoloso e sanguinario del mondo", anche dopo le stragi del 1992-'93; il tutto mentre il capo del governo pare impegnato in una titanica guerra al terrorismo). Ora, posto che le notizie del giorno sono queste, l'aspirante direttore le soppesi, le valuti e le confronti attentamente, poi le disponga in ordine di importanza e stabilisca lo spazio adeguato da assegnare a ciascuna".
Un candidato disattento, o prevenuto, o giustizialista potrebbe addirittura pensare che la notizia più importante sia la decima, non essendo mai accaduto finora, nel mondo, che un tribunale abbia accertato nero su bianco i rapporti di un premier e di un senatore di un paese democratico con un'organizzazione terroristico-mafiosa. Bene, chi la pensa così abbandoni ogni ambizione di carriera e sappia per certo che al massimo potrà aspirare a un posto all'Unità (unico giornale d'Italia che abbia segnalato la cosa in prima pagina). Ma non diventerà mai direttore del Corriere della sera, né del Giornale, né del Foglio, né dei cinegiornali Tg1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg5, Studio Aperto, TgLa7. Infatti la notizia numero 10, per il Giornale, il Foglio e i cinegiornali di regime non è nemmeno una notizia: non l'hanno proprio data, neanche una parola, neppure mezza riga. Quanto al Corriere, l'ha ritenuta molto meno importante delle prime nove. Infatti ha dedicato la prima pagina alle notizie 1, 2, 3, 6 e 7 e spazi interni amplissimi alla 4, 5, 8 e 9. Aperture di pagina su Cutolo, sul ciclista dopato e soprattutto sulle diete e le vitamine; ottimo piazzamento anche per il tunnel di Villa Pamphili (nove colonne). Così per la sentenza Dell'Utri è rimasto uno striminzito colonnino nascosto a pagina 16, nella zona più buia del giornale, quella solitamente riservata al callifugo Ciccarelli o alla rubrica di Ostellino. Diversamente dai vertici del Corriere, però, il titolista la notizia l'ha capita eccome. Infatti ha titolato: "I giudici di Palermo: Dell'Utri il tramite tra i clan e Berlusconi". Anche perché l'articolista, nel poco spazio a disposizione, è riuscito a scrivere che Dell'Utri e Berlusconi assunsero come "soprastante", cioè come responsabile della villa di Arcore, il boss Vittorio Mangano grazie ai loro "contatti personali con alcuni capimafia come Stefano Bontate, Girolamo Teresi e Gaetano Cinà"; e che il Tribunale definisce il nostro impavido premier "un industriale disposto a pagare (Cosa Nostra) pur di stare tranquillo". Cosine così, robette da niente, gossip estivi, che sarà mai, niente di paragonabile alle nozze Falchi-Ricucci. Minuzie per iniziati dalla vista aguzza, possibilmente armati di microscopio elettronico. Ma non tutto il male viene per nuocere: la scelta di nascondere un'enormità del genere dissipa i timori di una scalata berlusconiana al Corriere: più scalato di così, si muore. A proposito: ora tutti a commemorare Paolo Borsellino e gli uomini della scorta, trucidati in via d'Amelio il 19 luglio 1992 dal "sodalizio criminoso più pericoloso e sanguinario del mondo" che, per la cronaca, era finanziato dal nostro premier e "volontariamente rafforzato" dal suo braccio destro. Fra l'altro. Detto così, en passant.

tratto da l'Unità del 15 luglio 2005

domenica 17 luglio 2005

Finanziaria fantasma e poi la parola fine

di EUGENIO SCALFARI


SE DOVESSIMO compiere l'ingrata scelta tra i vari elementi di scollamento emersi nei giorni scorsi all'interno delle due coalizioni che si fronteggiano, dovremmo optare per la spaccatura del gruppo dirigente di Alleanza nazionale. Dal punto di vista del folclore (con rilevanti conseguenze politiche) l'esplicita maldicenza dei colonnelli di An nei confronti di Gianfranco Fini e la rabbia fredda di quest'ultimo contro i reprobi del suo partito è un episodio che non ha confronti in analoghe risse che si sono verificate nell'Udc e in Forza Italia, dove pure se ne sono viste di cotte e di crude.

L'effetto più rilevante riguarda l'immagine: quella d'un gruppo dirigente che non ha più alcuna fiducia nel suo leader ma non dispone di soluzioni alternative; un partito allo sbando, in perdita verticale di consenso e un generale senza più ufficiali né soldati, il quale riveste tuttavia un incarico istituzionale del massimo livello. Il ministro degli Esteri può essere una figura politica o un tecnico della diplomazia. Fini è stato di fatto derubricato a ministro tecnico; An non è più una risorsa della Casa delle libertà ma piuttosto una zavorra che appesantisce un percorso di per sé tutt'altro che pianeggiante.

Ma se cambiamo il punto di vista e anziché quello folcloristico badiamo soprattutto agli interessi del Paese in un momento di gravi difficoltà economiche e di seri pericoli per la sicurezza pubblica, ecco che emergono altri due fatti sostanziali verificatisi nelle ultime quarantott'ore: la decisione della Lega di bloccare i provvedimenti del ministro dell'Interno destinati a rafforzare le misure di prevenzione contro il terrorismo internazionale da un lato e il documento di programmazione economica presentato in Parlamento l'altro ieri dal ministro del Tesoro.

Francamente non saprei dire quale di queste due vicende sia la più incresciosa. Sia l'una che l'altra toccano da vicino la vita quotidiana dei cittadini poiché si tratta in un caso della sicurezza individuale e collettiva messa a rischio dagli attentati ormai "esportati" in Europa, e nell'altro del reddito, del lavoro, del risparmio degli italiani e insomma dell'allocazione delle risorse nazionali che mai come ora hanno toccato un livello così mediocre nei risultati, nelle aspettative e nel vuoto politico che le determina.
Credo che la questione economica sia di maggior rilievo sostanziale.

L'altra, della sicurezza contro il terrorismo, colpisce soprattutto l'immagine del governo e l'inanità della maggioranza che lo sostiene.

Messe insieme suggerirebbero al presidente del Consiglio di rimettere il mandato nelle mani del capo dello Stato per evidente incapacità di governare una fase così difficile della vita pubblica. Se l'opposizione fosse d'accordo, il presidente della Repubblica potrebbe decidere lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate. Questo si doveva fare nel maggio scorso e questo si potrebbe fare anche ora. Ma Berlusconi non lo farà. Non è nella sua natura. Perciò la "via crucis" d'un paese senza governo è purtroppo destinata a continuare.

In realtà non per molto. Introduco qui un tema del quale finora non si è parlato ma sul quale mi consta che il capo dello Stato stia seriamente riflettendo e di cui ha già fatto cenno pochi giorni fa al ministro dell'Interno per gli eventuali adempimenti di sua competenza. Il tema è quello della data delle elezioni politiche del 2006.

Sembrano ancora lontane e invece, a ben guardare, sono già dietro l'angolo.

****

La legislatura scade nel maggio del 2006. Il mandato di Ciampi scade il 13 di quello stesso mese ma per Costituzione viene prorogato fino a quando il nuovo Parlamento non sarà stato insediato e non avrà scelto il suo successore.

Infine, tanto per tener presente tutti i dati del problema, con la fine dell'anno in corso avrà inizio il cosiddetto semestre bianco, cioè l'ultimo tratto del settennato entro il quale il capo dello Stato non può adempiere che all'ordinaria amministrazione.

Ciampi è preoccupato (molto) della situazione economica nonché dello stallo europeo dopo i referendum di Francia e di Olanda. Vorrebbe dunque che il nuovo governo risultante dalle elezioni, quale che ne sia il colore, fosse nella pienezza delle sue funzioni non oltre il 15 giugno del 2006. Se così fosse, il nuovo governo sarebbe in grado di presentare nei termini previsti dalla legge il documento di programmazione economica rendendo espliciti gli obiettivi e gli impegni che si propone di raggiungere nel corso della legislatura. Ogni ritardo, nella difficile situazione economica e finanziaria in cui ci troviamo, sarebbe pregiudizievole per il Paese e Ciampi vuole rendere agli italiani l'ennesimo servizio agevolando questo scadenzario.

Ma facciamo ora il conto a rovescio. Affinché il governo che uscirà dalle elezioni sia entro metà giugno nella pienezza dei suoi poteri occorrono non meno di due mesi se non addirittura di più. Occorrono infatti i seguenti adempimenti: 1)Proclamazione dei risultati elettorali. 2)Convocazione delle Camere. 3)Elezione e insediamento dei presidenti e degli uffici di presidenza delle medesime. 4)Costituzione dei gruppi parlamentari ed elezione dei rispettivi presidenti. 5)Convocazione del "plenum" del Parlamento in seduta comune per l'elezione del capo dello Stato. 6)Elezione del capo dello Stato. 7)Dimissioni del governo nelle mani del capo dello Stato. 8)Consultazione del capo dello Stato e affidamento dell'incarico per formare il nuovo governo. 9)Accettazione dell'incarico e nomina dei ministri e dei sottosegretari con relativo giuramento. 10)Presentazione del governo alle Camere per la richiesta della fiducia. 11)Voto di fiducia.

Come si vede si tratta di un "iter" complesso.

L'esperienza dice che dieci settimane sono il tempo mediamente necessario a portarlo a termine. Se tutto procedesse senza intoppi e a passo di corsa le settimane necessarie potrebbero ridursi a otto. Appunto due mesi. Il che vuol dire che, se si vuole avere un governo nella pienezza dei poteri entro il 15 giugno 2006, bisognerà andare a votare domenica 9 aprile. Affinché questo possa avvenire il capo dello Stato deve sciogliere le Camere al più tardi entro il 20 febbraio.

Ciò significa che la discussione e il voto della legge finanziaria sarà il solo provvedimento importante che ancora resti da compiere nel prossimo autunno. Poi scenderà il sipario e comincerà la campagna elettorale vera e propria. Ma come arriveremo a quell'appuntamento?

****

Se An è decotta e il suo leader politicamente azzoppato, la Lega dal canto suo gioca ormai come "cavalier seul" su tutti i problemi, perfino su quelli delicatissimi della sicurezza. Ha bloccato l'altro ieri il pacchetto Pisanu con la scusa di volere molto di più. In realtà molto di più non si può tecnicamente e politicamente fare, se non arrestando tutti i musulmani residenti in Italia con una gigantesca retata e buttarli a mare. Oppure, in alternativa, chiudendoli in giganteschi ghetti da dove potrebbero uscire soltanto sotto scorta per andare a lavorare.

Probabilmente Oriana Fallaci e qualche suo sodale plaudirebbero ad una politica di questo genere. La quale tuttavia ha il grosso difetto di essere impraticabile, checché ne pensino o ne dicano Bossi, Castelli, Calderoli, Maroni, Borghezio, Gentilini e anche il vice-premier Giulio Tremonti.

Non resta dunque che il pacchetto Pisanu, tutt'al più rafforzato dalla sospensione per qualche settimana del Trattato di Schengen. (Faccio osservare che la Gran Bretagna non aderisce a quel trattato, ma è proprio a Londra che gli attentati sono avvenuti).

Il pacchetto Pisanu non è gran cosa: prolungamento del fermo di polizia a ventiquattro ore, premio di cittadinanza per gli extracomunitari che diano informazioni utili antiterroristiche, colloqui informativi con persone sospette senza la presenza di avvocati, espulsioni più rapide per elementi ritenuti pericolosi da indagini di polizia. In realtà acqua fresca o poco più.
Ciò che serve sarebbe una più penetrante capacità investigativa sia della polizia sia dei servizi di sicurezza. Se ne parla in tutta Europa dall'11 settembre 2001, ma non pare si siano fatti grandi progressi. L'Italia è come gli altri, né meglio né peggio.

****

Non voglio riaprire per l'ennesima volta una discussione che sembra un dialogo tra sordi, dove alcuni sostengono che tutto andrebbe meglio se gli europei si schierassero "senza se e senza ma" a fianco di Bush, mentre altri sostengono che la soluzione del problema consiste, puramente e semplicemente, nel ritirare immediatamente dall'Iraq tutte le attuali forze di occupazione.

Due stupidaggini contrapposte non producono saggezza. Se l'obiettivo è quello di indebolire il terrorismo c'è una sola via: stabilire una data certa per il ritiro delle forze d'occupazione, che non vada possibilmente oltre la fine del 2006, e lavorare di buona lena per addestrare nel frattempo le forze di sicurezza irachene. Questo addestramento è in corso da oltre un anno. Se un altro anno e mezzo non basterà, vuol dire che l'Iraq non è "terra di missione". Non resterebbe allora che affidarla ai suoi tradizionali ordinamenti tribali, agli sciiti di al Sistani, agli ulema sunniti, ai partiti curdi, e andarsene.

Qualcuno ha consigliato Prodi ad andare a Nassiriya per vedere quanto sia utile anzi necessaria la presenza del contingente militare italiano in quella provincia. Buon consiglio, ma in realtà si sa benissimo che cosa troverebbe Prodi. Le risorse destinate dall'Italia a investimenti assistenziali e/o produttivi nella regione di Nassiriya ammontano (dichiarazioni ufficiali) al 5 per cento del totale delle spese destinate alla nostra missione. Cifra ridicola. Il 95 per cento è destinato al costo "militare" della missione.

Sarebbe molto più produttivo se al costo "militare" si sostituisse un costo "civile" e la missione, anziché di soldati e mezzi guerreschi, fosse composta da medici, ingegneri, tecnici nelle qualifiche richieste, scortati da un battaglione di carabinieri che ne protegga la sicurezza contro i malviventi.

Probabilmente se si fosse agito così fin dall'inizio, evitando la guerra e presidiando con forze militari speciali i confini dell'Iraq, il terrorismo non si sarebbe moltiplicato per mille come invece è avvenuto, come era prevedibile e come era stato lucidamente previsto.

****

Sul Dpef di Siniscalco non c'è granché da dire. Il ministro del Tesoro ha concordato con Bruxelles un aggiustamento dell'1,6 per cento del Pil, poco più di 18 miliardi di euro, in due esercizi. Ma a quella cifra il ministro dovrà aggiungere almeno 8 miliardi di sgravi Irap nel biennio e altri 3 o 4 per sgravi alle famiglie. Si tratta dunque di un altro punto di Pil; in totale siamo a 2,6, ma ancora non si sa se e come siano coperte le "una tantum" in scadenza entro l'anno in corso. Il ministro su questo tema non parla, ma alla prossima finanziaria dovrà riacquistare l'eloquio.

Nel frattempo lo stock del debito pubblico e i relativi oneri continuano inesorabilmente ad aumentare.
Dunque, 32 miliardi di euro, dei quali il buon Siniscalco, a quanto è dato capire, ne caricherà un terzo sul 2006 lasciando al nuovo governo post-elettorale di provvedere ai restanti due terzi oltre a tutto il resto "non detto".

Questa gente prima se ne va e meglio sarà.
(17 luglio 2005)

http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/economia/contipubblici12/finafine/finafine.html

Uno straccio di laicità

Sex crimes and the Vatican

Disclaimer

Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001.