lunedì 18 luglio 2005

Articolo originale di www.democrazialegalita.it


Depositata la motivazione della sentenza di condanna per Marcello Dell'Utri. Pesantissime verità degne di sconvolgere la politica di qualunque Paese del mondo.
In Italia, silenzio.

di Daniela Gaudenzi


Mentre la magistratura italiana ha scioperato con rinnovato successo contro un legge che segna il definitivo affossamento della giustizia in Italia, il cosiddetto ministro della giustizia vede attorno a sé solo "giuristi d'accatto", cioè la dottrina giuridica prevalente e autorevole che critica senza mezzi termini la controriforma in dirittura d'arrivo, garantisce che il capo dello Stato "è troppo saggio" per rispedirla al mittente, nonostante l'assoluta novità dell'emendamento anti-Caselli, e invia per l'ennesima volta gli ispettori a Milano ad indagare su due toghe altamente sospette, Clementina Forleo e Fabio Paparella.

La prima colpevole di essere intervenuta uti cives a proposito del fermo di un immigrato senza biglietto dell'autobus; il secondo già diffusamente attaccato trasversalmente dal ceto politico che perde sempre l'occasione di tacere e di glissare sulla propria ignoranza e inadeguatezza civica prima ancora che giuridica, notoriamente reo di aver applicato una norma del codice di procedura penale e dunque di aver trattato Berlusconi Silvio e Confalonieri Fedele come decine e decine di altri anonimi imputati secondo quanto prevede il diritto processuale vigente.

Ma in questi stessi giorni nel silenzio più totale sono state depositate dalla II sezione del tribunale di Palermo le 1800 pagine di motivazioni della sentenza con cui è stato condannato nel dicembre scorso il senatore Marcello Dell'Utri a 9 anni per concorso esterno in associazione mafiosa e l'amico di sempre Gaetano Cinà, Tanino per tutta la famiglia Dell'Utri, a 6 anni per partecipazione diretta a cosa nostra.

Basterebbero alcuni sintetici passaggi ad evidenziare l'ipocrisia e la irresponsabilità di quei politici, quasi tutti, del centro sinistra (a destra si è definita tout court la sentenza come "nazista") che trincerandosi dietro la formula di rito -quando fa comodo- "le sentenze non si commentano", hanno opposto un tetragono silenzio. D'altronde in buona parte erano gli stessi che con la maggioranza di centro sinistra avevano respinto la richiesta di arresto avanzata dalla procura di Palermo, accompagnata da vagonate di prove documentali, inclusa la visita di Dell'Utri al falso pentito con tanto di valigetta all'entrata volatilizzata all'uscita, avallando di fatto la tesi del "fumus persecutionis" ai danni dell'imputato.

Dalle motivazioni si ricava diffusamente che Silvio Berlusconi ha ricevuto "finanziamenti non trasparenti" e che il gruppo Fininvest ha versato per anni somme di denaro nelle casse di Cosa Nostra. A fornire "le garanzie" era Marcello Dell'Utri che ha avuto "per un trentennio contatti diretti e personali con boss come Bontate e Teresi" oltre che con il fattore di Arcore Vittorio Mangano. I magistrati scrivono che da decenni "Dell'Utri svolge un'attività di costante mediazione tra il sodalizio più pericoloso e sanguinario del mondo e gli ambienti imprenditoriali e finanziari milanesi, in particolare Fininvest", nonché "una funzione di 'garanzia' nei confronti di Berlusconi".

In modo ancora più chiaro ed eclatante, si legge che "nei momenti di crisi tra cosa nostra e la Fininvest" Dell'Utri fa da mediatore, "ottenendo favori" dalla mafia e "promettendo appoggio politico e giudiziario". Tutte condotte "pienamente ed inconfutabilmente provate da fatti, testimonianze, intercettazioni" (I passaggi virgolettati sono riportati da Marco Travaglio su l'Unità del 14 luglio). Altro snodo cruciale: "la scarsa trasparenza di molte operazioni Fininvest negli anni 1975-84 non ha trovato smentita da parte del consulente della difesa Dell'Utri; non è stato possibile risalire all'origine dei flussi di denaro investiti nella creazione delle Holding Fininvest.

E quando il presidente del Consiglio avrebbe potuto chiarire ogni punto e fugare ogni dubbio nel 2002, ha preteso che i magistrati da Palermo si recassero a palazzo Chigi per interrogarlo e si è avvalso della facoltà di non rispondere. "Si è lasciato sfuggire l'imperdibile occasione di fare personalmente e definitivamente chiarezza sulla delicata tematica…..ha scelto il silenzio". (ibidem)

Anche questo, naturalmente, e cioè fatti, testimonianze, intercettazioni che sono diventati prove, nel circo mediatico imperante deve essere una non notizia, così come lo era stata, tanto per rimanere strettissimamente in tema, l'intervista di Paolo Borsellino rilasciata a due giornalisti francesi pochi giorni prima di saltare in aria, in cui tra l'altro si parlava diffusamente di Marcello Dell'Utri e delle intercettazioni con i "cavalli" da consegnare in albergo.

Lo ha ricordato di recente in un convegno a Riccione su libertà di informazione ed inchiesta giornalistica Roberto Morrione direttore di Rai news 24 che la mandò coraggiosamente in onda pur se nel cuore della notte: "Sigfrido Ranucci riuscì ad avere la sintesi dell'intervista che si pensava fosse andata perduta; noi la trasmettemmo e la offrii a tutti i a tutti i direttori ma i tre tg non la trasmisero mai".
L'allora direttore del tg 1 Gad Lerner rifiutò il servizio dicendo pubblicamente che dopo quattordici anni si trattava di una "non notizia"; in ambienti Rai, come ha riportato Roberto Morrione, Lerner si giustificò dicendo che non aveva nemmeno un decimo della capacità difensiva e "degli armamenti" necessari per affrontare la potenza di fuoco che si sarebbe scatenata se il TG 1, alle 8 di sera, avesse mandato in onda anche uno stralcio sintetico dell'intervista da cui emergevano i contatti di Dell'Utri e della Fininvest con Cosa Nostra.

D'altronde quanto il materiale fosse incandescente è stato più che ampiamente dimostrato dall'effetto "deflagrante" dell'intervista di Daniela Luttazzi a Marco Travaglio a Satyricon su "L'odore dei soldi" e dalla puntata di Sciuscià in cui Michele Santoro trasmise dei brani dell'intervista, con Dell'Utri in studio che fece delle gaffes clamorose e alquanto rivelatrici.

Parlare di questi argomenti con cognizione di causa, perizie, atti giudiziari, motivazioni di sentenze sostanzia quello che con l'editto bulgaro è stato definito una volta per tutte dal principale protagonista ed interessato "uso criminoso del servizio pubblico" che comporta come sanzione automatica la proscrizione sine die dal regno mediatico e la morte civile dagli ambienti che contano.
E' fin troppo facile capire perché quel presidente del consiglio che si è avvalso della facoltà di non rispondere con i magistrati di Palermo, da candidato premier nel 2001 si è ben guardato di accogliere l'invito di Daniele Luttazzi che gli metteva a disposizione una intera puntata di Satyricon per fare chiarezza sulle sue fortune e sui suoi "fattori" e abbia preferito cacciarlo appena diventato padrone anche della Rai ed intentargli cause civili miliardarie, non potendo ovviamente querelarlo, così come agli autori de "L'odore dei soldi".

E si capisce perché sulla sentenza di Palermo e ancor più sulle motivazioni cada una cappa di silenzio impenetrabile e perché un libro come gli "Gli intoccabili" di Marco Travaglio e Saverio Lodato sia stato recensito solo da Giorgio Bocca, e ancora perché Peter Gomez e Marco Travaglio abbiano dovuto fare un libro come "L'amico degli amici" che raccoglie le carte del processo a Dell'Utri, un processo fantasma per l'informazione italiana, una fonte di imbarazzo per il ceto politico.
Ora Silvio Berlusconi, a cui il gup Paparella ha appena notificato il rinvio a giudizio per il 28 ottobre per evasione fiscale, frode fiscale, falso in bilancio e la notizia ovviamente non è stato la richiesta di rinvio a giudizio ma la notificazione a mezzo stampa di un procedimento che coinvolge gli interessi di un numero elevatissimo di persone, è si è convertito come un novello templare alla guerra santa contro l'evasione fiscale, "una priorità assoluta".

Il commento lo lasciamo alla irresistibile vignetta di Giannelli sul Corriere del 15 giugno, con la speranza per lui e per noi di vederne ancora molte. Nella cameretta in cui troneggiano sullo sfondo il suo ritratto ed in primo piano, ai piedi del letto, le scarpe dai tacchi ortopedici, il presidente del consiglio, mentre si guarda allo specchio soddisfatto, dice a se stesso "Basta con l'evasione fiscale". Titolo: riflessioni del mattino.

Articolo originale di www.democrazialegalita.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

come dice mio cugino: benvenuti nella repubblica delle banane.....

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