sabato 12 agosto 2006

Le Chiese in Europa e il metodo Zapatero

Massimo Salvadori commenta la mancata partecipazione di Zapatero alla messa del Papa a Valencia e si chiede "Chi sa che non si possa vedere in futuro anche in Italia quel che abbiamo visto in Spagna?"


Le Chiese in Europa e il metodo Zapatero
di Massimo L. Salvadori


Non è difficile comprendere che il dibattito sui rapporti tra Chiese e Stato, tra religione da un lato ed etica, costume e politica, insomma società, dall´altro, e sui modi per affrontarli e regolarli è destinato a crescere di importanza nel nostro continente. È inevitabile che nel corso dell´evoluzione storica e dei relativi mutamenti culturali, sociali e demografici emergano nuovi problemi e si ricerchino equilibri atti a offrire soluzioni convenienti. La storia dell´Europa moderna ha visto per circa cinque secoli i singoli Stati assumere nelle loro mani la questione in base al principio della propria assoluta sovranità e a seconda delle loro caratteristiche e finalità. Ogni epoca e ogni paese ha dato in proposito le sue risposte. Poi negli ultimi decenni la questione ha assunto un volto qualitativamente differente da quello del passato.

Si è creato uno spazio politico, istituzionale, culturale e civile europeo in cui l´insieme va facendo sempre più premio sulle parti, in cui il fenomeno della secolarizzazione ha conosciuto una forte accelerazione, i costumi e la mentalità sono rapidamente e profondamente cambiati, il confronto tra i valori e gli stili di vita è divenuto pressante mettendo in gioco molte delle eredità trasmesse dalla tradizione, in cui, specie in conseguenza delle ondate di immigrati islamici da altri continenti la mappa religiosa – caratterizzata in passato dalla schiacciante prevalenza delle chiese cristiane – è andata sostanzialmente cambiando (sullo sfondo sta il possibile ingresso nell´Unione Europea della Turchia, che sotto questo profilo risulterebbe davvero dirompente). È un pluralismo ricco, variegato e complesso che va allargandosi e approfondendosi. Dinnanzi a un simile quadro quale è la responsabilità, quale il dovere civile di uno statista democratico in tema di relazioni tra lo Stato, le Chiese e le religioni? Ebbene, la via la troviamo pur sempre indicata con luminosa semplicità nei Vangeli, là dove si riporta la risposta data da Gesù ai farisei che maliziosamente lo interrogavano sui giusti rapporti tra potere politico e religione: «Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio».

La funzione dello statista democratico è di tutelare le libertà degli individui, dei gruppi, delle associazioni nel rispetto dei valori di ogni Chiesa e di ogni fede religiosa, di cattolici, protestanti, ortodossi, ebrei e musulmani, dei credenti in Dio e dei non credenti, attribuendo al potere pubblico il compito di garantire che la reciproca convivenza non comporti vantaggi e neppure riguardi particolari per gli uni e preclusioni o danni per gli altri: il che avviene quando, per calcolo politico, per fede personale o per entrambi, egli invece privilegia una Chiesa e una religione perché questa è quella della maggioranza dei cittadini. Se e quando così agisce, allora attiva la reazione di quanti si sentono oggetto di discriminazione, e fa inclinare lo Stato in senso illiberale. La presenza di una Chiesa "più libera", più tutelata o anche solo più omaggiata rende meno liberi i diversamente credenti e i non credenti e costituisce una discriminazione nei loro confronti. Nella recente visita del Papa in Spagna Zapatero ha espresso la sua etica di leader democratico europeo accogliendo in veste ufficiale il Papa capo della Chiesa cattolica e di uno Stato tra gli Stati, ma astenendosi - in quanto capo del governo di un paese parte di un´Unione sovranazionale multireligiosa, laica e popolata da molti non credenti e perché personalmente non credente - dalla partecipazione alla messa officiata da Benedetto XVI. Un atto, teniamolo presente, squisitamente religioso, assemblea della comunità ecclesiale presieduta da un sacerdote in cui si rinnova la Cena di Cristo e si celebra la sua passione, morte e resurrezione. Zapatero ha così espresso il dovuto rispetto al Papa-sovrano, al primo sacerdote cattolico e a tutti i cittadini con la pluralità delle loro opinioni. E ha scatenato un´ondata di reazioni.

Alcuni, tra i quali una piccola minoranza di cattolici, lo hanno lodato. Altri lo hanno decisamente vituperato. In Spagna i nostalgici di una Chiesa cattolica abituata ad essere beneficiata in passato da un cumulo di privilegi lo hanno sonoramente fischiato. In Italia i partiti del centro-destra, con l´eccezione di poche mosche bianche, hanno rumoreggiato contro lo scandaloso Zapatero, quasi fosse la reincarnazione degli atei anticlericali della guerra civile spagnola o di quelli della rivoluzione messicana. Ma in prima fila a schierarsi rumorosamente contro lo "zapaterismo" sono stati anche nel centrosinistra coloro che ieri levavano la loro voce per criticare con alti toni il "laicismo alla francese" e oggi la alzano per denunciare i mali di quello "alla spagnola". Il sindaco filosofo Massimo Cacciari ha definito la scelta di Zapatero di non presenziare alla messa papale un atto "stupido" e il leader della Margherita Francesco Rutelli ha presentato nei termini di una sciagura nazionale l´eventualità che in Italia un premier come lui abbia mai a guidare il governo. Insomma, un grande scandalo quello compiuto da Zapatero, a impedire il quale Rutelli ha promesso di opporre il suo scudo in nome dei valori della religione, dei superiori diritti della Chiesa cattolica e degli obblighi specifici che un capo di governo ha nei confronti del pontefice. Si viene colpiti dal richiamo all´"idealismo", ma ci si chiede di quale idealismo si tratti, e se non sia più "idealista" Zapatero (naturalmente con segni e implicazioni diversi) che non Rutelli.

Enrico IV, protestante, divenuto sovrano di una Francia a grande maggioranza cattolica, in tempi nei quali non si concepiva che lo Stato assumesse il ruolo di garante verso chiese parimenti libere, si piegò al fatto che Parigi valeva pure una messa. Zapatero, eletto democraticamente alla guida del governo da cittadini diversamente pensanti in materia di fede, ha creduto che non vi sia motivo per cui a Madrid il realismo politico dovesse valere una messa, e ha voluto affermare il principio liberale e laico che gli atti di culto, strette espressioni della pratica religiosa, appartengono alla sfera della coscienza degli individui e non comportano un dovere di rappresentanza da parte di un capo di governo. Un modo di intendere i valori e le funzioni che, appunto, non è quello di Rutelli.

Un´ultima domanda. Ma che cosa si direbbe se un premier europeo si recasse a partecipare ai riti religiosi presenziati da una grande autorità protestante, ebraica o islamica escludendo il rito cattolico? Inimmaginabile poi la presenza ad una assemblea di dichiarati non credenti. Altro che scandalo. Un tale atteggiamento sarebbe considerato tale da chiederne la lapidazione politica. Credo che di questi problemi fosse intimamente consapevole Zapatero quando prese la decisione di non attendere alla messa del Papa. Non vi è chi non lodi il pluralismo, la libertà di pensiero e di opinione. Poi, quando si viene al dunque, si mostra la corda. Cavour lanciò all´Italia appena unificata il motto: «Libera Chiesa in libero Stato». Agli statisti dell´Europa unita spetta di riprenderlo e aggiornarlo: «Libere chiese e libere correnti di opinione in una libera Europa». Chi sa che non si possa vedere in un futuro anche in Italia quel che abbiamo visto in Spagna. La speranza, anche quando è arduo sperare, è pur sempre l´ultima dea.


la Repubblica, 12 agosto 2006

1 commento:

Anonimo ha detto...

ho i miei dubbi che in Italia possa accadere quello che Zapatero ha fatto in Spagna.... qua i nostri politici sono molto servili....

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