mercoledì 3 agosto 2005

Gay, chi ha il diritto di giudicare?

Lettera di una madre al quotidiano il Tirreno


Sia come madre di un ragazzo gay che come cattolica mi sento profondamente offesa dalle dichiarazioni del vescovo di Pistoia che ho letto sui giornali.

Spero che le sue parole siano state interpretate male perché se così non fosse non capisco come una persona con così poca carità cristiana e con tanto orgoglio da pensare di poter giudicare gli altri, ricopra una carica elevata nella chiesa. Non so con che diritto può avere queste opinioni, visto che non è gay, non è padre di figli omosessuali né ora né lo sarà in futuro.

Come tante altre madri so cosa vuol dire avere un figlio gay. Il suo dolore, lo sconforto nello scoprire di non avere gli stessi amori degli altri, la paura per non saper se verrà accettato dalla sua famiglia, dai suoi amici. Il terrore di rivelarlo e di quello che avverrà di lui in futuro nella società. E’ facile parlare quando tocca a gli altri, ma quando ci siamo noi ad affrontare tutto questo, non ci sentiamo più di giudicare.

Per fortuna mio figlio ha trovato nella sua famiglia la forza per andare avanti. La ragione è semplice: perché noi da cristiani che cercano di ascoltare la parola del Signore abbiamo capito che non è una scelta essere omossessuali ma una condizione, non una malattia sennò basterebbe curarla. Viste le difficoltà che tale vita prospetta, fra cui essere uccisi, come è avvenuto nel civilissimo Iran proprio pochi giorni fa a due ragazzi di 17 anni, chi farebbe questa scelta volontariamente?

Essere con una preferenza sessuale diversa dalla maggioranza della popolazione, non vuol certo dire essere dei pervertiti, ma delle persone che come tanti eterosessuali possono avere sani principi morali verso la società, la religione e tanti altri aspetti della vita. Essere una persona e basta.

A mio figlio, come a suo fratello eterosessuale, abbiamo insegnato i valori civili e religiosi e ci aspettiamo rispetto. Tacciare le persone omossessuali di perversione fa sì che anche quelle con sani principi si sentano così sporche dentro, da farle precipitare nelle perversioni vere che non sono solo nell’ambito degli omossessuali ma anche e soprattutto degli eterossessuali.

Non capisco come mai, chi dovrebbe rappresentare la disponibilità, la compassione, l’umiltà, l’amore di Dio verso le sue creature possa incitare a tali crociate. E’ come dire che tutti i musulmani sono terroristi, tutti i preti cattolici sono pedofili, tutti gli ebrei sono “perfidi giudei...” mi dimenticavo che la Chiesa cattolica questa ultima affermazione la diceva nella preghiera del Venerdì Santo fino agli anni Sessanta. Per questo chi è senza peccato scagli la prima pietra.

La Chiesa cattolica dovrebbe essere come Cristo sui nostri altari: con le braccia aperte per accogliere tutti. Per fortuna vi sono molti sacerdoti il cui esempio di vita cristiana va in questa direzione.

Sono d’accordo con la legge per far accedere al matrimonio anche i gay, perché chiunque ami un’altra persona adulta e consenziente, non sua parente, deve prenderesi carico di questa amandola, onorandola, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà per tutti i giorni della vita concessa da nostro signore.

Vorrei che questa lettera non venisse pubblicata con il mio nome non perché mi vergogno di mio figlio, ma perché penso possa essere considerata a nome di tutte le madri con un figlio/a omosessuale.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Questa è veramente madre coraggio.... ha scritto una bella lettera/sfogo... ho i miei dubbi che il vescovo di pistoia capisca il senso della lettera....

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