domenica 7 novembre 2004

Non copiate Zapatero, vince troppo

Malteste sul Venerdi de La Repubblica spiega come Zapatero viene visto con sospetto in Italia da entrambi i fronti politici

Contromano di CURZIO MALTESE

L'Italia è l'unico Paese dove l'immagine del nuovo premier spagnolo, José Luis Zapatero, è circondata da comune deplorazione o comunque da un certo sospetto, sconfinante nello scandalo. Perfino a sinistra, fra i leader che fanno a gara nel prendere le distanze dall'esempio spagnolo, «troppo estremista». Non è facendo come Zapatero che si vince, insegnano i nostri professori di riformismo. Tralasciando il dettaglio che Zapatero ha appena vinto e se si rivotasse domani stravincerebbe. Mentre i nostri strateghi della rincorsa al centro moderato, per dire, hanno regalato a Berlusconi la più larga maggioranza parlamentare degli ultimi quarant'anni. La stampa del resto dell'Occidente, compresa quella conservatrice, racconta una Spagna «zapatera» molto diversa dalla caricatura reazionaria nostrana. Un Paese in forte crescita, quasi euforico, che funziona e attrae investimenti da tutto il mondo. Del resto, basta fare un breve viaggio per constatare il clima di rinascita culturale dì grandi città come Barcellona, Siviglia, la stessa Madrid, e paragonarlo al mesto e caotico declino urbano delle capitali italiane. Oppure, confrontare la vivacità delle grandi università spagnole, che ospitano studenti di tutto il mondo, con il grigiore autarchico delle nostre baronie.

Perché Zapatero irrita l'intellighenzia, si fa per dire, nazionale? Una ragione assai banale, intanto, è che si tratta di un giovane e i nostri intellettuali sono molto vecchi. Non tanto per l'età quanto per il modo di ragionare, realmente decrepito. La vicenda Buttiglione, per esempio, ha riportato alla luce un pensiero giurassico sui diritti civili, diffuso perfino fra sedicenti liberali, che sarebbe parso superato anche ai trisavoli. È normale che una cultura sostanzialmente ferma alla Controriforma reagisca con orrore all'invasione di principi libertari nella cattolicissima Spagna. Finché lo facevano in Svezia o Danimarca, pazienza. Un altro motivo dell'antipatia per Zapatero è che ha vinto e governa con una tattica assai poco machiavellica. Si limita a fare quanto ha promesso, fedele a principi e identità non negoziabili. Questo offende il trasformismo patrio, vero terreno comune, e minaccia alcuni interessi materiali, grandi e piccoli. Pensate se i nostri politici si mettessero a fare come Zapatero, quanti «consiglieri del Principe» rimarrebbero senza un mestiere. Per queste e altre ragioni, la sinistra italiana «non faccia come Zapatero». Rischierebbe di capire che, per conquistare i ceti medi, non occorre travestirsi da democristiani. La sbornia ormai è passata e i cittadini non vogliono più sogni di Pulcinella, ma certezze e identità. I mitici ceti medi, spagnoli o italiani, oggi si fidano più di un «estremista» coerente come Zapatero che dei «moderati» trasformisti di centrosinistra, pronti a tutto pur di compiacerli.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=29791

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