domenica 28 novembre 2004

Per uno 0,4% del Pil

Meglio sarebbe stato non illudere i cittadini
di Francesco Giavazzi

La riforma fiscale non farà crescere più di tanto il prodotto interno lordo
Il taglio delle tasse che verrà approvato oggi dal Consiglio dei ministri ha ottenuto il via libera del ministro dell’Economia e della Ragioneria generale dello Stato. Esso è quindi «coperto» da variazioni in altre voci del bilancio che compensano la diminuzione nel gettito fiscale che la riforma comporta. Dopo giorni in cui autorevoli membri del governo invitavano i «tecnici» ad arrendersi alle esigenze della politica, ha vinto la ragionevolezza. («Ragioneria - scrive Max Weber - deriva da ragione» ed è sinonimo di assennatezza). Berlusconi si è arreso a malincuore: le sue parole, ieri sera, al di là dello scontato trionfalismo tradivano anche una forte delusione. «Non mi illudo che un intervento come questo possa dare un impulso straordinario ai cittadini; ci sarà un vantaggio, ma in economia l'impulso vero lo si fa con la diminuzione delle tasse in deficit». Il premier dimostra scarsa conoscenza dell’economia: le riforme fiscali attuate nei Paesi industriali negli ultimi 30 anni insegnano che tagli alle tasse di un punto del prodotto interno lordo aumentano la crescita di circa 0,24 punti se compensati da corrispondenti tagli di spesa; di soli 0,11 punti se invece la riduzione delle imposte si traduce in maggior deficit. (Si leggano Daveri e De Romanis su www.lavoce.info ).

La riforma fiscale che il governo vara oggi è coperta ma, proprio per questo, comporta riduzioni di imposte irrisorie: non vale alcuni punti del pil, come nelle esperienze sopra ricordate, ma non più dello 0,4%: i cittadini quasi non si accorgeranno di tagli tanto modesti e questi non avranno alcun effetto sull’economia. Anche perché una parte della copertura è stata trovata ricorrendo ad altre tasse.
Il prossimo anno 2 dei 6,5 miliardi di tagli sono finanziati attraverso il gettito del condono edilizio: sono denari che (si spera) i contribuenti pagheranno allo Stato nel 2005 per regolarizzare costruzioni illecite. Nel bilancio di una famiglia questi pagamenti cancelleranno, almeno in parte, i benefici della riforma. Negli anni successivi, quando verranno meno le entrate del condono edilizio, esse verranno sostituite da vari dazi e balzelli: un miliardo di maggiori tasse sulle sigarette (sperando che l’estendersi dei divieti al fumo non convinca i cittadini ad essere più attenti con la propria salute) e un altro di aumenti in varie imposte dirette. Quindi la vera riduzione delle tasse che il governo si appresta a varare non vale neppure lo 0,4% del pil.
E d’altronde come era possibile fare di più quando Berlusconi ci assicura che «non c'è nessuna chiusura delle finestre pensionistiche, nessun taglio alla spesa sociale né ai fondi per il Mezzogiorno»; quando si presenta al tavolo delle trattative per il nuovo contratto dei dipendenti pubblici, non dicendo che il contratto essi lo hanno già avuto poiché negli ultimi due anni i loro stipendi sono cresciuti 4 punti più dell’inflazione, ma offrendo un ulteriore aumento del 3,7%? Berlusconi non ha avuto il coraggio di tagliare la spesa in maniera davvero incisiva, quindi ha dovuto accettare una riforma fiscale più che modesta. Aveva ragione il ministro dell’Economia, che dieci giorni fa lo aveva convinto che se questa era la riforma, meglio sarebbe stato non illudere se stessi e i cittadini. E rimandarla.

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Politica/2004/11_Novembre/26/giavazzi.shtml

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