(ANSA) - VITERBO, 20 DIC - ''Potrebbe dilapidare i suoi beni per partecipare ai Gay Pride in tutta Italia'': questa e' solo una delle motivazioni con le quali il tribunale civile di Viterbo ha respinto il ricorso di un omosessuale, che aveva intentato una causa civile per far annullare un provvedimento di inabilitazione emesso nel 1981 e quindi disporre liberamente dei suoi averi. Una decisione che ha indignato il diretto interessato, Giovanni Orlandi Brenciaglia, 60 anni, giornalista professionista, figlio di una firma importante del dopoguerra, Vittorio Orlandi, e discendente, da parte materna, della famiglia Brenciaglia, nobili d'antica schiatta, proprietaria, tra l'altro, della Rocca Farnese di Capodimonte, dichiarata monumento nazionale.
''La mia vita - racconta - e' stata segnata dalle discriminazioni'', alcune delle quali - aggiunge - gli hanno impedito anche ''di svolgere l'attivita' di giornalista''. ''Ho avuto solo la solidarieta' e il sostegno del Cardinal Martini - aggiunge Branciaglia - quando era arcivescovo di Milano. Sono dovuto emigrare in America e, nonostante due lauree e cinque lingue correttamente parlate, ho dovuto fare i mestieri piu' umili, tra i quali il portiere di notte''. Tra le motivazioni della sentenza, tra l'altro, si sostiene che Giovanni Orlandi Brenciaglia avrebbe intenzione ''di fondare un ente morale per sostenere le iniziative omosessuali''. ''Non e' affatto vero dice l'interessato - , avevo solo l'intenzione di fondare una piccola casa editrice per fa conoscere il grande amore che Pasolini nutriva per il Viterbese. E siccome il prossimo anno ricorrera' il trentennale della sua morte stavo pensando di ricordarlo in modo adeguato''. La ''prodigalita''' dell'uomo, secondo la sentenza, sarebbe dimostrata anche dal fatto che spenderebbe 5 euro di taxi ogni volta che deve recarsi al centro di Viterbo. ''Ma io - ribatte Orlandi Brenciaglia non ho la patente e tanto meno la macchina. E poi saro' libero o no di spendere i miei soldi come mi pare? Oltre tutto aggiunge io mi reco da La Quercia, dove abito, a Viterbo poche volte al mese, forse spenderei molto di piu' se avessi un mezzo privato''. L'inabilitazione (una forma piu' tenue dell'interdizione) cui l'uomo fu sottoposto nel 1981, a suo dire, sarebbe scaturita dal clima di persecuzione in cui vivevano gli omosessuali negli anni Settanta. ''Credevano che fossi malato, mi consigliarono di ricoverarmi in casa di cura ricorda -, una volta ho dato anche il mio consenso. E fu proprio durante uno di quei ricoveri mi fu nominato un giudice tutelare.
Da allora, per disporre dei miei beni, mi devo far autorizzare dal giudice. Una trafila umiliante. E ancor piu' umiliante e' la motivazione con la quale il tribunale ha respinto il mio ricorso, cioe' perche' sono un omosessuale dichiarato, con un ruolo attivo nei movimenti omosessuali e frequento tutti i Gay Pride. E se, invece, dissipassi i miei soldi per partecipare alle manifestazioni di un partito?''. Un altro aspetto singolare della vicenda giudiziaria di cui e' protagonista Giovanni Orlandi - Brenciaglia riguarda le testimonianze. ''Avevano citato 56 testimoni conclude -, se ne e' presentato solo uno: mio fratello, ovviamente contrario all'annullamento del provvedimento del 1981''. Unico motivo di consolazione per l'uomo, le manifestazioni di solidarieta' ricevute da chi e' venuto a conoscenza della sentenza.
http://www.gaynews.it/view.php?ID=30379
lunedì 20 dicembre 2004
Partecipa ai gay pride, per il tribunale non può disporre dei suoi beni
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Sex crimes and the Vatican
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