mercoledì 29 dicembre 2004

Riflessioni sulla Sacra Famiglia: lettera di un giovane omosessuale credente al suo parroco

Caro don *****,

la festa della santa famiglia celebrata oggi dalla chiesa cattolica è stata l'occasione, da parte di numerosi esponenti episcopali e del papa stesso nell'Angelus, per reiterare con insistenza alcune posizioni sulla famiglia tradizionale, lanciando un chiaro messaggio ai fedeli cattolici ed agli uomini di politica e di cultura affinchè difendano l'istituzione del matrimonio tradizionale dalle continue "aggressioni", con chiaro riferimento ai riconoscimenti giuridici, in atto anche in alcune regioni italiane, delle coppie di fatto (comprese le coppie omosessuali). Alcuni autorevoli vescovi, come mons. Carlo Caffarra dalla cattedra di Bologna, e l'intero episcopato spagnolo, non hanno usato mezzi termini quest'oggi, e senz'altro la chiarezza è uno dei loro pregi. Anche lei -nella predicazione della eucaristia serale- ha accennato alla questione. Eppure ho sempre di più l'impressione (e non solo l'impressione) che non si dica -o non si voglia dire- la verità fino in fondo ai fedeli. E che ci sia -come spesso è stato nella chiesa nei secoli- la prassi di far credere ai fedeli le verità per autorità più che per sano discernimento ed approfondimento degli stessi testi biblici. Evidentemente, chi ascolta in questi mesi i vescovi od il papa si è fatto una chiara idea della famiglia cristiana e di cosa pare aggredirla. E tuttavia, se uno apre i testi sacri, scopre che le cose sono più complesse di quel che si vuol far credere. A cominciare dalla stessa icona della Sacra Famiglia del Gesù dei Vangeli, portata come "modello tradizionale" di famiglia. Se leggiamo i Vangeli e riflettiamo-chieda ad un biblista al di fuori di ogni prudente e istituzionale sede- la famiglia di Nazaret ha più i tratti di una famiglia "anomala" che non di una "normale", e nell'insegnamento e nella pratica stessa di Gesù, compreso il suo rapporto con i genitori, si ha un vero e proprio "scardinamento" dei vincoli parentali e di sangue, allargando il concetto stesso di famiglia, di madre, di fratelli. Riflettevo su alcuni aspetti "anomali" della famiglia di Nazaret che mi piacerebbe porre in evidenza e condividere apertamente con lei.

1. Anzitutto il concepimento verginale di Gesù. Giuseppe sceglie di accogliere Maria come sua sposa pur sapendola incinta in attesa di un figlio che non era il suo. Oggi si potrebbe forse dire che Maria fosse una "ragazza madre" accolta dalla benevolenza di Giuseppe che si è fatto carico di essere padre e marito di una ragazza che altrimenti, nella società ebraica dell'epoca, sarebbe stata ripudiata da chiunque. Ecco, Gesù nasce non solo in una mangiatoia ed in un luogo considerato -dal punto di vista religioso- insignificante - la Galilea non era patria di profeta ("Sei anche tu di Galilea? Esamina, e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta" Gv 7, 52), ma nasce da un matrimonio in parte "irregolare" per le usanze del tempo. E nasce perchè due persone, Maria e Giuseppe, accolgono Gesù in una unione violando le prassi convenzionali del fidanzamento e del matrimonio secondo la tradizione ebraica. Giuseppe avrebbe avuto tutto il diritto di ripudiare Maria: egli l'accoglie, e con essa accoglie la venuta del Figlio dell'uomo. Per questo noi veneriamo Maria, Madre di Dio, e Giuseppe, suo sposo. Non per l'"icona" di una famigia cristiana modello.

2 La famiglia di Gesù non può rappresentare, per come la Tradizione insegna, un modello di vita familiare per vivere l'amore umano nella componente affettiva-sessuale. Supposto che Gesù non avesse fratelli e che quelli nominati nei Vangeli come "fratelli di Gesù" siano stati suoi cugini o parenti - e questo, sappiamo, è stato costantemente insegnato dalla Tradizione per sostenere la verginità di Maria- il matrimonio fra Giuseppe e Maria sarebbe, secondo il codice di diritto canonico attuale, un matrimonio "non consumato". La mancanza dell'unità sessuale fra Giuseppe e Maria rende tale unione per lo meno anomala rispetto ad una famiglia tradizionale. Il concetto stesso di castità cristiana del matrimonio che oggi insegniamo è ben lontano da quello vissuto dalla famiglia di Nazaret. La famiglia di Gesù non può rappresentare, per come la Tradizione insegna, un modello di vita familiare per vivere l'amore umano. Non occorre infine dimenticare che, in una società come quella ebraica dove i figli erano visti come una "benedizione" del Signore, l'avere un solo figlio, per di più "bastardo" -scusi l'espressione, non vuole essere affatto irriverente- non significava essere particolarmente "benedetti" dal Dio di Israele. Anche in questo, Gesù, Figlio di Dio, è entrato nel mondo, nell'umanità, "dal basso", non dall' "alto". Chi lo attendeva, non ha saputo riconoscerlo. Non poteva essere Lui, il Figlio di Dio: nato così, morto così, in croce, morte riservata ai senza Dio, ai maledetti da Dio. Mi chiedo: se Gesù dovesse nascere oggi, lo Spirito Santo sceglierebbe una famiglia ed una modalità "convenzionali" per manifestarsi agli uomini di oggi?

3. Il rapporto 'familiare' fra Gesù e i suoi genitori è affrontato solo poche volte nei Vangeli, e spesso è controverso. In chiesa ho imparato, fin da piccolo nel Catechismo, che Gesù stava sottomesso ai suoi genitori. Si cita Lc 2, 51 per dare risalto all'obbedienza. Ma ci si scorda di ricordare le righe precedenti, dove alla preoccupazione e allo stupore della madre, Gesù risponde seccamente: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io dovevo trovarmi nella casa del Padre mio?» (Lc 2, 49). Ma più dirompenti sono le parole che Gesù pronuncia quando i suoi parenti e sua madre lo cercano perchè sembrava essere fuori di senno (Mar 3, 21). Così racconta Matteo: "Mentre Gesù parlava ancora alle folle, ecco sua madre e i suoi fratelli che, fermatisi di fuori, cercavano di parlargli. E uno gli disse: «Tua madre e i tuoi fratelli sono là fuori che cercano di parlarti». Ma egli rispose a colui che gli parlava: «Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?» E, stendendo la mano verso i suoi discepoli, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Poiché chiunque avrà fatto la volontà del Padre mio, che è nei cieli, mi è fratello e sorella e madre» (Mt 12, 46-50). Anche gli altri due sinottici sono concordi nel riportare questo episodio. Qui Gesù sembra superare ogni vincolo familiare e parentale, ogni ordine biologico, scardina ciò che senza dubbio, allora come oggi, è una istituzione socialmente importante e rilevante, per annunciare il Regno di Dio, il primato del Regno anche sulle istituzioni familiari. A chi oggi, con insistenza, usa la Sacra Scrittura e l'icona della famiglia di Nazaret per dare un identikit ed un modello della famiglia "cristiana", e si scorda di dire che una famiglia -tradizionale o no che sia, sposata o no in chiesa che sia, eterosessuale o no che sia- che non si apre all'annuncio della venuta del Regno e della rivelazione di un Dio-Padre universale, che si chiude magari in un egoismo (a due o a tre o a quattro), non è una famiglia cristiana, non compie -credo- un autentico annuncio della Parola rivelata. L'esigenza dell'annuncio del Regno può portare non ad un idilliaco quadro familiare, ma addirittura a "divisioni": "saranno divisi il padre contro il figlio e il figlio contro il padre; la madre contro la figlia, la figlia contro la madre; la suocera contro la nuora e la nuora contro la suocera" (Lc 12, 53). Evidentemente qui Gesù non istiga alla discordia familiare, ma chiaramente afferma che c'è una gerarchia di valori nella vita di chi vuole esserne alla sequela , cioè cristiano, e che i vincoli e le istituzioni familiari non sono al primo posto.

4. Gesù non ha, credo, fondato o privilegiato alcuna istituzione familiare. Non era certamente fra i suoi compiti l'additare questo o quel modello di vita familiare, ma annunciare la venuta del Regno e rivelare il Volto di Dio, inconsueto, inaspettato, rifiutato proprio da coloro che detenevano il sacro potere e che oggettivamente conoscevano le Scritture. Gesù stesso ha fatto una scelta controcorrente: non si è sposato, addirittura si è accomunato alla categoria degli eunuchi (Mt 19, 12), con coloro che erano disprezzati (Is 56, 3) e che, secondo la legge mosaica, erano esclusi dall'adunanza davanti al Signore (Dt 23, 2-3) Gli eunuchi erano probabilmente coloro che avevano difficoltà a vivere la propria sessualità, e ciò era considerato, agli occhi del Dio di Israele, un handicap che li allontanava dal suo culto ("Chi ha i testicoli contusi e il membro virile mutilato non entrerà nell'adunanza del Signore" Dt 23, 2). E Gesù non fa questa scelta per motivi di purità o per un cammino ascetico, come avveniva invece, ad esempio, nelle comunità monastiche di Qumran del tempo di Gesù (vedi, ad es., L. Perrone, "Eunuchi per il Regno dei cieli?", in: Eros e Bibbia, Ed. Morcelliana, 2003). E' molto bello, don ****, non so se nessuno se ne è mai accorto, ma Gesù non solo è morto di morte riservata ai senza Dio, ai maledetti da Dio ("il cadavere appeso è maledetto da Dio", Dt 21, 22-23), ma anche la sua nascita, di"figlio illegittimo", era considerata per i detentori della Legge religiosa un aspetto negativo: si legge nel Deuteronomio che "Il bastardo non entrerà nell'adunanza del Signore, neppure alla decima generazione entrerà nell'adunanza del Signore" (Dt 23, 3). Nato nella marginalità, nell'ignominia, e morto, secondo la sacra Legge di Mosè, lontano da Dio, maledetto da Dio. E' questo, non altri, il Gesù dei Vangeli che noi riconosciamo Figlio di Dio e che abbiamo celebrato in questo Natale! E se -ancora oggi- Egli nascesse nella marginalità, nella ignominia, in condizioni e percorsi familiari non tradizionali, non marchiati dal sicuro sigillo sociale e religioso della "regolarità", anche oggi ci stupiremmo, non saremmo forse anche noi oggi incapaci di riconoscerlo?

Mi chiedo spesso perchè non si approfondiscano questi argomenti con serenità nelle "catechesi" o negli incontri, anche con l'aiuto di validi biblisti, lasciando alle coscienze poi ogni valutazione. Si preferisce, invece, indottrinare ancora una volta le persone, e portare alla contrapposizione.

Sarò controcorrente, ma la lettura meditata delle Sacre Scritture, don ****, non mi pare proprio autorizzare questa campagna di difesa della "famiglia tradizionale" come un punto centrale del messaggio evangelico. Ci possono essere -e ci sono- moltissimi e validi motivi per aiutare oggi la famiglia tradizionale. E la chiesa ha le sue buone ragioni per farlo. Ma forse conviene ancora una volta lasciare fuori il nome di Dio, perché egli abbraccia tutti. Personalmente, trovo poi ingiusto che questa "guerra" ormai dichiarata da questo papa e accolta dall'episcopato si stia facendo demonizzando altre scelte di vita ed altre categorie di persone. E' mostrando la bellezza e la santità del matrimonio fra un uomo e una donna, aiutando le coppie nelle loro difficoltà di cammino più che entrando nelle loro "camere da letto" o anatemizzando scelte diverse, che la chiesa potrà aiutare le coscienze delle coppie cristiane a ritrovare il matrimonio sacramentale come vocazione di vita. Non dicendo che gli altri non sono capaci di amare, o dicendo che i loro comportamenti sono immorali, o che le loro scelte non sono cristiane. Non è "per legge" che una unione diviene feconda, fedele e priva di ostacoli! Solo chi non ha avuto il dono di poter scegliere in questa vita questa santa vocazione sa, nel proprio cuore, che le cose non stanno così.

Un caro saluto,

Stefano

http://www.gaynews.it/view.php?ID=30445

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