martedì 7 dicembre 2004

Sei uno studente gay? Hai un futuro

In diecimila copie una guida sull'orientamento sessuale per le scuole. Obiettivo: non rinnegarsi
di Delia Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti" de l'Unità

Hanno trovato il coraggio. Hanno descritto le emozioni provate sui banchi di scuola. Quale coraggio? Quello di dirsi omosessuali, bisex o trans, di raccontare isolamenti e solidarietà, sconfitte e conquiste nella marcia verso la meta. Il giorno in cui non farà alcuna differenza per prof e compagni che uno studente abbia un orientamento sessuale piuttosto che un altro la meta potrà dirsi raggiunta. Un futuro che non appare impossibile. Le voci dei «coraggiosi» saranno distribuite nelle scuole in diecimila copie. A diffonderle sarà la prima guida sull'orientamento sessuale per studenti che ha un titolo dalle radici profonde (socratiche per l'esattezza), rivolto ai giovani tramite la lingua inglese, forse per rendere internazionale l'invito o l'auspicio. Il titolo è: «Be yourself!», cioè sii te stesso. La guida è realizzata dal circolo Arcigay «Tralaltro» di Padova, con il sostegno della Regione Veneto (www.tralaltro.it/risorse/beyourself/beyourself.htm). Si tratta di un pamphlet prezioso che andrà sotto gli occhi di tanti altri studenti. Chi ha remore, dubbi, ansie, interrogativi potrà ritrovarsi nelle 44 pagine che hanno i colori della pace e dell'arcobaleno ricche di informazioni e testimonianze. Ne diamo un saggio, ascoltando le voci dei giovani che hanno al massimo vent'anni, immaginando l'effetto che può fare a un ragazzo in cerca di sé sentire che non è, e non sarà, «l'unico al mondo».

LA DIMOSTRAZIONE

Spesso, spinti da un contesto sociale e familiare che non concede posto ai primi sentimenti verso una persona del proprio stesso sesso, ragazzi e ragazze cercano di «dimostrare» tenacemente di essere etero. «Avrò avuto 16 anni, andavo tutti i giorni a scuola in autobus, ricordo come mi obbligavo a provarci con una ragazza, proprio per contrastare tutto il desiderio e l'attrazione che provavo per un ragazzo di un anno più grande di me» (Roberto). Visto da «fuori» Roberto è un ragazzo «a posto». Visto da dentro, ha già deciso di «mimetizzarsi». Ed ecco Alberto: «È una cosa che ti smuove tutto e non capisci il perché... dopo magari aver notato un ragazzo che ti piace e che ti rendi conto ti piace più delle ragazze... iniziano i sensi di colpa e la paura di essere gay, di essere diverso, e i pianti di notte o al ritorno da scuola. Ma con tutti i problemi che ho devo pure essere gay? Ma no, sarà solo un pensiero passeggero. No, non voglio essere gay! Io odio i gay, li detesto, non voglio essere un frocio come fa vedere la tv. Ricordo il dolore psicologico, il desiderio di essere come gli altri e di rinnegare me stesso e i miei sentimenti. Finché un giorno decidi di fregartene». Le strategie delle ragazze spesso sono di negazione, mentre le offese si fanno pesanti se i compagni percepiscono il loro sottrarsi. Dice Ondina: «Alle medie è stata difficile... ho provato a stare con un ragazzo, giusto per "sentirmi normale". Ma all'epoca mi piaceva una mia compagna di classe. Poi quando l'ho lasciato, lui e i suoi amici hanno iniziato a tormentarmi, chiamandomi "lesbica schifosa" e altri epiteti simili».

PARLARE AI GENITORI

Il passo più difficile è spesso quello di esprimersi. Con se stessi, in primo luogo, e poi con gli altri. Dire di sé significa uscire da un universo di fantasie che sono il «miracolo» dell'adolescenza, ma che prima o poi vanno messe alla prova, interpretate e confrontate con la realtà. Un mondo fatto solo di fantasie può diventare una condanna, apparentemente piacevole, all'isolamento. A questo proposito dice Ondina: «Quando una mia compagna di università mi ha detto: Sai, da un anno e mezzo sto con una ragazza, immediatamente ho pensato: "ma allora se lo ammettessi a me stessa non sarei sola!». E Laura: «Il problema più grande è stato avere sufficiente fiducia in altre persone. Il problema, insomma, era più dentro di me che fuori...». Sul fronte del dire di sé, lì dove si consumano le battaglie tra le più impegnative, bisogna avere qualche accortezza. L'opuscolo, che non lesina indicazioni, consiglia di saggiare il rapporto che hanno con l'omosessualità le persone prescelte come confidenti. Consiglia al ragazzo e alla ragazza di fare prima alcune domande in generale e poi di immaginare le possibili reazioni. Insomma, come alla vigilia di ogni grande partita, occorre fare un sopralluogo del terreno di gioco e valutare le proprie forze e quelle, non tanto delle persone che ci troviamo dinanzi, ma del pregiudizio. Occorre, infatti, valutare quanto il pregiudizio sull'omosessualità sia radicato in loro e che capacità abbia il confidente di non cadere nelle sue trappole.

Il desiderio più grande è quello di dirlo a papà e a mamma. È ciò su cui a lungo ha riflettuto Christian: «Voglio parlare con mia mamma. Perché siamo sempre stati sinceri. Perché lei mi ha sempre supportato e dato fiducia, anche a costo di pagarla dura con e per me. Perché condividermi con lei sarebbe non solo gratificante, ma mi permetterebbe di avere un appoggio in più di immane forza. Perché non dovrei più glissare su chi frequento. Perché potrei parlare con lei dei miei sentimenti e delle mie emozioni. Perché glielo devo. Perché quando mi chiede come dev'essere la mia ragazza, potrei dirle di più oltre a "Ricchissima". Perché le voglio bene e lei ne vuole a me. E questo desiderio è tanto forte da chiudermi lo stomaco e farmi sentire una larva ogni volta che taccio. Ma allora, perché non trovo veramente il coraggio e le parole?». Ma i genitori già sanno. Alzi la mano chi non ha ancora intuito. Allora anche loro hanno bisogno di un sostegno e di un confronto. Per questo c'è l'Agedo. L'associazione di genitori e amici degli omosessuali che ha varie sedi in Italia e un sito: www.agedo.org.

AMICI MIEI

Il gruppo dei coetanei (cosiddetto dei «pari») è diventato sempre più importante per i ragazzi di oggi. E spesso, lì dove il gruppo stimola comportamenti conformistici, il ragazzo e la ragazza omosex hanno grosse difficoltà. La loro «diversità» si sente, soprattutto si avverte una sorta di lastra sottile trasparente che separa, in classe, come in casa o in palestra, coloro che non si accettano sessualmente. L'adolescente gay diventa un «ufo», un oggetto non identificato. Lui stesso non si identifica per paura del rifiuto. Su questa china i rapporti con gli altri, annidati nella terra di nessuno della non comunicazione, diventano indecifrabili. Essere se stessi è dunque fondamentale, per non cadere nel mimetismo, per non rinnegarsi. Per capire, in fondo, chi ti è amico e chi no. E scegliere. Non è obbligatorio dire tutto, ma è fondamentale non rinunciare alle parti più vere di sé. Giusy a un certo punto si è decisa: «Non ho mai pensato che dovessero accettare la mia omosessualità, anche se ne ho parlato tranquillamente a tutti i miei migliori amici per amore di chiarezza. Piuttosto sono stata io a decidere se me la sentivo di continuare il rapporto con persone che, dopo aver detto loro che sono lesbica, si sono rivelate false e ipocrite». Lo ha detto: è crollato il mondo? Sicuramente no. È iniziata, invece, per tutti la stagione del confronto, non solo per i ragazzi gay, ma anche per gli etero. Uno studio degli studenti dell'università romana La Sapienza dice che sono molto diffusi i comportamenti bisex, che i ragazzi oggi hanno meno censure, sono disposti alle esplorazioni. Conoscere l'altro è dunque fare una domanda anche a se stessi. E instaurare con il mondo un rapporto di fiducia, anche nel futuro. Il futuro dei tanti ragazzi e ragazze gay, lesbiche, bisex e trans che sono nati, che nasceranno, oggi appare possibile. Il futuro di Andrea: «Riguardo al futuro, ora appare molto meno scuro di una volta. Riesco a immaginarmi finalmente una vita, anche se c'è ancora molto da fare, mi sono accorto che il mondo alla fine non è impossibile da cambiare».
delia.vaccarello@tiscali.it

http://www.gaynews.it/view.php?ID=30229

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