di CURZIO MALTESE
SE SI TRATTAVA di una prova generale, un referendum su Berlusconi e Prodi, allora il Professore ha stravinto e il Cavaliere ha straperso. Il vero risultato non è l'11 a 2 o il 10 a 3, è la frana di Forza Italia, la fine del berlusconismo, il ritrarsi dell'onda lunga che ha dominato un decennio di vita italiana.
La rovinosa sconfitta di Silvio Berlusconi è palpabile perfino dove il centrodestra ha vinto. Nelle roccheforti della Lombardia e del Veneto sono passati da un vantaggio di 30 e 20 punti di percentuale a 10 e 5. Liguria e Piemonte, dopo il Friuli, sono andate a sinistra. L'asse del Nord rovina e i tagli fiscali non hanno funzionato.
In parallelo, l'avanzata del centrosinistra e il trionfo personale di Romano Prodi sono clamorosi perfino nelle regioni già "rosse".
In Toscana e in Emilia dove l'Unione sfonda i record del vecchio Pci e fa guadagnare altri sei o sette punti ai governi regionali, riducendo la destra a riserva indiana. Con buona pace dell'azzeccagarbugli La Loggia ("Chi è al governo è sempre svantaggiato").
In cifre assolute, si tratta di un ribaltone come non se n'erano mai visti nella seconda repubblica. Nel '96 l'Ulivo vinse soltanto grazie alla Lega. Oggi per la prima volta il centrosinistra è reale maggioranza nel Paese. Un miracolo alla rovescia del berlusconismo.
Bisogna riscrivere la storia, assegnare le nuove parti.
Berlusconi era la chiave di tutte le vittorie della destra, il leader anzi il padrone incontrastato, l'Unto dal Signore. Prodi? Uno "bollito", con troppe pretese, contestato nel suo stesso schieramento, ostaggio dei partiti. Da oggi i ruoli si capovolgono. Berlusconi è il perdente, processato dagli alleati, costretto a scendere a patti con l'ultimo vassallo se vuole conservare la poltrona. Prodi è il leader vincente, il grande federatore, quello che ha avuto le intuizioni giuste e ora può chiedere e ottenere di tutto.
Lo spettacolo offerto nelle prime ore dai due poli era chiarissimo, nel grande solco del rapido trasformismo nazionale. A difendere Berlusconi dalla rivolta nella maggioranza è rimasto soltanto un pugno di pretoriani, i vari Schifani, Bondi, Cicchitto, più l'inevitabile Bruno Vespa, al quale giustamente la dirigenza Rai in scadenza vuole prolungare il contratto fino al 2010 per i servigi resi.
Ma contro il premier nel centrodestra è già cominciato il tiro al bersaglio dentro la maggioranza, con il responsabile di An, Nania, che parla di "sconfitta da attribuire a Forza Italia" e l'unico vincente della tornata, Roberto Formigoni, che commenta. "Qualcosa si è rotto nel rapporto fra governo e cittadini". Un'implicita candidatura alla successione. Ora nulla è più feroce in Italia di una rivolta di ex cortigiani.
Berlusconi, che ha pescato a piene mani fra gli ex funzionari comunisti, dovrebbe saperlo. Altrimenti lo scoprirà nei prossimi mesi.
D'altra parte, nessuno è più entusiasta di un convertito.
Così nell'opposizione oggi tutti corrono in soccorso del vincitore Prodi, pronti a offrire primarie anche domani stesso, ora che non ne ha più bisogno.
Ansiosi di sottolineare l'importanza della lista unitaria che soltanto l'altra mattina era ancora un contenitore elettorale d'occasione. Basta aspettare qualche giorno e s'invocherà il partito unico, formula già respinta da tutti i congressi.
Nell'anno elettorale che ha davanti, Prodi deve guardarsi soprattutto da loro, dal trionfalismo facile dei suoi ex critici. E dal conservatorismo più o meno riformista di una sinistra che ha sempre troppa paura di rischiare. In compenso, Berlusconi ha un compito molto più difficile: guardarsi da sé stesso. Non gli è mai riuscito. Nella consapevolezza che gli italiani non credono più all'immagine riflessa in mille televisioni.
(5 aprile 2005)
http://www.repubblica.it/2005/d/sezioni/politica/regio2005uno/curziocorsa/curziocorsa.html
martedì 5 aprile 2005
La corsa del professore che trascina la sinistra
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