domenica 12 giugno 2005

Non dimezziamo la nostra scienza

Alle urne: ecco i valori in gioco
di Enzo Biagi

Ci siamo. Da stamattina le urne sono aperte e perfino le previsioni meteorologiche scoraggiano ad andare al mare: temporali sul litorale ligure e anche al Sud nuvole sparse. D’altra parte l’invito agli italiani a sdraiarsi al sole non portò bene neppure a Craxi. Oggi è il giorno nel quale ognuno di noi è chiamato a decidere, a scegliere, il giorno nel quale non sono ammesse deleghe. Votare è un diritto. Anzi, qualcosa di più, qualcosa che ci appartiene e che è costato dolore e sacrifici alle donne e agli uomini della mia generazione. L’età mi consente di ricordare che cos’era questo Paese quando non c’era il problema di rinunciare al weekend per recarsi al seggio, ma mi vengono in mente, soprattutto, i momenti in cui riacquistammo dignità: il primo referendum, monarchia o repubblica, le elezioni del ’48, le grandi battaglie per il divorzio e l’aborto, passaggi fondamentali per allineare l’Italia alle grande nazioni. Certo, la materia sulla quale siamo chiamati a dire come la pensiamo è delicata, difficile: è il desiderio di diventare genitori, di creare una vita, di capire quali sono i limiti della scienza e i progressi che si possono fare per curare malattie degenerative.
Tutti hanno detto la loro: leader politici, scienziati, personalità della Chiesa e ogni opinione è evidentemente rispettabile. Non è apprezzabile, a mio parere, quella che invita all'astensione. Sono convinto che non esistano verità assolute per convincere a dire «sì» o «no» alle quattro domande che troveremo sulle schede e se il dibattito è stato a volte lacerante nelle istituzioni, lo è, in queste ore, anche in tante delle nostre famiglie: mogli che tracciano la croce da una parte, mariti e figli dall’altra, coppie che consegnano allo spoglio di domani sera la speranza di mettere al mondo un bambino, malati che affidano alle cellule staminali l’ultimo appello per la vita. Dunque la politica — destra, centro, sinistra — c’entra poco: stavolta i conti li facciamo con noi stessi, con il nostro buonsenso, con la nostra coscienza. Io, tanto per uscire dagli equivoci, sono per quattro sì, ma credo che almeno due siano indispensabili: quello sulla scheda celeste (sì alla ricerca sulle cellule staminali embrionali) e altrettanto su quella grigia (sì alla fine dell’equivalenza tra embrione e persona).
Le argomentazioni scientifiche dovrebbero aver convinto che, mentre usciamo per andare a comperare le paste della domenica, è meglio entrare nella scuola del nostro quartiere e far valere i diritti di cittadini liberi, senza influenze da nessuna parte. In gioco ci sono valori che riguardano la coscienza, che non è poco, e non vorrei mai che qualcuno dovesse rinunciare a una prospettiva di guarigione o di vita migliore perché ho dato retta a un onorevole, a un ginecologo e, con tutto il rispetto dovuto, a un prelato. In questi due giorni di giugno gli italiani devono decidere, senza incertezze, se con la rinuncia agli studi sulle cellule staminali embrionali la ricerca scientifica deve essere dimezzata. Se capisco le ragioni etiche o religiose per le quali qualcuno rifiuta questa «metà», non posso accettare che questo rifiuto diventi una legge valida per tutti. Sarebbe un gran brutto precedente.
12 giugno 2005

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2005/06_Giugno/12/biagi.shtml

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