di Marco Travaglio
Domani il Cavalier Bellachioma compie i suoi primi 69 anni e questa rubrica, che gli deve molto, intende formulargli i più fervidi auguri. Ne ha bisogno. Vorremmo tanto dirgli “69 e non li dimostra”, ma proprio non si può. Perché fino a un mese fa l’aitante vegliardo era riuscito a mascherare l’età con ogni sorta di accorgimenti: dagli scattini atletici alle battute da playboy, dal fard al lifting, dalla lipo ai trampoli nei tacchi, dai due trapianti piliferi al botulino che, per un dosaggio eccessivo, gli ha trasformato la fronte inutilmente spaziosa in una calotta liscissima, tipo circolo polare artico o campo da hockey su ghiaccio. Il suo ritratto di Dorian Gray, tutto rughe, pappagorge e zampe di gallina, se ne stava buono buono in qualche anfratto sotterraneo del mausoleo di Arcore. Poi di botto, come in un film di Stephen King, gli è zompato addosso, scaricandogli sul groppone i suoi 69 anni, tutti insieme contemporaneamente. E stato quando, nella conferenza stampa dal titolo “Il ritorno di Tremonti”, Bellachioma salutava i giornalisti dopo un lungo monologo alla presenza muta di Fini e Follini. Non era previsto, come sempre, che i due proferissero verbo. Invece, quella sera, Follini parlò. Il giovine Udc che lui chiama “metastasi” comunicò davanti a tutti, di non esser d’accordo sul candidato unico del partito unico: cioè Lui. In quel preciso istante una lunga crepa si fece largo nell’armatura di fard a pronta presa che fodera il volto di Dorian Gray. E non ci fu verso di rimarginarla, nonostante le amorevoli cure delle badanti Bondi e Cicchitto. Che qualcosa si fosse rotto per sempre nel meccanismo frankensteiniano, si è capito giorni dopo, quando Bellachioma ha tentato di riprendersi con una barzelletta. Quella di Berlusconi che cammina sulle acque e tutti i giornali (comunisti) titolano: “Non sa neanche nuotare”. Tutt’intorno, il gelo, a parte qualche sorriso forzato delle guardie del corpo: l’aveva già raccontata nel ‘94. Ieri, in Senato, ci ha riprovato con quella del Paese sull’orlo del baratro e della sinistra che l’invita a fare un passo avanti. Sull’emiciclo è di nuovo calato un glaciale imbarazzo: la battuta l’aveva scartata Bramieri negli anni 50, perché troppo vecchia. Che Bellachioma non sapesse governare era noto anche ai suoi, ma che fallisse con le barzellette, è un ‘assoluta novità. D’altra parte, nel recente sfogo al fianco del devoto Adornato, l’aveva previsto lui stesso: “Quando vedrò che la mia immagine non corrisponde più a me stesso, allora esploderò”. Ecco, è esploso.
La sua immagine non corrisponde più al “se stesso “che aveva in mente Lui. Quel Se Stesso che firmava contratti con gl’italiani (peraltro assenti) sulla scrivania di Vespa; disegnava “grandi opere” dappertutto sulla lavagna di Vespa; prometteva “meno tasse per tutti”, “città più sicure”, “pensioni più dignitose”, “due milioni di posti di lavoro”, e, casomai avesse mancato più di una delle cinque promesse contrattuali, niente ricandidatura nel 2006. Poi cominciò a dire di essere “avanti col programma”, anzi di averlo “già realizzato tutto”. Ma, siccome la gente non abboccava nemmeno nei sondaggi, di punto in bianco il contratto sparì. E ora il suo Se Stesso degenere va in giro a ripetere un nuovo slogan elettorale, davvero accattivante: “A Palazzo Chigi non ho rubato, né messo le mani in tasca agli italiani, né usato giudici, servizi segreti o intercettazioni contro l’opposizione” Se è per questo, pare che non abbia nemmeno ammazzato nessuno. Ma basterà? Doveva dimezzare le tasse, ora si vanta di non averle aumentate. Doveva dimezzare i reati, ora si vanta di non averne commessi (in realtà prima li ha commessi, poi li ha depenalizzati). Si accontenta di poco, nella speranza che gli elettori facciano altrettanto. E’ una nuova forma di pubblicità progresso. Come se un ristoratore, per attirare clienti, affiggesse all’ingresso la scritta: “Venite, non abbiamo mai avvelenato nessuno“. O un barista scrivesse sull’insegna del locale: “Qui non pisciamo nel caffé”. O un aspirante chirurgo nel curriculum, si vantasse: “Non ho mai scannato nessuno”. O un impiegato dicesse a un colloquio di lavoro in banca: “Ho le carte in regola: non ho mai svaligiato caveau”. O un giovanotto, dovendo chiedere la mano della sua ragazza, rassicurasse il di lei padre: “Stia tranquillo, non sono solito stuprare bambini”. O un deputato imputato di corruzione si presentasse in tribunale col seguente alibi: “Non erano tangenti: era solo evasione fiscale”.
Cose inimmaginabili, soprattutto l’ultima.
giovedì 29 settembre 2005
Tanti auguri, Dorian Gray
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