domenica 23 ottobre 2005

La mia Italia lenta e la mia Italia rock

di Enzo Biagi

Ho guardato Adriano Celentano e ho sognato di essere a fianco di Michele Santoro, perché Michele è rock, ma è stato giusto che io non ci fossi, perché so di essere lento, mentre lui è stato super rock. Ha detto parole che in tempi ormai lontani qualcuno, mio padre e mia madre, mi hanno insegnato: fratellanza e libertà. Le ha dette all’interno di una messinscena e il giorno dopo una decisione difficile e molto sofferta, quello delle dimissioni dal Parlamento europeo, ma le ha dette col cuore. Solo un regime non gli dà quel microfono che gli ha offerto il Molleggiato.

Celentano è rock perché ha fatto la televisione, quella vera, quella studiata, quella degli autori, quella che non si fa più perché fa pensare. Una frase su tutte: «La paura delle parole ». Fabrizio Del Noce è lento perché pensa ai politici e non ai telespettatori; Alfredo Meocci è rock perché ha difeso gli autori e lo ha fatto davanti a milioni di italiani. Non lo invidio, immagino le reazioni ad Arcore e a Palazzo Chigi. Maurizio Crozza è rock e mi manca la domenica pomeriggio. Antonio Cornacchione è rock, ma siccome è amico mio, è super rock.

L’Italia è rock, ma il Paese è lento perché non ha capito che l’assassinio di Francesco Fortugno è un delitto di mafia; tutti i politici che abbiamo visto in tv sono lenti perché non hanno dedicato un pensiero alla tragedia calabrese, non hanno ricordato che questo fatto drammatico si aggiunge a un lungo elenco nel quale spiccano i nomi di Piersanti Mattarella e Pio La Torre.

Monsignor Giancarlo Bregantini è rock perché ha denunciato che la criminalità organizzata vuole dominare la politica. Carlo Azeglio Ciampi è rock perché è andato a Locri; Silvio Berlusconi è lento perché si è fatto rappresentare.

23 ottobre 2005

http://www.corriere.it/Primo_Piano/Editoriali/2005/10_Ottobre/23/biagi.shtml

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