lunedì 6 febbraio 2006

Laicità e omosessualità

Di Franco Grillini - dal numero 115 di Critica liberale


Il vocabolario Zingarelli definisce la morale come ciò che «concerne le forme e i modi della vita pubblica e privata, in relazione alla categoria del bene e del male», mentre «la relazione tra ciò che è bene e ciò che è male è tipica dell’etica» che è quella «parte della filosofia che studia i problemi e i valori connessi all’agire umano».

Ora, si dà il caso che, spesso, le religioni monoteiste pretendano di essere depositarie della morale e naturalmente dell’etica attraverso i loro “ministri”, siano essi preti, cardinali, papi, imam, mullah, rabbini ultraortodossi, pastori evangelicali (i predicatori televisivi americani, per es.). In particolare, per stare a casa nostra, i gerarchi romano-cattolici tirano in ballo, quando si parla di omosessualità, oltre alla morale, anche il concetto di “natura” che sarebbe «iscritta da Dio nel cuore degli uomini» ab aeterno. Evidentemente gay e lesbiche devono avere qualche problema cardiaco serio se è vero che continuano a essere definiti se non proprio “contronatura” (questo ormai lo fanno soltanto i libercoli del fanatismo italiano e Radio Maria, vera e propria tromba del clericalismo estremista militante) almeno decisamente “disordinati”, come recita la “pastorale” di Ratzinger del 1985 (ma possibile che nessuno ragioni mai sull’utilizzo della metafora delle pecore in campo cattolico?). Ma “disordinati” rispetto a chi e rispetto a che cosa? Ma all’ordine naturale voluto dal Dio, ovvio, ordine di cui si fanno interpreti diretti, senza tema di essere smentiti i nostri bravi moralisti dell’ecclesia romanocattolica.

E che cosa mai prevede ‘sto benedetto ordine? Che gli esseri umani facciano sesso solo tra uomo e donna, che lo facciano solo se sono regolarmente sposati (qui si concede una certa tolleranza persino per i matrimoni civili celebrati nei municipi, anche se diversi consiglieri comunali di Cl, a cui appartiene anche il “vergine” Formigoni, si rifiutano di celebrarli), che si copuli solo per far figli.

Dal che discende che non si può far sesso prima del matrimonio, che non si può far sesso per il semplice godimento di farlo, che “non lo fo per piacer mio ma per dare un figlio a Dio”, che, orrore orrore, non lo si può fare tra “sodomiti” (le lesbiche sono abbastanza trascurate dagli strali vaticani e pare che alcune suore traggano qualche vantaggio da questa distrazione, come talvolta raccontano le cronache), che non si può tollerare la masturbazione (una delle cause della cecità…), figuriamoci poi il sadomasochismo o altre inenarrabili perversioni. Insomma, extra ecclesiam nulla salus. Non si scappa. E, naturalmente, è proprio il caso di dirlo, l’unica morale plausibile, l’unica etica possibile è quella di Ruini-Ratzinger-Sodano-Tettamanzi-Sgreccia-Caffarra-Tonini-Maggiolini e scusate se dimentico qualche nome tra quelli che invadono il video mattina pomeriggio e sera, telegiornali inclusi, senza la benché minima possibilità di replica da parte dei “sodomiti”, come si evince dalle numerose lettere di protesta inviate al prima Presidente della Vigilanza Rai e poi Presidente Rai Petruccioli e rimaste tutte senza esito alcuno. Insomma, gli omosessuali fanno sesso per il gusto di farlo, anzi, vengono definiti come copulatori seriali (francamente a me pare il contrario, purtroppo, ma queste sono le fantasie vaticane), pretendono persino di rientrare nella “normalità”, peggio ancora, si innamorano tra di loro e vorrebbero che queste unioni contronatura fossero persino riconosciute dallo Stato attraverso diritti che sono pertinenti solo al matrimonio tra un uomo e una donna, ovvero la famiglia naturale sancita dall’art.29 della Costituzione, ecc., ecc., ecc. (vi ricordate un tempo i dischi di vinile quando si incantavano sempre sullo stesso brano?). A questo punto mi permetto una digressione sperando di non perdere il filo. Abbiamo più volte spiegato che l’art. 29 della Costituzione non vieta affatto il riconoscimento di altre forme familiari, che gli articoli 2 e 3 (che, a differenza dell’art. 29, pongono principi fondamentali dell’ordinamento costituzionale) vietano discriminazioni basate sulle “condizioni personali” dei cittadini e tutelano i diritti inviolabili della persona nelle “formazioni sociali ove si svolge la loro personalità”. All’art. 29 non si parla neppure di matrimonio fra uomo e donna (quei pirla dei costituenti se ne sono dimenticati), si usa persino la parola ambigua di “coniugi”, esattamente quella usata da Zapatero quando ha varato la legge sul matrimonio uguale per tutti. Non a caso il purtroppo Ministro delle presunte riforme, il “sospetto” Calderoli, ha presentato una proposta di riforma costituzionale per chiarire che il matrimonio è tra un uomo e una donna. Vorrei però far notare a Camillo Ruini, presidente della Conferenza episcopale italiana, in sigla Cei, autore della pregevole (per la chiarezza) relazione ai vescovi del 19 settembre, che quando si parla di quattrini alle scuole confessionali (vale a dire una valanga di danaro pubblico che Parlamento, comuni, regioni, province hanno versato negli ultimi anni nella casse delle scuole private cattoliche) la Costituzione è “interpretabile”. Eppure, l’art. 33 è inequivocabile, e, come dicono moltissime sentenze dei Tar e della Consulta, le scuole private sono equiparate a quelle pubbliche “senza oneri per lo Stato”: mi sembra chiaro no? Eppure l’art 33 non è un ostacolo per battere cassa a spese dei contribuenti, per finanziare scuole di parte che più di parte non si può (si pensi alla propaganda omofobica e misogina che è parte integrante del processo educativo delle scuole confessionali). Invece, le infondate interpretazioni clericali dell’art. 29, quelle non sono interpretabili, e devono prevalere sulla lettera di quell’articolo.

Ma torniamo a noi. Per quanto detto finora, che cos’hanno a che fare gli omosessuali e l’omosessualità con la morale romano-cattolica così come espressa da Ruini & co.? Praticamente nulla, una contraddizione radicale, un conflitto insanabile. Ed è per questo che laddove le religioni monoteiste si trasformano in religioni di Stato, laddove, per esempio, il Corano sostituisce lo Stato di diritto, ma anche laddove la gerarchia romano-cattolica mantiene una forte presa sulla cosa pubblica, le leggi sono generalmente e violentemente antigay. Non è un caso che nei sette paesi dove vige ancora la pena di morte per gli omosessuali la sharý’a sia la legge dello Stato.

È del tutto evidente, quindi, che la laicità dello Stato, l’indipendenza del potere politico da quello religioso, la sovranità piena degli organismi statuali rispetto al potere ecclesiastico diventano per lesbiche e gay una necessità vitale, un fatto “naturale” pena l’irrilevanza, l’obbligo alla doppia vita, alla clandestinità, alla sofferenza di una vita quotidiana fatta di terrore e infelicità. Ed è proprio per questo che ormai buona parte dell’opinione pubblica democratica non solo sostiene le battaglie del movimento glbt (gay, lesbico, transessuale e bisessuale) ma vi si riconosce e vi si identifica, perché la libertà per la quale si battono gli omosessuali è esattamente la libertà dei moderni, quella libertà che prende anche il nome di “diritto universale alla propria identità personale” e alla “pari dignità sociale”. Essere “diversi” non è più appannaggio e metafora dell’omosessualità, ma il diritto di ciascuno ad un proprio originale percorso di vita legato a relazioni significative basate sull’amore e sulla libera ricerca della felicità. La grande simpatia popolare, checché ne dicano i sondaggi taroccati per ammissione degli stessi autori, verso la battaglia sul Pacs sta proprio qui, vale a dire nell’idea di uno Stato laico che legifera secondo principi liberali e non secondo la ruiniana “etica dei principi” dogmatici e indimostrabili.

La laicità dello Stato entra nelle case delle nuove famiglie come prerequisito essenziale per la conquista dei diritti delle coppie di fatto, delle persone conviventi, siano esse omo o eterosessuali, siano esse dello stesso sesso o di sesso diverso. Secondo l’etica laica della responsabilità, se il mio compagno o la mia compagna è in ospedale io ho il diritto-dovere di assisterlo/a, se perdo il mio partner ho il sacrosanto, è il caso di dire, diritto a subentrare nel contratto d’affitto, di avere la pensione di reversibilità, di ereditare i suoi beni; se vivo in coppia da almeno due anni ho il diritto alle facilitazioni fiscali di cui godono le famiglie sposate, a non deporre in tribunale contro il mio partner, ad assisterlo in caso di detenzione. Secondo “l’etica dei principi” di Ruini & Co. tutto ciò non deve essere possibile anzi: in una nota dell’agenzia Sir, l’organo di stampa dei vescovi romano-cattolici, quando si citano i casi raccolti nel “dossier sulle discriminazioni” che le coppie di fatto subiscono a causa della mancanza di una legge di tutela si arriva addirittura a parlare di “melassa pietistica dei casi individuali” con un linguaggio violento, inumano e crudele, totalmente irrispettoso verso le persone che subiscono soprusi e sofferenze proprio per la mancanza di una legge come il Pacs. Ci sono persino casi di persone sotto processo penale per “violazione della legge cimiteriale” perché andavano a mettere un fiore sulla tomba del proprio compagno. Se si tiene conto della crudele assurdità dei niet vaticani in materia di diritto di famiglia, se si considerano le statistiche sulla totale inosservanza della precettistica ufficiale cattolica in materia di morale sessuale da parte dei cattolici stessi, e persino dei cattolici praticanti, si capisce bene la saldatura che finalmente è avvenuta tra movimento gay “laicista” e un sentimento più generale di rifiuto del fanatismo religioso e della sua acritica applicazione alle leggi dello Stato.

Nel 2000 correva l’anno del giubileo cattolico e l’allora papa polacco pretendeva la sospensione della libertà costituzionale di manifestazione e di riunione, per impedire che si tenesse nella città di Roma il “World gay pride”. Rutelli ritirò il patrocinio del Comune di Roma alla manifestazione, Amato disse in Parlamento che «purtroppo c’era la Costituzione». Per un anno intero non si parlò d’altro e l’8 luglio mezzo milione di persone sfilarono attorno al Colosseo nella più grande manifestazione per i diritti civili e le libertà della storia dell’Italia unita. In quel momento gli omosessuali hanno interpretato e incarnato la stessa idea liberale della libertà. E la laicità dello Stato ha camminato sulla felicità e sull’entusiasmo della modernità.

(1-2-2006) fonte: www.italialaica.it

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