mercoledì 11 aprile 2007

Il dolore di scoprirsi gay adolescenti, il 60% si rifiuta

L´Oms: un terzo dei giovani suicidi è omosessuale
I risultati di uno studio elaborato dall´Agedo, l´associazione dei genitori Marzia, 17 anni: "Sto con una donna più grande ma non lo dico a nessuno" La sociologa Chiara Saraceno: "Mi sembra che oggi ci sia più machismo"

di MARIA NOVELLA DE LUCA


ROMA - Sono storie di silenzio. Di figli che non dicono e di genitori che non vogliono sapere, di compagni di scuola ostili e di insegnanti distratti. Sono storie di amori mai confessati, di pulsioni negate, di identità confuse, di ragazzini in cerca di un sé che la società invece rifiuta. Come Matteo, studente modello, che gli amici deridevano dicendogli "sei gay". E lui, nove giorni fa, si è ucciso. Nel 2005 l´Organizzazione mondiale della Sanità ha diffuso dati agghiaccianti: tra tutti i suicidi degli adolescenti (in Italia lo scorso anno sono stati 375), almeno un terzo è «caratterizzato dalla scoperta della propria diversità». Vera, presunta, o semplicemente attribuita. Racconta Giorgio, che oggi ha 19 anni e vive la sua omosessualità senza ombre: «Ero un bambino quieto, studioso, detestavo giocare a calcio e fare la lotta. Risultato: i miei compagni mi chiamavano Giorgia, dicevano che ero una femmina, e la maestra consigliò a mia madre di farmi fare degli sport maschili per aiutarmi a guarire...». Storie di oggi e di poco tempo fa. Denuncia Franco Grillini, presidente onorario dell´Arcigay: «Assistiamo ad una delle più violente campagne degli ultimi 50 anni contro l´omosessualità. Come può sentirsi in questo clima un adolescente quando scopre di provare attrazione per un maschio anziché per una femmina, e il "branco" dei suoi pari inizia a chiamarlo gay e ad emarginarlo?».

Prova un dolore tremendo. Come quello di Matteo. Forse. Da uno studio dell´Agedo, l´Associazione Genitori di Omosessuali, che ha elaborato i dati di diverse ricerche, emerge che in un campione di ragazzi e ragazze gay dai 14 ai 25 anni, soltanto il 20% accetta la propria condizione di omosessuale, contro il 60% che la rifiuta, il 22% che pensa ad atti di suicidio, e di questi il 5% compie effettivamente alcuni tentativi di togliersi la vita. Chiara Saraceno, sociologa, spiega che a 14, 15, 16 anni, «i ragazzini si chiedono in continuazione se sono normali, se sono come gli altri, e scoprire di essere diversi può essere deflagrante, non come fatto in sé, ma perché "normale" è considerata soltanto l´eterosessualità». E aggiunge: «Mi sembra che oggi ci sia più machismo di un tempo, Matteo, il giovane che si è ucciso, veniva bollato come "gay" soltanto perché era più sensibile, forse introverso. L´adolescenza è un periodo di confronti crudeli tra coetanei, è normale, se però l´identità sessuale viene stigmatizzata come giusta o sbagliata dalla società, ecco che scoprirsi differenti dal gruppo, può risultare insopportabile. Tanto che gli adolescenti prima cercano di negare con se stessi la propria scoperta, poi negano con tutti gli altri: amici, genitori, insegnanti. Vivere poi questa sessualità è impresa ardua e per i maschi poi è ancora più difficile che per le femmine. Mentre tra due ragazze le manifestazioni d´affetto, l´intimità, le amicizie esclusive sono comportamenti accettati, tra i maschi vengono bandite, o bollate come atti da femmine».

Un mondo sommerso quello dei teenager gay. Difficile e ostile. Confessa Marzia, 17 anni, attraverso una mail con un nickname: "Da sei mesi ho una storia con una donna più grande di me. Non lo sa nessuno, lo nascondo a tutti. Sono felice però mi vergogno. I mie compagni di classe dicono che sono carina ma antipatica perché non accetto i loro inviti, mia madre si meraviglia perché non ho ancora avuto un fidanzato. Mio padre sostiene che i gay sono criminali, mio fratello che sono degli schifosi...». Una condizione di silenzio che l´Associazione Genitori di Omosessuali conosce bene. Perché spiega Alessandro Galvani, ex ragazzino gay "bullizzato" come dice lui stesso e oggi segretario dell´associazione, «se la scuola e i coetanei sono ostili al teenager gay, la famiglia può essere un muro invalicabile, dove i figli fingono e i genitori o condannano o si disperano, e sono quasi sempre del tutto impreparati ad accogliere la notizia». La storia di Patrizia M, che abita in una cittadina dell´Emilia ed è madre di un giovane gay, è però un po´ diversa. «Mio figlio - racconta Patrizia - è stato discriminato fin da piccolissimo. Alle elementari lo chiamavano femminuccia, alle medie lo discriminavano e lo insultavano chiamandolo "finocchio". Lui aveva una tale paura dei bulli che per anni non è andato al bagno della scuola... Soffriva certo, ma le sue sofferenze erano anche le mie, mi ricordo la sua tristezza, la sua rabbia. Mio marito ed io in realtà avevamo capito da tempo quali fossero le sue inclinazioni, e proprio per mettere fine ad equivoci e per aiutarlo, ho affrontato io il discorso, l´ho spinto ad aprirsi... Non è stato facile accettare. No. E´ come se tutti i sogni che avevo fatto sul suo futuro "normale" fossero stati cancellati, spazzati via. Però l´amore è stato più forte. Per lui ho iniziato a leggere, a cercare di capire, sono andata all´Agedo, ho incontrato altri genitori di ragazzi omosessuali. E´ stata un´esperienza fondamentale perché oggi mio figlio vive alla luce del sole il suo essere gay e noi siamo sereni. E quando ci presenterà un compagno, lo accoglieremo in famiglia».

http://www.gaynews.it/view.php?ID=73338

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