Pubblico questo post della "Sciura Pina". Che dire... condivido ogni parola.
Per gli antichi greci le Olimpiadi non erano solo gare sportive, ma un evento religioso e, anche per questa ragione, si dovevano svolgere in un clima di tregua, durante i giochi dovevano cessare tutte le inimicizie pubbliche e private e nessuno poteva essere perseguitato o molestato in nessun modo.
Anche le Olimpiadi moderne sono nate sotto il segno della pace e della comprensione fra i popoli, chiamati a misurarsi lealmente sul campo dello sport, ma la storia ci ha insegnato che spesso sono diventate occasione di violenza, come a Monaco nel ‘72, vetrine in cui mostrare i muscoli al mondo, come a Berlino nel ‘36, manifestazioni inquinate dal professionismo, dalle sfrenate sponsorizzazioni, dal doping, dall’ideologia: tutto sommato qualcosa di lontanissimo da ciò che il buon De Coubertin aveva in mente.
Oggi, a pochi mesi dall’apertura dei giochi olimpici di Pechino, mentre gli Stati Uniti depennano la Repubblica Popolare Cinese dalla lista nera dei paesi che violano i diritti civili, si accende la protesta dei monaci tibetani (i quali, logicamente, approfittano dei riflettori puntati sui giochi per far udire la loro voce) e di conseguenza si scatena la repressione che, purtroppo, ha una scarsissima visibilità.
Prima che l’entusiasmo sportivo si scateni e passi come una spugna su tutto quanto spero che almeno i paesi dell’Unione Europea si esprimano chiaramente nei confronti dell’occupazione del Tibet, perchè il silenzio, la reticenza possono assumere i connotati della connivenza se invece, come temo, parteciperemo allineati e coperti all’Olimpiade di Pechino io, da parte mia, attuerò un mio personalissimo boicottaggio: non guarderò nemmeno una gara.
Per ulteriori informazioni: “Amnesty International” e “Asianews"
Per gli antichi greci le Olimpiadi non erano solo gare sportive, ma un evento religioso e, anche per questa ragione, si dovevano svolgere in un clima di tregua, durante i giochi dovevano cessare tutte le inimicizie pubbliche e private e nessuno poteva essere perseguitato o molestato in nessun modo.
Anche le Olimpiadi moderne sono nate sotto il segno della pace e della comprensione fra i popoli, chiamati a misurarsi lealmente sul campo dello sport, ma la storia ci ha insegnato che spesso sono diventate occasione di violenza, come a Monaco nel ‘72, vetrine in cui mostrare i muscoli al mondo, come a Berlino nel ‘36, manifestazioni inquinate dal professionismo, dalle sfrenate sponsorizzazioni, dal doping, dall’ideologia: tutto sommato qualcosa di lontanissimo da ciò che il buon De Coubertin aveva in mente.
Oggi, a pochi mesi dall’apertura dei giochi olimpici di Pechino, mentre gli Stati Uniti depennano la Repubblica Popolare Cinese dalla lista nera dei paesi che violano i diritti civili, si accende la protesta dei monaci tibetani (i quali, logicamente, approfittano dei riflettori puntati sui giochi per far udire la loro voce) e di conseguenza si scatena la repressione che, purtroppo, ha una scarsissima visibilità.
Prima che l’entusiasmo sportivo si scateni e passi come una spugna su tutto quanto spero che almeno i paesi dell’Unione Europea si esprimano chiaramente nei confronti dell’occupazione del Tibet, perchè il silenzio, la reticenza possono assumere i connotati della connivenza se invece, come temo, parteciperemo allineati e coperti all’Olimpiade di Pechino io, da parte mia, attuerò un mio personalissimo boicottaggio: non guarderò nemmeno una gara.
Per ulteriori informazioni: “Amnesty International” e “Asianews"
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