di Furio Colombo
Berlusconi va e viene e fa bagni di folla da Napoli a Milano. Pensa ancora che la sua presenza sia taumaturgica, che il lasciarsi toccare dalla gente possa compiere il miracolo. Il miracolo non si compie. La gente non cambia idea. O meglio, la cambia in silenzio. Chi si è reso conto dell’errore del 2001 non è andato a votare. Chi va a votare mette nell’urna la scelta del centro-sinistra.
Ci troviamo dunque - nel giorno di questa bella vittoria che nega e cancella mesi di Tg 1 e di editoriali specializzati nel sostegno della destra (9 su 10 quasi tutti i giorni) apparsi sui giornali di regime e sui giornali intimiditi o affiliati - di fronte ad alcuni fatti che vale la pena di esaminare.
Il primo è la fine della magia di Berlusconi. Naturalmente era un fenomeno indotto da ondate di false promesse, un gioco ingannevole e perverso nato negli studi televisivi della Rai con la complicità di giornalisti servizievoli. Servizievoli al punto da fornire finti mobili presidenziali e cavalletti muniti di carte d’Italia da ricalcare per mostrare i progetti delle grandi opere. I giornalisti di quel tipo non hanno smesso di essere servizievoli. Perché il gioco non funziona più? Una ragione è che l’Italia di Berlusconi va troppo male e non basta il blocco delle comunicazioni a impedire che i cittadini lo sappiano. Lo sanno ogni giorno. Quando lavorano, e quando spendono quello che riescono a guadagnare.
La seconda ragione è certo lo stile della campagna elettorale condotta dal centro-sinistra. Sapendo di non poter contare né sulle sue Tv né sui giornali (penso a Zaccaria a Milano) i candidati si sono impegnati in una campagna di strada, di incontri, di piccoli e grandi gruppi, dalle discoteche alle scuole, dalle parrocchie ai negozi.
In un mondo berlusconiano di personaggi inventati e di scenografie finte, da Pratica di Mare al “Grande fratello”, dall’”Isola dei famosi” agli “azzurri nel mondo” che riuniti a Lugano ascoltano Berlusconi per telefono, il contatto fisico con persone vere trasforma di nuovo gli spettatori in cittadini, restituisce dignità e diritti ad un Paese assediato dai monologhi di un leader immobile, fatuo, pericoloso.
La terza ragione è probabilmente un desiderio di liberazione dal cerchio di cattiveria volgare in cui si è sentita stretta l’Italia, fra i “culattoni” di Tremaglia e il tentato linciaggio delle due pacifiste, tra l’omicidio sbeffeggiato di Enzo Baldoni e l’obbligo del tricolore per chi odora di An (con aggressioni ai giudici, non importa se di destra, che si permettono di fare domande). A questa cattiveria si aggiunge quella del ministro della Giustizia Castelli che chiama “impedimento” ciò che l’opposizione annuncia in Parlamento contro il suo progetto di distruzione della Giustizia, quella del sindaco di Treviso che vuole proibire, nei giorni del Ramadan, che i credenti musulmani (che lavorano legalmente e con beneficio di tante imprese della regione) possano pregare, quella di Calderoli che assicura che bisogna passare sul suo cadavere prima di dare a un naufrago la possibilità e le ragioni di chiedere asilo politico. Forse, inavvertitamente (data la natura di alcuni suoi componenti) il centro-destra ha passato il limite di cattiveria tollerabile persino per chi non fa troppo caso alle sfumature.
Una quarta ragione è certo stata la tenacia con cui il centro-sinistra - in Parlamento - ha reagito a tanti messaggi e stimoli, anche in buona fede, a “fare insieme” almeno un frammento di legge con una maggioranza di destra ormai segnata a dito in tutta Europa. È una destra che a differenza della Thatcher incoraggia l’illegalità o invita a conviverci. Una destra, che a differenza di Chirac o dei tedeschi, onora e rimpiange Mussolini, una destra che, a differenza di Le Pen, che sta ai margini della vita politica del suo Paese, qui controlla Giustizia, Lavoro e Riforme. Tenersi lontani, opporsi, mostrarlo e dirlo con fermezza ha immensamente giovato.
Una quinta ragione è stato il modo in cui i candidati del centro-sinistra hanno attirato gli elettori indecisi. Come? Primo, si sono presentate persone per bene, con una vita, una professione, un passato. Secondo, non hanno fatto finta, per gentilezza, di non sapere che l’Italia di Berlusconi è un disastro. Lo hanno riconosciuto e dimostrato con chiarezza. Terzo, nel vuoto di tetra bonaccia di questo governo hanno avuto buon gioco a dire, senza bisogno di finti tavoli in mogano tipo Porta a porta ciò che intendono fare se eletti. Quarto si sono comportati da persone normali, senza finte promesse, finte glorie, finti risultati e senza accusare nessuno di essere terrorista soltanto perché la pensa in un altro modo. Forse più di tutto, il comportamento da persone normali, nel mondo stralunato di Gasparri, Bondi, Schifani, Calderoli, Castelli, ha pagato. Quanto al medico di Bossi, è certo un buon sanitario e una brava persona. Ma lui lo sa che è stato messo lì, nel collegio abbandonato di Bossi, come il cavallo di Caligola.
(L'Unità - 26 ottobre 2004)
martedì 26 ottobre 2004
Le buone ragioni
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