Una biografia racconta vita e carriera dell'attore hollywoodiano
I matrimoni combinati per nascondere la sua omosessualità
Sposò Barbara Hutton, filonazista, per dare informazioni all'Fbi
di ANTONIO MONDA
NEW YORK - Colui che è stato probabilmente il più grande attore hollywoodiano e più di ogni altro ha immortalato sullo schermo l'immagine della raffinatezza e del fascino americano era in realtà un inglese nato in un'umile famiglia di Bristol con il nome di Archibald Leach.
Il mondo lo conobbe come Cary Grant quando divenne la star prediletta dai massimi registi hollywoodiani, e ignorò che la sua nuova identità non riuscì mai a esorcizzare i tormenti di una vita segnata da contraddizioni e lati oscuri, e da un perenne conflitto con l'establishment cinematografico.
Un'appassionante biografia appena uscita negli Stati Uniti ad opera di Marc Eliot, segue minuziosamente le tappe della carriera e della sua vita privata, a cominciare dagli anni di Bristol, quando il padre, che lavorava in una sartoria, gli disse che la mamma era morta di cancro. Archibald all'epoca aveva nove anni.
Eliot ci racconta che il bambino visse la notizia con un dolore che lo segnò per il resto dell'esistenza, che si trasformò in sgomento e quindi in rabbia quando scoprì, dieci anni dopo, che la madre era ancora viva, ed era stata internata in una clinica psichiatrica dal padre, stanco delle sue crisi di nervi e voglioso di convivere con un'amante. Fu la futura star a prendersi cura della donna, alla quale rimase attaccato visceralmente fino alla fine dei suoi giorni.
Quando la compagnia di girovaghi con la quale lavorava fece una tournée negli Stati Uniti, si convinse che quello sarebbe stato il paese della sua vita, e si stabilì in un primo momento a New York, dove calcò con scarso successo i palcoscenici di Broadway. La svolta avvenne quando vinse un provino con la Paramount, che lo mise sotto contratto per cinque anni e gli propose di cambiare il nome in Cary Lockwood. Lui riuscì ad imporre il cognome Grant e accettò ruoli di contorno con star come Mae West e Marlene Dietrich.
La sua bellezza elegante, l'innata raffinatezza e l'ironia con cui sapeva risolvere anche i momenti di massima tensione lo portarono all'attenzione dei maggiori produttori dell'epoca, che cominciarono a corteggiarlo al momento della scadenza del contratto con la major. Grant ebbe il coraggio di mettersi in proprio, garantendosi una carriera segnata da scelte effettuate in prima persona, ma anche l'esplicita ostilità dell'industria, che gli lasciò massima libertà sullo schermo, ma gli negò scandalosamente l'onore dell'Oscar.
Il libro di Eliot si dilunga su come Archibald Leach abbia tentato per tutta la sua esistenza di diventare l'affascinante Cary Grant, e ricorda il turbamento con cui un giorno dichiarò di aver "finto per tutta la vita di essere qualcuno fin quando non mi resi conto di essere diventato quella persona immaginaria".
Nei cinque matrimoni che hanno contraddistinto la sua vita sentimentale cercò un surrogato della figura materna, ma la relazione più importante, anche Eliot lo conferma, fu probabilmente quella omosessuale con Randolph Scott, che aggiunse altri motivi di attrito con l'industria cinematografica. Secondo il biografo c'è molto di vero nella voce secondo cui il matrimonio con Virginia Cherrill venne studiato a tavolino per mettere a tacere i pettegolezzi.
È certamente inquietante il legame di complicità che nacque in quel momento con il capo della FBI Edgar J. Hoover. Eliot mostra dei documenti che suggeriscono che anche il matrimonio successivo fu combinato, ma questa volta per motivi di carattere politico.
La nuova moglie Barbara Hutton, erede miliardaria dell'impero Woolworth, era infatti sospettata di essere una finanziatrice dei nazisti, e Grant si sarebbe prestato a sposarla per passare informazioni all'Fbi in cambio della cittadinanza americana e dell'esenzione dalla leva obbligatoria. Furono gli anni in cui si impegnò a girare anche un film di propaganda anti-nazista ("Fuggiamo insieme") e divenne amico di Howard Hughes, con cui scomparve per cinque giorni a bordo del suo aereo personale, e riapparve in compagnia del presidente messicano quando si era già sparsa la voce che l'aviatore miliardario e l'attore fossero rimasti vittime di un incidente di volo.
Nel corso della sua lunga carriera Grant divenne l'interprete ideale per registi diversi come Hitchcock, Curtiz, Hawks, Cukor, Donen e Capra, lavorando al fianco delle più grandi attrici di Hollywood. Anche quando decise di variare il proprio personaggio (fu Hitchcock a rivelarne più di ogni altro il lato oscuro, giocando perfidamente sui presunti legami spionistici), mantenne intatto il fascino basato sul fatto di essere la persona da conquistare sullo schermo e l'oggetto del desiderio cui anelano anche dive di primissima grandezza.
Il libro minimizza gli aneddoti sulle presunte storie d'amore (dalla Bergman alla Loren ad Irene Dunne) ed i pettegolezzi che hanno circondato gli anni del declino fisico (dall'uso dell'LSD al violento rapporto con la quarta moglie Dyan Cannon), e si concentra invece sui documenti e sui personaggi che lo conobbero da vicino: se David Thompson è d'accordo con Howard Hawks nel definirlo "il migliore e più importante attore della storia", Pauline Kael dichiarò che "ti rende felice solo a guardarlo" e lo definì "l'uomo della città dei sogni".
L'entusiasmo è condiviso da Hitchcock ("un regista non dirige il meraviglioso Cary Grant, ma si limita a mettergli di fronte la macchina da presa lasciando che il pubblico si identifichi con lui") e da Capra, che individua il suo longevo carisma nella combinazione tra l'avvenenza fisica e la leggerezza del talento comico. Hollywood cercò di farsi perdonare con un tardivo Oscar alla carriera nel 1970.
(1 novembre 2004)
http://www.repubblica.it/2004/k/sezioni/spettacoli_e_cultura/caryspia/caryspia/caryspia.html
lunedì 1 novembre 2004
Cary Grant, il lato oscuro del divo: amori gay e storie di spionaggio
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