Rutelli imbarca Manca, La Ganga e la Parenti. Chi sono?
I protagonisti di un vecchio film che non ci va di rivedere
di Giampaolo Pansa
A volte ritornano, certi fantasmi. Ma soltanto perché qualcuno li chiama. Francesco Rutelli ha chiamato nel vertice della Margherita due spettri dell'era craxiana. E loro hanno risposto. I due sono Enrico Manca e Giusi La Ganga che, ai tempi di Bettino, erano pezzi da novanta. Dirò più avanti perché Rutelli, d'accordo con Franco Marini, ha fatto un errore. E ne spiegherò i motivi, che sono tanti. Ma ce n'è uno che devo chiarire subito. Poiché riguarda una domanda che molti elettori dell'Ulivo, specie i più giovani, di certo si porranno: ma chi cavolo sono questi Manca e La Ganga?
La domanda è giustificata da una fantozziana realtà: la politica è un tritasassi anche più feroce della tivù e, se salti una stagione, nessuno si rammenta più di te. Dunque, ricordiamo e spieghiamo, cominciando da Manca. La memoria mi rimanda al luglio 1976, l'estate dell'avvento di Bettino Craxi al vertice del Psi. Il partito era stato appena bastonato dagli elettori (9,6 per cento). E contava di salvarsi cambiando segretario. Il giurista Federico Mancini mi riassunse tutto con una filastrocca: 'Noi compagni socialisti / siamo stanchi e un poco tristi. / De Martino quest'estate / lo finiamo a fucilate. / Tutto quanto rinnoviamo, / Benny Craxi ci mettiamo'.
Il professor Francesco De Martino, il segretario della sconfitta elettorale, venne sbalzato di sella anche per il tradimento di Manca, il suo pupillo politico. Fu Enricuccio, con Claudio Signorile e Giacomo Mancini, a issare sul trono Bettino. All'hotel Midas si vissero ore convulse. De Martino stava affondato in una poltrona del bar, disfatto, le occhiaie pendule, lo stecchino fra i denti. Manca gemeva, ma trionfava. Sapeva di aver compiuto un parricidio politico doloroso, però necessario. E poi lui e Signorile erano convinti che Craxi sarebbe stato un re travicello. Pensavano, gongolanti: "Noi ti abbiamo creato, noi possiamo distruggerti!".
Accadde tutto il contrario. Manca, accusato di filocomunismo, fu costretto a diventare filocraxiano. Per anni, dentro il Psi, fu lo Sconfitto. Ma anche la prova vivente della magnanimità di Bettino, tanto generoso da farlo ministro per il Commercio con l'estero. Poi, nel maggio 1981, uscì la lista della loggia P2. Manca ci figurava, e non era l'unico dei socialisti. Pianse di rabbia, negando ogni rapporto con Licio Gelli: "Non ho niente da nascondere. Subisco una violenza morale intollerabile!". Un paio di sentenze gli diedero ragione, ma nel frattempo aveva dovuto lasciare il ministero e ricominciare una carriera politica. Ce la fece e, sempre grazie a Craxi, divenne presidente della Rai. Lo rimase per sei anni, rivelando di essere un mago della lottizzazione. Infine sparì, nel crollo della Prima Repubblica. Oggi, sbagliando, lo pensavamo un illustre pensionato di 73 anni, con cinque legislature alle spalle.
Meno romanzesca la carriera di La Ganga. Alto, massiccio, 56 anni, quattro volte deputato, cordiale, irruento, era un Gianduja d'acciaio, che a Torino faceva e disfaceva a piacer suo. Un vero ras, ma capace di sorridere anche di quel cognome che si prestava a ironie micidiali. E che ispirò un'indimenticata vignetta del primo Forattini. Si vedeva Craxi vestito come Al Capone, che avanzava gridando: "Fermi tutti! Arriva la ganga". Era il marzo 1983 e sotto la Mole esplodeva una Tangentopoli locale. Pure Giusi incontrò un paio di disavventure giudiziarie, entrambe a lieto fine. E concluse la carriera da potente responsabile degli Enti locali, travolto dal crack della Sacra Famiglia craxiana.
Adesso il vecchio film sembra destinato ad avere un seguito. E con il concorso di una protagonista femminile: Tiziana Parenti. Già magistrato del pool di Milano, poi passata a Forza Italia, la ricordo alla prima convention elettorale di Berlusconi. Tra le urla di gioia dei forzisti, fu accolta sul palco così: "Ecco il nostro futuro ministro della Giustizia!". Non andò in questo modo, naturalmente. Oggi la signora entra nella Margherita come uno degli intellettuali al seguito di Manca. Che spiega a 'Repubblica', con la sicumera di sempre: "La nostra componente liberale e socialista farà da calamita per i delusi della Casa delle libertà". Più furbo, La Ganga ha scelto di tacere, almeno per ora.
'Un petalo socialista con la Margherita' è l'insegna dell'operazione che il Bestiario preferisce appellare 'Garofanoni e Margheritucci'. Ecco un innesto ben poco convincente. C'è già un partito, quello di Enrico Boselli, per drenare i pochi voti ex craxiani disponibili a passare con l'Ulivo. Rutelli & Marini non ne ricaveranno nulla. Accolgono signore e signori senza seguito elettorale. Sconosciuti ai più. Che accrescono il vecchio di un Ulivo che dovrebbe guardare in avanti e non all'indietro.
È vero che anche nel centro-sinistra i reduci della Prima Repubblica sono tanti, nei Ds per cominciare. Ma c'è un limite a tutto. Scomparso Craxi, sono rimasti quelli che chiamavamo 'i suoi cari'. Si conquista con loro il mitico centro? Ma non fatemi ridere! Perché, se rido troppo, non vado più a votare.
L'espresso
martedì 23 novembre 2004
Garofanoni e Margheritucci
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