martedì 21 dicembre 2004

Scontro Ciampi-Berlusconi sulla Costituzione

di Vincenzo Vasile

La mimica è quella dei giorni di battaglia: Berlusconi che ascolta per venti minuti, occhi a fessura, mascella all'infuori

La mimica è quella dei giorni di battaglia: Berlusconi che ascolta per venti minuti, occhi a fessura, mascella all'infuori e braccia conserte. E Ciampi che guarda innanzi a sé, e scandisce implacabili rimproveri al governo. Nel salone dei Corazzieri al Quirinale il rituale scambio di auguri di fine anno con le alte cariche dello Stato si trasforma in una sequenza filmica da antologia.

Mai così distanti, governo e Quirinale su una sventagliata di temi, al centro del discorso - preoccupato e teso - di Ciampi. Non si sa se sia stato più l'appello a «rispettare i magistrati», o la bocciatura di una riforma costituzionale condotta a colpi di maggioranza, o la diagnosi negativa della politica economica, a provocare lo scatto di nervi trattenuto a stento da Berlusconi, che alla fine del discorso ha solo accennato un formalissimo applauso e ha battuto le mani sulle ginocchia come per andarsene, mentre la cerimonia sarebbe proseguita per un'ora.

Il presidente del Consiglio s'è guardato, infine, dal raggiungere il capannello delle autorità che si congratulavano con il capo dello Stato. Che aveva cominciato quasi subito a provocare un fremito sulle labbra di Berlusconi a proposito di riforma costituzionale. Con un'autocitazione: «Le istituzioni fondamentali dello Stato non possono certo essere cambiate a ogni mutare di maggioranza». Sono parole tratte dal discorso di fine anno del 2003, che il presidente ora attualizza: «Auspico che l'esame della riforma costituzionale che riprenderà il proprio iter nell'aula del Senato all'inizio del prossimo anno consenta ancora alle forze politiche di recuperare il metodo del dialogo al quale si erano in precedenza dichiarate disponibili».

E al Senato, vuol dire Ciampi, non sarà più accettabile che si vada avanti a colpi di maggioranza. Avverte, infatti, «il dovere nell'esercizio di quella primaria funzione di garanzia che compete al capo dello Stato - di manifestare la mia preoccupazione per l'accentuarsi di uno stato di difficile comunicabilità tra i principali schieramenti politici e parlamentari su un tema che interessa le strutture portanti della vita democratica della Nazione in primis il Parlamento». E così «la modifica di queste strutture, per dar luogo a soluzioni durature, deve essere frutto di un dibattito approfondito e aperto, non irrigidito da precostituite posizioni di maggioranza e di opposizione».

Altro essenziale puntino sulle «i» della parola giustizia. Si è fatto da destra un gran parlare sul carattere «marginale» e «tecnico» che avrebbero i rilievi mossi da Ciampi nel messaggio con cui ha rinviato alle Camere la legge sull'ordinamento giudiziario. Macché, il «riferimento» - controbatte Ciampi - è «ad alcuni importanti profili di costituzionalità». Importanti. Altro che marginali: Ciampi ha contestato, infatti, due assi portanti della politica giudiziaria del governo, che è basata sulla pretesa di sottrarre attribuzioni e potere al Csm e su quella di inventare poteri di indirizzo di politica giudiziaria in capo al Guardasigilli. E il capo dello Stato tiene a dire che ciò non toglie nulla alla validità degli scopi proclamati dal legislatore, e cioè l'efficienza e la rapidità dei processi. Ciampi può a maggior ragione rivolgersi ai magistrati, incitarli all'«impegno» a realizzare «economie di tempi», a «essere» e anche «apparire» autonomi e indipendenti «in ogni loro comportamento», perché nel frattempo ribadisce con fermezza «un principio più volte affermato - osserva - fin dall'inizio del mio mandato: i magistrati vanno rispettati nell'esercizio delle loro funzioni, tutelate dai principi costituzionali di autonomia e indipendenza».

Anche la pubblica amministrazione, secondo Ciampi, rischia di essere soffocata dalle interferenze dell'esecutivo. È vero che «mostra segni di progresso sul piano dell'efficienza», anche se «i tempi dell'ammodernamento dovrebbero esser più rapidi». Ma il punto è un altro. Non piace al capo dello Stato il metodo più aberrante dello spoils system, l'apparato burocratico deve «rispettare il principio di imparzialità» sancito dall'articolo 97 della Costituzione. Un'invasione della politica nella gestione può ostacolare l'efficienza, demotivare i pubblici dipendenti. È indispensabile che gli apparati di governo si impegnino a rispettare questo precetto costituzionale; l'imparzialità comporta la distinzione tra politica e amministrazione, bisogna lasciare separata la sfera dell'«indirizzo e del controllo» propria degli «organi di governo» e quella della «gestione» propria dei «dirigenti amministrativi».

Ancora: l'economia italiana va proprio male. La diagnosi di Ciampi si discosta da quella, edulcorata del governo: «Il clima congiunturale, nonostante qualche segno di miglioramento non si è ancora tradotto in un aumento della produzione industriale che da tempo ristagna sia perché la domanda interna è debole sia perché la nostra capacità competitiva si è ridotta». Il vademecum presidenziale prevede al primo punto, «pregiudiziale per un rilancio durevole dell'economia italiana», il consolidamento del «risanamento della finanza pubblica». Un «solido» bilancio dello Stato ci farà meritare le fiducie delle piazze finanziarie, oltre che metterci in regola con gli impegni stipulati in sede europea, e potrà essere lo strumento per contrastare i cicli economici negativi. E occorre, aggiunge Ciampi, che il «sistema-Paese» si impegni con unità di intenti nel «recupero di competitività». Qui un altro affondo, che riguarda i tagli in Finanziaria: «Bisogna puntare sempre di più sul binomio ricerca-formazione». E valorizzare il Mezzogiorno.

Un troppo grande «divario» ci separa, infatti, dalle maggiori economie: in Italia le risorse dedicate a ricerca e innovazione sono appena l'1,2 per cento del Prodotto interno lordo, contro l'1,9 della media europea, e il 2,7 degli Stati uniti. C'è «il rischio che venga compromesso il futuro della nostra economia».

In un inciso c'è anche il tempo per ricordare che al più presto bisognerà ratificare il Trattato della Costituzione europea. Si sa che il presidente del Consiglio s'era impegnato a farlo prima di tutti gli altri, ma che per l'opposizione della Lega la ratifica è slittata. Il primo a stringere la mano di Ciampi era Pierferdinando Casini, seguiva il presidente della Corte Costituzionale Valerio Onida, e infine Marcello Pera che nel suo discorso introduttivo aveva evitato di prendere posizione su alcunché. Berlusconi si guardava le punte dei piedi, e faceva il distratto.

http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=39855

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