di ILVO DIAMANTI
LA STAGIONE grigia della politica italiana prosegue. Nessun soggetto politico che riesca a suscitare passione. Nessun cambiamento apprezzabile, nel clima d'opinione. Tanto che il confronto elettorale oggi rammenta un inseguimento all'indietro. Il centrosinistra, per la verità, mantiene un vantaggio significativo, nel maggioritario, ma anche nel proporzionale. Ma la distanza fra i due poli si è ridotta, rispetto a quanto indicavano alcuni sondaggi condotti dopo le europee. Sei punti nel proporzionale, ma solo 3 nel maggioritario. Tuttavia, secondo le previsioni degli elettori, se oggi si votasse, le due coalizioni sarebbero alla pari. Anzi: il centrodestra vincerebbe, seppure di poco.
D'altronde, gli italiani giudicano il comportamento dell'opposizione, in questa fase, peggiore di quello del governo. I principali tratti delineati dall'Atlante politico, pubblicato da Repubblica, contribuiscono a chiarire i motivi - alcuni, almeno - che hanno indotto il premier a cambiare strategia.
Berlusconi: ha smesso di decantare le virtù del governo, di promettere agli italiani un futuro felice. E ha spostato l'attenzione sulla (in) credibilità dell'opposizione. Senza nome e senza valori.
D'altronde, i dati proposti dall'Atlante suggeriscono che il governo abbia fatto poco per restituire slancio e fiducia agli elettori. I meriti - o le colpe - di questa ripresa, dal punto di vista delle previsioni piuttosto che delle intenzioni elettorali, vanno attribuiti quasi per intero all'opposizione. La percentuale di quanti pensano che, se oggi si dovesse andare a elezioni politiche, vincerebbe il centrosinistra è, infatti, calata di oltre il 10% negli ultimi quattro mesi. Mentre la quota di quanti prevedono il successo del centrodestra, nel frattempo, è rimasta pressoché uguale.
In altri termini: non è il centrodestra ad aver "rimontato". Semmai, è il centrosinistra che è "ricaduto". Il centrodestra ha fatto poco. Ha sfruttato le mille incertezze, i mille litigi, le mille polemiche dell'opposizione.
Senza che, peraltro, la fiducia nei confronti della sua azione migliorasse.
Non ha ragione di rallegrarsi troppo, il centrodestra, perché le condizioni che hanno generato e, successivamente, allargato la disaffezione degli elettori non sono cambiate. L'insoddisfazione nei confronti della situazione socio-economica, la distanza fra le promesse e la realtà. I fattori che avevano eroso, in modo profondo, il consenso (sociale ed elettorale) verso il
governo e la fiducia nel premier, persistono, evidenti.
Le riforme approvate negli ultimi mesi, in particolar modo la riduzione delle aliquote Irpef, hanno frenato questa deriva. Ma non l'hanno arrestata. E, soprattutto, non hanno invertito il segno del sentimento sociale. Otto persone su dieci (ma 6 anche fra gli elettori del centrodestra) si dicono insoddisfatte di come vanno le cose in Italia, in questo momento. E una larga maggioranza di persone valuta negativamente l'andamento dell'economia e del lavoro.
Quasi tutti, inoltre, si confessano incapaci di risparmiare. Mentre il fatto che sei italiani su dieci ritengano soddisfacente la condizione della loro famiglia non rasserena il clima d'opinione. Semmai lo aggrava, perché suggerisce il diffondersi di una sorta di "sindrome da assedio": le famiglie da sole, a difendersi dal mondo esterno.
E' comprensibile, allora, che, nonostante l'opposizione stenti a uscire dall'ombra, il centrodestra non riesca ad allargare davvero i suoi consensi elettorali. A riprendere velocità. A riconquistare la fiducia dei suoi elettori delusi. In fondo, malgrado le aspettative, nelle stime di voto la Casa delle Libertà resta sotto. Non per altro, in questa fase, il premier insiste, in modo quasi ossessivo, sui valori invece che sugli interessi. E preferisce polemizzare sulla natura maligna della sinistra, piuttosto che esaltare - e ostentare - i risultati dell'operato suo e del governo. Perché, in questo caso, il conflitto di Berlusconi con gli interessi degli elettori diverrebbe palese. Ineludibile.
Da ciò deriva il senso di disincanto, che rende difficile immaginare il futuro elettorale. Perché, da un lato, il centrosinistra continua a prevalere, nelle stime del voto proporzionale e ancor più maggioritario. Ma, come ha dimostrato Paolo Natale, anche un distacco del 10% nell'uninominale non gli garantirebbe una maggioranza di seggi, visto che la distribuzione dei suoi voti è troppo squilibrata: fortemente addensata al centro, debole in altre zone, soprattutto del Nord. Se, peraltro, il centrodestra modificasse la legge elettorale (secondo la proposta di Nespoli; il "nespolum", come lo chiama Sartori), collegando, in modo diretto, sulla stessa scheda, il voto di partito con quello di coalizione, il vantaggio del centrosinistra nel
maggioritario rischierebbe di svanire del tutto.
D'altro canto, però, è rischioso, anche per Berlusconi, confidare e investire sulla debolezza degli altri. Fare l'opposizione operando al governo.
L'opposizione dell'opposizione. E' difficile attrarre, suscitare consenso limitandosi a generare il dissenso verso gli altri. Imitando quanto ha fatto l'opposizione in questi anni.
Non è un caso se la fiducia nei suoi confronti (nonostante le affermazioni contrarie) continua ad essere ridotta. Non è solo colpa degli elettori di centrosinistra ("capaci solo di odiare"). E' che gli stessi elettori dei partiti alleati esprimono nei suoi riguardi sentimenti tiepidi. E un poco freddi.
Demonizzare l'avversario. Riaprire il capitolo, mai chiuso, della lotta al comunismo. Può bastare a contrastare l'indifferenza di tante persone che in passato avevano votato per la CdL e oggi appaiono, semplicemente, disamorate e disancorate? E' il problema sotteso al risultato delle elezioni suppletive dei giorni scorsi, vinte nettamente dal centrosinistra, al pari di quelle di
qualche mese fa. Non fanno testo, hanno decretato a centrodestra. Troppo bassa la partecipazione al voto. Si sono mobilitati solo gli elettori mossi da impegno e risentimento. I più appassionati. Che si posizionano prevalentemente a centrosinistra. Alle prossime regionali e, ancor più, alle politiche del 2006, le cose cambieranno. La partecipazione, favorita dalla
campagna elettorale, crescerà certamente, rendendo competitiva la CdL.
Considerazione ragionevole. Che, tuttavia, dà per scontata una questione per nulla scontata. Come può, il centrodestra, "mobilitare" tanti elettori delusi? Convincere gli indifferenti a uscire di casa? A recarsi ai seggi? E a votare per lui? Non in nome degli interessi, pare di capire. Ma in nome dei valori. Della "lotta contro il Male". Della "guerra di civiltà". Se nel 2001 Berlusconi, per vincere le elezioni, aveva proposto agli italiani un sogno, ora regala loro un incubo. Da cui promette di "salvarli".
Speriamo di risvegliarci prima.
(27 gennaio 2005)
http://www.repubblica.it/2005/a/sezioni/politica/atlantepol/indietro/indietro.html
giovedì 27 gennaio 2005
Corsa all'indietro tra i due Poli
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