di Furio Colombo
Le parole "terrore e morte" non fanno parte degli argomenti di una campagna elettorale o di un confronto politico. Eppure, parlando a coloro che lo seguono e gli credono, ieri il presidente del Consiglio italiano ha detto che se lui perdesse le elezioni il suo avversario, il centrosinistra, seminerebbe in Italia "terrore e morte".
Impossibile ridurre la dichiarazione a uno dei suoi colpi di teatro o definirla - con quel tanto di sarcasmo che spesso si dedica alle parole sregolate di Berlusconi - una "follia". Silvio Berlusconi è il presidente del Consiglio in carica, firma i trattati, le leggi, i decreti, rappresenta il Paese, comanda e controlla l'Esecutivo.
Non è realistico immaginare che un uomo caricato di tanta responsabilità, per quanto incline al protagonismo televisivo e teatrale, non dia peso e seguito alle sue stesse parole. Berlusconi, dopo aver annunciato la sua convinzione che una certa parte politica - in caso di vittoria elettorale - porterà nel Paese terrore e morte, dovrà per forza agire - finché è in tempo - per proteggere il Paese. Ma se anche il presidente avesse parlato solo per fare colpo, resta il fatto che al suo ufficio e alle sue parole credono - per dovere e per efficienza - le polizie e i servizi segreti italiani.
La frase infatti non è generica. Evoca, e anzi annuncia, un pericolo serio che richiede a chi di dovere di mobilitarsi per tempo. Non sarebbe ragionevole, in nome della salvezza del Paese, schedare, pedinare, sorvegliare, intercettare chi si appresta a portare in Italia terrore e morte? È possibile, infatti, che quelle parole di denuncia e di allarme da parte di un primo ministro siano interpretate come un segnale per cominciare a occuparsi della materia da parte di chi ha senso del dovere, finché il Paese è al sicuro, nelle mani di Berlusconi.
Le domande sono gravi. Sembra inevitabile che tocchi alle più alte istituzioni del Paese chiedere al presidente del Consiglio di confermare o negare.
da l'Unità del 17/01/2005
domenica 16 gennaio 2005
Un messaggio pericoloso
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Sex crimes and the Vatican
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