martedì 15 febbraio 2005

Coppie di fatto: storia di una donna senza diritti

L’emblematica vicenda di Federica e Francesco: «Dovevamo sposarci nel 2004».
Dieci anni d’amore, una casa, un mutuo. Poi lui muore e ora l’appartamento va agli eredi di lui. Lei dovrà andarsene perché non c’è una legge che la tuteli.
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di Delia Vaccarello

ROMA «La mia vita è finita. Solo quando torno nella nostra casa mi sento protetta, perché c’è ancora lui. Ci siamo noi». Federica ha perso il suo amore il 21 maggio del 2004. Si chiamava Francesco. Andava sullo scooter al lavoro. È stato investito da un’auto ed è finito contro un palo della luce. Il Corriere Adriatico ha dato la notizia dicendo che Francesco Filippini lasciava la moglie Federica. Ma Federica non era ancora sua moglie. «La casa dove abitavamo l’avevamo acquistata con un mutuo che aveva messo a suo nome perché trattandosi di prima casa poteva detrarre gli interessi dalle tasse», dice Federica. Se succede qualcosa? La domanda, forse, deve avere attraversato la mente di entrambi, ma l’età giovane non ha creato la necessaria ansia.

E poi si sarebbero sposati presto. Dieci anni di unione di cui gli ultimi di convivenza erano una buona garanzia per una vita insieme felice. Se ci possono mai essere garanzie in amore. «Ci sposiamo nel 2004?». «Ma il 2004 è bisestile!». Federica ricorda i loro colloqui quando sentivano di avere il bene più prezioso ­ il tempo ­ che sostiene la spensieratezza. Decidono di finire di arredare la casa ­ «così anche la taverna sarà a posto» - e di sposarsi con l’anno nuovo. L’amore c’è, e dunque si crede ci siano futuro e progetti. L’amore è rimasto. Ma uno dei due partner non c’è più. E la casa? Se ci fosse in Italia una legge che riconosce le coppie di fatto, Federica avrebbe diritto a restare. Ma la legge ancora non c’è. E non è lei l’erede.

Amori e dolori. Il loro legame è nato nel 1994. Nel giugno del 1997, Francesco e Federica prendono in affitto un piccolo alloggio, in via Firenze, a Senigallia, e vanno a vivere insieme. «Nostra madre era contraria alla coabitazione perché non si erano ancora sposati», dice Ludovica Marra, la sorella più grande di Federica. Il dolore però non li risparmia. «La mamma morì, dopo una malattia breve ma prostrante per tutta la famiglia, il primo novembre del 1997, e da allora Federica prese a vivere un po´ con il papà, per accudirlo ed alleviargli i dolori della vedovanza, un po´ con Francesco, che continuava ad essere l´incrollabile punto fermo della sua esistenza».

Nel 1999 Francesco si trasferisce in un´altra casa, sulla Statale Adriatica, in via Podesti. Federica abita ormai definitivamente con lui. Nel settembre del 2000 muore anche il padre di Federica, lasciando le figlie in una condizione non facile. L’altra sorella di Federica, Raffaella, ha contratto una grave malattia che richiede cure molto costose. Il padre delle tre donne muore lasciando dei debiti. Federica e Raffaella rinunciano all’eredità, Ludovica interviene. «Decido per motivi di onore di accollarmi i debiti di mio padre».

La casa di Senigallia. Federica e Francesco continuano ad amarsi, lottano contro questo destino avverso che colpisce negli affetti Federica e le sue sorelle, si sentono sempre più vicini. Nel 2001 acquistano un immobile a S. Angelo di Senigallia, dove vanno a vivere dal febbraio del 2002. L'appartamento è intestato a Francesco che contrae il mutuo e lo assicura. Entrambi hanno la residenza nella casa nuova dal mese di luglio del 2002. Per l’anagrafe sono un nucleo. Francesco è un giocatore professionista di pallavolo e lavora come operaio all’Api di Falconara. Federica lavora in un call center e fa la cartomante. «Per comprare casa e mobili abbiamo fatto un po’ di sacrifici, ma stavamo costruendo il nostro mondo. Ricordo un natale più “povero degli altri” e Francesco che mi sembrava rattristato. Ma poi fu preso da un moto di orgoglio e mi scrisse in una lettera: “tutto quello che faccio è per te”», ricorda Federica.

Passano due anni dall’acquisto della casa. Una mattina come le altre Francesco si prepara per andare al lavoro: la prima colazione insieme al cane adorato che pregusta la passeggiata mattutina, le risate, l’estate che sta per arrivare, le vacanze. Esce. Monta sullo scooter. Un’auto lo scaraventa contro un albero. Finisce tutto.

«Quando Francesco muore, il mutuo viene bloccato e pagato all´assicurazione, quindi la casa, oggi, è di proprietà degli eredi. Dei genitori e della sorella di Francesco», dice la sorella Ludovica. Federica ha la residenza nella casa dove ha convissuto con Francesco, ma per avere titolo a restare deve acquistare l’immobile. A nulla valgono i progetti, il contributo che deve aver dato, il fatto che quelle mura erano nate insieme alla coppia.

Vacatio legis. In Italia non c’è una legge che riconosce un diritto conseguente alla convivenza. Questo vuoto è iniquo per le coppie etero che non si sposano o non fanno a tempo a sposarsi, lo è per le coppie gay che non possono neanche ricorrere alle nozze. «Io potrei anche comperare la casa che è stata acquistata 250 milioni. Quanto varrà oggi? Ma non ho soldi. L’assicurazione dell’auto che ha investito il mio Francesco dovrebbe riconoscermi un danno morale. Avrò solo questo. Rispetto agli eredi per la legge attuale io sono un’acquirente come tante. Una di quelle persone che rispondono a un annuncio perché cercano casa. Io non la cerco, questa è la casa del nostro amore. Non c’è altra casa per me. Prego il Signore di potere restare. Spero che la volontà di Francesco di vivere qui con me non sia morta insieme a lui».

http://www.gaynews.it/view.php?ID=30953

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