sabato 5 febbraio 2005

Intervento di Andrea Benedino al congresso DS

Intervento di Andrea Benedino, portavoce nazionale di GAYLEFT, al Terzo Congresso Nazionale dei DS


Mio caro Simone,
dopo di te, il rosso non è più rosso. L'azzurro del cielo non è più azzurro. Gli alberi non sono più verdi. Dopo di te, devo cercare i colori, dentro la nostalgia che ho di noi.
Dopo di te, rimpiango persino il dolore che ci faceva timidi e clandestini.
Rimpiango le attese, le rinunce, i messaggi cifrati, i nostri sguardi rubati in mezzo a un mondo di ciechi, che non volevano vedere, perché se avessero visto saremmo stati la loro vergogna, il loro odio, la loro crudeltà.
Rimpiango di non avere avuto ancora il coraggio di chiederti perdono.
Per questo, non posso più nemmeno guardare dentro la tua finestra. Era lì che ti vedevo sempre, quando ancora non sapevo il tuo nome. E tu sognavi un mondo migliore, in cui non si può proibire ad un albero di essere albero, e all'azzurro…di diventare cielo. Non so se questo è un mondo migliore.
Ora che nessuno mi chiama più Davide, ora che mi sento chiamare soltanto 'signor Veroli', come posso dire che questo è un mondo migliore?
Come posso dirlo senza di te?


Il brano che ho letto è tratto da un film di grande successo di un paio d'anni fa, "La finestra di fronte" di Ferzan Ozpetek. Si tratta della lettera che il protagonista del film, Davide Veroli, scrive al suo amato compagno Simone, portato via dai tedeschi durante i raid contro gli ebrei a Roma durante la seconda guerra mondiale senza che lui potesse far nulla per salvarlo. Una lettera che Simone non leggerà mai, ma che fa da spunto alla trama del film, perché quell'amore "che non osa pronunciare il suo nome", per dirla con le parole di Oscar Wilde, un amore vissuto in quegli anni in clandestinità, fatto di attese, di rinunce, di messaggi cifrati, di "sguardi rubati in un mondo di ciechi", aveva accompagnato Davide lungo tutto il corso della sua vita, fino ai giorni nostri.

Ho citato questa lettera perché a parer mio essa descrive qual è il senso più profondo della nostra battaglia civile. Quando noi chiediamo una legge che riconosca diritti e doveri reciproci alle coppie di fatto etero ed omosessuali del nostro Paese, come giustamente ha fatto ieri nella sua bella relazione Piero Fassino, quando noi chiediamo una legge che consenta a tutte le coppie che condividono casa e sentimenti di poter condividere pure i diritti, come abbiamo detto nella campagna di manifesti sul PACS, noi stiamo costruendo proprio quel "mondo migliore" di cui si parla nella lettera, un mondo in cui tutte le relazioni affettive possano avere pari dignità sociale, perché non ci sono affetti di serie A e affetti di serie B; un mondo in cui due persone che si amano non siano costrette a vivere quest'amore clandestinamente; un mondo "in cui non si possa proibire ad un albero di essere albero, e all'azzurro…di diventare cielo".

Dobbiamo infatti essere pienamente consapevoli, compagne e compagni, che ormai sulla questione delle coppie di fatto si è creata un'attesa forte nella comunità gay-lesbica italiana, una comunità che nel 2001 guardò al centrosinistra con grande sospetto e diffidenza, a causa della assoluta mancanza di qualsiasi risultato ottenuto nella legislatura in cui abbiamo governato il Paese (unico caso per una forza del PSE) e che ha saputo ritrovare un barlume di fiducia in noi solo grazie alla speranza che la proposta di legge sul PACS, il Patto Civile di Solidarietà, possa tradursi in un impegno preciso di tutta la coalizione che si candiderà a governare il Paese.

Non solo la comunità omosessuale italiana, ma più in generale una fetta consistente di opinione pubblica laica individuano in noi, nei Democratici di Sinistra, la forza politica che può convincere l'intero centrosinistra a prendersi impegni chiari e precisi su questi temi. E' stato quindi un bene che ieri Piero Fassino ne abbia parlato nella sua relazione, perché solo se ci crediamo fino in fondo come DS sarà possibile inserire questa proposta nel programma comune di tutta la coalizione.

Dobbiamo crederci, quindi, non dobbiamo avere paura di colmare i ritardi che ci separano su queste tematiche dai nostri partiti fratelli del socialismo europeo, dobbiamo smetterla di pensare che parlare di omosessualità ci faccia perdere voti. L'aver sostenuto con determinazione la battaglia della maggioranza del Parlamento Europeo che ha impedito all'integralista Rocco Buttiglione - un politico ormai completamente in preda a un delirio sessuofobico e bacchettone - di andare ad occupare la poltrona di Commissario Europeo alle Libertà Civili, un fatto che avrebbe comportato il rischio di far tornare indietro di decenni le politiche europee antidiscriminatorie e di rispetto dei diritti civili di tutti, ci ha fatto perdere consensi nell'elettorato o ce ne ha fatti guadagnare?

Ecco perché mi chiedo, compagni, anzi lo chiedo a voi. Nei mesi scorsi abbiamo lanciato sul PACS una bella campagna di manifesti promossa dai dipartimenti giustizia e welfare del partito: come mai questa campagna è stata in questi mesi in Italia quasi invisibile? Come mai molte grandi federazioni non hanno ritenuto di dover attaccare quei manifesti? Come mai in alcune città sono stati affissi solo i due manifesti relativi alle coppie di fatto eterosessuali? Come mai non abbiamo il coraggio di investire su una campagna civile come questa risorse anche solo paragonabili a quelle investite su altre campagne? Io credo che se tutti insieme provassimo a rispondere a queste domande, avremo fatto un grande servizio alla sinistra italiana, ma forse soprattutto a noi stessi, perché solo nella consapevolezza che i pregiudizi possono annidarsi ovunque, persino al nostro interno, noi saremo in grado di sconfiggerli costruendo tutti assieme un altro pezzo di quel "mondo migliore".

Il percorso fatto in questi anni dagli omosessuali del partito è stato un percorso importante, che ci ha consentito di conseguire molti risultati significativi. Noi giungiamo a questo Terzo Congresso come lesbiche, gay e transessuali del partito portando in dote la nascita di un nuovo soggetto politico, la consulta GAYLEFT, che raccoglie l'eredità del vecchio Coordinamento degli Omosessuali. In questi anni abbiamo lavorato a fondo per radicarci nel partito, ma soprattutto per radicare nei programmi del partito le nostre proposte, facendole vivere in un confronto vivo con tutte le anime dei DS. Per i risultati ottenuti dobbiamo dire grazie a quei tanti che dentro al partito ci hanno aiutato, condividendo con noi le nostre battaglie come se fossero le loro. Mi riferisco in particolare alla Sinistra Giovanile e soprattutto alle donne DS, in primis Barbara Pollastrini, con le quali abbiamo sviluppato e fatto vivere in questi anni un patto che si è rivelato fecondo di risultati importanti, che stanno contaminando tutta l'azione del partito.

Ora che però il partito è al nostro fianco dobbiamo fare un passo in più. Ieri Fassino ci ha ricordato che "la democrazia vive nella ricerca del dialogo e non nella fuga dal confronto". Ebbene, compagni, noi dobbiamo utilizzare gli strumenti del dialogo e del confronto per far condividere le nostre proposte, a partire da quella sul PACS, da tutta la GAD, fare in modo che entrino nel programma di tutta la coalizione per le prossime elezioni politiche.

Prima di concludere questo mio intervento vi voglio quindi proporre un piccolo gioco, che forse ci può aiutare nel conseguire il nostro obiettivo. Vi leggerò tre frasi pronunciate da tre diversi leaders politici negli ultimi mesi senza dirvi subito chi le ha pronunciate.

1) Sulle coppie omosessuali ritengo che occorra dare una risposta di politica sociale nel rispetto dei diritti delle persone. Non bisogna ignorare il fatto che ci sono persone che condividono insieme affetti, beni e relazioni: uno stato di diritto non può rifiutarsi di regolarli

2) Ritengo maturi i tempi per dare una disciplina giuridica, al di là del rispetto dovuto, a quelle obbligazioni morali naturali che possono derivare dall'aver vissuto in coppie di fatto, anche non eterosessuali, senza però che ciò si confonda con il matrimonio civile o religioso

3) Ritengo doveroso il massimo rispetto verso tutti e penso che per i gay che vogliono vivere insieme si possa individuare uno status che dia loro le necessarie garanzie

Queste frasi non sono state pronunciate dal premier spagnolo Zapatero, né da alcuno dei leaders della sinistra europea o italiana. La prima l'ha pronunciata lo scorso 10 settembre in un'intervista a Repubblica la nostra amica Rosy Bindi; la seconda il 30 gennaio sul Corriere della Sera il senatore Francesco Cossiga; la terza invece il 29 gennaio sempre sul Corriere della Sera il senatore Oscar Luigi Scalfaro.

Tra poche decine di minuti da questo microfono interverrà Romano Prodi. Ebbene, compagni, noi non pretendiamo certo da Prodi, per il rispetto che portiamo alla sua cultura politica di provenienza, che egli usi su questa materia espressioni simili a quelle di Zapatero. Però non possiamo non chiederci quanto tempo debba ancora passare perché Romano Prodi, il leader che tutti quanti noi vogliamo vedere al più presto al governo del Paese, possa pronunciare almeno parole simili a quelle della Bindi, di Cossiga o di Scalfaro. Ce lo chiediamo perché anche noi, come il Davide della lettera, sogniamo di vivere in un mondo migliore e perché crediamo nella politica come in un mezzo per provare tutti assieme a costruirlo.

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