di CURZIO MALTESE
Prodi ha trovato un progetto per l'Italia e Berlusconi non ha più sogni da vendere. Dal confronto a distanza di questi giorni stavolta Prodi e il centrosinistra emergono in primo piano, con un'immagine finalmente lineare, unitaria, positiva. Berlusconi aveva convocato la sua assemblea allo scopo dichiarato di "oscurare" gli avversari. Ma rimane sullo sfondo ad agitare spettri di comunismo con toni da telepredicatore invasato, imbarazzanti perfino per i suoi mezzibusti.
Al voto mancano molti mesi e le risorse propagandistiche del berlusconismo sono infinite. Ma se questo rimane lo stile del confronto, l'opposizione può guardare con ottimismo alla lunga campagna elettorale. La prova a contrario risiede del resto nel clima di cupo pessimismo in cui s'è svolta l'assemblea forzitaliota. Quali che fossero le intenzioni, Berlusconi e seguaci per tre giorni consecutivi non hanno fatto altro che parlare nella prospettiva di una (sanguinosa, s'intende) "vittoria delle sinistre". E perché mai avvelenarsi così il fine settimana, quando i sondaggi, parola del Cavaliere, assicurano il trionfo della Cdl?
In tre giorni i ruoli si sono invertiti e non si sa davvero quale sia la metamorfosi più sorprendente, se quella vincente dello sfidante o quella perdente del premier. Prodi si è affacciato alla ribalta diessina circondato dalla fama di leader in crisi, ostaggio dei partiti, in procinto d'esser fatto fuori da un altro complotto di colonnelli della Quercia. Ebbene, durante i lavori del congresso, si scopre che due presunti capi del complotto, D'Alema e Veltroni, non soltanto sono totalmente d'accordo con lui (e quindi perfino fra di loro) ma risultano un po' più prodiani di Prodi stesso.
Non s'accontentano delle primarie e della Fed, quei due vogliono addirittura il partito unico. Quanto al cuore del partito, ai funzionari gelosi dell'identità diessina e in teoria soltanto "rassegnati" ad acclamare un leader straniero, gli consegnano la guida a furor di popolo, un'ovazione dopo l'altra. E Prodi ricambia con il discorso più "socialista" della tre giorni. Un discorso fondato per intero sull'idea che nel nuovo mondo globalizzato il welfare costituisca un vantaggio e non una zavorra per l'Europa e per l'Italia. È un Prodi decisamente in forma, sforna dati, visioni e soluzioni contro il declino italiano, nella prospettiva di un nuovo ruolo del Paese. E' un leader che ha un sogno.
Al contrario, Berlusconi appare come un capo che al posto dei sogni può offrire agli italiani soltanto incubi. "Terrore, miseria, morte". Un linguaggio da fare gli scongiuri. Per fortuna è il solito Berlusconi, si smette presto e volentieri di prenderlo sul serio. Ma la trasformazione del sorridente venditore di miracoli in jettatorio profeta, stile Quinto Potere, contraddice le stesse regole del suo successo. Il berlusconismo ha vinto soltanto quando aveva sogni da offrire, nel '94 come nel 2001. La fabbrica dei sogni ha funzionato ancora, da ultimo, con la promessa dei tagli fiscali, che ha fatto rimbalzare i sondaggi in alto.
E' vero che prima o poi arriva la realtà e in questo caso è bastato aspettare il 27 del mese. Eppure un berlusconismo senza illusioni da piazzare agli elettori è la classica tigre di carta. Era possibile e magari anche facile immaginare anni fa un'Italia abbastanza ingenua da credere nei miracoli economici alle porte, nei milioni di posti di lavoro in arrivo, nei paradisi fiscali e nei contratti firmati dal notaio Vespa. A un'Italia che nel 2006 andrà a votare in massa per paura dei bolscevichi, dopo averli visti al governo per cinque anni, onestamente non può credere neppure Emilio Fede.
(6 febbraio 2005)
http://www.repubblica.it/2005/b/sezioni/politica/congrediesse/curz/curz.html
lunedì 7 febbraio 2005
Se la sinistra sa sognare
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