Il boom del Cavaliere trainato dalla corsa di Mediaset in Borsa anche grazie alla legge Gasparri e ai guai della Rai
In undici anni di politica il valore è salito da 3 a nove miliardi
di ETTORE LIVINI
MILANO - L'economia italiana fatica a tenere il passo del resto d'Europa. Ma l'impero di Arcore - malgrado il prestito del suo timoniere alla politica - continua a non conoscere crisi: negli undici anni dedicati a Forza Italia e al governo, infatti, Silvio Berlusconi è riuscito a moltiplicare per tre il suo valore. A inizio '94 il suo patrimonio era di 3,1 miliardi. Oggi i beni di famiglia sono lievitati a 9,6 miliardi. Pari alla somma dei soldi custoditi nelle holding di controllo (980 milioni contro i 162 del '94) e delle quote in Mediaset, Mediolanum e Mondadori, cresciute in valore da 3 a 8,5 miliardi, compresi i 2 miliardi di liquidità appena incassati vendendo in Borsa il 16,6% delle tv.
Le fortune del premier - che Forbes cataloga oggi come il venticinquesimo uomo più ricco del mondo - sono passate indenni attraverso la frenata congiunturale, un quinquennio di interregno dell'Ulivo e lo sboom della bolla internet. Trainate da Mediaset che dal '94 - grazie anche al salvataggio di Rete 4 e alla resistenza "relativa" offerta dalla Rai - ha macinato record di audience, di utili e di raccolta pubblicitaria. Il suo valore - come ovvia conseguenza - è decollato: dalla quotazione a oggi i titoli delle tv del premier hanno guadagnato il 187%. Un'anomalia nel panorama dei media europei - l'indice che registra il valore in Borsa del settore è sceso da allora del 4% - e anche rispetto ai risultati di altre blasonate dinastie imprenditoriali italiane: nello stesso periodo la Fiat ha ridotto del 76% la sua capitalizzazione e il titolo Benetton ha perso il 24%. Il valore della quota Mediaset in tasca al premier è salito in undici anni da 2 a 6 miliardi, con Mondadori che nello stesso arco di tempo ha raddoppiato il suo valore e Mediolanum che lo ha addirittura triplicato.
Le attività operative hanno pompato verso Fininvest centinaia di milioni di cedole. E la holding di via Paleocapa, a sua volta, ha versato nelle casseforti personali di casa Berlusconi (in via di riorganizzazione per "sistemare" tutti e cinque i figli del premier) quasi 700 milioni dal '94 a oggi. Pari a uno "stipendio" medio mensile di 5,2 milioni di euro per il presidente del Consiglio. Questa pioggia di dividendi potrebbe gonfiarsi ancor di più quest'anno: malgrado la crisi dell'Italia Spa, infatti, Fininvest ha chiuso il primo semestre 2004 con oltre 400 milioni di utili.
Qualche rimpianto, però, rimane. Non tutte le avventure imprenditoriali dell'ultimo decennio hanno dato i risultati sperati. La spina nel fianco sono tre disavventure senza le quali il bilancio del premier avrebbe potuto essere ancora più rosa: l'investimento nelle tv tedesche di Kirch, le Pagine Utili e il Milan.
Queste tre partecipazioni, da sole, hanno bruciato un miliardo di euro, più dei soldi incassati da Fininvest con la quotazione di Mediolanum e Mediaset. Quasi 400 milioni sono spariti nel buco Kirch. Circa 300 sono andati in fumo nella sfida alle Pagine Gialle. Mentre la passione per i rossoneri (ripagata a suon di scudetti e coppe) è costata al premier dal '94 a oggi 230 milioni di euro.
Certo parte del merito del boom del conto in banca di Berlusconi va ai "supplenti" cui ha affidato i beni di famiglia, dai figli Marina e Piersilvio a Fedele Confalonieri. Ma un aiuto importante - sintesi di un conflitto di interessi mai risolto - è arrivato anche direttamente dai provvedimenti del governo. Magari non "ad hoc" come il salva-Previti o la Cirami, ma cavalcati a suon di milioni di risparmi dalle aziende di casa. Difficile quantificare quanto le "sbandate" della Rai targata centro-destra abbiano contribuito alle fortune di Mediaset. Ma gli esempi di ricadute dirette dell'attività politica sul patrimonio del premier sono tanti: la Tremonti uno e la Tremonti Bis hanno consentito a Mediaset di risparmiare oltre 150 milioni di imposte. Stesso discorso per il condono fiscale.
Certo Mediaset ha pagato 2 miliardi di tasse in 11 anni, ma Berlusconi si era pubblicamente impegnato a non utilizzare questo strumento per le società di casa. Peccato che dalle tv a Idra (la Spa che controlla Villa Certosa) quasi tutte le sue aziende ne abbiano beneficiato. In tutto sono stati versati 60 milioni circa per cancellarne 220 pretesi dall'erario. L'elenco degli "aiutini" dall'esecutivo è lungo: il salva-calcio ha consentito a Berlusconi di evitare di staccare un assegno di 242 milioni (la svalutazione dei giocatori ammortizzata in dieci anni). La riforma Tremonti sulla tassazione delle plusvalenze ha consentito di rimbalzo al premier di risparmiare 340 milioni di tasse sull'ultimo collocamento Mediaset. E la madre di tutte le riforme Tv, la legge Gasparri, "regala a Mediaset un bacino di crescita potenziale di 1-2 miliardi", come ha candidamente ammesso lo stesso Fedele Confalonieri. Forse - a undici anni dal primo successo elettorale e con un portafoglio che ha triplicato il suo valore - anche Berlusconi si è convinto che la politica è un calice meno amaro del previsto.
(9 maggio 2005)
http://www.repubblica.it/2005/e/sezioni/economia/patriberlu/patriberlu/patriberlu.html
lunedì 9 maggio 2005
Effetto governo per Berlusconi: patrimonio familiare triplicato
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