mercoledì 29 giugno 2005

Riforma della giustizia: La vendetta del Cavaliere

di CURZIO MALTESE

Con la riforma della giustizia il governo Berlusconi ha completato l'opera mantenendo tutte le promesse che il premier aveva fatto a se stesso. Era difficile ottenere tanto sul piano personale da cinque anni di potere. Era anche difficile produrre danni più profondi al Paese, alla sua economia, alle istituzioni. In piena recessione e con l'azienda Italia sull'orlo di un collasso, la maggioranza chiude i lavori come aveva cominciato, con l'ennesima guerra alla magistratura. Non si può definire altrimenti una controriforma della giustizia ispirata dal Piano di Rinascita di Licio Gelli e aggiornata con i consigli di Previti e Dell'Utri, che è riuscita nell'impresa di saldare nell'opposizione tutte le componenti della magistratura, dell'avvocatura e del pensiero giudirico.

Il professor Calvi, giurista e senatore diessino, l'ha definita "il raffinato tentativo di giungere alla paralisi del sistema giudiziario" e non ci sarebbe da aggiungere molto.

Semmai da togliere l'aggettivo "raffinato".

L'impianto della legge riflette piuttosto quel clima da festa galeotta che già si respirava nelle leggi sul falso in bilancio, sulle rogatorie, Cirami, Lodo Schifani, Cirielli e le altre tappe dell'infinito regolamento di conti.

Leggi mal concepite e peggio scritte, scaturite da una frettolosa arroganza, poi abbandonate per strada o bloccate dalla Consulta, come forse capiterà anche a questa nei problematici passaggi alla Camera, alla firma di Ciampi e all'esame di costituzionalità.

E' una riforma vendicativa per il passato e pericolosa per il futuro. Qui non s'è trattato soltanto di mettere la pietra definitiva sul ricordo di Mani Pulite, ormai sepolto da una vera lapidazione. A proposito, proprio ieri il comune di Milano ha pensato bene di celebrare con una targa Bettino Craxi, in piazza del Duomo 19, dove Larini portava le tangenti. La controriforma approvata al Senato rappresenta un passo ulteriore, segna l'avvio di una specie di guerra preventiva contro la magistratura indipendente, nel caso osasse ancora indagare sul malaffare politico.

Gli strumenti sono gli stessi sognati dai tangentisti: la sottomissione di fatto della magistratura alla politica e la separazione delle carriere. Con in più qualche effetto speciale grottesco, come la norma ad personam per impedire a Giancarlo Caselli di guidare la procura antimafia. Oppure l'inserimento dell'ormai celebre test "psicoattitudinale" per l'accesso alla professione, che certo sarà studiato in modo da premiare i magistrati "sani", come per esempio Squillante o Carnevale, ed espellere i "malati", i futuri Borrelli, Di Pietro, Davigo, Colombo.

Tutto questo può costituire un vanto per Berlusconi, l'unico presidente del consiglio occidentale a piede libero per prescrizione, e magari per il ministro Castelli una bandierina da sventolare alla prossima scampagnata a Pontida. Ma è anche serio motivo d'imbarazzo per il Quirinale e una vergogna per i cittadini onesti.

Stavolta però ancor più del basso livello etico della maggioranza colpisce il grado di follia che sprigiona da quest'ultimo assalto alla diligenza. In fondo a quattro anni di governicchio, dopo una serie impressionante di batoste elettorali, con i conti pubblici allo sfascio e le famiglie impoverite, la maggioranza trova ancora il coraggio di rilanciare la guerra alla giustizia.

Come se davvero non esistessero altri problemi.

Nell'afa romana, alla vigilia delle vacanze, berluscones e centristi, leghisti e cosiddetta destra sociale, riescono a compattarsi per l'ennesima volta sugli affari del presidente. E' una replica della replica, fonte quasi più di noia che d'indignazione. E quanto sono seri e gravi, quanto è compreso nel ruolo il premier quando parla di magistratura.

Mentre invece sui problemi di milioni di famiglie che non arrivano a fine mese si può, anzi si deve scherzare, raccontare barzellette sui telefonini e le morose, spargere i consigli del miliardario alle casalinghe sul come fare la spesa al mercato. Con grandi pacche sulle spalle e qualcuna sul sedere, alle signore, se non sono finlandesi che si offendono. Ma come pensano questi di sopravvivere alle prossime elezioni? Non basterà neppure l'autolesionismo dell'Ulivo.

(29 giugno 2005)

http://www.repubblica.it/2005/f/sezioni/politica/rifogiusttre/vendet/vendet.html

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