martedì 19 luglio 2005

Sei omosessuale? Ti ammaziamo!

E i religiosi omosex puntano il dito: «La comunità cristiana non può non interrogarsi sulle conseguenze della condanna dell’omosessualità».
di Delia Vaccarello da "1,2,3...liberi tutti" de l'Unità

Due delitti e un'arma che li accomuna: la scure. «L'uomo che piantava gli alberi» è stato ucciso con un colpo di scure e decine di coltellate sul sesso. È successo a Roma, la vittima si chiama Paolo Seganti, cattolico, omosex dichiarato, con la passione per le piante che faceva crescere mettendole a dimora in un parco di periferia. Pochi giorni prima a Catanzaro un colpo d'ascia sulla fronte stroncava Michele Presta, sindacalista Cgil ricattato perché gay. Aggressioni e ricatti sono il lessico dell'omofobia, che in questo scenario cruento compare come terza scure, quella che dà gli ordini. L’omofobia è razzismo che prende di mira l'orientamento omosex e si scatena quando vengono a mancare gli inibitori sociali. Può diventare omicida, soprattutto quando gli aggressori sono più d'uno e si aizzano a vicenda. Entra in azione più facilmente contro cittadini «squalificati». Quando voci autorevoli condannano pubblicamene l'orientamento omosex, i gay in carne e ossa possono diventare vittime della doppia scure che agisce l’odio e massacra. Ruini ha parlato di «disordine» della condizione gay, Pera ha assimilato la richiesta di diritti da parte degli omosex a «capricci». Così, come onda che giunge a riva dal mare aperto, l'efferatezza si rovescia e si consuma. «Per un delitto simile a quello di Paolo Seganti dobbiamo risalire al 1982, quando a Montecaprino, luogo di incontro per gay, ci fu una vera spedizione punitiva di gruppo e rimase ucciso Salvatore Pappalardo»: a parlare è Andrea Pini, archivio vivente dei delitti anti-gay, autore della ricerca «Omocidi. Gli omosessuali uccisi in Italia» (Stampa alternativa, 2002). «Nel delitto Seganti non c'è stata la scusa della rapina: la vittima non aveva con sé né valori nè soldi. Paolo era un gay a testa alta, iscritto all'Arcigay, e non temeva di essere “smascherato”. Perciò chi lo ha ucciso (gli inquirenti non escludono che sia stato anche un solo uomo, ndr) voleva fare esattamente quello che ha fatto: sfogare la violenza omofobica con una tortura-esecuzione, probabilmente di gruppo, umiliando, ferendo. Forse mutilando». Paolo Seganti era religioso. «Faceva volontariato con la parrocchia. Nel Duemila aveva seguito i Papa Boys alla Giornata della Gioventù», ha dichiarato la madre. Ma per i Papa boys, che più volte nel loro sito hanno pubblicato articoli sulla necessità di «curare» i gay, gli «Omoboys» come Paolo Seganti non sono certo da prendere a modello. Gli Omoboys, visti forse come un drappello di piccoli giuda, inquietano? Gianni Geraci, del Coordinamento Gruppi di Omosessuali Cristiani in Italia, non può tacere. Non può non dire che, lungi dall'essere l'omosessualità una minaccia, sono i gay ad essere minacciati. «Certi discorsi di condanna dell'omosessualità rischiano, al di là delle intenzioni con cui sono pronunciati, di alimentare i motivi profondi di un'omofobia che può arrivare ad uccidere», dichiara Geraci. Occorre che la Chiesa dichiari apertamente da che parte sta: «Ed è per questo motivo che chiediamo ai responsabili della diocesi di Roma, che sono sempre stati così pronti nel presentare l'omosessualità come una minaccia, di condannare con chiarezza e senza equivoci la violenza omicida che ha torturato e che ha ucciso il povero Paolo Seganti». Non si tratta del primo gay religioso ad essere ammazzato, tra i precedenti nomi di spicco. «Nel gennaio '98, c'è stato l'omicidio di Enrico Sini Luzi - dice Pini -, che portava fieramente il titolo vaticano di Gentiluomo del Papa».

La scure dell'omofobia si è abbattuta anche contro il sindacalista Michele Presta, Dirigente della Cgil in Calabria. All'ennesimo ricatto Presta si ribella. Da tempo gli chiedono soldi, lui non ne può più. «Se non paghi diciamo che sei gay». Quando prova a sottrarsi, uno dei suoi assalitori non ci pensa un attimo, afferra l'ascia e lo uccide. Presta viveva una sorta di doppia vita, che lo rendeva infelice e ricattabile. Il giorno della scure prova a togliersela di dosso, a mostrare ai suoi aguzzini che non teme nulla. Ma è tardi, troppe volte ha detto sì. «I gay sposati o non dichiarati sono ancora la maggioranza - aggiunge Pini -. Il “bisogno di segretezza” dell'altro diventa un'arma nelle mani di chi viene avvicinato per sesso. Tante sono le rapine, i furti, le minacce e le aggressioni contro i gay, che non sono mai state denunciate. Per i gay nascosti denunciare significherebbe confessare quello che hanno sempre cercato di mascherare per paura». Le condanne pubbliche possono alimentare il bisogno di segretezza e innescare il circolo vizioso dell’estorsione. Michele Presta credeva nel valore del lavoro proprio perché viveva al Sud, dove il lavoro manca. Essere ricattato per lui era la beffa per eccellenza. Paolo Seganti piantava gli alberi e ricorda il protagonista del libro di Jean Giono che seminava querce e faggi durante la guerra. Proprio quando tutto rischiava di saltare in aria, lui lavorava per far crescere boschi a riparo dalle bombe. Questa sera in ricordo di Paolo Seganti una fiaccolata romana giungerà fino in Campidoglio. Migliaia di fiammelle bruceranno contro la violenza. Si spegneranno presto nel cielo buio della capitale? O, nonostante tutto, metteranno radici come gli alberi?

delia.vaccarello@tiscali.it

1 commento:

Anonimo ha detto...

gli omofobi sono d'appertutto... nel governo, nella chiesa, tra la gente comune ovunque.... loro osno da "combattere".... per loro, noi simao "Malati da curae", ma che andassero a leggere la settenza diramata OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), noi non siamo malati.... ribaltando il tutto, noi omosessuali, potremmo dire che sono loro i malati... la loro malattia si chiama "ignoranza"... e l'ignoranza è peggio di una malattia infettiva, non ha antidoti

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