martedì 23 agosto 2005

Mani pulite, revisionismo all'italiana

di Curzio Maltese


Lo spettro di Tangentopoli, puntualmente agitato dall'apprensiva stampa italiana ogni volta che si apre un'inchiesta sul potere economico e politico, tanto per cominciare non è uno spettro.
E' divenuto tale grazie a un decennio di propaganda a senso unico. Hanno dipinto l'epoca delle inchieste come il biennio del Terrore. Per chi? Per i ladri e i galoppini al seguito? Se pure così fosse, si tratterebbe di un lieve contrappasso rispetto alla vita di terrore che tocca in Italia da sempre agli onesti. Mani pulite non è stata un incubo ma una speranza. La storia forse dirà che si è trattato dell'ultima rivoluzione mancata, un'occasione persa dall'Italia di darsi una classe dirigente moderna e capace.
Allora buona parte dell'opinione pubblica avvertì il pericolo di affrontare una nuova epoca con una guida antica, corrotta, mediocre e provinciale. Si strinse dunque attorno alla magistratura indipendente contro la solita Italietta dell'ntrallazzo, amorale familista, ipocrita e mafiosa, nella speranza, magari ingenua ma generosa, di voltar pagina. In questione non era il primato della politica, che sarebbe un'ottima cosa. Piuttosto lo strapotere di una partitocrazia che esisteva ed esiste solo in Italia. Un sistema folle che privilegia l'appartenenza in tutti i settori, la scuola e la sanità, il mercato e l'informazione, l'impiego pubblico e il privato, con l'effetto di deprimere il merito e garantire un rapido declino.
La spinta davvero riformista di quegli anni è finita. Ha fallito di fronte alla scelta maggioritaria, nostalgica degli anni Ottanta e degli antichi vizi nazionali. Ha vinto il ragazzo prodigio del Caf, ha trionfato l'indietro tutta, la partitocrazia dei nuovi partiti, che è ancora più primitiva e ingiusta, il malaffare. Il risultato è sintetizzato dal titolo dell'Economist: Italia, un altro anno, un altro scandalo. Dopo Parmalat, ecco Bankitalia di Fazio. Ma la reazione dell'opinione pubblica, ormai mitridatizzata, è inesistente. Si è persa la speranza di cambiare, e i cittadini seguono gli scandali con l'attenzione distratta degli spettatori di uno dei tanti pessimi talk show.
Qui è normale che il governatore della Banca centrale finisca nel mucchio con Anna Falchi, Briatore e Ricucci e nessuno si stupisce se un poverino piazzato dalla Lega nel consiglio d'amministrazione dell'Enea boccia come incompetente il Premio Nobel Rubbia. Non c'è scandalo perchè non esistono più le istituzioni, non c'è fiducia in niente e nessuno. Sembra normale che la Rai sia lottizzata come e anzi peggio che durante la Prima repubblica. I galoppini possono stare tranquilli: non ci sarà un'altra Mani pulite. Ma il prezzo da pagare a questa placida rassegnazione, al ritorno dell'Italia per bande, sarà altissimo.
Tredici anni dopo Tangentopoli il paese non ha più la forza di ribellarsi al declino annunciato, tutto qui. E il declino avanza.


da La Repubblica del 21/08/2005

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