mercoledì 5 ottobre 2005

Confessioni gay

In dieci confessionali di San Pietro per raccontare la propria omosessualità. E i sacerdoti rispondono: iscriviti ai boy scout
di Roberto Mauri


Morto un papa se ne fa un altro, ma mica sempre si finisce meglio.

È tempo di tastare direttamente il terreno e nessun indicatore può essere meglio della questione omosessuale. Che cosa pensano dei gay i preti dell'era Ratzinger? Che cosa dicono i padri confessori ad un penitente trentenne che si sente escluso da una Chiesa che considera l'omosessualità un peccato e il gay un peccatore?

Mi presento a San Pietro un pomeriggio di fine estate, mi avvicino a un confessionale, entro e mi inginocchio.

Il prete che mi aspetta, con un gesto della mano, traccia una croce nell'aria e mi invita a confidargli le mie colpe. Gli spiego che non sento di averne ma che più semplicemente mi sento escluso da una Chiesa che non ama gli omosessuali.

«E perché ti senti escluso?», mi chiede lui. «Padre, io sono gay», mi tocca precisare.

II vecchio sacerdote apre gli occhi che fino ad ora erano rimasti chiusi e fa un sospiro profondo, poi lapidario aggiunge: «Perché?».

Perché... che cosa? Perché sono gay o perché lo sono venuto a confessare? «A tutto c'è un perché - mi illumina il prete -, ci deve essere qualcosa di leggibile anche nella tua omosessualità». Gli segnalo che a me non interessa: io sono gay ma sono anche sereno.

Sto bene nella pelle che mi è capitata e vivo i miei sentimenti e le mie relazioni in modo consapevole. Ma sento il mio rapporto con Dio minato da una Chiesa che stabilisce per iscritto che il legame omosessuale è «nocivo perla società».

«Lo è perché è sterile - mi spiega -, lo è perché il vostro amore non sa riprodurre la vita che il Signore vi ha dato. Per questo non è sano, per questo l'atto sessuale che voi compiete è un peccato. La vostra vita, data la sterilità cui vi costringete. è sbagliata».

Provo a segnalargli che diverse centinania di migliaia di adulti, nella sola Italia, soffrono di patologie che purtroppo precludono loro il dono della riproduzione, e giacché ci sono gli ricordo che ogni prete che si rispetti dovrebbe non avere nessuna vita sessuale, quindi precludersi ogni possibilità riproduttiva. Una vita malsana anche quella del clero?

Cambio confessionale. Poco lontano mi aspetta il mio secondo confessore. Anche a questo giovane sacerdote racconto di sentirmi a disagio in una Chiesa che mi esclude e gli spiego senza troppi fronzoli qual è il problema.

«La Chiesa - mi risponde - ti vuole bene per quello che sei. Se ti si chiede di smettere di peccare, non è per farti star male ma per avvicinarti alla perfezione, alla santità. Ora, tu hai certamente voglia di andare a ballare in discoteca, incontrare della gente e fare con loro quello che ti va in quel momento senza pensare che tutto questo ti allontana da Dio. La Chiesa ti dice che la vita eterna si conquista col sacrificio, con spirito di abnegazione, a volte anche con dolore. Si tratta di scegliere».

In un attimo mi si sono parati davanti agli occhi tutti i frequentatori di discoteche d'Italia e del mondo. Una manica di indemoniati, una montagna di gente da redimere. Avrei voluto dirgli che personalmente non ho mai messo piede in discoteca in vita mia ma che non credo proprio che lì si annidi un covo di belzebù. Allora gli spiego che amare è un fatto assoluto, che coinvolge tutte le emozioni e che noi, esseri umani, non sappiamo scegliere chi amare.

«Hai l'aria di un bravo ragazzo - risponde - ma sei molto confuso. Forse dovresti frequentare qualche gruppo religioso, qualche associazione parrocchiale. i boy scout. Esistono grup pi di laici che si incontrano per parlare di Dio e del suo amore per noi. Magari potresti scoprire che la salvezza è proprio lì, nella tua parrocchia, a portata di mano».

Mi pare geniale: saranno i boy scout a redimermi dal peccato.

Esco da questo confessionale sorridendo: mi pare che la teoria di questo sacerdote sia un tantino fantasiosa. Invece poche ore più tardi dovrò arrendermi all'idea che questa convinzione riscuote una certa popolarità presso il clero dato che quattro dei sei confessori incontrati il primo giorno mi hanno consigliato di frequentare dei gruppi parrocchiali, gli scout, il volontariato in casa di riposo o quello internazionale.

A nessuno di loro ho fatto sapere che per diciotto anni ho frequentato una parrocchia nella provincia di Lecco, che sono stato felicemente animatore parrocchiale, che ho fatto volontariato in casa di riposo e che ho passato otto anni della mia vita a lavorare nei paesi in via di sviluppo. E che questo non mi ha allontanato dalla mia sessualità, casomai è successo il contrario. Però mi tocca ammettere di non essere mai stato un boy scout. Vuoi vedere che è per questo che sono ancora gay?

L'indomani su Roma splende il sole ma io quasi non lo vedo. Con passo spedito ritorno a San Pietro dove mi sono dato la chance di incontrare altri quattro confessori e di ragionare con loro di quanto e se una persona omosessuale possa stare serenamente dentro la Chiesa di Benedetto XVI.

Nel confessionale mi aspetta un bel prete, segno che si può essere sacerdoti senza dimenticare di essere uomini: i capelli scuri vagamente brizzolati sono la cornice di due grandi occhi neri e indossa una camicia grigio chiaro sopra ad un paio di jeans. Intorno al collo ha appoggiata la stola che la liturgia vuole che si indossi nel sacramento della penitenza. Faccio il segno della croce e gli descrivo il peso che sopporta chi si sente escluso e la violenza inenarrabile che leggo nelle parole scritte da Ratzinger sul tema dell'omosessualità.

«Ma tu come stai con Dio?», mi chiede. «Bene, non lo frequento», gli rispondo. Gli spiego che la Chiesa mi ha allontanato da sé e anche dal Signore. «La tua vita - mi spiega - è dono di Dio. Ed è a Dio che devi rendere conto. Noi siamo strumenti nelle sue mani, ma non siamo infallibili. Non sei chiamato a credere alla Chiesa: sei invitato a credere in Dio. Anche la Chiesa deve convertirsi al Signore e a volte se ne dimentica».

Mi pare di aver trovato un prete per una volta davvero illuminato, probabilmente non avrà nessuna possibilità di fare carriera ma almeno aiuta qualcuno. Allora provo ad andare più lontano e gli dico che mi piacerebbe moltissimo poter partecipare alla vita della Chiesa, mano nella mano del mio compagno.

Ci piacerebbe riconvertirci a Dio e trovare riparo sotto il tetto della sua Chiesa. «Forse verrà un giorno in cui potrete - risponde il prete con un sorriso - ma non è tempo per ora. Questa Chiesa, che è fatta di uomini, non è ancora riuscita a parlare con serenità del celibato del clero. Ed è un tema sentito per quanto taciuto. Figurati se sa parlare senza orrore della questione omosessuale. Accettare la presenza attiva di coppie omosessuali dentro la Chiesa significa superare addirittura il concetto di tolleranza. Non è tempo». La pillola è amara e lui non ha cercato di addolcirla. Ma almeno è stato chiaro e franco: questa Chiesa non solo non è pronta ad accettare l'omosessualità dei suoi fedeli, ma nemmeno i bisogni del suo clero. Per migliorare le cose servirebbe un intervento divino.

Alla fine della giornata entro nuovamente in un confessionale dove le cose vanno un po' diversamente. Ad aspettarmi è un giovane prete, potrebbe avere trent'anni. Un po' stempiato, occhi scuri dietro ad un paio di occhiali da vista con una montatura sottilissima. Ha la carnagione chiara, mani affusolate e unghie curate con attenzione. Indossa l'abito talare, nero, porta la stola e sulle ginocchia ha appoggiato un messale o la Bibbia. Traccia con la mano il disegno del-a croce e mi invita a parlargli. Noto nei suoi gesti un qualcosa di francamente effeminato. Mi sento protetto, sento di avere davanti qualcuno che probabilmente saprà che cosa dirmi per il semplice fatto che, almeno apparentemente, sul tema ci deve essere già andato per motivi personali. Gli dico che mi sento a disagio in una Chiesa che fa fatica ad accettare i gay.

Lui diventa improvvisamente cupo e si trincera dietro a uno sguardo severissimo. Non parla. Allora aggiungo che da quando conosco il nuovo catechismo e i documenti a firma di Ratzinger su questo tema, mi sento decisamente lontano da Santa Romana Chiesa. Insiste nel suo guardarmi in silenzio. Taccio anche io.

«Non posso darti l'assoluzione per questo peccato», chiosa lui.

Non mi pare grave, gli chiedo però un consiglio, una lettura sua dell'intera questione. Al mio parere - conclude - non conta. Il Santo Padre è stato chiarissimo sulla materia. Voi omosessuali vivete dentro al peccato e faticate a riconoscerlo. Tu per esempio da quando sei entrato in questo confessionale non hai ancora chiesto perdono una volta. Io non posso assolvere chi non si sente peccatore. E non posso, a maggior ragione, se so che peccherà ancora, se noto che non c'è pentimento. E tu non sei pentito».

Insisto nel dire che non di perdono sono alla ricerca, ma di un punto di vista, la cosiddetta parola di conforto. «Non si conforta un peccatore - dice -, meno che mai se intende peccare ancora».

Gli ricordo che da qualche parte nel Vangelo ho letto, anni fa, la storia di un figliol prodigo e le vicende di una donna che si chiamava Maddalena. Lui se ne ricorda? Con tutto quel suo atteggiarsi a santo inquisitore non è riuscito nemmeno per un momento a mascherare la sua gestualità marcata-mente effeminata.

Provo a ricordargli l'evangelico "Chi è senza peccato scagli la prima pie-tra". «Quanto è grande la sua pietra?», gli chiedo. Lui si alza, si sfila la stola, la appoggia sul suo sedile, esce dal confessionale e ancheggiando scompare dietro a una colonna della grande basilica di San Pietro.

Per fortuna, quando esco, lungo il colonnato del Bernini due ragazze australiane si danno un lungo. lento, semplice bacio che provoca sguardi curiosi e qualche smorfia di disgusto fra gli astanti. Le due ragazze invece sorridono, guardano i volti cupi di chi le osserva e ostentano le loro magliette su cui si legge: "This is lo-ve". Certe del loro amore, si prendo-no per mano e si allontanano dal cuore della cristianità cattolica. Me ne vado anche io. Qui rimangono i turisti, i fedeli, Benedetto XVI e i suoi preti inquadrati.

http://www.gaynews.it/view.php?ID=34428

5 commenti:

Anonimo ha detto...

La strumentalizzazione di una visione del vangelo di tipo egoistico e piegata ad un proprio desiderio di accettazione e rispetto sono uno dei problemi più radicali che siano sempre esistiti.

Il figliol prodigo o la Maddalena sono esempi di chi cambia idea, di chi cioè getta nel proprio passato in modo definitivo certe scelte e comportamenti o solo convinzioni che non sono più in linea con una vita nuova vissuta all'alba di una nuova consapevolezza: in quei casi un rapporto rinato con la fede.

Se un prete qualsiasi, che sia calvo, ancheggiante o quant'altro esplicita in modo chiaro il fatto che un'assoluzione sia da negarsi, nel tuo caso é cosa giusta e dovuta.
La confessione non rappresenta il momento di un dibattito filosofico o di vita, ma l'esigenza di "confessare" un proprio bisogno di pentimento davanti a Dio, nel caso ovviamente che ci si creda.

La confessione é come una celebrazione rituale religiosa, nè più nè meno, é un rito, una prassi, un sacramento, un sacrificio personale di chi si umilia davanti ad uno sconosciuto per invocare il perdono dei propri peccati.

Se senti di non avere peccati non presentarti al confessionale, ma, piuttosto, partecipa a dibattiti morali che allevieranno "certamente" la tua necessità di sentirti santo e perfetto dinanzi a Dio e che ti eviteranno scomodi incontri con gente che sotto sotto magari é pure gay (come certamente piacerebbe a qualcuno pensare e che, dopotutto, prima o poi dovrà ammettere che per 2000 anni i cristiani cattolici hanno creduto come tanti coglioni ad una montagna di fandonie).

Se non sei in linea con il magistero della Chiesa cattolica semplicemente evitalo. In caso contrario ti conviene partecipare a qualche incontro scout o forse, ancor meglio, al primo anno di catechismo. Capirai nella più remota e positiva delle ipotesi di non aver capito un' emerita mazza della religione cristiana nè del suo messaggio instrinseco.

Auguri vivissimi da M., che tra i cristiani cattolici nel mondo é uno dei + biechi peccatori che però si sforza di guardare al di là del mondo materiale e riconosce con vergogna le sue infinite mancanze senza addossarne la colpa ad altri.

Andrea ha detto...

La visione del Vangelo è naturalmente piegabile al proprio desiderio. Vi sono dei passi in netta contraddizione tra di loro e anche la chiesa ufficiale adatta i passaggii che meno le piacciono a proprio gradimento.

Sono contrario al magistero della chiesa cattolica però non mi limito a evitalto come suggerisci; siamo in uno stato laico e questo mi permette anche a criticarlo.

pinco ha detto...

Se un povero coglione.

E' inutile che nel tentativo di mascherare la tua anormalità tu cerchi di far apparire anormali gli altri.

Fatti visitare.

Andrea ha detto...

Pinco sei patetico: oltre a offendere non porti nessun argomento a sostegno della tua tesi, evidentemente non ne hai.

Fattene una ragione, ho accettato da tempo la mia omosessualità e non ho bisogno di farmi curare.

Anonimo ha detto...

dovresti chiederti quale sia il vero motivo che ti ha spinto ad entrare in 10 confessionali diversi.
"... gli dico che mi piacerebbe moltissimo poter partecipare alla vita della Chiesa, mano nella mano del mio compagno...", è davvero questo che ti muove? spero per te che non si così. puoi essere omosessuale e vivere la tua vita cristianamente. le due cose non necessariamente sono contrapposte. buona fortuna

Uno straccio di laicità

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