Unione penalizzata dalla competizione interna tra i partiti Il centrodestra risale favorito dalla corsa delle singole liste
La minore differenza di seggi tra i poli potrebbe rendere più difficile il compito a un eventuale governo del ProfessoreLa riforma elettorale della CdL non riuscirà a rovesciare la supremazia dell'opposizione. Ma, certo, può avvantaggiare il centrodestra e portare difficoltà all'Unione. Non solo a causa del problema di candidare Prodi in uno degli attuali partiti, quanto, specialmente, per alcuni caratteri generali del provvedimento.
In primo luogo, il ritorno al proporzionale. Ripristinato, per la verità, contro il volere della maggioranza, come mostrano anche i sondaggi. Esso porta ad un rafforzamento del ruolo dei partiti e della loro leadership. La riforma proposta accentua questo effetto. Ad esempio, l'abolizione delle preferenze e l'introduzione della lista bloccata (si è eletti seguendo l'ordine di presentazione) attribuiscono ai vertici delle forze politiche — specie le maggiori, dato che chi non supera la soglia del 2% contribuisce con i suoi voti alla propria coalizione, ma non ha diritto a seggi — tutto il potere di decidere chi, più probabilmente, diventerà parlamentare. Ancora, sono i partiti, assai più dei singoli candidati (solo i pochi potenziali eleggibili hanno interesse a investire nella competizione), ad essere i protagonisti della campagna elettorale.
Che vedrà ciascuna forza politica gareggiare prevalentemente in opposizione alle altre della sua coalizione (dalle quali è più agevole sottrarre i voti) piuttosto che contro il polo opposto.
Nell'insieme, il maggior peso dei partiti potrebbe favorire le liste del centrodestra. Esse, tradizionalmente, presentandosi separatamente attraggono più voti di quanto faccia la coalizione nel suo insieme. Al tempo stesso, la più accentuata competizione tra partiti potrebbe drammatizzare le divisioni nel centrosinistra, erodendone l'immagine di credibile forza di governo e stimolando l'astensione.
C'è poi la prevista abolizione del limite alle candidature di un singolo individuo sul territorio nazionale. In teoria Berlusconi (o chiunque altro) potrebbe presentarsi dappertutto. E qualcuno scommette già che il Cavaliere lo farà, confidando nel valore aggiunto della sua capacità comunicativa.
Prima dello svolgimento della campagna è impossibile indicare con precisione le conseguenze elettorali dell'introduzione della riforma. Le tabelle riportano alcuni possibili scenari, basati sui sondaggi di queste settimane. Allo stato attuale, la nuova norma sembra attenuare gli effetti della sconfitta che la CdL subirebbe se si votasse con il sistema attuale, anche se permane lo svantaggio in termini di voti. Ciò incrementa le possibilità — e le speranze — competitive del centrodestra.
Ma è certo che in un futuro Parlamento una minore distanza tra i poli in termini di seggi, accompagnata ad un maggior rilievo dei singoli partiti (con l'accentuazione del «potere di coalizione» esercitabile anche dai più piccoli) non potranno che rendere più difficile la vita di un eventuale governo dell'Unione. Ha ragione Massimo Franco che notava ieri sul Corriere: «Il fine della riforma non è tanto far vincere la CdL, quanto azzoppare la vittoria dell'Unione».
Corriere della Sera 4-10-2005
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