martedì 4 ottobre 2005

Per i Valdesi i Pacs non sono contro le famiglie

di redazione


I Pacs non sarebbero un «attentato alla famiglia» nè minerebbero il matrimonio, e l'art. 29 della Costituzione va intepretato in senso «estensivo» e non «restrittivo». Lo afferma Sergio Rostagno, già docente di Teologia dogmatica alla Facoltà valdese di teologia e coordinatore della Tavola valdese sui temi etici posti dalla scienza. Rostagno è stato intervistato dalla Nev, l'agenzia delle chiese evangeliche italiane, dopo la critica ai Pacs formulata dal cardinale Ruini.
«Proprio perchè le unioni di fatto (di ogni tipo) hanno caratteristiche loro proprie, - afferma Rostagno - occorre estendere loro riconoscimenti e diritti che proteggano e garantiscano il benessere dei partner. Questo scopo può essere raggiunto con apposite leggi. In nessun modo ci sarebbe un attentato alla famiglia. I valori positivi che in essa si possono trovare, li si troverà ovviamente ovunque e non dipendono certo dalla nostra etichetta (famiglia, unione, patto ecc.). La realtà conta, non il nome, e la realtà non la governa nessuno.
Noi governiamo semmai rapporti di tipo giuridico» Alla domanda se i Pacs non minino l'istituzione del matrimonio, Rostagno risponde: «Se il matrimonio regolamentato come lo conosciamo dall'evoluzione del diritto romano è un'istituzione, altrettanto lo possono essere altri tipi di unione. La coscienza religiosa può essere interessata unicamente dal modo con cui si vive il matrimonio o qualunque altro tipo di unione. Qualunque tipo può essere benedetto, agli occhi di Dio. Quanto ai problemi dei figli, ne hanno tutti. In ogni tipo di rapporto contano molti fattori che non sono regolamentabili. I problemi si affrontano se e quando sorgono, non preventivamente con esclusioni e condanne. bene anzi valorizzare il concetto di patto all'interno della famiglia e del matrimonio.
Del patto essi sono espressione, anche se il patto non esaurisce certo ogni aspettativa della convivenza familiare». «Salvi restando i rapporti di tipo giuridico, che devono ispirarsi a criteri di giustizia e previdenza, - prosegue il teologo valdese - la specificità da salvaguardare riguarda la coscienza di ognuno. Se la famiglia tradizionale è un modello positivo, tanto più può diffondere i suoi valori. Ma ogni modello positivo altro non è che un tentativo di tradurre in modo confacente l'affetto e la solidarietà, oltre che la responsabilità nei rapporti, cioè cose che non possono essere comandate o regolamentate, ma che si ottengono con l'educazione. Lo stato deve essere imparziale e aiutare tutti a condurre una vita degna e ricca di relazioni positive.
L'art. 29 della Costituzione ('La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiarè) non va interpretato in modo restrittivo, ma estensivo».

http://www.articolo21.info/notizia.php?id=2486

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