di CURZIO MALTESE
NEL regolamento di conti in corso all'interno della maggioranza si aggiunge ogni giorno una nota più folle. Ora Berlusconi ha lanciato un'Opa per liquidare Follini e impadronirsi dell'Udc. Il metodo è al solito volgare e aggressivo. Nei giorni dello sciopero dei giornalisti, la stampa di famiglia ha organizzato un autentico pestaggio contro il segretario dei centristi, dipinto come un traditore e un venduto, isolato e anzi odiato dal suo stesso partito, prossimo alle dimissioni e non si capisce perché non anche al suicidio.
Con la calma dei morotei, Follini ha fatto smentire e ha aggiunto che non si farà intimidire dai bravi del Cavaliere. Dopotutto non è un Don Abbondio qualsiasi e bisogna credergli. Ma non è mai stato neppure un cuor di leone. In fondo ha votato le leggi ad personam e chinato sempre la schiena al passaggio del carro padronale. E allora perché tanto livore nei suoi confronti?
A che scopo diffamare un alleato a sei mesi dal voto? Le dimissioni di Follini alla guida dell'Udc appartengono a quei sogni che neppure i soldi di Berlusconi possono comprare. Certo molte cose strane possono accadere nella corte della destra italiana. Ma l'ipotesi che Casini venda l'amico Follini per un piatto di lenticchie proporzionali è troppo cinica, meschina e soprattutto tardiva perché si possa realizzare davvero.
L'Opa di Berlusconi sull'Udc ha le stesse (scarse) possibilità di riuscire dell'Opa di Ricucci sul Corriere della Sera. In compenso, l'operazione rischia di rendere più complicati gli ultimi mesi di governo ai passaggi parlamentari di devolution, legge salva-Previti e riforma proporzionale. Si torna all'interrogativo di partenza, perché sparare su Follini?
La risposta forse andrebbe affidata alla psicanalisi più che alla politica. Berlusconi sta distruggendo quanto aveva creato. Nell'impossibilità di annientare la sinistra, che anzi non ha mai avuto tanti consensi, il Cavaliere è passato con identica furia alla demolizione della destra.
Più o meno consapevolmente, come accade al demiurgo che al principio indovina per istinto ogni azzardo e alla fine per contrappasso sbaglia tutte le mosse. Il bilancio di quattro anni di potere berlusconiano è devastante per le componenti della Cdl. Forza Italia è tornato a essere un partito di plastica, come ammettono perfino i professorini della destra. Alleanza Nazionale ha dovuto ingoiare mille giravolte, l'ultima e clamorosa sulla legge elettorale, ed è ormai un partito senza identità, affondato nelle paludi delle correnti.
La Lega si è trasformata in una succursale di Arcore, sbandiera la bufala di una devolution che è servita soltanto a togliere soldi e potere agli enti locali in cambio di chiacchiere e distintivi verdognoli. In poche stagioni l'invincibile alleanza battezzata nel 2001 per "durare almeno vent'anni" si è ridotta a un'armata Brancaleone che attende il salvacondotto del proporzionale per lanciare il rompete le righe.
Al processo di dissolvimento del centrodestra resiste il solo Follini. Non in virtù di chissà quali disegni neocentristi ma per un democristiano istinto di sopravvivenza, cioè per la speranza di poter sopravvivere alla fine del berlusconismo senza finire con gli altri leader nel cenotafio di Arcore. Tanto basta a scatenare l'ossessivo, sproporzionato rancore di Berlusconi, finora nel silenzio stupefacente di Casini.
Negli ultimi mesi il premier ha attaccato l'alleato centrista quasi ogni giorno, nelle occasioni più strampalate, che si trovasse a Palazzo Chigi come nella dacia di Putin, ad Arcore come a New York, nel mezzo di un vertice internazionale o nella tribuna di San Siro, davanti all'assemblea degli industriali, in conferenza stampa oppure a cena con Bossi. Senza tregua e senza una strategia.
Nell'immaginario berlusconiano Follini ha sostituito il comunismo, incarna l'essenza del male più di Stalin e infatti il Giornale sta pubblicando una specie di "libro nero dell'Udc" a puntate. La faccenda sarebbe divertente se non vi fossero questioni ben più serie e urgenti all'attenzione del presidente del Consiglio. Ma Berlusconi è fatto così, non distingue i propri interessi da quelli del Paese e i suoi avversari, o chi più modestamente gli sta sull'anima, dai nemici dell'umanità.
Lo spettacolo è destinato a durare. Da spettatori poco interessati, abbiamo acquisito comunque un paio di certezze. Intanto non è Follini a voler lasciare il centrodestra. Sono gli altri a volerlo far fuori prima della campagna elettorale. Senza rendersi conto che espellono dal Polo l'unica presenza di un moderatismo istituzionale di cui non c'è altra traccia nell'estremismo della destra italiana.
(3 ottobre 2005)
http://www.repubblica.it/2005/i/sezioni/politica/nuovacdl6/libronero/libronero.html
lunedì 3 ottobre 2005
Il libro nero del Cavaliere
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