giovedì 12 gennaio 2006

Lui Italiano e lui scozzese. Sposati.

L'Italia deve fare passi avanti
di Paola Brambillasca


"Se nessuno esce dai ranghi, in Brianza, il clima di omertà sulla condizione degli omosessuali non cambierà mai. Ecco, io credo di essere uscito dai ranghi e di essermi esposto in prima persona per cercare di modificare, almeno in parte, la percezione degli omosessuali che hanno nei piccoli paesi nell'hinterland monzese". Queste le parole di Massimo Redaelli, il 36enne concorezzese che si è unito appena 10 giorni fa in partnership col suo compagno Nick a Brighton. "Ricordo che quando mia madre, vedendomi col mio ex ragazzo, mi chiese se fossi gay, io risposi di sì. E da quel giorno la mia vita diventò sempre più difficile. I miei amici, quelli che conoscevo tramite la mia adolescenza in oratorio, si dileguarono tutti, eccetto uno. Ora, per fortuna, i rapporti con la mia famiglia sono almeno in parte recuperati e ho ristabilito i contatti anche con qualche amico del liceo Zucchi - spiega Massimo - questo è successo in Italia. A Concorezzo. In Inghilterra, invece, è cosa comune vedere coppie dello stesso sesso passeggiare mano nella mano per strada, o andare a scuola ad accompagnare i figli. Nel Regno unito sono sei milioni le persone omosessuali dichiarate, il dieci per cento della popolazione complessiva, e posso dire che vivono, anzi, che viviamo in totale armonia con il resto della popolazione eterosessuale, senza essere additati per strada o emarginati. Credo che l'Italia dovrà adeguarsi: il resto dell'Europa sta facendo passi avanti verso il riconoscimento dei diritti degli omosessuali. E spero che anche in Italia a breve si sentirà dire la stessa frase che ha pronunciato l'officiante Debby Rainolds durante la cerimonia che ha unito me e Nick il 29 dicembre: "Era ora che anche le unioni omosessuali venissero riconosciute!".

da "L'Esagono" di lunedì 9 gennaio 2006
http://www.gaynews.it/view.php?ID=35720

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